di Romano Maria Levante
Non avremmo voluto questa coincidenza tra il lancio che facciamo ora della manifestazione “Cinema & Storia, 100+1. Cento film e un Paese, l’Italia” e la scomparsa nei giorni scorsi del grande regista Mario Monicelli, protagonista con uno dei suoi film cult della precedente edizione cui dedicammo a suo tempo tre ampi servizi soffermandoci sul suo “Un borghese piccolo piccolo”. Non c’è contraddizione, comunque, il sommo interprete della commedia all’italiana resta presente con i suoi capolavori, e con la sua energia, manifestata anche negli ultimi tempi quando ha incontrato i giovani in agitazione dicendo “Non limitatevi a protestare, dovete agire”. E se il modo con cui lui stesso ha agito nel momento decisivo può lasciare sconcertati, ne conferma la dignità.
Il presidente Napolitano ha parlato di “estremo scatto di volontà”, Pupi Avati di “gesto di coraggio”, Paolo Villaggio di “gesto meraviglioso”, Bernardo Bertolucci di “gesto vitale, quasi festoso”. La nota stonata in Parlamento nella definizione di “gesto tremendo di solitudine non di libertà ” della teodem Paola Binetti particolarmente infervorata, cui ha fatto eco il ministro Gianfranco Rotondi parlando di “scelte che non debbono essere un esempio”; prima c’erano state le parole di Walter Veltroni, “ha vissuto e non si è lasciato vivere, non si è lasciato morire e ha deciso di andarsene”. E la figlia Martina Monicelli: “Non è morto solo. E’ morto come ha voluto lui, come ha scelto. Mio padre ha deciso tutto”. In ogni caso non si è trattato di un atto di debolezza ma di forza, è stato protagonista a 95 anni e lo rimarrà sempre, con i suoi film e la sua personalità.
I contenuti della manifestazione
“The show must go on”, si dice in questi casi e la regola vale ancora di più con un grande maestro del cinema, anche perchè le sue opere continueranno a presentarci il suo genio e la sua vitalità. Torneranno ancora nel cartellone degli spettacoli per gli studenti, dopo la pausa di quest’anno nel quale non è compreso tra i sette film, nella prima edizione c’era “Un borghese piccolo piccolo”.
Il nuovo cartellone guarda al regime fascista nella tragedia di “Roma città aperta” e nella prospettiva più sfumata di “Una giornata particolare”, rispettivamente di Roberto Rossellini e di Ettore Scola; poi due scorci sociologici molto diversi in “I Vitelloni” e “Accattone”, di Federico Fellini e di Pier Paolo Pasolini, le società patriarcali in “Padre Padrone” e “Salvatore Giuliano” con in più i misteri d’Italia, dei fratelli Taviani e di Francesco Rosi, fino al film che porta “sul palcoscenico della storia”, “Il Gattopardo” di Luchino Visconti. Un “parterre de roi” registico di straordinario spessore, del resto tutti i film sono stati premiati con Nastri d’Argento ed altri riconoscimenti, e chi non fu “profeta in patria”, come “Accattone”, fu premiato all’estero.
Ci accorgiamo di essere subito entrati in medias res senza neppure precisare di cosa stiamo parlando. Abbiamo assistito alla presentazione della nuova edizione dell’iniziativa per il cinema nelle scuole superiori della Provincia di Roma: lo scorso anno sono state coinvolte 30 scuole con 90 classi e 1800 studenti della Capitale e delle località della provincia, E’ stata fonte di riflessioni e di discussioni, la storia rivissuta attraverso opere che hanno riportato a situazioni e tempi passati da far conoscere ai giovani con un linguaggio immediato e coinvolgente quale quello del cinema. Prevale il bianco e nero, e c’è già del coraggio nel proporre un linguaggio visivo inconsueto, da reperto archeologico, ma per questo con forza attrattiva non da fiction ma da documento storico.
La continuità nella riproposizione annuale crea un filo rosso in grado di collegare fatti e situazioni in modo da creare una memoria condivisa. Rileggere la storia attraverso il cinema rappresenta una valida integrazione del programma scolastico, e non solo: perché, ha detto il presidente della provincia Nicola Zingaretti, “ci racconta come eravamo e come, nel corso degli anni, siamo cresciuti, cambiati, divenuti cittadini di un Paese nuovo”. Sono radici da non rimuovere ma da far conoscere con una scavo nella storia recente che diventa un viaggio nella memoria; non di quella personale dei ragazzi ma almeno delle loro famiglie, di qui anche il dialogo tra generazioni.
La storia del Novecento viene rivissuta con la suggestione della spettacolo cinematografico, che nelle scuole ripropone la visione collettiva oggi soppiantata in parte da quella individuale attraverso la televisione; solo in parte, perché le multisale mostrano nuovi segni di vitalità dopo la lunga fase di crisi delle sale tradizionali. Anche per questo aspetto la visione comune può essere contagiosa.
