di Romano Maria Levante
Nuovo incontro con il pittore Vincenzo Maugeri e con il poeta Italo Benedetti, dopo le mostre “Metroversocromie” a Roma nel 2010 e “Parole e colori sull’acqua” a Venezia nel 2011: il pittore espone 9 dipinti e Benedetti presenta una poesia al “D’Annunzio International Arts Festival”, a Pescara dal 20 luglio al 31 agosto 2013, nel 150° anniversario dannunziano. Direttore artistico Giordano Bruno Guerri, presidente della Fondazione “Il Vittoriale degli Italiani”, che ha dato nuovo slancio alla storica residenza del Poeta con iniziative di valore culturale e simbolico. Sede del Festival l’antica fabbrica, ora centro espositivo, dell’Aurum, nome ideato da D’Annunzio, un edificio dalla facciata neoclassica ad arcate, con un cortile interno circolare di concezione “panottica”: ci ha ricordato quella del teatro in cui l’attenzione converge sul palcoscenico.
Il Festival ha mobilitato teatro e musica, cinema e letteratura, poesia e pittura in un susseguirsi di manifestazioni per l’intera estate. Ci soffermiamo sul pittore e il poeta citati, in continuità con le loro precedenti mostre, considerando che le altre manifestazioni sono concluse, mentre la mostra di Maugeri terminerà il 31 agosto, e con essa il Festival; ma il motivo principale è il fatto che hanno fissato in immagini e in versi importanti momenti della vita e del mondo dannunziano su cui soffermarci.
Prima facciamo un excursus sulla parte del Festival già svolta, una carrellata di generi artistici e spettacoli in omaggio a una personalità straordinaria e versatile e alla sua vulcanica creatività espressa nei campi più diversi dell’arte e della vita.
Teatro e musica, cinema e letteratura
Il teatro ha presentato Giorgio Albertazzi – al quale è stato conferito il “Premio Vittoriale”- con “Io ho quel che ho donato”, il motto dannunziano che ne riassume la dedizione. Lo spettacolo, di cui Albertazzi è autore e interprete, svoltosi il 27 luglio, ha scavato nei contrasti dannunziani, da un lato la contemplazione della bellezza allo stato puro, dall’altro una sensualità che alcuni definiscono per eccesso “voyeur satiresco”, mentre riflette l’eterna lotta tra lo spirito e la carne.
Con “Legionari, l’impresa di Fiume”, di Stefano Angelucci Marino, il 29 luglio il pubblico si è emozionato allo spettacolo imperniato sul racconto coinvolgente del legionario che, lasciato il borgo d’Abruzzo, si era unito a D’Annunzio condividendone ideali e sogni, azioni e ribellioni.
Al teatro si è aggiunta la musica con Daniela Musini, che il 21 luglio ha tenuto il recital-concerto “L’Abruzzo nel cuore “: brani dannunziani – poesie, prose di romanzi e di opere teatrali – recitati anche accompagnandosi al pianoforte, e scelti tra quelli dai quali risalta il suo attaccamento all’Abruzzo; protagoniste le Muse dannunziane, Eleonora Duse in primo piano.
Le romanze di Tosti con parole di D’Annunzio sono state al centro di due spettacoli: il 20 luglio il recital “Omaggio a Francesco Paolo Tosti e Gabriele d’Annunzio”, del tenore Christian Maragliano, con Antonella Salvatore al pianoforte; il 25 luglio il concerto “I musicisti di D’Annunzio”, per celebrare i 150 anni della nascita, con la soprano Manuela Formichellaaccompagnata al pianoforte da Marco Ciccone che, con l’americano Brendan Mc Conville, è autore di musiche su testi di D’Annunzio, presentate con quelle ben conosciute di Tosti. .
Il cinema è stato presente alla grande, con la proiezione, il 22 luglio, di “Cabiria”, film del 1914 – dopo il restauro a colori del primo kolossal del cinema italiano – voluto da D’Annunzio le cui didascalie sono state lette da Edoardo Sylos Labini, con lemusiche antiche e moderne di Wagner e i Pink Floyd, Chopin e i Doors, proposte dal dj Antonello Aprea.
Anche un festival nel festival, il 23 luglio il Festival cinematografico, diretto da Arianna Di Tomasso, con cortometraggi d’autore e premiazione di esordienti; inoltre la mostra fotografica sul cinema FrameByFramed, curata da Luca Di Francescantonio.
