Giorlandino, il percorso dell’anima, al Vittoriano

di Romano Maria Levante

Un’esposizione di 40 quadri,  tra acquerelli ed oli, a Roma, al Vittoriano nella Sala Giubileo, dal 2 al 14 ottobre 2012: “Il percorso dell’anima” di Mariastella Giorlandino, pittrice romana, studi al liceo artistico, laurea in architettura. L’itinerario evocato dal titolo si esprime attraverso ambienti neoclassici, segnati da architetture leggere ed evanescenti come i sottili alberi ed arbusti protesi verso l’alto in un clima fiabesco di arcadia nel quale la figura femminile è la protagonista assoluta con la sua fisicità prorompente che esprime in modo plastico ansie e turbamenti, sogni e speranze.

Il passato e il presente”, 2007 

E’ una galleria visiva che nella prima parte, gli acquerelli, sorprende per la leggerezza e l’armonia con cui i delicati profili femminili si accordano alle architetture ariose e agli arbusti sottili; nella seconda parte, gli oli, colpisce per la forza della figura femminile dominante non attraverso espressioni dell’anima, come il titolo farebbe pensare, ma mediante una presenza corporea quasi aggressiva, tali sono i nudi dai contorni netti e dai colori intensi, addolciti solo da pose languide.

Allora quel percorso all’insegna della leggerezza e della trasfigurazione di immagini arcadiche si tramuta in un itinerario dove prende il sopravvento la femminilità integrale, fatta di corpo oltre che di anima. Di un corpo che diventa lo specchio dell’anima nella quale si riflettono tutti i motivi di ansia e incertezza, attesa e insicurezza, come la consapevolezza di sé della condizione femminile.

Percorso e itinerario da decifrare, dunque, con una costante che ne è il filo conduttore nelle due espressioni di cui abbiamo sottolineato la diversità di forma e contenuto; la presenza costante dei motivi della classicità e della natura che accompagnano la figura femminile, appena delineata negli acquerelli, marcata con evidenza plastica negli oli. Le architetture sono più che un richiamo classico, danno rigore alla composizione, gli alberi filiformi ne allargano i confini anche sotto il profilo psicologico: non si dà all’albero  una precisa chiave interpretativa dei sogni femminili?

C’è un clima di sospensione nelle scene raffigurate, la figura umana è inserita in un ambiente spesso surreale anche se la solidità della composizione le dà una stabilità lontana dalle suggestioni  dell’effimero. C’è forse un senso di incompiuto, di non risolto pur in questa stabilità. Claudio Strinati  –  che nell’affollatissima inaugurazione ha presentato la mostra con Federica Galloni, direttore regionale per il Lazio del  MiBAC  e Alessandro Nicosia, presidente di “Comunicare Organizzando” – ha detto al riguardo: “Le donne  della Giorlandino sono simboli di un sentimento quasi impercettibile dove l’angoscia  e i turbamenti del vivere sfumano  nella quiete e nel sogno rasserenante. C’è, infatti, in lei l’esigenza di staccarsi dalla quotidianità e librarsi verso misteriose trascendenze cui le sue immagini sembrano costantemente rivolgersi, come nell’attesa di un qualcosa che resta inattingibile e lontano”.  

E’ un processo che si può analizzare collegando i dipinti alle intitolazioni, esplicite quanto evocative, e soprattutto alle riflessioni che la stessa pittrice vi collega. Il filo continuo che unisce le sue opere pur nelle peculiarità che abbiamo sottolineato attraversa uno spartito quasi musicale dove le modulazioni  e i cambi di ritmo e di tonalità sono all’interno di una composizione armoniosa.

Proviamo a individuare le note salienti di questo spartito, che è il “percorso dell’anima” della pittrice guardando i suoi dipinti e leggendo le sue riflessioni come un’interpretazione autentica.

Il percorso dell’anima nei titoli dei quadri

Si inizia con gli acquerelli, i nudi femminili sono appena delineati,  più marcati i segni delle architetture e soprattutto di alberi ed arbusti, pur se leggeri e stilizzati. I titoli vanno dai riferimenti classici, come “Una finestra su Michelangelo” e“Omaggio surreale a Michelangelo”,  a evocazioni come “Equilibri e trasparenze” e “Negli equilibri”, “Staticità” e “Tra il cielo e il mare”; poi diventano più penetranti, la staticità diventa “Staticità interiore”, agli equilibri segue “Tutto è divenire”, il colore celeste  e marino si traduce “Nell’azzurro dell’anima”.

“La strada senza spazio” sembrerebbe suggerire un’oppressione, peraltro la figura femminile è armoniosamente collocata tra l’albero e le arcate, mentre “Serenità”  è uno dei pochi acquerelli senza la donna, c’è l’arcata in primo piano con dei ruderi, gli alberi si moltiplicano, classicità e natura sono la medicina dell’anima, dunque. E la si trova anche “Nell’oblio del sonno”.

