di Romano Maria Levante
Rievochiamo la mostra svoltasi a Venezia, dal 5 al 31 ottobre 2011, alla Biblioteca Nazionale Marciana, promossa dalla Direzione generale del MiBAC per le biblioteche, del pittore Vincenzo Maugeri, con le poesie di Italo Benedetti, in un sodalizio che consente di approfondire anche il rapporto tra pittura e poesia andando oltre il contenuto dell’una e dell’altra per penetrarne i motivi interiori, al di là di quelli visivi e descrittivi, in una ricerca che penetra nel profondo dell’anima . Questi valori permanenti rendono ancora viva e attuale la mostra nonostante il tempo trascorso.
“Piazzetta di Capri”, 2004
Le opere esposte a Venezia erano per i due terzi del 2011, quindi in gran parte inedite rispetto a quelle esposte nella mostra di Roma al Vittoriano del 2010. Rappresentano un’evoluzione nella continuità di una linea stilistica che abbiamo descritto e analizzato a suo tempo, per cui nel ricordare questa mostra vorremmo esplorare più in profondità il rapporto tra pittore e poeta, cercando di coglierne la chiave interpretativa. La mostra si è aperta, infatti, con l’autoritratto del pittore e il ritratto del poeta, come Maugeri li vedeva nel 2011. Ecco come li vede la critica e come li abbiamo visti in base al loro percorso e ai dipinti delle due mostre.
Il pittore Maugeri
Claudio Strinati fa risalire le origini dell’arte di Maugeri ai suoi luoghi prediletti, visti nell’ottica della metafisica e dell’architettura razionalistica ma con una modernità che lungi dal farlo “un sognatore o un poeta del ricordo”, lo rende “fortemente incardinato nel suo tempo”. Il retaggio culturale, di stili peraltro da tempo abbandonati è per lui “una sorta di filtro metafisico-razionalista ma non se ne fa condizionare”, ne risulta una pittura lineare e pulita, semplice ma non semplificata, con un’impressione generale di compiutezza e solidità. Strinati va oltre, e ci piace sottolineare le sue parole perché vi incardiniamo la nostra interpretazione del rapporto del pittore con il poeta Benedetti: “Maugeri vive l’arte come un baluardo, una sorta di illuminazione che ci preserva dall’irrazionale e dall’assurdo della vita per proiettarci in una dimensione circoscritta e solida, che ha i caratteri del fiabesco e i contorni di una scienza incantata”.
I luoghi che dipinge danno “lo spazio come fenomeno geometrico”, nella parole di Maria Teresa Benedetti: “Immagini incapsulate nella precisione del segno, nella imposività dei volumi, si nutrono di un rigore cromatico, sembrano alludere a un mondo privato di ogni incertezza”.
Come questo avvenga ce lo dice Carlo Fabrizio Carli allorché osserva che “Maugeri vede nel reale le forme geometriche pure e le estrae con limpida nitidezza”. Aggiungiamo che la sua é una ricerca dell’essenziale radicalmente diversa da quella di Mondrian che arriva all’estremo con l’intersecarsi di poche linee rette a formare riquadri riempiti di colori puri; Maugeri l’essenziale lo riferisce alle singole realtà, non all’astrazione filosofica, mantenendone la riconoscibilità che viene trasferita al nuovo impianto spaziale e volumetrico da lui ricreato.
Il risultato lo indica Claudio Crescentini: “Pone lo spettatore nello status ideale e ottimale di una percezione reattiva del significato più profondo delle cose, cioè delle immagini, che non è affidato alle cose stesse – leggi sempre immagini – ma alla loro pura interpretazione”. Ecco l’effetto: “Le immagini di Maugeri, nella simulazione di un mondo percettivo costruito proprio dai segni da lui imposti, è come se finissero per perdere la loro intrinseca natura, quella appunto della rappresentazione formale, alla quale del resto aspirano”. Ma non si va nell’informale, la loro propria natura la ritrovano “là dove le possibilità psichiche cessano realmente di indicarla: nell’anima”.
“Circeo giallo”, 2006
Il poeta Benedetti
E il poeta Benedetti quale rapporto ha con questo mondo? Con il mondo reale di Maugeri e con quello che emerge dalla sua scomposizione della realtà per ricomporla in forme solide che però le fanno perdere la natura intrinseca per farla ritrovare nell’anima, come ha scritto Crescentini?