Gli interventi alla presentazione e il programma
Oltre al presidente della Provincia Nicola Zingaretti ne hanno parlato dal palco alcuni dei personaggi del cartellone. Renzo Rossellini, nel ricordare l’episodio dei ragazzini quasi partigiani in “Roma città aperta” di Roberto Rossellini, ha detto che l’espressione di solito rivolta loro “non si fa” andrebbe sostituita con “fatelo”. Sull’importanza dell’iniziativa ha aggiunto: “Il cinema per far capire, se non si sa capire non si sa decidere”. Massimo Ghini ha raccontato di aver abitato in via Rasella, la sua finestra dava sul cortile dove si svolge una scena drammatica del film ora citato; ne è seguito il possesso di una giacca di Rossellini, meta di un vero pellegrinaggio con la sua interpretazione del grande regista in “Celluloide” di Carlo Lizzani, Per Ettore Scola “non si tratta di conoscere la storia, ma lo spirito della storia e il cinema può aiutare in questo”. I fratelli Paolo e Vittorio Taviani dicono che il cinema aiuta a “capire il mondo e capire così meglio se stessi”.
Fabio Ferzetti è l’ideatore e organizzatore dell’iniziativa promossa dalla Provincia di Roma nel progetto ABC, Arte Bellezza Cultura, con l’Associazione Giornate degli Autori e Cinecittà Luce, e il sostegno della Direzione per il cinema del MiBAC. Ne ha presentato contenuti e intenti, insieme al bilancio positivo della passata edizione. Al termine gli abbiamo chiesto se c’è stata una strategia particolare nell’individuazione di quei sette titoli, proprio loro, tra i cento a disposizione. Ha risposto che “i soli criteri sono stati la qualità dell’opera e del regista, e la proposizione di tematiche diverse, anche se connesse, su alcuni periodi cruciali della nostra storia”. E’ una “storia a puntate, c’è il Risorgimento, il fascismo, il dopoguerra”. Il tutto senza forzature di alcun genere.
Questo è avvenuto il 16 novembre 2010 al grande Auditorium di via della Conciliazione, ci siamo tornati dopo il convegno della Cei su “Dio oggi” del 10-12 dicembre 2009 quando ci si interrogò sul tema “Con Lui o senza di Lui cambia tutto”. Ha fatto gli onori di casa Veronica Pivetti con brio e leggerezza, l’iniziativa è stata presentata anche con un “trailer” nel quale erano cuciti alcuni momenti dei sette film proposti: Poi la sfilata dei personaggi, di alcuni abbiamo già detto.
Ecco gli avvisi: ci saranno , come lo scorso anno, incontri di formazione dei docenti in dicembre-gennaio in diversi luoghi della provincia di Roma; tra gennaio e marzo 2011 alcune giornate-evento in cui le scuole, con i ragazzi partecipanti, incontreranno registi e attori famosi, Ricordiamo lo scorso anno l’incontro con Marco Bellocchio a Frascati, con lui c’era l’attore Timi, portò bene perché fu seguito a breve distanza dagli otto David di Donatello, regia compresa, al suo “Vincere”; il film proposto alle scuole era quello del suo esordio, il celebre “I pugni in tasca” un’inquietudine giovanile, che si scatena nell’ambito familiare, non affatto sopita come mostrano i ricorrenti fatti di cronaca. Nell’Aprile 2011 ci saranno le premiazioni, raccontammo quella della scorsa edizione, nell’assolato cortile di Palazzo Valentini dove ha sede la provincia, premi conferiti dinanzi a un’affollata platea, presentava Serena Dandini, e Veronica Pivetti era già nelle prime file.
Roma città aperta, l’anteprima all’Auditorium
La sorpresa della mattinata è stata la proiezione di “Roma città aperta”, un’anteprima del più celebre film del lotto per i tanti studenti presenti, quasi una prova generale: visione in religioso silenzio, applauso finale. Si tratta della copia restaurata del capolavoro che, pur se visto più volte, suscita sempre nuove emozioni. Possiamo dire di avervi trovato un antesignano di “La vita è bella” di Roberto Benigni nel brusco cambio del clima: dalla pur relativa serenità o almeno assuefazione nelle difficoltà all’incubo della repressione fino alla tragedia finale. In “Roma città aperta” è tale che viene dimenticato Francesco scampato al rastrellamento, poteva essere la ripresa della speranza, invece scompare; i ragazzini dopo aver dato l’estrema consolazione al loro parroco prima della fucilazione nell’ultima immagine si allontanano affranti, non c’è il bimbo festante di “abbiamo vinto!” che dà al finale di “La vita e bella” il segno della speranza; ma c’è lo sfondo del Cupolone.
