i Romano Maria Levante
Termina la nostra visita alla mostra in corso a Roma, alle Scuderie del Quirinale, dal 27 settembre 2012 al 20 gennaio 2013, “Vermeeer. Il secolo d’oro dell’arte olandese”.Dopo aver parlato della vita e dell’arte di Vermeer, nella temperie artistica del “secolo d’oro olandese”, e aver raccontato la visita alle prime cinque sale, con gli esterni di Delft e la vita quotidiana nelle case, passiamo alle opere esposte nelle restanti cinque sale in modo da completare la rassegna di 50 dipinti di artisti olandesi a lui vicini che fanno corona a 8 opere di Vermeer, preziose presenze delle 35 esistenti.
Vermeer, “Giovane donna seduta al virginale”, 1670-72
Il fascino sottile di Vermeer sul visitatore
Nella mostra di Vermeer abbiamo visitato le prime cinque sale, ne restano altre cinque. Per rientrare nell’atmosfera, oltre a far riferimento ai giudizi citati in precedenza – quelli dello scrittore e del poeta, poi dei realizzatori della mostra – riportiamo il pensiero di uno dei tre curatori, del quale oltre alle espressioni già ricordate, ci ha colpito quella che segue. Perché è rivolta alla percezione del visitatore, quindi è adatta per proseguire la visita con lo spirito giusto.
“Il fascino durevole delle immagini vermeeriane – scrive Wheelock Jr.- non è riconducibile al loro apparente realismo, ma all’atmosfera serena e fuori dal tempo che ne determina la straordinaria dignità artistica”. E’ un aspetto particolare dell'”atemporalità” che si aggiunge a quelli già ricordati: “Queste opere sono permeate di significati che spesso rimangono avvolti nel mistero: l’artista spiega raramente il contesto in cui si muovono i suoi soggetti, né descrive le emozioni umane tramite gesti o espressioni particolari, preferisce lasciare che ciascuno interpreti la scena a modo suo. Facendolo, ognuno arriva inevitabilmente a una comprensione profonda dei propri sentimenti e rapporti con gli altri”. Un effetto psicanalitico se non catartico, dunque, non ci resta che verificarlo mettendoci direttamente alla prova del confronto con la visione delle restanti opere.
I ritratti del secolo d’oro e la “Donna con il cappello rosso”
Riprendiamo il tour nella 6^ sala, con le “tronie”, ritratti all’epoca molto diffusi creati non per somigliare al soggetto per lo più anonimo ma come opere di immaginazione per tipi esemplari.
Caratteristico al riguardo “Ritratto di fanciullo con cappello” di Sweerts, il volto è verso l’osservatore ma non lo sguardo, sembra che Vermeer conoscesse le sue opere. “Artista nel suo atelier”” diVan Musscher oltre che del pittore raffigurato dà un ritratto esemplare del suo studio assurto a simbolo della nobiltà dell’arte.
Ma sono i due dipinti di Fabritius che attirano maggiormente, essendo stato allievo di Rembrandt e iniziatore della scuola di Delft, con notevole influenza su Vermeer, soprattutto nell’uso della luce, fino alla morte a 32 anni nell’esplosione cui si riferisce il quadro di Van der Poel citato all’inizio. Sono esposti un “Autoritratto” che come atteggiamento e stile richiama Rembrandt, e “Donna con orecchino di perla”, che Vermeer forse ha posseduto o almeno visto e al quale potrebbe essersi ispirato nel quadro dallo stesso titolo e con lo stesso atteggiamento, il grande assente nella mostra dove tuttavia ne vedremo altri che ne ricordano l’intensa e insieme delicata suggestione.
Ed ecco l’opera forse più celebrata di Vermeer, dopo la “Ragazza dall’orecchino di perle”, si tratta della “Ragazza con il cappello rosso”,non serve cercarla, ha sempre un capannello di visitatori intorno. In dimensioni minute, 23 per 18 centimetri, riesce a concentrare un’intensità espressiva straordinaria. E’ uno studio del volto con effetti di luce e di colore, chiari e scuri con aloni sfuocati tali da far pensare a una camera oscura, che all’epoca veniva spesso utilizzata. Oltre a questo aspetto stilistico, è lo sguardo limpido verso l’osservatore che attrae con il suo magnetismo. E’ un primissimo piano di un viso pulito che rende sfuocato e indistinto l’ambiente in cui si trova, facendo venir meno un primo indizio per penetrare nella psicologia del soggetto che appare inafferrabile sebbene sembra che la ragazza guardi proprio l’osservatore girando il viso verso di lui al di sopra della spalla: l’osservatore siamo noi che ci sentiamo nel contempo presi da quello sguardo insistente e messi in soggezione dalla sua espressione tranquilla che non merita curiosità indiscrete.
Ormai in ogni sala troveremo un Vermeer, nella 7^ c’è “La suonatrice di liuto”, con notevole ricorso alle ombre che completano la prospettiva e un uso della luce che crea contrasti tra zone scure e zone luminose in modo da far convergere l’attenzione sulla donna. Suona oppure accorda lo strumento ma senza guardarlo, il suo viso è rivolto verso la finestra quasi attendesse qualcuno, cosa che crea un’atmosfera di sospensione. Si scopre la psicologia più intima tutt’uno con l’ambiente raccolto, un’altra manifestazione della capacità dell’artista di coinvolgere nei suoi bozzetti di vita.
