Esposito, Carlo e Maurizio Riccardi ricordano i due Papi santi

di Romano Maria Levante

A Roma, allo Spazio 5 dell’associazione “Quinta Dimensione”, la sera del 18 giugno 2014  un ricordo molto particolare dei due papi assurti il 27 aprile alla santità: presentati due volumetti, “San Giovanni XXIII il Papa buono e “Giovanni Paolo II, il papa venuto da lontano”, nel primo 33 fotografie in bianco e nero di Carlo Riccardi, nel secondo 38 foto quasi tutte a colori di Maurizio Riccardi, una staffetta cronologica e generazionale; in entrambi  i testi di Vittorio Esposito  ne ricostruiscono la figura integrando il racconto per immagini con la storia dei due pontificati e la biografia essenziale dei pontefici.

Le fotografie riprodotte sui volumetti fanno parte delle 40 immagini esposte nella mostra “Il giorno dei due Papi”, aperta a Spazio 5 il 23 aprile 2014, quattro giorni prima della solenne santificazione in piazza San Pietro, e sono state il filo conduttore dell’incontro-conversazione di giornalisti –  tra cui l’autore dei testi Vittorio Esposito – e non solo, sui loro ricordi dei due pontificati, che hanno consentito di approfondirne  la figura; i due autori delle fotografie Carlo e Maurizio Riccardi hanno parlato dei loro reportage in una serata di ricordi e di riflessioni. Hanno partecipato, con gli autori, la critica letteraria Mara Ferloni e il giornalista Mauro de Vincentiis, esperto in comunicazioni,  allora responsabile nell’ufficio stampa dell’Alitalia,  che ha seguito da vicino il “Papa pellegrino”.

Testo e fotografie su 30 anni di pontificati

Testo e fotografie, come parole e musica: è una combinazione magistrale che nella serata allo Spazio 5 ha rivelato la sua forza e le sue potenzialità. I testi di Esposito  ripercorrono la vita dei due papi, rivelando anche particolari inediti o poco conosciuti, fornendo il filo rosso per interpretare al meglio le immagini accrescendone lo spessore. Trattandosi di fotografie riprese in occasioni pubbliche che danno la dimensione “esterna” dei due papi ed esprimono, come ha detto Esposito, la “comunicazione”: per questo sono state scelte tra tante migliaia, immagini emblematiche del messaggio che hanno voluto trasmettere, escludendo quelle con la sofferenza, come si fa negli “album di famiglia” per le persone care dove prevale l’affetto. Una scelta edificante questa, in controtendenza per i fotoreporter che cercano lo scoop con la trasgressione, sebbene Carlo Riccardi sia il primo “paparazzo” della “Dolce Vita”, la mostra che dal 27 giugno segue quella sui due papi.

Quindi nessun “effetto speciale” se non la maestria dei due fotografi  e la puntualità con cui sono stati presenti nei tanti momenti della vita pubblica di due pontificati, il primo dal 28 ottobre 1958 al 3 giugno 1963, il secondo dal 16 ottobre 1978 al  2 aprile 2005: breve il pontificato di Giovanni XXIII , durato meno di 5 anni, lunghissimo quello di Giovanni Paolo II, quasi 26 anni e mezzo, tra i più estesi nella storia della Chiesa. Trent’anni di vita ecclesiale e anche della vita di tutti che in qualche misura vi si riflette in due agili volumetti e in una serie di immagini esposte in mostra.

La conversazione dei giornalisti che si sono passati la palla – si consenta l’immagine calcistica in clima di mondiali – è stata quanto mai gustosa, da un aneddoto all’altro, da una considerazione all’altra, stimolati dal conduttore che proponeva di volta in volta l’immagine-simbolo di un determinato evento al quale venivano subito collegati dall’interlocutore di turno ricordi e memorie. Toni e contenuti in un’atmosfera commossa tra la rievocazione leggera e l’intensa riflessione.

Tanti sono stati gli episodi e gli aneddoti rievocati dai giornalisti e dai fotografi come in una conversazione domestica allorché si sfoglia l'”album di famiglia” e si commentano, riallacciandosi ai ricordi, le immagini più lontane in bianco e nero ingiallite dal tempo e quelle più recenti a colori. Il tutto alimentato dai testi di Vittorio Esposito  su due storie pontificie molto diverse, ugualmente  scolpite nei ricordi di ognuno, a introduzione e commento delle fotografie accuratamente selezionate che rappresentano la narrazione visiva negli scatti dei due Riccardi, Carlo e Maurizio.