Per la letteratura, il 20 luglio una tappa del tour estivo del Premio Campiello si è svolta nell’ambito del Festival dannunziano: i cinque finalisti hanno incontrato il pubblico, la premiazione del vincitore avverrà il 7 settembre a La Fenice di Venezia. Mentre il 24 luglio si è avuta la presentazione dei libri“La mia vita carnale. Amori e passioni di Gabriele d’Annunzio” di Giordano Bruno Guerri, e “L’onorevole d’Annunzio. L’esperienza parlamentare di Gabriele d’Annunzio tra destra e sinistra” di Lucio Di Biase; il libro di Guerri e il “Tempio della Sapienza VI – L’Allegoria dell’Autunno”, sono stati oggetto di sculture dell’artista Claudio Perri.
C’è stato anche un momento simbolico altamente spettacolare, il volo commemorativo sulle rotte dannunziane, di idrovolanti da Gardone Riviera a Pescara con approdo nel fiume al Ponte del Mare, per segnare in modo tangibile il collegamento ideale tra il territorio dov’è il Vittoriale, la sua sede ultima carica di valori, e la città natale.
Poesia e pittura, “Il Vittoriale dei poeti” di Benedetti
Il Vittoriale è presente al Festival anche con la poesia e la pittura di Benedetti e Maugeri. Ma prima di parlarne citiamo il recital del 23 luglio, “La Poesia che ritorna, per salvare il mondo”, protagonisti i detenuti della Casa di Reclusione di Sulmona, nel progetto di formazione e recupero di Vilma Maria De Sanctis; e la mostra del pittore Marco Sciame, aperta dal 3 luglio al 29 agosto.
“Tu sai dunque l’amore”, il titolo, 51 quadretti con “Gabriele d’Annunzio: tra amori e battaglie, Il Fumetto” e 17 grandi tavole (70×50) dedicate alla donna e alla sensualità espressa nelle sue opere: dalla “Vergine delle rocce” a “La città morta”, da “Il fuoco” a “Francesca da Rimini”, da “La Pisanella” a “Parisina”, da “Sogno di un mattino di primavera” a “Sogno di un tramonto d’autunno”. Scene tratteggiate a china con eleganza e incisività da Sciame, lo “scriba della visione”, in una grafica raffinata e avvolgente, esprimono il simbolismo dannunziano con l’immaginario e l’eroico, il reale e l’ideale. La visita alla sala con alle pareti i quadretti e le tavole è stata un’immersione nel mondo di D’Annunzio evocato con il fumetto e nei personaggi delle opere cui si è ispirato l’artista; per ognuna la tavola riporta il brano cui si riferisce la raffigurazione, l’insieme è spettacolare.
Poesia e pittura in simbiosi nell’installazione alla pineta pescarese “Creatura terrestre che hai nome Ermione” , di Antonella Cinelli, che dal 19 luglio ha evocato “La pioggia nel pineto” con immagini del viso e delle mani, piante e alberi in un abbandono panico alla natura; proseguirà fino al 15 settembre, anche dopo la conclusione delle tante manifestazioni del Festival.
L’ultima nel tempo è la mostra di Vincenzo Maugeri, dal 21 luglio al 31 agosto, cui si affianca – come si è detto – l’omaggio di Italo Benedetti “Il Vittoriale dei poeti”. Un’intesa pittore-poeta di cui abbiamo trovato degli epigoni nella mostra “Pietracamela per l’arte”, il 16-17 agosto nel paese al cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso alle falde di Monte Corno, la vetta più alta degli Appennini: sono Paolo Foglia e Francesco Barnabei che hanno esposto insieme i dipinti del primo e le poesie del secondo non legati da un rapporto diretto ma dalla condivisione di sogni e inquietudini.
Dopo questo collegamento fresco nel tempo, venuto spontaneo, vogliamo prendere l’avvio dal poeta Benedetti perché fa entrare nell’atmosfera speciale del mondo dannunziano espressa dal Vittoriale, il “buen ritiro” dove dal 1921 fino alla morte nel 1938 visse come in esilio circondandosi dei cimeli e dei ricordi della sua vita inimitabile. Per questo è importante che il poeta, per il suo omaggio a D’Annunzio, si sia ispirato alla sua residenza, ponendo la data Gardone, 3 marzo 2013.