Tutto ciò conferma la forza espressiva che ci riporta a quel clima come fosse un documentario, C’è tutto delle paure di allora, con gli spietati rastrellamenti e le atroci torture, le dure restrizioni e la fame, i luoghi sono quelli dei fatti e comunque sono veri come i personaggi. Siamo venuti a conoscenza del mistero sulla sceneggiatura del film, il cineasta Stefano Roncoroni nel libro “la storia di Roma città aperta” la pubblica integralmente. Ma non improvvisava Rossellini come si è detto per tanto tempo? No, c’era una sceneggiatura completa, l’aveva il produttore Aldo Venturini che, rintracciato da lui tramite il barbiere, non gli permise di fotocopiarla ma soltanto di leggerla in sua presenza, tanto ne era geloso in un rapporto con quel testo molto contrastato: al riguardo diceva che il film ”aveva dato gloria a tutti ma a lui aveva portato solo grane”. Ebbene, Venturini chiese di poterlo leggere ad alta voce per antica abitudine, in realtà per registrarlo con un microfono nascosto. Le sceneggiature scritte sono perdute, ma le prime tre pagine della copia consegnata per la certificazione all’ufficio competente sono identiche alle prime tre pagine della registrazione di Venturini, la prova è certa. Una sola differenza nella realizzazione, lo sparo ad Anna Magnani e il colpo di grazia ad Aldo Fabrizi nella sceneggiatura erano previsti ad opera di fascisti in camicia nera, mentre nel film furono sostituiti dai tedeschi nella ricerca di pacificazione che era in corso.
Per questa sceneggiatura il film fu candidato al Premio Oscar, che Rossellini ebbe per il film successivo della “trilogia della guerra” comprendente “Paisà” e “Germania anno zero”. Fu premiato con il “Grand Prix” al Festival di Cannes e con alcuni “Nastri d’Argento”.
Gli altri sei film del cartellone 2010-11
Gli altri film sono anch’essi molto noti, ricordare le loro storie può far entrare nello spirito della manifestazione che accompagnerà gli studenti delle scuole superiori partecipanti nella provincia di Roma per l’anno scolastico 2010-11. Siamo nel 1953, Federico Fellini ha già girato “Lo sceicco bianco”, una favola triste nel mondo dei fumetti; in “I Vitelloni” racconta la vita di giovani sfaccendati nella sua Rimini fuori dalla stagione balneare, con le loro debolezze e i loro sogni, c’è l’approfittatore e l’idealista, Moraldo in cui forse Fellini vide se stesso, dato che in un’intervista del 1956 parlando di quella vita vuota e inconcludente ma romantica ricordò quando “da ragazzo una bella mattina ho preso il treno e me ne sono andato in città”; aggiungendo – riguardo agli amici lasciati – che “sarò costretto ogni volta a tradirli”, ma la città “in fondo è il loro sogno segreto”.
Ben diverso il clima di “Accattone”, come diverso era Pier Paolo Pasolini, osteggiato in Italia ma premiato come miglior film al Festival di Karlovy Vary. Siamo nel 1961, è la vita di un ragazzo di borgata nella periferia romana, tra furti e prostituzione ma anche con slanci sentimentali. Descrive l’emarginazione che non è solo cittadina, ma anche nazionale nelle aree depresse, e mondiale nei paesi arretrati; le aspre polemiche che lo accompagnarono dimostrano quanto fosse graffiante e aggressivo. Il tempo gli ha reso giustizia, quanto è narrato nel film che portava sullo schermo i personaggi di strada dei suoi romanzi, ha poi trovato nella realtà manifestazioni sempre più eclatanti che nel film sono quasi vaticinate, lui aveva avuto l’occhio per puntarvi la macchina da presa dopo averli colti con la macchina da scrivere. E ne restò vittima lui stesso nell’entrare nel loro mondo.
Appena successivo “Salvatore Giuliano”, del 1962, regia di Francesco Rosi, ripercorre la vita del bandito indipendentista siciliano dopo il ritrovamento del suo corpo, con la tecnica del flash back innestandola sul processo alla banda, a Gaspare Pisciotta in particolare che si accusò dell’uccisione contro la versione ufficiale che parlava di un conflitto a fuoco con i carabinieri e poi in carcere fu avvelenato. Ci sono questi primi misteri d’Italia, che iniziano con la strage a Portella della Ginestra in un raduno di lavoratori; e le spettacolari retate dei carabinieri nella lotta alla mafia, le rumorose resistenze dei familiari all’azione della giustizia, c’è soprattutto una certa Sicilia vista nei luoghi dove si erano svolti i fatti, l’affresco dell’ambiente e del clima prevale sullo stesso personaggio.
