“L’Azione Cattolica a Teramo, tra ventennio e ritorno alla democrazia (1919-1953)” si intitola il penultimo libro di Alberto Aiardi pubblicato nel febbraio 2011 prima dell’ultimo“Breve storia economica e sociale della provincia di Teramo nel Novecento” uscito nel gennaio 2012. L’excursus politico-religioso in questo libro del 2011 e quello economico-sociale nel libro del 2012 toccano i diversi campi nei quali si è impegnato con la visione dell’uomo di cultura le cui riflessioni e analisi sono profonde. Con la sua scomparsa assumono il valore di un testamento spirituale, per questo vogliamo ricordarle a sei mesi dall‘8 giugno 2012, giorno nel quale Alberto Aiardi ci ha lasciato, considerando uno per volta i due libri in modo più esteso dopo averli riassunti insieme di recente. Iniziamo dal primo libro, in cui si riflettono gli esordi della sua vita pubblica.
Una storia personale e collettiva
Nel libro sull’Azione Cattolica l’autore, economista e uomo politico di lungo corso a livello locale e nazionale, racconta una storia tra la religione e la politica vissuta dal di dentro o ricostruita da fonti dirette. Tra il 1951 e il 1952 Alberto Aiardi è segretario dell’ufficio Aspiranti di Teramo, guidato da Berardo Cavarocchi, scomparso prematuramente nel 1959, vice Giuseppe Ammassari. Aiardi sarà poi presidente della Gioventù Italiana di Azione Cattolica dal 1958 al 1964, intanto lo vediamo fotografato nel gruppo di giovani dell’Azione Cattolica in gita all’Arapietra, dov’è la Madonnina del Gran Sasso, sopra ai Prati di Tivo di Pietracamela, con Cavarocchi, il presidente diocesano Walter Romani, l’assistente diocesano don Giovanni Jobbi, e il vicepresidente Luigi Pompa.
La foto fa parte di una galleria fotografica di 24 immagini che correda il libro riportandoci a tempi lontani e presentando figure del mondo cattolico, laico e religioso, ben note a Teramo: da Tommaso Sorgi parlamentare a Carino Gambacorta sindaco, da don Tiberio Varani delegato diocesano a don Gaetano Cicioni segretario diocesano, da don Giovanni Jobbi assistente diocesano a mons. Adolfo Binni, delegato vescovile. In altre foto si vedono Arcangelo Di Paola, vicepresidente della giunta diocesana e Giuliana Tribotti presidente della Gioventù femminile. La scena cattolica teramana è dominata dal vescovo Gilla Gremigni, che nel 1951 diventerà vescovo di Novara restando per qualche mese amministratore apostolico della diocesi di Teramo. Annuncerà la nomina del nuovo vescovo teramano, Stanislao Battistelli, il 20 febbraio 1952; il giorno dopo sarà annunciata la nomina di mons. Binni a Vescovo di Nola, consacrato nella Cattedrale dopo un mese, il 19 marzo.
I nomi che abbiamo citato, perché familiari alla nostra memoria, sono una parte minima della vastissima nomenclatura di persone che si sono avvicendate nei 20 anni considerati dal libro, nella costellazione di organismi cattolici che Aiardi descrive in modo molto dettagliato nella loro continua evoluzione e nell’attività svolta con tutti i nomi dei rispettivi responsabili, e sono tanti.
Non proviamo minimamente a ricostruirne la storia, è un groviglio tale che solo le 236 pur agili pagine del libro riescono a dipanare offrendo uno spaccato di vita e di attività operosa a livello provinciale nel quadro dei più vasti movimenti su scala nazionale nel mondo cattolico e non solo.
Un pregio del libro, oltre alla sua importanza documentaria per la storia del movimento cattolico, è di portare sulla scena un fervore di iniziative, una partecipazione appassionata e corale che non potevamo immaginare noi, come tanti altri, che ne eravamo fuori e non ci accorgevamo di cosa si muoveva nella terra di nessuno, o meglio di tutti, posta tra l’impegno religioso e quello politico.
In questo senso, pur fermandosi a sessant’anni fa, il libro è istruttivo per la prospettiva odierna: richiama l’attenzione su un mondo cattolico la cui vitalità, dinamismo e capacità di iniziativa spesso sono sottovalutati mentre basta porvi lo sguardo per avere delle sorprese. Del resto, le oceaniche adunate dei giovani nei Giubilei della gioventù, intorno a papa Giovanni Paolo II, che si ripetono con Benedetto XVI, rivelano una capacità di mobilitare il mondo giovanile che vediamo 60 anni fa nel fervore associazionistico tradotto in iniziative formative e in un’azione diretta di forte impegno.