C’è un rapporto strettissimo con il mondo reale, sufficiente a giustificare l’incontro fino alla simbiosi: è il mondo di Capri e poi del Circeo, onnipresenti in entrambi. L'”isola Paradiso” li ha catturati con i suoi colori e i suoi odori, la vegetazione e gli uccelli marini; però, ha anche inferto al poeta dolorose ferite, retaggio dell’infanzia e dell’adolescenza, rimaste aperte e sanguinanti.
“Il mare – scrive Giovanni Russo – lo fa cavalcare sulle onde arrotolate e lo distende dolcemente sull’arenile a sognare”. Ma il sogno è “di scappare, di andare via”. E veramente “il ragazzo fugge perché deve crescere, cercare altre strade, trovare se stesso, ma l’isola lo richiama indietro, all’infanzia solitaria, dolorosa”. Ne è permeata la sua poesia che Russo descrive così: “Versi pieni di musicalità, musica di dolore, nella continua ricerca della sua identità a lui stesso misteriosa”,
“Se da un’isola in fuga… ” s’intitola una sua poesia dove si definisce “transfuga sempre quasi mai placato”; e anche in “Anacapri” è alla ricerca di un’evasione: “Ho creduto /di viaggiare lontano/ barchetta di carta in un ruscello nano./ Poi dalla nuvola/su cui m’inerpicavo/sono caduto/ e il sogno cadendo/ è andato in frantumi”: anche qui è addirittura un sogno lasciare l'”isola Paradiso”. Come lo è l’incontro con un “Angelo” dalle “ali di spuma”, sembra proprio l’angelo custode, cerca di trattenerlo dicendogli: “Ragazzo/, c’è un oceano in te che t’inquieta/ se vuoi salvarti non devi salparlo”. Non ci riesce: “Ed io: ormai è tardi, sono solo, tutti dormono ancora:/ debbo, la barca mi sta già aspettando.” Scompare “l’angelo d’onda e di spuma”, si conclude così l'”annunciazione” onirica: “Sull’immenso volto del mare/navigo senza miraggio”.
Poi, la scoperta del Circeo, forse con l’identificazione in Ulisse, sembra placarlo, approda a Sabaudia e scrive: “Capri-Sabaudia Caprolace/così è se vi piace:/E se non vi sta bene/ non datevi per me troppe pene”. L’epigramma si chiude: “Ognuno nella vita sceglie la strada/ che in definitiva più gli aggrada”. Il Circeo sembra un’isola ma non lo è, ha il fascino dell’isola incantata e mitica ma non l’isolamento: “Fuggire dalle isole è il destino/ per ritrovarsi più innocenti e liberi”.
“Città con biglia”, 2008
L’intesa tra il pittore e il poeta
Il Circeo è il primo collegamento, addirittura visivo, con Maugeri, che pone il suo caratteristico “sky line”, e non quello di Capri, come sfondo di tanti suoi quadri, quasi un segno rassicurante: i due artisti capresi si sono ritrovati in questa trasposizione verso una “non isola” che ricorda molto da vicino la loro isola senza averne il retaggio angoscioso dell’infanzia tormentata del poeta.
Ma il collegamento più stretto sta nella simbiosi poesie-quadri che differenzia Maugeri dal sudamericano Morales ispiratosi a un altro Benedetti, il celebre Mario di cui ha fatto suo il tema della lontananza dalla patria espresso nelle poesie “Ventos de exilio”del poeta esule dalla sua terra. Morales si ispira all’atmosfera creata dalla lontananza, senza riferirsi alle singole poesie; mentre in Maugeri il rapporto è stretto, una simbiosi o un binomio, a seconda degli elementi di riferimento; oppure una staffetta o, più strettamente, un tandem o un bob a due, con ruoli diversi, e quali?
Sia esso il passaggio del testimone, il tandem o bob, vediamo “alla guida” Maugeri, dopo l’impulso iniziale dato da Benedetti, e le loro posizioni restano ben distinte. Nel poeta troviamo il soggetto e il tema, che il pittore esprime nel suo stile di cui abbiamo parlato a suo tempo. Anzi tanti soggetti e temi, con un elemento comune: la tristezza e l’angoscia ricorrente con poche eccezioni. Viene meno in alcune poesie su Sabaudia, dall’invocazione “O gigantesca sfera della luna/nella notte fiorita di profumi”, al pergolato sotto la pioggia che “mi rende beato:/battezzato dalla natura in un’alba di maggio”, ai “fantasmi di fauni allegri” che “giocano/ inseguendosi nel fogliame folto”.