Nella cronologia del cinema, ma non della storia, segue “Il Gattopardo”, del 1963, un flash back ben più retrodatato sulla società siciliana, Palma d’oro al Festival di Cannes oltre ai “Nastri d’argento”. Sullo sfondo dell’impresa dei Mille, che avanzano nella Sicilia , la figura del principe di Salina, in cui rifulse la classe di Burt Lancaster, un cow boy che riuscì a impersonare magistralmente la nobiltà decadente, e poi Alain Delon, il nipote Tancredi con la splendida Claudia Cardinale, figlia di un nuovo ricco che si fidanza fino al grande ballo nel palazzo palermitano dove si festeggia il gattopardismo, cioè la conservazione nelle sembianze della rivoluzione scongiurata,
Un salto di quasi tre lustri e siamo al 1977, con gli ultimo due film del cartellone. “Una giornata particolare” di Ettore Scola – David di Donatello, Golden Globe e i “Nastri d’argento” – è un film speciale, come emerge anche dalla definizione del regista che lo ha chiamato una “tragica commedia all’italiana”: una storia di esclusi i quali si ritrovano in un rapporto fatto di sincerità e di comunicazione, che li isola dal resto mentre esplode tutt’intorno la manifestazione popolare per la visita di Hitler a Roma. Il regime c’è nella mortificazione e nella repressione, ma la storia della giornata fa prevalere sulla massificazione celebrativa la forza della coscienza silente ma non doma,
Con “Padre Padrone” dello stesso anno, i fratelli Taviani portano nella Sardegna arcaica, dove il giovane protagonista vive fino a vent’anni solo con il gregge al pascolo, fuori dal mondo e fuori dal tempo. Poi la vita militare svolge su di lui il ruolo un tempo assegnatole, fa “il militare a Cuneo”, per dirla con Totò, si affranca dai tabù, scopre lo studio e la cultura, tutte cose che lo allontanano anni-luce dal padre. Di qui lo scontro epocale tra generazioni e civiltà, in un’emancipazione che non è soltanto verso la civiltà contadina o l’autoritarismo familiare, ma diventa archetipo dei processi di liberazione rispetto a ogni forma di oppressione delle tante presenti tuttora nel mondo.
Riassunti i contenuti dei film prescelti ci sembra di poter trovare un filo rosso, è la faticosa evoluzione sul piano personale e collettivo di un Paese con tante contraddizioni espresse nelle singole storie, ma anche tanta vitalità e l’indomita capacità di riemergere come l’araba fenice dalle proprie ceneri ogni volta che il pollice verso della storia sembra condannarlo alla decadenza.
Un incontro e un appuntamento con gli studenti di un liceo scientifico della provincia
Al termine abbiamo voluto parlare con gli studenti, sciamavano nel grande atrio dell’Auditorium e in via della Conciliazione, l’organizzazione ha offerto loro patatine o simili da sgranocchiare. Sullo sfondo il vicino Cupolone, quasi una staffetta con l’ultima immagine di “Roma città aperta”, di tempo ne è passato, i ragazzini sono cresciuti…
Ci siamo avvicinati a un gruppo con la professoressa, sig.a Martelli. Sono dell’ultimo anno del Liceo scientifico “Borsellino e Falcone” di Zagarolo, abbiamo scherzato sulla scomoda fama acquisita con “Ultimo tango a Zagarolo” di Franco Franchi e Ciccio Ingrassa, e poi con l’esilio penitenziale dell’esorcista Milingo per un “ravvedimento” che evidentemente non c’è stato, considerato l’epilogo. A loro l’occasione di dare un’immagine diversa, la manifestazione contempla una premiazione finale, anche se non si tratta di una competizione. Nella precedente edizione abbiamo dato conto del lavoro svolto da una classe premiata, studenti del classico del Liceo-ginnasio “Tacito” nella Capitale; ci interessa l’avvicendamento con lo scientifico e la provincia.
Ora più che parlare di come si procederà, abbiamo fatto la reciproca conoscenza: la professoressa considera la prospettiva cinematografica come parte integrante del programma di storia. Anche i ragazzi prendono la cosa molto seriamente. Il bianco e nero non li scoraggia, tutt’altro: proprio perché insolito già sentono che acuisce l’interesse. Facciamo i nostri auguri a questi ragazzi e alla professoressa, ai quali diamo appuntamento per conoscere come risponderanno a tali stimoli. In loro impersoniamo simbolicamente le numerose scuole impegnate nel programma, all’inizio di un percorso che si preannuncia ricco di motivazioni e di sensazioni forti. Quelle che solo il vero cinema d’autore riesce a trasmettere nel profondo delle coscienze di generazione in generazione.