Ma perché Aiardi, presidente dei Giovani di Azione Cattolica dal 1958 al 1964, si è fermato al 1953, quando era “aspirante” e quindi non può dare una testimonianza diretta dalle posizioni di responsabilità rivestite dopo? Spiega che vi sono due ragioni, a parte l’evitare l’autocelebrazione: la prima ragione è voler ricordare il valore “dell’azione di apostolato laicale” quando il regime fascista faceva venire meno “la presenza del movimento strettamente politico dei cattolici”, dove “strettamente” sottintende che pure l’altra presenza fu politica in senso lato, anzi nobile, tanto più rispetto alle miserie della politica odierna; la seconda ragione è l’interesse a “verificare il suo ruolo al momento del ritorno alle libertà democratiche”, e cioè “la sua capacità di ripresa organizzativa e di promozione nel primo decennio di cammino nel nuovo clima politico e sociale”.
Aggiunge, dissimulandola in nota, “una terza motivazione strettamente personale”: quella, cioè, di rendere, nel ricordo, omaggio ad un gruppo numeroso di persone con le quali ho avuto il piacere e l’onore di incrociarmi per conoscenza e rapporti di impegno comune nel mio percorso di vita negli anni giovanili”. Da parte nostra abbiamo fatto la stessa cosa nel citare i pochi nomi conosciuti di persona; ma il “catalogo” di Aiardi è sterminato, non possiamo neppure scorrerlo per sommi capi.
Le prime due ragioni della scelta ci permettono di estrarre dell’ampia e documentata ricostruzione di trent’anni cruciali della storia nazionale alcuni elementi particolarmente illuminanti sul ruolo delle organizzazioni cattoliche nella vita politica e sociale e sui loro collegamenti con la Gerarchia. Faremo questo riferendoci prima alla prospettiva nazionale per quanto ha avuto immediate ricadute a livello diocesano e provinciale; poi alla sede locale in rapidi flash prescindendo dal “tourbillon” organizzativo e di personaggi troppo specifico e movimentato per essere anche solo accennato.
L’impegno dell’associazionismo cattolico tra religione e politica
Il libro inizia molto indietro, con la fine del potere temporale della Chiesa che “rendeva sempre più viva l’esigenza di un associazionismo cattolico volto a farsi carico dell’animazione cristiana della società con un impegno specifico del laicato”. Nel 1867 nacque la “Società della Gioventù cattolica” che qualche anno dopo diede vita all’“Opera dei Congressi”, impegnata a organizzare, “in maniera unitaria, e subordinata alla Gerarchia, l’azione dei laici cattolici, nello spirito definito ‘intransigente'” del “non expedit”, il divieto pontificio ai cattolici di partecipare alla vita politica.
La sua azione, però, pur mossa da finalità religiose di apostolato per formare alla pratica di fede, “non poteva per forza di cose trascurare di operare sul terreno socio-politico”. Si sente l’esigenza che il movimento cattolico difenda la visione cristiana della vita anche per “contrapporsi alle ideologie dominanti nel campo sociale e politico, quali il liberalismo ed il marxismo”. In questa prospettiva c’era chi voleva restare con rigore nel campo religioso e sociale, e anche chi premeva per “un più diretto impegno nelle responsabilità politiche”.
Il divieto del “non expedit” si andò stemperando con la partecipazione alle istituzioni e alle amministrazioni locali: nacque l’“Unione elettorale” per coordinare il lavoro dei cattolici, singoli e associati, in tali sedi. Con la fondazione da parte di don Luigi Sturzo del Partito Popolare Italiano dopo l’appello “ai liberi e forti” del 18 gennaio 1919, fu passato il Rubicone della politica. L'”Unione elettorale” fu sciolta il 25 settembre, il 12 novembre venne dichiarato ufficialmente decaduto il “non expedit”. “Abbiamo un partito!” potevano dire i cattolici, ci si consenta la battuta.
E le organizzazioni cattoliche? “Proprio in questo periodo può affermarsi che nasce la vera e propria Azione Cattolica – scrive Aiardi – organizzazione con finalità prevalenti di apostolato. Veniva così a realizzarsi una chiara differenziazione tra l’organizzazione politica, aconfessionale per sua logica, e l’attività di apostolato, naturalmente apolitica”. Per quest’ultima si chiedeva “un comune impegno del clero e del laicato”, il che comportava rapporti non sempre facili con le gerarchie religiose mentre ci si doveva differenziare dall’impegno politico svolto dai cattolici nel partito di Sturzo, operazione anche questa delicata che non sempre andò liscia.