Oltre al liuto c’è a terra una viola, un altro strumento nel quadro di Dou, “Donna al Clavicordo”, mentre Schalcken in “Concerto di famiglia” e Netscher in “Compagnia musicale” raffigurano la consuetudine diffusa nel ‘600 soprattutto nell’alta borghesia di riunirsi all’insegna della musica per sfuggire alla noia della vita quotidiana e coltivare rapporti raffinati, eleganti, anche corteggiamenti.
Nella sala vediamo scene di vita comune, “Donna con bambino che fa le bolle di sapone in giardino”, di Van der Burch, ispirato a De Hooch, e “Giovane donna con piatto di limoni” di Van der Neer, ispirato a Ter Borch e Netscher. Nei quadri di Vermeer troviamo assonanze compositive.
Quirijn van Brekelenkam, “Conversazione sentimentale”, 1661-62
Altri temi al femminile, fino alle due “Donne al virginale”
Le sale seguenti, l’8^ e la 9^, contengono una carrellata di ben 17 opere di artisti olandesi a lui vicini, che fanno corona a due suoi capolavori. Citiamo i temi espressi dai titoli e gli autori: la “Donna che beve vino” di Ter Borch e la “Donna che dà da mangiare al pappagallo” di Van Mieris, la “Donna che dà una frittella a un cane” di Metsu di cui abbiamo già citato la “Donna che legge una lettera”; suoi anche “Uomo che scrive una lettera” e “Donna che scrive una lettera” l’unico in cui il soggetto guarda l’osservatore, insieme a “La mangiatrice di ostriche” di Steen. In tutti gli altri le donne sono impegnate nelle loro attività oppure assorte, con una netta differenza rispetto ai quadri di Vermeer su soggetti analoghi ma in atteggiamenti molto diversi.
“Giovane donna con perle” di Van Mieris, con uno sguardo esitante, è un tema molto condiviso declinato da Vermeer in modo sublime nel quadro ricordato al culmine dell’arte e della celebrità.
Altri soggetti, oltre quello prevalente della donna, sono “Il pescivendolo” diOchtervelt e “Astronomo a lume di candela” di Dou, poi scene come “Interno con uomo, donna che legge e cameriera”di Elinga e “La visita del dottore” di Van Mieris fino a “Conversazione sentimentale” diVan Brekelenkam. Sono ricchi di particolari ambientali, fanno sentire l’osservatore all’interno della stanza in cui si svolge la scena, in qualche caso movimentata, in altri statica e tranquilla.
La musica torna in “Il concerto” di Ochtervelt, “Donna che suona la tiorba in un interno” di Van der Neere “Coppia elegante con strumenti musicali in un interno” diVerkolje: il primo riflette l’immagine della musica legata all’intrattenimento amoroso, anzi si spinge fino alla seduzione pur non essendovi figure maschili ma soltanto la donna in posa quanto mai languida e sensuale con generoso decolletè; gli altri, come quelli citati in precedenza di Schalcken e Netscher, rendono invece l’immagine dell’intrattenimento privato nell’ambito soprattutto familiare.
Ma siamo giunti ai due straordinari capolavori di Vermeer, “Giovane donna seduta al virginale” e “Giovane donna in piedi al virginale”.
Sono entrambi dell’ultimo periodo in cui ha dipinto altre giovani donne nell’atto di suonare uno strumento, anzi possono essere state realizzati per essere appesi l’uno vicino all’altro, è quasi una sequenza; anche l’abito di raso sembra simile pur essendo molto diverso lo scialle, giallo nella prima, azzurro nella seconda. Le donne sono in posizione laterale ma rivolgono il viso e lo sguardo all’osservatore, secondo i significati dati alle opere con la musica, in cui chi osserva la scena corteggia la donna mentre lei distoglie gli occhi dalla tastiera continuando a suonare e risponde con lo sguardo. Più intenso nella “donna seduta”, in un ambiente più intimo senza la dispersione dei particolari di arredamento: solo la pianola, la parete è senza quadri, effetti di luce e di ombra rendono la scena raccolta, il quadro è delle piccole dimensioni della “Donna con il cappello rosso”.
Nel dipinto con la “donna in piedi”, di dimensioni doppie, la composizione è geometrica con la luce che anche qui crea solchi e zone d’ombra ma senza la morbidezza dell’altro, i particolari abbondano – dai due quadri alle pareti, alla sedia in primo piano, ai disegni del pavimento – lo sguardo è più distaccato. E’ come se il momento magico fosse passato e la donna stesse per accomiatarsi. Il quadro nel quadro, appeso alla parete, che raffigura Cupido con un verso che esalta la fede, suggerisce alla critica che “l’immagine di Vermeer sembra sostenere l’ideale di amore puro e armonioso: un sentimento incarnato dalla chiarezza e perfetta armonia della composizione stessa”.