A chi si rivolge la poesia, e quale messaggio contiene? Si rivolge al Vittoriale, “tu luogo magico”, per i poeti “la vera casa dell’anima”: immagina possano portarvi la loro inquietudine coloro che sono vissuti nel chiuso di una stanza come Emily, o al contrario hanno vagabondato per il mondo come Ribaud o lo hanno fatto con i versi come Campana; vedremo poi che cita anche “lo spirito di Dante”. Quando visita il Vittoriale “è quasi primavera”, e dal vasto giardino si innalzano gli effluvi della natura che si risveglia, cui dedica versi ispirati: sente il profumo dei narcisi tra i boccioli dei roseti, “dove s’irradia l’alone degli occhi grandi del Poeta”. Ma va oltre queste pur forti sensazioni.
Nel “misterioso e cimiteriale susseguirsi di stanze straripanti di reliquie” ” coglie alcuni aspetti fondamentali quali il sincretismo religioso in cui “in un tripudio d’oriente divinità cinesi abbracciano San Sebastiano e santi francescani”; ma nella “Stanza delle Reliquie” al culmine della piramide di divinità c‘è la Madonna madre di Cristo. E coglie l’ essere “la dimora del dopo, l’asilo dove si radunano i fantasmi dei poeti”, tra loro c’è anche quello di D’Annunzio, e non solo ora, anche quando vi abitava, dopo una vita inimitabile spesa senza risparmio in tante direzioni.
Perciò sono accolti nella residenza “quelli che amarono su tutto la poesia immortale e la bellezza”, e D’Annunzio è il primo di loro: “Qui sostano le anime dei grandi, in questa cripta dell’eternità, dove aleggia lo spirito di Dante!”
La conclusione è in carattere con l’inizio: “Gardone Riviera, oggi e per sempre, è primavera!”, e non per il ciclo delle stagioni, ma per quanto di vivo e vitale è radicato nel Vittoriale degli Italiani.
L’“Atto di donazione al popolo italiano” iniziava con queste parole: “Prendo possesso di questa terra votiva che m’è data in sorte; e qui pongo i segni che recai meco, le mute potenze che qui mi condussero”. E più avanti:”Tutto è qui da me creato e trasfigurato”. Della “Stanza del Lebbroso”, in particolare, scriverà al pittore Guido Cadorin, che aveva dipinto nel soffitto le Sante donne in assistenza al lebbroso dalla visione avuta mentre visitava un monastero di clausura di Ferrara, evocata nelle “Faville del maglio”: “La stanza è un miracolo al di là della tua arte e al di là della mia ispirazione. E’ un miracolo e un mistero, entrambi inconoscibili”.
Si spiegano le parole del fedele legionario Mario Barilli: “E chi abbia anche per una sola volta la fortuna di entrare nella villa del Poeta, ne riporta un’impressione così duratura, così scolpita nella mente, che spesso, poi, può rievocare e rivivere le ore inobliabili trascorse nel Vittoriale, nei domini rosazzurri del sogno”. Immagine che ritroviamo nelle parole di Francesco Meriano, all’epoca console italiano ad Odessa, dopo una visita al Vittoriale, che poteva essere apprezzata soltanto da chi era scevro di pregiudizi: “Ma chi del dono era degno porta in sé, e porterà sempre, l’immagine di un ineffabile sogno”. Benedetti ne ha dato la versione poetica, avendo percepito, oltre agli effluvi primaverili, gli influssi misteriosi che trasmettono la magia della casa dei poeti.
Nei 9 dipinti di Maugeri un suggestivo”tutto D’Annunzio”
Dall’ambiente evocato da Benedetti al personaggio raffigurato da Maugeri in 9 dipinti così presentati da Giordano Bruno Guerri: “In quei colori allegri, in quei tratti apparentemente semplici, è rappresentata tutta la vita di D’Annunzio: i grandi amori e l’ossessione carnale, le imprese belliche senza spargimento di sangue, perché il nemico deve essere beffato, prima ancora che vinto, l’amore panico per la natura e la magia ritmica delle parole nella pioggia nel pineto; ci sono il Vate futurista e il Vate senza tempo che si è eternato nelle pietre vive del Vittoriale, c’è persino l’amore di Gabriele per le uova, intese come base per le frittate, ma che per Vincenzo Maugeri sono il simbolo dell’umanità di D’Annunzio… Infine nell’alone di quegli occhi grandi che riprende quello della falce di luna calante, leggiamo il D’Annunzio per noi irraggiungibile eppure vicino, antico e sempre contemporaneo, di una eleganza senza tempo, di una dolcezza senza fine”.
