di Romano Maria Levante
Al Complesso del Vittoriano, dal 28 novembre 2012 all’11 gennaio 2013, la mostra “Ellenico Plurale. Dipinti della Collezione Sotiris Felios”: 88 opere pittoriche di 25 artisti greci delle due ultime generazioni scelte in una raccolta di oltre 700 pezzi seguendo come criterio guida la figura umana. La mostra, promossa dalla Fondazione “L’altra Arcadia” con la collaborazione dell’Ambasciata di Grecia in Italia, è stata realizzata da “Comunicare Organizzando” di Alessandro Nicosia, con l’apporto diretto di Cristina Bettini e di Sophia Hiniadau Cambanis. L’ha curata Giuliano Serafini con il Catalogo edito dalla Fondazione i cui proventi saranno devoluti al finanziamento della cattedra di studi neo-ellenici nell’Università romana di Tor Vergata.
Da sin., Makrìs “Barca”, 2010, e “Maik”, 2011, Papacostas “Premono il mio cuore”, 2006, e “Senza titolo”, 2002-03
Una presentazione “politica” oltre che artistica per la mostra “Ellenico plurale”, alla quale l’ambasciata greca ha dato un apporto definito “indispensabile” da Alessandro Nicosia, che ha sottolineato “la sensibilità e l’impegno personale dell’ambasciatore Michael Cambanis”. L’intervento dell’ambasciatore ha accennato, con riserbo diplomatico, al “valore simbolico di tenere al Vittoriano una mostra sull’arte di una Grecia che non è solo classica ma anche contemporanea per distogliere da una quotidianità stressante e spesso spiacevole”. Eufemismo riferito, crediamo, non solo ai gravi sacrifici ma anche ai pesanti giudizi lanciati sul suo paese.
L’alto messaggio politico-culturale di Louis Godart
E’ stato il consigliere per il patrimonio culturale del presidente Napolitano Louis Godart a rendere onore al paese che è stato maltrattato per la crisi economica senza che il mondo della cultura finora abbia trovato modo di reagire all’ignobile imbarbarimento cui si è dovuto assistere nei suoi confronti. Non citiamo,per amor di patria europea, il trattamento imposto dalla troika Ue, Bce e Fmi, dopo il diniego di quella solidarietà che con interventi modesti avrebbe potuto bloccare sul nascere la crisi greca. Ci riferiamo all’atteggiamento delle più alte autorità politiche del nostro paese – con poche eccezioni tra le quali il presidente Napolitano – che hanno fatto della Grecia il “vade retro Satana” ripetendo, come si fa evocando l’orco per i bambini, lo spauracchio del “finire come la Grecia”, offendendo così in modo sommario e ingiusto un popolo, una storia, una cultura.
Ed ecco cosa ha detto Godart con l’autorevolezza della sua posizione e con una formazione culturale e un’attenzione costante che lo lega alla Grecia, culla della civiltà, da oltre 50 anni: “Ogni cittadino del mondo ha nel suo cuore una porzione di Grecia. L’Europa non può fare a meno della Grecia come la Grecia non può fare a meno dell’Europa, come il presidente Napolitano ha detto nella visita di Stato a Parigi. Questo significa che l’Europa ha dei doveri nei confronti della Grecia come la Grecia nei confronti dell’Europa. Ora l’Europa deve capire che in una situazione economica difficile la Grecia va aiutata. E’ anche il sentimento profondo del Presidente che ha dato il suo alto patrocinio alla mostra”.
A questa forte affermazione politica Godart ha fatto precedere una premessa culturale e artistica: “Parlando dell’arte greca si pensa a quella del passato, ma va considerata un punto di partenza dell’avventura meravigliosa di un popolo che ha trasmesso all’Europa e al mondo il messaggio civilizzatore di Atene”. Ed ecco le parole rivelatrici nei confronti di questo popolo che non merita le umiliazioni subite; e la mostra, a nostro sommesso parere, va letta anche in questa chiave: “Le radici del popolo greco affondano nel passato, ma la realtà si esprime nel presente. Le opere esposte sono un emblema della Grecia eterna; contemplandole si ha la possibilità di entrare in comunione con un paese la cui storia millenaria ha illuminato l’Europa e il mondo”. Non serve aggiungere commenti, una simile introduzione fornisce le coordinate giuste per inquadrare la visita alla mostra.