Non daremo conto della serata – ne rispettiamo il carattere colloquiale e domestico – ma cercheremo di rendere qualcosa di quanto  testo e fotografie  trasmettono dei due papi, seguendo ciò che Esposito preannuncia all’inizio: “Se si vuole che un libro fatto di immagini sia spunto di riflessione, ecco allora che quelle fotografie, riunite in un unico volume, esaltano la loro funzione di immagine per diventare strumento di una analisi che non vuole essere storica ma della volontà di un  papa”. E sono immagini selezionate in base al messaggio di comunicazione..

Per Giovanni XXIII si è trattato, scrive Esposito,  di “essere un uomo tra gli uomini, un uomo di Dio che ha cercato di impersonare il Vangelo”; lo ha fatto nella “semplicità con cui agisce, pensa, parla,per quel suo aspetto così pacioso e festoso che lo fa sembrare a tutti uno di casa; per la facilità con cui rompe piccole grandi tradizioni oramai secolari”, così Rai Edu del 1999 da lui citata. E, continua l’autore,  “le fotografie di Carlo Riccardi lo hanno ritratto anche nelle occasioni ‘ufficiali’ esaltandone la sua ricca umanità anche quando era nel compimento di doveri istituzionali”.

Giovanni Paolo II ha impersonato “Cristo redentore dell’uomo, indicando nel servizio verso l’uomo, verso la sua promozione, la sua cresciuta umana, sociale, culturale, religiosa e la difesa dei suoi diritti la strada che la Chiesa deve percorrere per svolgere la sua missione”. Esposito aggiunge che nel fare ciò “è stato un vero e proprio leader spirituale che ha affrontato tutti i problemi del nostro tempo da uomo oltre che da papa. E’ stato la guida di grandi masse che da ogni paese sono accorse ad ascoltarlo nel corso dei suoi viaggi”. E “ha conquistato da subito il cuore dei fedeli per il suo modo di porsi come individuo tra gli altri individui”.

Giovanni XXIII, il Papa buono

Di papa Roncalli, tra i particolari che non conoscevamo Esposito ci fa scoprire la devozione per San Francesco, che lo fece diventare terziario francescano a 14 anni, e l’ordinazione sacerdotale nell’attuale chiesa degli Artisti di Piazza del Popolo  a Roma: di famiglia contadina bergamasca, quarto di tredici figli, approda alla capitale nel collegio di sant’Apollinare con una borsa di studio.

E poi una carriera diplomatica internazionale in chi manteneva un aspetto domestico, anzi contadino: oltre dieci anni in Bulgaria, poi in Grecia e Turchia, quindi inviato a Parigi nel 1944, nel periodo tremendo dell’occupazione tedesca con la deportazione degli ebrei: si adoperò in tutti i modi per salvarli, e nel 2000 questo suo impegno ha ottenuto un riconoscimento.  

Cardinale nel 1953 e Patriarca di Venezia, Papa il 28 ottobre 1958, solo dopo due mesi esce dalle mura vaticane per visitare a Natale i bimbi malati al Bambin Gesù, a Santo Stefano i carcerati a Regina Coeli.

Poi una raffica di Encicliche, ben quattro da giugno a dicembre 1959 cui ne seguiranno altre quattro tra il 1961 e il 1963,  tra cui la “Mater et magistra” del 15 maggio 1961 con la dottrina sociale della chiesa aggiornata sui nuovi problemi dell’economia e della società nel mondo,  e la “Pacem in terris” dell’11 aprile 1963, in cui l’impegno per la pace è unito a quello per la giustizia sociale.

Intanto dall’uscita dal Vaticano si passa all’uscita da Roma,  il “Papa pellegrino”, ricorda Esposito, va a Loreto e Assisi, e nell’incontro a Spazio 5 è stato rievocato lo storico viaggio in treno.

E’ il 4 ottobre  1962, il giorno di San Francesco, al santo e alla Madonna  vuole affidare il Concilio Ecumenico Vaticano II, che ha annunciato fin dal gennaio 1959, tre mesi dopo l’elezione a pontefice: un evento epocale con 2700 vescovi e arcivescovi, i cui lavori preparatori impegnarono 800 teologi  e studiosi.

Muore il 3 giugno 1963, dichiarato beato il 3 settembre 2000, canonizzato santo il 27 aprile 2014.