Questa la lettura che ne fa il presidente della Fondazione “Il Vittoriale degli Italiani” rievocando attraverso i dipinti il mondo dannunziano. Per parte nostra, descritte le singole opere, concluderemo con una notazione finale che aggiunge alla visione suggestiva di Guerri una componente che ci viene suggerita da uno dei dipinti, il più enigmatico.
“Vate volante” e “Posta aerea” lo mostrano sui fragili velivoli dell’epoca. Il primo in una delle prove di arditismo più spettacolari, il volo su Vienna: una sfida simbolica, vi furono gettati dei manifestini tricolori, visibili nel dipinto in cui si intravedono appena lui e il pilota sull’aereo che sorvola la capitale austriaca; il secondo, in cui invece sono in primo piano, ci piace riferirlo idealmente al volo su Cattaro, nella “notte di san Francesco”, quando sentì di trovarsi “nel terzo luogo”, quella “plaga oltre la vita e oltre la morte”. La sua prima missione aerea era stata il 7 agosto 1915 sopra Trieste, e l’aereo pilotato da Miraglia fu colpito; ce ne furono poi sul Carso fino all’incidente a Grado del 16 gennaio 1916, in cui perse l’occhio destro e fu costretto all’immobilità e al buio da cui nacque il “Notturno”; poi il 13 settembre volo su Parenzo e nel 1917su Pola e sulle linee nemiche della Bainsizza, fino al volo su Cattaro il 4 ottobre 1917 e su Vienna il 9 agosto 1918. Maugeri ha raffigurato nei dipinti anche il pilota sull’aereo, con il quale D’Annunzio aveva un forte legame.
Quando qualcuno dei piloti a lui vicini periva vittima della guerra – e ce ne furono tra quelli più cari – non nascondeva il suo profondo cordoglio, partecipando al rito religioso si inginocchiava, come dinanzi ai caduti a Fiume, ci sono immagini eloquenti. Nel “Notturno” parla delle “quattro croci fraterne. Giuseppe Miraglia è crocifisso alla sua ala. Luigi Bailo è crocifisso alla sua ala. Alfredo Barbieri è crocifisso alla sua ala. Luigi Bresciani è crocifisso alla sua ala”.. E di Miraglia, definito “dimidium animi”, scrive: “Il mio compagno è nell’isola dei trapassati… Io sono vivo ma esattamente collocato nel mio buio com’egli nel suo… Gli somiglio anche nella ferita… così la sua morte e la mia vita sono la medesima cosa… Se bene io soffra, se bene egli non soffra più, per l’uno e per l’altro la carne è abolita mentre gli spiriti si ricongiungono… Io vissi con lui o morii con lui? V’è un luogo dell’anima, là dove il nero fiume e il fiume chiaro confluiscono”.
Dall’ardimento e patriottismo all’amore e alla sensualità. In “Ragnatela” è raffigurato il legame con Eleonora Duse, le loro figure sono insieme nel dipinto in un’atmosfera malinconica. Della Duse teneva al Vittoriale un busto dello scultore Minerbi che lui coprì con un velo chiamandola “Testimone velata”. Frances Winwar ha scritto che “secondo l’umore, abbassava o sollevava il velo”; nei momenti di tristezza, ci ha detto una testimone, invocava “Eleonora, Eleonora”, come per chiederle un aiuto, e sul suo tavolo al momento della morte furono trovate quattro dediche in preparazione per la Duse.