Da sin., Daskalàkis “Anna con i guanti” 2009, “Myrtò con l’abito a righe” e “Ioanna con la borsa” 2004, “Natalia”, 2009
L’arte greca contemporanea nella collezione Sotiris Felios
Il curatore Giuliano Serafini ha voluto sfatare il pregiudizio che nel 1994 – confida lui stesso – portò Pupi Avati a rivolgergli questa domanda, in occasione di una mostra di artisti greci a Bologna: “Ma oggi c’è un’arte greca?”. E’ il destino comune alle grandi civiltà del passato che oscurano il presente. Si può dire per la Grecia che “l’arte non ha tempo anche se le vicende storiche del paese hanno impedito che il suo corso fosse regolare. Sta di fatto che nessun paese occidentale ha avuto come la Grecia un approccio altrettanto conflittuale e anomalo con il rinnovamento delle arti figurative”. Del resto non è facile esprimere un codice genetico classico nella contemporaneità.
E’ una specie di “complesso del passato” che ha reso difficile il passaggio alla modernità, ma oggi c’è una vera arte contemporanea greca con un linguaggio suo proprio “attraverso apporti stilistici che toccano, sfiorano e magari passano oltre le tendenze del momento: dalla pop art al minimalismo e al concettuale, fino all’arte povera e ai medi informatici e all’arte ambientale”. Così scrive nel Catalogo Serafini che a voce nella presentazione ne ha precisato i contenuti: “Ne viene fuori l’immagine di una civiltà figurativa assolutamente originale. Nella sua concezione antropomorfa c’è una sorta di religiosità delle cose”, con la “vicinanza tra dimensione fisica e metafisica” e la “continuità tra due visioni apparentemente antitetiche, spirito e materia”; è stata citata anche un’espressione famosa, “l’odore della materia è quello dello spirito”.
La Collezione è stata messa insieme in 30 anni di rapporti fecondi degli artisti con Sotiris Felios – intervenuto alla Presentazione – una sorta di moderno mecenate nativo di Tripolis, capoluogo dell’Arcadia nel Peloponneso. Gli artisti greci hanno quasi tutti formazione cosmopolita, dalla Scuola Superiore delle Belle Arti di Atene agli studi e alle attività all’estero, soprattutto a Parigi; e pur nella contemporaneità hanno tenuto fermo il valore della pittura figurativa legata ad una visione comune antropomorfica in cui il corpo umano è sempre protagonista nelle più diverse atmosfere, reali o oniriche, coinvolgendo anche la psiche.
Le acquisizioni di 700 opere, pur se necessariamente a “carattere rabdomante e frammentario”, hanno messo insieme un “materiale compatto e omogeneo” in quanto la scelta del collezionista si è concentrata su generazioni di artisti formatisi alla metà degli anni ’80, quindi in un contesto socio-culturale comune e con una “generale opzione figurativa” incentrata sulla prevalente “immagine antropomorfica”, ma in grado di manifestare “il più ampio registro possibile di diversità espressive”. La collezione si è formata con l’ispirazione personale in sequenza, di quadro in quadro: “E così di seguito, secondo una catena di rimandi che col tempo ha finito per fissare il carattere e l’identità dell’intera raccolta”.
Il curatore, nel ripercorrere questo processo, rivela il criterio fondamentale della propria selezione per la mostra, 88 opere tra le 700 della Collezione Sotiris Felios, “una scelta su una scelta precedente”: ha seguito filoni di linguaggio e concettuali differenti intorno al motivo antropomorfo di base, espressi nelle 7 sezioni della mostra – tra 1 e 8 gli artisti selezionati per i singoli temi – cercando di renderne le peculiarità in modo da non venir meno allo spirito della Collezione.
Ci sono “presenze storiche” della pittura greca contemporanea, come Mòralis e Tsarouchosis, Tetsis e Fassianòs, e quello che viene definito il “tessuto connettivo della pittura di rappresentazione dell’ultimo trentennio in Grecia”, come Daskalàkis e Rorris, Filopoùlou e Sacaillàn. Ma non vengono proposti in modo omogeneo, alcuni compaiono con più opere altri con una, dipende anche dai temi trattati, in un figurativo che li qualifica in modo speciale, sempre secondo Serafini: “Sono artisti che sembrano sperimentare la figurazione come una scommessa, con fierezza acritica, quasi a provocare lo spirito del tempo e l’inconsistenza dei suoi feticci ideologici travestiti da scetticismo”.