Dagli anni del fascismo al dopoguerra fino al 1953
Con il fascismo i problemi si acuirono, il regime era sospettoso verso l’azione delle organizzazioni giovanili, anche cattoliche, fino a decretare il completo scioglimento il 31 maggio nel 1931 di tutte quelle non legate al Partito fascista e all’Opera Nazionale Balilla. La sola Azione Cattolica nella sua struttura complessiva ebbe “la possibilità di continuare la sua azione, pur fortemente ridimensionata e controllata”; un’attività di studio e riflessione ma non limitata agli aspetti religiosi. Fu imposto di adeguare gli Statuti accentuando il carattere diocesano; i dirigenti erano nominati, non più eletti.
Dopo le leggi razziali del 1938 la vita dell’Azione Cattolica diviene ancora più difficile, ci si ritira sempre più sul piano religioso, anche per non fornire pretesti al regime che temeva potesse costituire il nucleo di un vero e proprio partito politico nei momenti difficili che era facile prevedere e ai quali ci si preparava. Nel 1940 vengono modificati di nuovo gli Statuti dando la responsabilità dell’organizzazione alla Gerarchia escludendo i laici dai vertici. Apparentemente nulla cambiò perché i laici, pur declassati, non lasciarono l’associazione. “Di fatto, però, era stata aperta nel laicato una ferita che solo la riforma del 1946 e la rispettiva reintegrazione dei laici nei posti di responsabilità sarebbero riuscite a rimarginare”, commenta Aiardi citando Mario Casella.
Vi sono stati due modi opposti di giudicare i rapporti con il regime: “Una irriducibile incompatibilità di carattere nel campo morale e politico”, secondo il conte Dalla Torre; “una non accettabile acquiescenza” secondo Alcide De Gasperi. La tesi intermedia è un progressivo irrigidimento nei rapporti, dall'”attesa e riserbo” del 1922-25 alla collaborazione pur cauta nel 1929 con la Conciliazione, dal “sostanziale appoggio” dopo la crisi del 1931 al “raffreddamento e distacco” nell’ultima fase del regime.
Molti iscritti all’Azione Cattolica parteciparono attivamente alla Resistenza, “chi imbracciando il fucile chi adoperandosi nella rischiosa opera di protezione e di aiuto ai perseguitati politici”. L’associazione si mobilitò sul piano assistenziale in iniziative proprie o con le altre organizzazioni, e verso la fine del conflitto si impegnò sui problemi sociali per prepararsi agli sviluppi futuri.
Dopo l’8 settembre 1943 grande impegno sul piano associativo: si creano organizzazioni e movimenti a tutti i livelli, per età, categoria e attività; i nuovi Statuti del 1946 ripristinano la responsabilità dirigenziale dei laici abolita a favore della Gerarchia dagli Statuti del 1940; i movimenti operano su base diocesana avendo una certa autonomia rispetto all’Azione Cattolica di cui sono le articolazioni. I principi sostenuti in base agli insegnamenti della Chiesa, ribaditi in una circolare del 1943 del Vicedirettore dell’Azione Cattolica, entreranno nella Costituzione italiana: libertà religiosa e giustizia sociale, tutela della famiglia e del bene comune, pace e cooperazione a livello interno e internazionale. Nel 1948 gli iscritti all’Azione Cattolica sono 2.275.000, crescono ancora fino a 3.600.000 iscritti nel 1962; poi la discesa, 1.600.000 nel 1970 e 800.000 nel 1975.
Negli anni seguenti la “scelta religiosa” è prevalente, si attuano le decisioni del Concilio e si procede a una profonda riorganizzazione. Ma siamo oltre il periodo analizzato da Aiardi, che ricorda il “cammino di generosa e leale presenza di animazione religiosa e di apostolato accanto alla Chiesa gerarchica”. E aggiunge: “L’Azione Cattolica ha avuto modo anche di approfondire il vero significato della scelta religiosa che non può essere distacco dai problemi complessi e tormentati della realtà sociale, che deve comunque essere animata dalla visione cristiana”.
L’Azione Cattolica nella diocesi di Teramo dal 1919 al 1953
E la diocesi di Teramo? Sempre fervore di iniziative formative, assistenziali, culturali. Citiamo, fior da fiore, per l’inizio del periodo considerato dal libro, il 1919, le conferenze di Passamonti alla presenza del Vescovo Zanecchia: sulla “Libertà d’insegnamento” e su “Giosuè Borsi”, divenuto terziario francescano e caduto sul fronte dell’Isonzo, sulla “Gioventù nuova” e su “La donna e l’avvenire d’Italia”; tra gli organizzatori don Gaetano Cicioni segretario della giunta diocesana.