L’“Ossessione carnale” raffigura la sensualità dannunziana con l’immersione della sua figura nella donna che lo avvolge e tiene dentro di sé con un’espressione ferma e decisa, ma lui riemerge dominnate. Il tema è complesso perché la sensualità non si può considerare fine a se stessa. D’Annunzio ha scritto: “L’opera di carne è in me opera di spirito, e l’una e l’altra opera concordano nell’attingere a una sola unica bellezza”. E ne dà la spiegazione: “La più fertile creatrice di bellezza nel mondo è la sensualità rischiarata dalla divinazione. La sensualità mi accomuna alle cose che guardo, mi fa simile alle cose che tocco ed esamino, mi dà la veggenza di Francesco cieco che vedeva le musiche. Non vedo io le mie musiche? Ma ho ancòra da penetrare questo mistero, ho ancòra da esplorarlo impudicamente, cioè innocentemente”.
Non riuscì a scrivere i tre romanzi di “carne senza carne” che aveva progettato, scegliendo i titoli:”Buonarrota”, ” La Violante”,” La Bocca velata” , secondo questo motivo ispiratore: “Quando per esprimersi lo spirito si serve della materia, non si sottomette esso alla materia, ma la sottomette”. Sempre nelle sue parole, “la carne non è più carne ma l’orlo di una potenza interiore”. Francesco Flora vi legge”una sintesi svelata degli estremi del senso come bellezza e dell’anima come coscienza di purificazione”. … Per lui lo spirito è la carne”.
L’ossessione carnale, peraltro, viene da lui considerata risalendo nel tempo alle prime emozioni, riportate nelle “Faville del maglio”: quella nella Stanza del Museo etrusco, dinanzi alla statua della Chimera, quando la compagna gli “si serrava addosso” e a lui “pareva fosse doventata nuda, tutta nuda e bruciante… Quella carne sediziosa mi mordeva più di quel metallo irto”; e l’emozione suscitata dalla contadinella che “avea nome Sblendore”: “E le parlai d’amore, e la pregai d’amore; e le cercai la bocca nella vendemmia intempestiva, cercai il succo dell’uva di là da’ suoi denti di lupatta, quasi avviluppando il mio desiderio con l’ombra del vespro supplicato e stimolato”.
Sempre nelle “Faville”, arriva alla confessione del “male ereditario”: “Ero invasato dal male di donna. Se fossi stato accolto dai frati del Bel Morire avrei confessato, in San Gregorio, che l’abitacolo della mia mente era tenuto dalla concupiscenza, intiero. Avrei confessato, pallido d’impudenza, avrei confessato d’essere ormai ossesso da una sola unica immagine, da una figura carnale non ancora apparita a’ miei occhi e pure evidente nel ricordo”. Che rievoca con parole inequivocabili, nelle quali Salomè e Clematide si susseguono nella sua fantasia sovreccitata.
Maugeri ha esplorato anche altri lati di D’Annunzio, ed ecco “La falce di luna”, immagine notturna con la sua figura che spicca su un cielo nero in cui si staglia la sezione del disco che risplende, in un contrappunto luce-ombra tra il suo viso e la luna. Associamo a questo il dipinto “La pioggia nel pineto”, il suo profilo tra le grosse gocce che piovono sul verde della vegetazione, mentre si intravede la sagoma di Ermione, evocata nella poesia.
Tre dipinti sono enigmatici, e per questo intriganti: “Le uova di D’Annunzio” , un tema caro al pittore di cui Guerri ha spiegato il significato per il Poeta – la prediletta frittata e l’umanità – mentre “Vate nel tempo” lo raffigura stretto non più nel corpo femminile ma in una clessidra, con il volto nell’ampolla superiore, e non potrà scendere in quella inferiore attraverso lo stretto pertugio. Quindi resiste al tempo, il Vittoriale ne rappresenta la prova tangibile, e se ne ha conferma nel l’interesse sempre vivo sulla sua figura che attira centinaia di migliaia di visitatori come anche nel fiorire di iniziative molto seguite promosse dal Vittoriale e dalla natia Pescara dove la sua casa è diventata un museo.