E’ la scelta di un amatore che ha realizzato una collezione privata di tale rilievo da diventare “creazione autonoma, opera fatta di opere altrui”: sono parole del curatore della mostra che nella sua scelta ulteriore ha realizzato un’altra opera fatta di opere altrui. Sotiris Felios si è sentito gratificato dalla libertà di collezionista privato non legato agli obblighi delle raccolte pubbliche che gli ha consentito di “innamorarsi” delle opere scelte di volta in volta. Non senza lungimiranza, se si sente di poter riferire ai suoi quadri le parole di Isaaac Newton “Io ho visto più lontano perché sono montato sulle spalle degli altri”. Serafini nel ricordarlo spiega che “le ‘spalle’ di Felios sono i suoi quadri, quelli che ha messo insieme in trent’anni di ‘incontri'”, casuali ma accomunati dalla”presa di coscienza globale di quell’‘altro’ sempre difficile, problematico e imprevedibile che è l’artista” dando corpo alle parole di Oscar Wilde: “Rivelare l’opera e nascondere l’artista, ecco lo scopo dell’arte”. Alle quali dà una risposta Gyorgy Lukacs che si pone nella posizione dell’osservatore: “L’opera deve produrre sul soggetto ricettivo questo preciso effetto: deve suscitare in lui la sensazione di trovarsi all’improvviso di fronte ad un mondo dischiusosi appositamente per lui, un mondo assolutamente nuovo…”.
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Bòtsoglou, “Una Nekyia personale (26 dipinti)”, 1993-2000
Le 7 sezioni della mostra
E’ proprio quella ora evocata la sensazione che prova il visitatore della mostra: dinanzi a lui non sfilano i 25 autori, ciascuno con le rispettive opere, e sono ben 88 dipinti; ma si apre la visione di un mondo nuovo rappresentato in una serie di quadri di impronta teatrale rispondenti alle sue connotazioni e raggruppati in 7 sezioni: Tra memoria e realtà e Il corpo estremo, Viaggio oltre e Metafisica dell’essere, L’opera selvaggia e Perversione della rappresentazione, “Natura ritrovata”. .
Fa storia a sé un artista al di fuori della collocazione nelle sezioni, definito dal curatore “presenza storica dell’arte greca moderna e contemporanea”: Yannis Mòralis, per 25 anni docente con la cattedra di pittura alla Scuola Superiore di Belle Arti di Atene. E’ chiamato dal curatore il “‘convitato di pietra’ nel contesto di Ellenico plurale”, al suo insegnamento si è formata la gran parte degli altri artisti tra cui i “nomi eccellenti dell’arte greca nel secondo dopoguerra”.
L’unica sua opera esposta, “Erotikò”, viene definita “immagine tutelare della mostra”, è un nudo fortemente stilizzato in tinte scure tra forme geometriche bianche che riflette il suo percorso artistico tra pittura e grafica, pittura murale e scenografia, rendendo con intensità la figura femminile da lui prediletta, “tema complementare e antinomico a quello tutto al maschile di Tsarouchis”. Una figura che, nella sua rappresentazione, evolve verso una stilizzazione sempre maggiore, con richiami a Matisse percepibili chiaramente anche nell’opera esposta. Il suo è un approdo a una sorta di astrattismo fatto di ritagli di colore e di piani architettonici che annullano la terza dimensione valorizzando la pittura come massima forma espressiva.
Ma passiamo alle sezioni tematiche della mostra, nella prima sezione “Tra memoria e realtà” un realismo di base che si stempera nei ricordi, tra miti personali e citazioni culturali, con l’affiorare della psiche: 8 artisti danno ritratti e immagini le più diverse della figura femminile; come anche della figura maschile. Di Argyris “Mediterraneo”, un nudo di donna seduto in riva al mare, ricorda la “Sirenetta di Copenhagen”, a parte le forme ben più generose; di Papanikolàou il“Ritratto di Julia”, figura evanescente, e 3 “Ritratti” maschili veri o immaginari; della Assargiotàki 2 ritratti suggestivi di “Maria Polydouri” e uno di “Gelsomina”. Con Bitzàkis figure soprattutto orizzontali con nudi per lo più maschili, uno crocifisso. Anche in Levidis nudi maschili, non integrali in atmosfera metafisica, in “Bagnanti” la schiena nuda in primo piano ricorda quella di “Dopo la lotta” di Deineka, c’è Bagnanti” al femminile con le donne in corsa sulla spiaggia ma vestite. Di Papacostas sono esposti 3 “Senza titolo” con visi che guardano fisso e il dipinto “Premono il mio cuore”, dove chi guarda è una figura in dissolvenza. Infine il forte “Autoritratto” di Kerestetzise i due diversissimi dipinti di Makrìs, “Barca” dalle pesanti pennellate con contrasti cromatici e “Maik” figura scura in piedi.