Vediamo don Cicioni nel 1923, anno di svolta, richiamare all’osservanza del “compito dei cattolici nell’ora presente: ognuno vede come i cattolici, senza entrare nell’azione politica, debbano interessarsi dello svolgersi della vita pubblica, facendo in modo che l’opinione sia permeata del nostro programma”. Si tratta di interessarsi non solo di formazione e preparazione religiosa, ma anche del benessere individuale, familiare e della nazione. Così commenta Aiardi: “Si manifestano, seppur in modo ovattato, i sintomi di quella conflittualità sui temi di principio nel rapporto tra ruolo politico e impegno di apostolato religioso e nei criteri educativi della gioventù”. Intensa l’attività in questo campo dell’“Unione femminile”, che dedicò incontri di studio ai temi “Religione, base dell’educazione” e “Il nostro apostolato”.
Ma i rapporti con la politica come agitano le acque a livello nazionale così le muovono a livello diocesano. L'”Araldo Abruzzese”, citando l'”Osservatore Romano”, lamenta che l’Azione Cattolica “alcuni vorrebbero confonderla, per buona o mala fede, con l’azione politica. Mentre imperversano le polemiche pro e contro i partiti politici, coloro che dirigono il movimento cattolico non possono mischiarsi nella lotta”. Dopo l’adeguamento degli Statuti del 1931, lo stesso giornale diocesano si fa interprete del pericolo di considerare l’Azione Cattolica assolutamente religiosa equiparandola a confraternite e congregazioni, sostenendo che sulla necessaria base confessionale deve continuare a svolgere una funzione sociale: “La formazione di un’adeguata cultura, delle coscienze, per renderle atte alla soluzione di tutti i problemi che interessano il consorzio civile”.
Il commento di Aiardi prepara a ciò che avverrà dopo: “Proprio tali finalità, sempre difese, sarebbero state motivo di dissapore con l’autorità pubblica, in nome del diritto in particolare della educazione dei giovani”. Sebbene le iniziative riguardino soprattutto il campo religioso, si passa dai dissapori alla repressione: lo scioglimento, già ricordato, di tutte le organizzazioni giovanili comprese le cattoliche per l’accusa pretestuosa che “il movimento cattolico, soprattutto quello giovanile, facesse politica e che assumessero responsabilità uomini del trascorso Partito Popolare”.
L’Azione Cattolica di Teramo resiste a tale colpo, non dà più visibilità pubblica alle iniziative, peraltro lontane dal campo socio-politico – ci sono le “gare di religione” della Gioventù femminile – e il movimento giovanile addirittura si rafforza passando da meno di 280 mila soci nel 1934 a quasi 390 mila nel 1939. “Di fatto l’ Azione Cattolica teramana – rileva Aiardi – pur non esprimendo un manifesto e consapevole dissenso verso il regime ed il sistema locale, svolgeva con discrezione e costanza la sua attività”. E non solo: “L’organizzazione cattolica restava comunque, al di là delle strutture di regime, l’unico movimento non inquadrato che, pur nella logica della prevalente formazione di cultura religiosa, manteneva in vita possibilità di incontro e discussione, conservava desta una sensibilità di analisi critica, potendo affrontare sulla base dei documenti pontifici anche temi di carattere sociale non certo in linea con l’ideologia dominate”.
La nuova svolta del 1939-40 per rendere meno critici i rapporti con il regime mediante la “marcata clericalizzazione” che emarginava i laici rispetto ai religiosi viene accolta senza tensioni dalla diocesi teramana che attua le disposizioni pontificie con una nota vescovile secondo cui “i Vescovi sono chiamati ad assumere personalmente la direzione dell’Azione Cattolica”. Con l’entrata in guerra il controllo del regime si esercita anche sull'”Araldo Abruzzese”, oltre che sull’attività dell’organizzazione; addirittura mons. Adolfo Binni viene portato in tribunale dal segretario federale Morricone che si era sentito offeso dalla sua replica in difesa della frase evangelica “beati i poveri di spirito” da lui dileggiata con la irridente quanto becera trasposizione in “beati gli scemi”.
Ma la guerra sconvolge tutto con il suo carico di tragedie individuali e collettive, e impegna l’intero mondo cattolico in un’opera fattiva di assistenza. Aiardi riporta i ricordi di don Tiberio Varani e don Domenico Di Marco: “Secondo i periodi, si manifestava l’aiuto per i prigionieri, per gli sfollati e per gli stessi partigiani. Molte persone, prima ricercate dai neri e poi dai rossi, vennero nascoste in seminario. E poteva avvenire che di giorno si fornisse assistenza ai neri e di notte ai partigiani”.