Un papa che doveva essere di transizione è diventato di rottura: e non solo sul piano del comportamento e del rinnovamento della Chiesa attraverso il Concilio; perfino sul piano politico, ed Esposito ricorda alcuni momenti significativi: “distingue l’errore (il marxismo) dall’errante (gli uomini)”,  e il 10 agosto 1961invia un messaggio radio alle superpotenze dell’Ovest e dell’Est invitandole al negoziato e al disarmo, fece breccia in Krusciov che ricambiò con gli auguri per i suoi 80anni. Sembrano cose normali oggi, ma non lo erano negli anni della guerra fredda con l’incubo del conflitto nucleare che avrebbe distrutto l’intera umanità, vengono i brividi al ripensarci.

Gesti dal forte significato politico ma soprattutto gesti di valore umano, nel volumetto e nella serata è stato ricordato il “discorso della luna” dell’11 ottobre 1962 che ci sembra una sintesi straordinaria della sua figura: nel momento in cui annunciava dal balcone su Piazza San Pietro l’apertura del Concilio Vaticano II, atto politico per eccellenza, parlando a braccio dinanzi alla fiaccolata dell’immensa folla trovava toni ecumenici oltre che lirici: “Cari figliuoli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero. Qui tutto il mondo è rappresentato.  Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera – osservatela in alto – a guardare questo spettacolo”. 

Poi le parole profondamente umane rimaste nel cuore di tutti, dal mondo passa all’intimità di ciascuno: “Cari figliuoli, tornando a casa, troverete i bambini; date una carezza ai bambini e dite: questa è la carezza del Papa”.  Se ne sente ancora la dolcezza e il calore, Esposito ha voluto ricordare quel momento nel presentare le immagini del pontificato, e siamo andati subito a cercare se nel volumetto e nella mostra era fissato anche quel momento. Non abbiamo trovato l’immagine che ricordiamo in televisione, ma una fotografia di quel fatidico giorno, ricordiamo l’11 ottobre 1962, che mostra il Pontefice portato con i pesanti paramenti rituali sulla sedia gestatoria con annessi  “flabelli”, nella navata centrale della basilica di San Pietro, gremita fino all’inverosimile di autorità religiose e civili; ebbene, sembra incredibile che il seguito di tale immagine così istituzionale sia stato un gesto così intimo e umano, la carezza mandata dal papa ai bambini.

Questo doppio registro si percepisce anche in altre immagini, da quelle da pontefice in sedia gestatoria e triregno nei rituali solenni a quelle del pellegrinaggio apostolico a Loreto con una fotografia di particolare interesse mentre benedice dietro il finestrino del “treno papale”,  che in realtà era un  treno presidenziale perché, ricorda Esposito, quello papale fato costruire a Parigi da Pio IX per spostarsi nello Stato pontificio, era stato acquisito dal Regno d’Italia dopo il 20 settembre 1870; dalla foto della visita al Quirinale dell’11 maggio 1963 con il presidente Segni nella poltrona vicina e due corazzieri con le sciabole impettiti sull’attenti a primi piani come quelli in  automobile nel pellegrinaggio apostolico a Loreto del 5 ottobre 1962 dove lo vediamo benedicente oppure in  due immagini dalla grande semplicità il 27 febbraio 1963 all’uscita dalla chiesa di Santa Sabina all’Aventino. Altrettanto semplici ed espressive le immagini del 18 gennaio 1959  in visita alla sede della Pontificia Università Gregoriana e del 5 novembre 1961 alla facoltà di medicina e chirurgia al Gemelli, foto storica perché gli si inginocchia dinanzi baciandogli la mano Montini il futuro papa Paolo VI, e lui ricambia la deferenza portando la mano sinistra al cappello, come la  foto della visita a Regina Coeli  del 26 dicembre 1958 mentre si intrattiene sorridendo con i detenuti che indossano l’abito a righe dei  carcerati, dietro di lui l’allora Ministro della Giustizia Guido Gonella.  E poi immagini mentre celebra le funzioni religiose e tra la gente, come quella del 1962 sotto l’ombrello per la pioggia. Una galleria di ricordi  e di “come eravamo” che si snoda tra la prima al balcone della basilica di San Pietro subito dopo l’elezione a pontefice il 28 ottobre 1958 con il triregno in testa e l’ultima immagine con la salma esposta nella basilica il 4 giugno 1963. 