Con la sezione “Il corpo estremo”, tema identitario per la pittura greca, la figura femminile è vista nelle sue forme meno gratificanti. Daskalàkis esprime la rassegnazione in 4 immagini in cui volti dallo sguardo assente sono su corpi goffi, contenitori di un’esistenza in solitudine; Rorris lo fa in 4 nudi in ambienti ancora più squallidi con le figure “vestite della loro nudità”, come scrisse l’artista: immagini impietose di un erotismo malato che diviene “patologia dei sensi”, espressione di “una carne che non sa più esultare, che ha dimenticato lo sfogo e la salvezza del piacere, carne prostrata da uno sfinimento che è osceno solo perché infierisce su quella che è innanzitutto una creatura”, così le vede Serafini. Entrambi gli autori intitolano con i nomi: “Myrtò” e “Anna”,”Natalia” e “Ioanna” Dascalàkis, indicando i particolari dell’abbigliamento; “Yianna”, “Alexandra” ed “Elisabeth” Rorris, Un bel nudo acefalo in torsione è la visione onirica in “Senza Titolo” di Karràs, mentre Psichopèdis in “Bagnanti” rappresenta due nudi femminili distesi con scaglie cromatiche lamellari disgregate che sembrano riaggregarsi tra il primitivismo e la moderna solarizzazione.
Seguono tre sezioni con un unico espositore, la prima è “Viaggio oltre”,con 7 dipinti di Bòtsoglou, da “Una Nekyia personale (26 dipinti)”, su persone da lui amate, inquietanti per la sofferenza che esprimono nella loro consistenza evanescente, quasi ectoplasmi subliminali. E’ una discesa nel regno delle ombre, che Marina Lambraki-Plaka definisce “rito della memoria, tributo espiatorio a chi ha lasciato un’impronta nella vita dell’artista”; è un’esperienza spirituale basata sul richiamo all’Odissea omerica.
In “Metafisica dell’essere”, al contrario, vediamo opere eterogenee dello stesso artista, Bokòros, che si propone di rivelare l’intrinseca spiritualità della materia, una sorta di “religione della cosa”, in forme espressive diverse e soggetti che si pongono come enigmi da decifrare: si va dalla grande croce di “Exodus” all’“Uovo in scatola di metallo”, dal “Tovagliolo piegato” alla donna“Myrsini”, dal buio di “Candela e luna” alle“Luci policrome”, fino a “L’ombra scura dell’uomo illuminata”, un trittico con l’immagine che si dissolve “di un corpo e della sua sindone”.
Il terzo “one man show” è di Mantzavinos nella sezione “L’opera selvaggia”in cui, come dice il titolo, molteplici elementi, figure, paesaggio, cose, sono fissati sulla tela con forza espressionistica e vivacità cromatica in un primitivismo irruente con radici antiche fuori dagli stili correnti. Ci sono “Enea” e “Arciere”, “La regina nera” e “Alessandro e il drago, “Intorno al serpente” con Adamo ed Eva nell’Eden in posa quasi pompeiana e “Ritratto del pittore al luna Park”, il viso con una raggiera nel caos festoso.
Con “Perversione della rappresentazione” si torna alla “collettiva”. Sono 6 gli artisti che declinano la figura umana in varie espressioni anche trasgressive verso “altri” lidi e limiti, dall’intimità disinibita alla fissità o deformazione dei volti ripresi da vicino fino alle scene collettive. Si inizia con la “geometria dei gesti e positure” dei corpi negli “intrighi di coppia” di Manoussàkasis in carboncini colorati molto espliciti, poi Missouras ci porta in un mondo domestico infantile con i suoi 3 inquietanti “Senza Titolo”, figure compresse o instabili. Diventano quasi deformati o allucinati i primi piani dei 5 “Senza Titolo” di Katsipànos, fino a “Il fantasma della nostalgia”, il viso pulito alla Pat Boon degli anni ’50, quanto inespressivo, di un giovane assorto il quale sembra ignorare il corpo nudo femminile che si libra sulla sinistra del dipinto come un’apparizione evocata dalla sua nostalgia. Sono di Sacaillàn immagini affollate con il malessere dell’alienazione e dell’incomunicabilità, da “Ascensore”con 3 figure, a “Studentesse e caleidoscopio” con 12 visi, a “Passeggiata notturna” con la folla come in “Passeggeri di nave”. Chiudono la sezione, di Siskos “Top model”, la ragazza in topless e gonna con i “mickey mouse” e di Bitzikas gli inquietanti “Senza Titolo” e “P-RP2011”.