Come in “La lunga notte del ‘43”, nel libro dopo il buio della guerra la scena cambia del tutto. Qui lo stacco non è dato dalle note di “Il barattolo” di Gianni Meccia che irrompono nel film, gli “anni di ripresa democratica” si aprono con i nuovi Statuti del 1946 che segnano il ritorno della responsabilità dell’organizzazione nelle mani dei laici. Nella stampa cattolica l'”Araldo Abruzzese” è di nuovo “settimanale politico religioso” e non solo confessionale, direttore diventa mons. Binni. Nel consiglio comunale di Teramo entra nel 1946 Tommaso Sorgi, presidente diocesano della Gioventù di Azione Cattolica, diventerà parlamentare con altri della stessa provenienza tra cui Alberto Aiardi che in sede locale sarà amministratore e vice-sindaco di Teramo, presidente del Consorzio industriale ecc., a livello nazionale deputato per cinque legislature, anche relatore della legge finanziaria, e sottosegretario al Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica.
Si riprende un’intensa attività, in particolare negli organismi giovanili: convegni, giornate di studio, celebrazioni, incontri foraniali sono “momenti regolari che scandiscono la vita associativa”. E qui il libro si diffonde in una dovizia di particolari citando anche i successivi organigrammi delle articolazioni nella struttura organizzativa. Aiardi così riassume questo impegno: “I compiti formativi dell’Azione Cattolica, pur rimanendo nella priorità quelli dell’educazione religiosa, sono rivolti ad impegnare il militante ad essere testimone negli ambienti di vita con comportamenti di correttezza, di impegno e di responsabilità come espressione di coerenza con la fede cristiana”.
E’ il messaggio finale che vale anche per la moralità laica ed è tanto più significativo in questa fase di crisi della politica per il venir meno di tali comportamenti doverosi oltre che virtuosi.
In questo senso il libro di Aiardi mostra la vitalità di un associazionismo cattolico dalle radici profonde; e ripercorre gli itinerari di vita e di azione religiosa, sociale e politica di persone attivamente impegnate sin dall’età giovanile. Dovrebbe interessare anche chi, come noi, è restato estraneo a quel mondo e può trarne motivi di riflessione. Un altro grazie ad Alberto Aiardi per averci fatto conoscere il modo con cui è stato fronteggiato dal mondo cattolico un periodo particolarmente critico per la vita nazionale.
E’ un lascito della sua cultura e fede profonda; come è un lascito della sua competenza di economista e dell’impegno di politico l’ultimo suo libro del 2012 su cui torneremo domani.
Info
Alberto Aiardi, “L’Azione Cattolica a Teramo, tra ventennio e ritorno alla democrazia (1919-1953)”, Galaad Edizioni, febbraio 2011, pp. 236, euro 14. Dal libro sono tratte le citazioni riportate nel testo. Il 3 novembre 2012 abbiamo pubblicato in questo sito l’articolo “Aiardi, un testamento spirituale negli ultimi due libri”: il penultimo libro viene qui commentato singolarmente; l’ultimo sarà commentato domani, 9 dicembre 2012.
Foto
In apertura la Copertina del libro; seguono due immagini tratte dalle illustrazioni dello stesso libro, “Gita all’Arapietra (Pietracamela) – Un gruppo della GIAC, dove si riconoscono da sinistra: semichinato Walter Romani, Presidente Diocesano, don Giovanno Jobbi. Assistente Diocesano, Luigi Pompa, vicepresidente, e chinati da sinistra, Alberto Aiardi, Berardo Cavarocchi, con copricapo bianco”, poi “Don Gaetano Cicioni, benedicente in una iniziativa pubblica, presenti da sinistra: il Sindaco Carino Gambacorta, don Domenico Taraschi e sulla destra l’On. Tommaso Sorgi”; in chiusura, l’ultimo gruppo di diocesani di allora, che Alberto Aiardi volle riunire a Teramo il 7 aprile 2010 per celebrare il lungo cammino, con visita alle rovine di santa Maria Aprutiniense, e messa al Duomo. La foto è stata scattata sulla scalinata del Duomo al termine della messa, con la macchina fotografica di Romano Maria Levante, associato al gruppo come sodale di una vita da Aiardi, che è in seconda fila al centro dietro Beppe Ammassari. La 2^ e la 4^ foto, sulla gita all’Arapietra della GIAC e dopo la messa avanti al Duomo, segnano un coerente percorso di vita.