Per il resto c’è sempre la nota triste e pessimista, spesso angosciata e disperata. Citiamo per tutte l’appello alla poesia che dovrebbe essere rasserenatrice: “Poesia tu resti la sola ragione/perché la mia vita disperata non anneghi”. Ma la poesia non basta, anzi gli fa esternare le angosce che compaiono all’improvviso anche in temi di festa, come la ricerca di “un diverso Natale” e il rifiuto della “solita Pasqua”, il ricordo disturbato di Napoli e di Venezia; e alla “terra della mia infanzia” si rivolge dicendo “amo dolorosamente”. E se la poesia non basta, che cosa lo sostiene?
Ci dà una risposta la lirica “una festa di forme e colori” dedicata espressamente “A Vincenzo Maugeri”, allorché parla delle sue “geometrie allegre/ che s’incastrano /in armonie semplici e incantate”. Vi vediamo quella che ci sembra la chiave dell’intesa fino alla simbiosi: “Tu con umile capacità e pazienza/ ricostruisci dove fu distrutto:/ là cubi, architravi, muri accesi/ edifici nello spazio puro”. Ed ecco l’effetto rasserenante: ” Dall’ordine estremo emana lo stupore:/ lo slargarsi del mondo in prospettive,/ un altrove sognato e rivissuto,/ ricordo di uno smarrito paradiso”.
Geometrie allegre e armonie semplici e incantate; ricostruzione e stupore, sogno e paradiso: ecco cosa trova il poeta nelle immagini del pittore. E questo perché pur nella riconoscibilità perdono la loro intrinseca natura per ritrovarla nell’anima, secondo l’interpretazione che abbiamo riportato di Crescentini. E’ proprio il mondo onirico di una fanciullezza “beata” che il poeta sente solo nei dipinti del pittore, secondo noi, almeno per quel momento, prima del nuovo soprassalto d’angoscia: subito placato dalla solidità delle forme e dallo spazio geometrico del pittore; perché mette “l’ordine estremo” nei pensieri che si affollano e nel contempo apre le gabbie dell’angoscia in un mondo che si allarga nelle perfette prospettive, trasforma gli incubi in sogni, restituisce “lo smarrito paradiso”.
L’intesa è favorita dal fatto che anche il pittore è contagiato dalle angosce del poeta: scrive Maria Teresa Benedetti che le sue immagini “semplificano, attraggono, sublimano con apparente sicurezza, eppure il sentimento che sprigionano è venato di inquietudine, testimoniano l’esistere di un senso di attesa, di un estraneamento, che ripropone l’ambiguità delle apparenze”.
E allora come spiegare la catarsi rasserenatrice? Soccorre la visione di Strinati dell’arte di Maugeri come “un baluardo, una sorta di illuminazione”, rispetto a che cosa? Ripetiamo la citazione, perché ci sembra risolutiva: “Ci preserva dall’irrazionale e dall’assurdo della vita per proiettarci in una dimensione circoscritta e solida, che ha i caratteri del fiabesco e i contorni di una scienza incantata”.
“Notturno sul Nilo”, 2009
Le opere in mostra
Quanto abbiamo cercato di interpretare emerge ancora più evidente considerando anche i quadri che erano stati esposti a Roma nella mostra dal titolo “Metroversocromie”, più criptico ma di significato equivalente al contenuto della mostra veneta “Parole e colori sull’acqua”. Verso e cromie, parole e colori, il pittore e il poeta. In un rapporto tanto stretto che c’è un abbinamento diretto tra molti quadri e singole poesie sul soggetto e tema rappresentato nel dipinto.