Vermeer, “Giovane donna in piedi al virginale”, 1670-72
La conclusione con l'”Allegoria delle Fede”
Siamo ora alla 10^ e ultima sala, nel piano superiore delle Scuderie troviamo due quadri, i “Giocatori di scacchi” di De Man, con la ricerca della prospettiva ma poco in comune con Vermeer, e “Il bicchiere rifiutato” di De Jongh, che si ispira a due dipinti di Vermeer del quale scrisse, dopo averne visitato lo studio, che della sua arte “l’aspetto più straordinario e maggiormente curioso consiste nella prospettiva”. Abbiamo visto come la “Giovane donna con bicchiere di vino” di Vermeer accetti invece il bicchiere anche se distoglie lo sguardo non si sa con quale intenzione.
Di Vermeer il quadro che conclude la mostra, ma non è in continuità con i precedenti. E’ una sorpresa, si tratta dell’“Allegoria della Fede”, un tema religioso molto raro in lui, l’unico esposto oltre “Santa Prassede”, di cui ripete le dimensioni maggiori: la Chiesa cattolica è rappresentata da una figura femminile che ha “il mondo ai suoi piedi”, come nel testo “Iconologia” di Cesare Ripa pubblicato ad Amsterdam nel 1644, Vermeer rende il mondo con un globo olandese del 1618.
E’ un’immagine non convenzionale, non si tratta di un soggetto devozionale, tipo Madonna col Bambino, pur se nella parete si vede una Crocifissione dipinta; per questo e per la composizione il quadro non si addice a una chiesa normale, ma alla “chiesa nascosta” creata dai cattolici in una casa comune, ben diversa dai templi. Lo dimostra l’ambiente domestico, il pavimento a piastrelle da casa privata e il soffitto a cassettoni, nonché l’altare improvvisato; la tenda-arazzo, inoltre, visualizza la clandestinità e insieme la rivelazione, non ci sono effetti naturalistici per rendere appieno il contenuto simbolico. La figura della Madonna, in veste bianca simbolo di purezza e celeste dal colore del Paradiso, ha una solennità che contrasta con l’ambientazione modesta.
E’ un’idealizzazione che la porta al di sopra della realtà, cosa che conferma la duttilità stilistica e contenutistica dell’artista, del quale dello stesso periodo abbiamo conosciuto “Giovane donna in piedi al virginale” e “Giovane donna seduta al virginale” dalla forte presa psicologica.
Sono i due ultimi dipinti ora citati il vero clou della mostra, anche se la visita termina in gloria con l’esibizione conclusiva del dipinto sulla Chiesa. Molto diverso dagli altri, non può far dimenticare la stupenda ambientazione, l’atmosfera di incredibile suggestione di soggetti indimenticabili come la “Donna dal cappello rosso”. Anche la “Ragazza con l’orecchino di perle”, assente giustificata nella mostra, è presente nella mente e nel cuore del visitatore con le 8 opere del grande artista.
Ne abbiamo ricordato il valore prima della visita, aggiungiamo in conclusione che Salvador Dalì, nella sua “Tabella comparativa dei valori ” in pittura, dava a Vermeer – insieme a Raffaello con il quale da giovane aveva cercato di identificarsi – la valutazione massima nella tecnica e ispirazione, colore e disegno. Abbiamo visto come tutto questo si manifesti e abbiamo cercato di raccontarlo. Speriamo di aver trasmesso qualcosa dell’emozione provata.
Info
Roma, Scuderie del Quirinale, Via XXIV Maggio 16, Roma. Domenica-giovedì ore 10,00-20,00; venerdì-sabato ore 10,00-22,30, lunedì chiuso, la biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso: intero euro 12,00, ridotto euro 9,50. Tel. 06.39967500. http://www.scuderiequirinale.it/; http://www.mondomostre.it/. Catalogo “Vermeer. Il secolo d’oro dell’arte olandese”, a cura di Sandrina Bandera, Walter Liedtke, Arthur K. Wheelock Jr., Skira 2012, pp. 248, formato 24×28, euro 38; dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. I primi due articoli sulla mostra sono usciti in questo sito il 14 e 20 novembre 2012. Nel primo erano riportate le immagini di “La stradina” e “Santa Prassede” di Vermeer, “Veduta di Delft con l’esplosione del 1654” di Van der Poel e “La camera da letto” di De Hooch; nel secondo “Ragazza con il cappello rosso”, “La suonatrice di liuto” e “Giovane donna con bicchiere di vino” di Vermeer, “Donna che legge una lettera” di Metsu.
Foto
Le immagini sono state fornite dalle Scuderie del Quirinale, si ringrazia l’Ufficio stampa con i titolari dei diritti per la cortese concessione. In apertura, Vermeer, “Giovane donna seduta al virginale”, di Vermeer, 1670-72; seguono, Quirijn van Brekelenkam, “Conversazione sentimentale”, 1661-62 e Vermeer, “Giovane donna in piedi al virginale”, 1670-72; in chiusura, Vermeer, “Allegoria della fede”, 1670-72
Vermeer, “Allegoria della fede”, 1670-72