Ma non si cerca di sfuggire la realtà, “Guidare se stessi” è l’imperativo, c’è “Il cammino delle donne” in un percorso che va “Al di fuori della mente”, perché “Il sogno in noi stessi”, quindi non c’è solo ragione, c’è sentimento; di qui  “Uno sguardo alle emozioni” e “Il volo delle emozioni”.

Negli acquerelli tutto questo è collocato in uno spazio rarefatto con i due sigilli costanti di cui si è detto, l’architettura classica e l’albero stilizzato; la figura femminile, rappresentata con i contorni delle forme di nudi delicati, assume diverse posizioni e atteggiamenti, assorti o volitivi.

Il tempo è un altro elemento essenziale di questo percorso, siamo come “Testimoni e statue del tempo”; la “Testimone del tempo” è un’immagine forte in uno degli acquerelli più colorati. Qual è il tempo dell’artista? Comincia con “Omaggio al passato” e “Dentro il nostro passato” per poi fissarsi su “Il passato e il presente” fino ad andare oltre “Tra passato e futuro”: il percorso dell’anima deve interpretare un’esistenza difficile, stretta com’è “Tra il bene e il male”.

Negli oli e nei quadri con tecnica mista i titoli sono coerenti con la maggiore forza data dai segni marcati e dai  colori violenti, rispetto alle linee delicate e le tinte pastello, giallino e celeste con bianco prevalente degli acquerelli. Il percorso dell’anima si fa inquieto e appassionato, dei temi precedenti c’è solo un “Omaggio al passato”, scena arcadica che si ripete “Nel sogno mitologico”, dominato da un nudo femminile disteso davanti a un elmo e uno scudo che ne sono accessori secondari, come i rami che spuntano dietro la figura immersa nel sonno.

Incalza l’angoscia esistenziale, i nudi femminili ne scandiscono i momenti assumendo pose diverse: le mani sono sulla testa della figura eretta in “La nostra vita”, mentre prendono l’erba dal terreno in “La ricerca della felicità; l’oppressione di “La prigione dello spazio” e “Nel vuoto dell’oblio” è resa con il corpo nudo femminile sdraiato nella spossatezza, mentre è di nuovo eretto ma con gli occhi sbarrati in “I mostri della mente”, dove una scalinata sale verso una maschera da incubo;  “Nel buio della solitudine” gli occhi volitivi e il linguaggio del corpo sono in  segno di sfida.

Le mani nei capelli su un orizzonte rosso cupo che fa da sfondo alla “Disperazione” segnano il punto estremo cui può giungere l’angoscia, poi ci si apre alla riflessione, “Nella cornice di noi stessi”, come in “Lasciare alle spalle”, reso visivamente dalla figura ripresa mentre cammina in avanti, la donna è incastonata in una solida forma architettonica, quasi vi trovasse un sicuro rifugio.

Per questo non deve spaventare la “Difformità”, si chiede “Se tutto divenisse” la figura distesa in un ambiente arcadico con ruderi antichi. Seduta con la testa pensosa appoggiata alla mano sinistra, sempre sotto arcate protettive, cerca di andare “Al di là del sentire”, e finalmente trova l’approdo tanto cercato. “Nell’amore delle emozioni”, seduta ‘en plein air’ con atteggiamento volitivo tra l’albero e la colonna, fino al “Desiderio d’amore” che si vede appagato in grembo alla natura dove fioriscono per la prima volta i rami sempre spogli dell’albero, nell’abbraccio con la sola figura di uomo dei suoi dipinti, a parte quella di genere in “Difformità”, in una scena da paradiso terrestre.e

E’ una sorta di “happy end” del percorso dell’anima come lo abbiamo ricostruito in una personale interpretazione delle sequenza in cui leggere i titoli, e quindi le immagini, tale da dare alla galleria di acquerelli e soprattutto di oli il senso compiuto di una narrazione.  L’artista,  oltre che nei titoli, ha dato la propria interpretazione del suo itinerario interiore con delle riflessioni proposte in riferimento ai singoli dipinti nel Catalogo, una vera e propria confessione.

Ne riportiamo i momenti salienti rispettando, per quanto possibile, la sequenza che abbiamo dato ai titoli, cogliendo ovviamente fior da fiore, senza evidenziare le parole dell’autrice, salvo alcuni passaggi; ma teniamo  precisare che tutte le tessere del mosaico di sentimenti sono sue.

“Dfformità”, 1994

Il percorso dell’anima nelle riflessioni della pittrice

Anche nei commenti agli acquerelli irrompe la crisi esistenziale. Persino i due quadri dedicati  a Michelangelo sono commentati con parole inquiete: sente un’incertezza pavida contro il tempo che passa, sperando di averne ancora a sufficienza per dare un senso alla vita; cerca di smorzare gli affanni mai sopiti, intreccia fra le dita un pensiero e un filo d’amore. E’ consapevole che il suo stato d’animo è turbato: “Il mio cuore funziona, ma devo aver perso le istruzioni. La mia mente funziona, ma devo aver allentato gli indotti delle vibrazioni”.