La sezione finale è sulla vita all’aria aperta dopo il chiuso delle angosce e perversioni: in “Natura ritrovata”3 artisti presentano scene con alberi e corsi d’acqua, cielo e vegetazione. Quest’ultima scena è nel dipinto della Tsakàli, “Agosto”, mentre Papanikolàou ci dà 3 immagini alberate e 2 luoghi abitati visti dall’esterno, con una “Donna al balcone” stile Hopper; e poi uno straordinario “Funerale” ripreso da lontano, dall’alto di un ambiente naturale – alberi e lago – che fa dimenticare il soggetto luttuoso. Ma sono i 2 dipinti della Filopoulou che fanno concludere la visita alla mostra con lo spirito sollevato allontanando le immagini sempre problematiche e talvolta inquietanti finora citate. Il più spettacolare è “Nuotatrici sott’acqua”, con i corpi che fluttuano ripresi dal basso nel verde delle profondità marine. E ci sono anche le chiare, fresche e dolci acque di sapore petrarchesco, con le belle membra di “Iniziati” che vi si immergono tra cascate e vegetazione. L’Arcadia di Sotiris Felios, che dà il nome alla Fondazione, sembra essersi materializzata nei due dipinti conclusivi.
Lasciamo la mostra con il pensiero rivolto alla Grecia. Il dramma attraversato dalla sua economia nella colpevole assenza di una risolutiva solidarietà europea è per ora lontano dalla nostra mente. Dopo le parole di Louis Godart sulla culla della civiltà per cui ogni cittadino del mondo reca nel cuore una porzione di Grecia, l’evidenza di un percorso vitale che continua nell’arte contemporanea ci ha fatto sentire ancora più solidali e vicini a un popolo il cui tributo all’arte e alla cultura non si è mai interrotto. E’ vero ciò che l’ambasciatore Cambanis ha scritto: “Anche in questi tempi tanto difficili, la Grecia riesce a essere culturalmente creativa. Si direbbe, anzi, con maggior tenacia e ispirazione”. E si deve dar ragione ancora a lui quando aggiunge: “Sono certo che il pubblico romano, amante e conoscitore dell’arte e della gioia che essa sa con generosità offrire, farà suo questo messaggio di ottimismo che viene dalla Grecia”. Tanto più in queste festività che la crisi non deve intristire.
Info
Complesso del Vittoriano, Salone centrale, via San Pietro in Carcere, lato Fori Imperiali, tutti i giorni (compresi domenica e lunedì), ore 9,30-19,30. Ingresso gratuito fino a 45 minuti dall’orario di chiusura. Tel 06.6780664; “L’altra Arcadia”, Atene, tel. 0030 2108824681, e mail: info@felioscollection.gr. Catalogo bilingue italiano/inglese “Ellenico plurale. Dipinti della Collezione Sotiris Felios”, a cura di Giuliano Serafini, Peak Publishing per la Fondazione “L’altra Arcadia”, pp 208, formato 21×29.
Foto
Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante al Vittoriano alla presentazione della mostra. Si ringrazia “Comunicare Organizzando” di Alessandro Nicosia con la Fondazione “L’altra Arcadia” per l’opportunità offerta. In apertura , dalla sezione “Tra memoria e realtà” di Makrìs “Barca”, 2010, e “Maik”, 2011, di Papacostas “Premono il mio cuore”, 2006, e “Senza titolo”, 2002-03; seguono, dalla sezione “”Il corpo estremo”, di Daskalàkis “Anna con i guanti“, 2009, “Myrtò con l’abito a righe”, 2004, “Ioanna con la borsa”, 2004, e “Natalia”, 2009, e dalla sezione “Viaggio oltre”, di Bòtsoglou 7 pastelli a olio di “Una Nekyia personale (26 dipinti)”, 1993-2000; in chiusura, dalla sezione “L’opera selvaggia”, di Mantzavinos “Ritratto del pittore al luna Park”, 2003-04, “La regina nera”, 2010, e “Arciere”, anni ’90.
Da sin., Mantzavinos,“Ritratto del pittore al luna Park”, 2003-04, “La regina nera”, 2010, e “Arciere”, anni ’90