L’effetto rasserenante e rassicurante della solidità e pulitezza formale degli spazi e dei volumi dipinti da Maugeri era ancora più evidente nella mostra romana per il maggior numero di pitture metafisiche-razionaliste, per ricordare il riferimento di Strinati – ma ve ne sono state anche a Venezia di particolarmente significative. “Litoranea”, del 2005, la poesia dallo stesso titolo a cui si è ispirato il dipinto, pur iniziando con gli aquiloni, si conclude con la “catastrofe d’una colorata dissoluzione”, mentre nel quadro l’aquilone sorvola uno spazio che è la quintessenza della solidità e dell’equilibrio, della sicurezza e del rigore, con il sigillo rasserenante ed evocativo del profilo del Circeo. Uguale sensazione di solidità e sicurezza in “Dune”, 2005 e “”Marina grande”, 2009.
Dal Circeo a Capri non muta questa sensazione nei dipinti, lo spazio è dominato da figure solide e forti come in “Visione di Capri”, 2006; ma nei versi che invocano “Mia isola…” si legge anche “la sera la leggo più triste nei tuoi occhi di/ mito”. “Grotta azzurra”, 2009, mostra un volo armonioso di due gabbiani che nella struggente poesia intitolata alla loro tomba sono visti mentre “da lontano venivano a morire”.
Anche nei dipinti del 2011 troviamo forme solide e sicure, non più nel litorale marino ma nella grande città, come “Stazione Termini, nella cui poesia di riferimento si leggono espressioni come “se la vita è l’inferno, dov’è il paradiso?” e “forse è più eccitante morire sul treno… mentre tutt’intorno balla la vita/macabra!”; e nella laguna, con “Gondola”, l’imbarcazionesi staglia in un equilibrio perfetto con lo skyline veneziano sullo sfondo: “Città capovolta nel passato – si legge nella poesia “Colori e parole sull’acqua”, dove le scandisce facendone di ciascuna un verso – che sopravvive sommerso nel riverbero multicolore del tempo”.
Sembrano analoghi per certi aspetti “Serenissima” e “Poesis”: al posto della gondola in evidenza c’è una sirena nel primo, la scritta del titolo nel secondo; l’ordine e la solidità regnano sovrane e nella lirica di riferimento “Essere poeti”, dopo un’affabulazione onirica troviamo queste parole: “E direi che in fondo ogni dolore/ non è mai privato, e che nonostante/ epidemie-carestie-dirottamenti-bombe/ il sole è sempre splendido”. Un altro quadro che raffigura un “Vivaldi” composto e sicuro di sé davanti al pentagramma in cui si affaccia una gondola, ci riporta a Veneziache al poeta ispira parole venate di tristezza: “In quel sole che splende/ ma nel contempo addolora/ ferita antica che mai si sana/ né guarirà/ musica senza inizio né fine/ lacrima inghiottita dall’aria”: Ci sono “Violino” e “Il leone di San Marco”,mentre con “Uomo gondola“, passiamo ai soggetti antropomorfi, fino ai ritratti.
Prima, però, abbiamo ammirato “L’onda”, immagine apparentemente apocalittica con la montagna d’acqua sulla rossa isola, che è Capri, ma il rigore spaziale e la solidità compositiva ne fanno quasi un fondale più che uno “tsunami”, fa pensare che l’isola resisterà. E anche la poesia “Al prossimo diluvio” si esprime con queste parole: “Più paterno del mare non conobbi/ amore”., Poi prosegue:”Quando partirò ogni suo flusso/porterò nascosto nelle vene; / di lui a cui affidai ogni lacrima/ avvertirò sempre la mancanza./Ma lui mi inseguirà al prossimo diluvio”,
“Uomo acquario”, 2010
Con le pitture antropomorfe torniamo al 2010, in “Giungla” c’è la metafora della vita nella pittura e nella poesia: “O vita di giungla! I giorni sono liane/ che si avvinghiano al corpo come spire/ di serpenti e ti costringono a essere/quello che non sei in un mondo che è”.Per “Uomo acquario” e “Ascensore interno” nella poesia “Galleggio nell’universo” si legge: “Adesso posso anche precipitare/ nel fondo del baratro, a destra, più a / destra, in/ basso, nel tunnel dell’universo”. Li precede di un anno “Alieno”, figura evocata dalla poesia “Prospettive d’aria”, dove rifiuta di vedersi come “marziano o robot/ macchinario insensato dai troppi/ fili di sensi”.