C’è un altro “tempo” di D’Annunzio, quello degli anni del Vittoriale allorché era “coperto da una tristezza color di cenere” – sono le parole di una sua lettera a Fiammetta – per il prevalere, sul suo animo volitivo e portato all’azione, delle angosce esistenziali in cui i timori della vecchiaia e della morte erano la sua non gradita compagnia. Nel giorno del quarantesimo compleanno, nel 1903, celebrò “le esequie della giovinezza” con queste parole: “Bisogna dunque che io imbalsami alfine il cadavere della giovinezza, che fasciato di bende io lo chiuda fra quattro assi e ch’io lo faccia passare per quella porta, ove lo spettro della vecchiaia è apparso tra i battenti socchiusi e con un cenno quasi familiare m’ha augurato il buon giorno”. E’ lo “spettro abominevole”, il “nuovo ospite” a cui però non si arrende: “Scacciarlo non potrò; ma domani forse lo dimenticherò vestendomi di quell’acciaio che ogni mattina suol fabbricarmi il mio coraggio… Ma stamani mi ha abbandonato”.
Un altro contrasto, o se si vuole contraddizione, un’altra lotta oltre quella tra lo spirito e la carne. Entrambe sono in qualche misura regolate dallo scorrere inesorabile del tempo. E concorrono, con i tanti altri motivi della sua complessa personalite del suo mondo multiforme, a lasciare un’immagine di inafferrabilità, dell’ impossibilità a circoscriverlo in confini precisi.
Sono le contraddizioni da lui stesso alimentate a renderlo difficile: “Più attendo quando più ho fretta, più mi contengo quando più sono impetuoso, più mi velo quando sono più lucente, più mi spengo quanto più sono ardente; soffoco le faville, non il fuoco addentro”. E più chiaramente: “Certo io non vorrò mai raccontare quel che so e che voi ignorate né conoscerete mai, io ve lo dico senza rancore e senza orgoglio, pacatamente: mai”. Il motivo? “Non voglio essere compreso. Nulla temo, ma sol temo di non essere incompreso”. Fino alla logica conseguenza: “La interpretazione di me diventa grossolana e goffa anche negli uomini più gentili”.
Nella nostra personalissima interpretazione è quanto Maugeri ci sembra visualizzi nel “Cubo magico”, un cubo di Rubik con il volto del Poeta nelle facce, per essere scomposto e trasferito sulle altre mentre resta mutevole quanto inafferrabile la sua vera natura. Del resto scrive nel “Libro segreto”: “Chi mai, oggi e nei secoli, potrà indovinare quel che di me io ho voluto nascondere?”
Crediamo che il pittore abbia colto anche questo aspetto, e se il Festival ci ha dato spunti e scorci dannunziani di notevole interesse, di cui si deve essere grati agli organizzatori – Giordano Bruno Guerri in testa – resta aperto l’interrogativo di D’Annunzio: “Se l’Italia m’è un enigma, non sono io un enigma per l’Italia?”.
Info
Per i riferimenti ai motivi dannunziani e alle relative citazioni cfr. il libro-inchiesta: Romano M. Levante, “D’Annunzio l’uomo del Vittoriale”, Andromeda Editrice, Colledara (Te), 1998, pp.530. Per la celebrazione del 150° anniversario su questo sito cfr. i nostri articoli il 12, 14, 16, 18, 20, 22 marzo 2013 su “arte e potere in D’Annunzio” – il potere religioso e la fede – ciascuno con 6 immagini; inoltre. l’intervista di Anna Manna a Romano Maria Levante l’11 marzo 2013 in http://www.100newslibri.it/ dal titolo: “Gabriele d’Annunzio, il poeta della perenne inquietudine a 150 anni dalla nascita”. Infine cfr. i nostri articoli su D’Annunzio in “cultura.abruzzoworld.com” nel 2009 (27 febbraio e 10 aprile), 2010 (22 giugno e 2 ottobre) e 2011 (4 marzo e 2 maggio). Per le altre mostre di Maugeri con il poeta Benedetti,, cfr. i nostri articoli in cultura.abruzzoworld.com il 22 e 24 giugno 2010 sulla mostra di Roma del 2010, e in questo sito il 30 giugno 2013 sulla mostra di Venezia del 2011. Per il collegamento con gli epigoni pittore-poeta Foglia e Barnabei cfr. il nostro articolo in questo sito il 28 agosto 2013, “Pietracamela, una mostra d’arte e un libro d’epoca”.
Foto
Le immagini sono state fornite gentilmente dall’artista Vincenzo Maugeri che si ringrazia per l’attenzione e la cortesia manifestate. In apertura “Vate volante”, seguono “Ragnatela” e “Ossessione carnale”, poi “Falce di luna” e “Pioggia nel pineto”; in chiusura “Cubo magico” .