Cerca nuovi stimoli, e si accorge che non mancano, la mente va alla ricerca di leggerezza e amore, c’è l’intrepida certezza che il domani sia migliore, ma tutto sfugge nei pensieri. La nostalgia e la solitudine riportano a casa, un ritorno a dove ci si trova è però un viaggio senza sentimenti. I ricordi e i sogni nel cassetto si dileguano, non sa più dove trovarli, e la giornata serve solo a nutrire l’incertezza, c’è il sollievo della sera quando il tempo grigio è passato e possono soccorrere i sogni.

La solitudine porta al vuoto nella mente, manca sempre un attimo, lo spazio che qualcuno ha sottratto, anche se non sa cosa avrebbe fatto, l’assenza rende tutto precario. Neppure i sogni bastano, “siamo come pupazzi nelle mani della notte, nella triste commedia di una dura vita che passa veloce”. Non si distinguono più le stagioni, hanno solo il colore del tempo, è l’angoscia dei giorni aridi che viviamo a renderci insensibili. Il tempo porta via volti, parole, rimpianti ed entusiasmi, le emozioni sono spente, soffocate dal grigio di un tempo ingrato che si perde nei vuoti lasciati dalla vita.

Vorrebbe riscoprire un sentimento a lungo non pensato, un’emozione da cavalcare, perché si insegue sempre il futuro, invece dobbiamo imparare a vivere nel presente. Nessuno ci ripagherà mai dell’amore che non abbiamo dato, la vita dovrebbe essere più semplice, bisognerebbe mostrare la capacità di amare. Domina l’infelicità e l’angoscia, ci chiude il cuore e la mente; dovremmo vivere di più l’amore, nutrimento dell’anima, o svaniranno anche le emozioni.

I mostri della mente sono occhi che scrutano senza vedere, ingannati da una mente prevenuta, il sentimento o si esprime o si avvizzisce se resta chiuso nella mente. Diventano occhi chiusi senza riposo quando irrompe la disperazione, il tempo non passa, il  pensiero stanco annebbia la vista, impedisce di trovare la via della felicità.

Ma nella cornice di noi stessi si trova un  po’ di conforto, un sole di ricambio per i giorni di solitudine e d’immobilità, un sole che non sorge né tramonta ma sorride nei sogni. D’altra parte la saggezza non è per tutti, non basta cercarla, è solo per chi sappia riconoscerla quando la si incontra. Anche l’emozione si può smarrire portata via dall’infinito silenzio dell’assenza, e quando si perde il treno del tempo va ritrovata. Se gli occhi sono stanchi e non si vuol vedere né sentire, solo l’immagine di ciò che si sogna e ci dà la vita  riesce a scuotere il cuore e la mente, “senza di essa neppure io sarei”, esclama l’autrice. Al di là del sentire, luci nella notte come pensieri nel vuoto della mente che parlano di noi, di quando la felicità era un gioco, di quando ripagare l’amore con l’amore, l’amicizia con l’amicizia, la sincerità con la sincerità era una cosa normale.

Dopo la ragione torna il sentimento: nell’amore delle emozioni “oggi ho contato le parole dette e ascoltate, misera la somma”; ma riesce a dire ancora “facile al mio cuore è il sentire”.

E qui esplode il desiderio d’amore: “L’emozione di tanti baci anche se ne sono stati dati pochi, quelli rubati alla timidezza, quelli dati di slancio fingendo distrazione, quelli concessi senza pensare uno prima o uno dopo. Solo per sentire il sapore delle emozioni che ci spinge all’arte e ci fa vivere”.

Queste sue parole sono la nostra conclusione, nella sequenza che abbiamo ricostruito che pone l’amore al culmine. Del resto non è un continuo atto d’amore quel corpo femminile che sotto ogni titolo e dietro ogni riflessione si mostra nudo in una profferta nella quale ci sono di volta in volta inquietudine e angoscia, attesa e speranza, un fiume di  emozioni alimentate dal sentimento?

Info

Complesso del Vittoriano, lato Fori imperiali, Sala Giubileo, tutti i giorni ore 9,30-19,30. Ingresso gratuito . Tel. 06.6780664; http://www.mariastellagiolardino.it/. Catalogo: “Il percorso dell’anima di Mariastella Giolardino”, Gangemi Editore, ottobre 2012, pp. 112, formato 22,5 x 24; dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo.

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante all’inaugurazione della mostra, si ringrazia “Comunicare Organizzando” di Alessandro Nicosia con i titolari dei diritti, in particolare Mariastella Giorlandino, per l’opportunità offerta. In apertura, “Il passato e il presente”, 2007; segue, “Dfformità”, 1994; in chiusura, “Desiderio d’amore”, 2012. 

“Desiderio d’amore”, 2012