Vi sono anche animali nei dipinti del 2011: gli amici a quattro zampe in “Natale con i cani” e “Lady”, e i due estremi, “Il delfino di Murano” e “Formica”, mentre i gabbiani sono parte integrante dei luoghi dell’anima; fiori e piante, “Tulipano” e “Le radici della scienza” con un grande albero sul Colosseo; “Uova blu e verdi” e “Uovo”, simbolo di perfezione; e simboli della classicità, “Discobolo”.
Degli anni immediatamente precedenti “La città d’Esculapio”, 2010, e tre dipinti del 2009 dedicati all’Egitto, “Notturno sul Nilo”, “Piramidi”, “Cleopatra”: gli egizi, nei versi del poeta, con i greci “non resero che, per un attimo, tangibile/ il sognare”.
Abbiamo lasciato per ultimi i ritratti, tutti del 2011, a partire da “Autoritratto” e “Ritratto di Italo con Circeo”, il monte c’è anche nel primo, non sappiamo perché figuri solo in questo titolo, forse per sottolinearne l’aspetto rassicurante. Il pittore è presentato in un figurativo statuario, il poeta appare più addolcito: le due forme espressive sembrano incarnare la ferma sicurezza nel primo, l’incertezza esistenziale nel secondo. Poi le due tenere immagini femminili “Mia madre” e “Rosaria con Milord e Suki”, la moglie del poeta che nella poesia a lei intitolata scrive: “Sei Ros’aria: una rosa che fiorisce/ dall’aria lo splendore e la purezza”. Fino all’immagine pensosa di “Pasolini” al quale rivolge versi struggenti: “Nessuno inseguirà più questa carne/ umana dietro l’ombra della sua/ sfortuna./…ma tu sei precipitato/ nella gola d’argento dove cadono/i poeti veri”. Sarebbe stata adatta alla mostra romana svoltasi al Palazzo Incontro con 22 artisti che si sono cimentati con 11 poesie di Pasolini, è un’immagine espressiva del suo meditare profondo.
Questi ritratti figurativi hanno una profonda introspezione, diventano maschere di umanità. E con delle maschere dipinte vogliamo concludere la nostra visita virtuale alla mostra, divenuta un viaggio nell’anima dei due maestri e di noi stessi. Sono sempre del 2011, “Maschera rossa” e “Maschera gialla”:insieme ai quadri antropomorfi sembrano prefigurare una possibile via di allontanamento dal figurativo anche nei ritratti per dare ad essi un alone metafisico al pari dei dipinti sul luoghi. “La gente che vive felice” – così inizia la poesia di Benedetti con questo titolo – /porta una maschera d’oro/ che sfavilla ai raggi del sole”; e conclude: “La gente felice ha una maschera/ che nasconde la sua tristezza/ e una musica che copre i singhiozzi”.
Anche qui il dipinto di Maugeri è rassicurante, c’è la Venezia incantata sullo sfondo della maschera che abbozza un sorriso, mentre le lacrime che scendono sul viso diventano coriandoli colorati. E’ la pittura balsamo della poesia? E’ questo l’interrogativo che ci ha fatto tornare sulla mostra del 2011.
Info
Catalogo: “Parole, Vncenzo Maugeri con poesie di Italo Benedetti”, Skirà , 2011, pp. 96, formato 13,5×17, dal quale sono tratte le citazioni del testo, oltre che, per le poesie, da: Italo Benedetti, “Gli aironi di Sabaudia. Poesie (1998-2008)”, Isolaria 2009, pp. 144, e “La vita poetante, antologia poetica 1970-2012”, Gangemi Editore, 2012, pp. 158; inoltre il catalogo della precedente mostra di Maugeri a Roma, al Vittoriano, “Vincenzo Maugeri, “Metroversocromie”, Electa, 2010, pp. 96, formato 16×24. Per tale mostra, citata nel testo, cfr. il nostro servizio in “cultura.abruzzoworld.com” il 22 e 24 giugno 2010.
Foto
Le immagini state riprese alle mostre dell’artista, che si ringrazia, con l’organizzazione delle esposizioni, per l’opportunità offerta. In apertura “Piazzetta di Capri”, 2004; seguono “Circeo giallo”, 2006, e “Città con biglia”, 2008, poi “Notturno sul Nilo”, 2009, e “Uomo acquario”, 2010; in chiusura “Uomo gondola”, 2011
“Uomo gondola”, 2011