Tra questi due omaggi estremi della gente comune la storia breve e intensa del “Papa buono”  rimasto nel cuore di tutti per la sua semplicità, ma che ha dato concreto inizio con grande energia all’azione di rinnovamento della Chiesa al suo interno e nei rapporti con il  mondo esterno.

Giovanni Paolo II, il Papa venuto da lontano

Cosa ci fa scoprire Esposito di papa Wojtyla, “venuto da lontano”, precursore, se così si può dire, di papa Francesco, “venuto dalla fine del mondo”?  Tante cose nella lunga biografia che pur essendo essenziale ne ripercorre la vita in 14  pagine fitte di notizie e di eventi. Ciò che ci ha colpito di più è stata l’attività letteraria di Karol Wojtyla, sebbene fossero note alcune sue opere, prima tra tutte “La bottega dell’orefice”,  divenuto film con Burt Lancaster nel 1988; ma ci sono anche i drammi “Giobbe” sull’Antico Testamento, e “Geremia”, “Fratello del  nostro Dio” film nel 1997 con il regista polacco Zanussi e “Canto dello splendore dell’acqua”, i cicli di poesie “La cava di Pietra” e “Profili di Cireneo”, “Chiesa” e “Pellegrinaggio ai luoghi santi”, i poemi “Veglia pasquale 1966” e “Meditazione sulla morte”, i saggi “Amore e responsabilità”, Considerazioni sulla paternità” e “Persona e atto”. Tutti scritti, e in parte pubblicati anche sotto pseudonimo, dal 1940 al 1975;  prima della elezione a Pontefice si citano anche due pubblicazioni della sua attività ecclesiastica, il volume “Alle fonti del rinnovamento”, uno studio sull’attuazione del Concilio Vaticano II e “Segni di contraddizione”, gli esercizi spirituali di Quaresima del 1976 per Paolo VI e i cardinali di Curia.

Dopo l’elezione a papa ancora sue pubblicazioni, nel 1996 il libro “Dono e Mistero nel 50° del mio sacerdozio” e nel 2003 il libro di poesie “Trittico romano, Meditazioni”,  “poema in tre stanze”, precisa Esposito; finché, nel 2004, il libro “Alzatevi, andiamo”, emblematico del suo apostolato missionario iniziato con l’esortazione lanciata nella prima messa del suo ministero il 22 ottobre 1978 e ripetuta nel corso dell’intero pontificato: “Non abbiate paura! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo! Cristo sa cosa è dentro l’uomo. Solo lui lo sa”.

Un’esortazione resa granitica dall’esempio di chi non aveva avuto paura delle due spietate dittature che avevano oppresso il suo paese, prima quella nazista, poi quella comunista; ed  ha agito concretamente perché la Polonia  fosse liberata da quest’ultima visitando la terra natale  ben sette volte, favorendo la nascita nel 1980 del sindacato libero di Solidarnosc e intervenendo sul generale Jaruzelski per contenere la pressione della Russia fino al ritiro con la caduta del muro di Berlino.

La sua azione politica lo ha visto incontrare, come “apostolo della pace”, i principali capi di Stato e i rappresentanti delle diverse confessioni religiose, in uno spirito ecumenico senza confini: è stato il primo pontefice che è entrato in una moschea mussulmana a Damasco accolto dal Gran Muftì Kuftaro  e il primo a entrare in una Sinagoga ebraica  a Roma accolto dal rabbino capo Toaff, in quelle occasioni chiamò i mussulmani “fratelli” e gli ebrei “fratelli maggiori” dopo “secoli di odio”, Esposito ricorda anche  la visita a Gerusalemme con la supplica al “muro del pianto” e l’incontro di Assisi  con i rappresentanti delle Chiese cristiane e delle altre religioni per recitare insieme la “Preghiera per la pace”, fu il primo di una serie di incontri ecumenici di grande valore spirituale.

Apostolo della pace, abbiamo detto, e anche “Pellegrino di Dio”, con i suoi viaggi nelle comunità cristiane in tutti gli angoli del mondo, che ne hanno fato il “primo missionario” che ha dato corpo al comandamento di Cristo “Predicate il Vangelo fino ai confini della terra”.

E’ stato anche il “papa dei giovani”: dall’istituzione dell’Anno internazionale della gioventù” da parte dell’Onu  nel 1984 questi appuntamenti  hanno avuto cadenza biennale nella “Giornata mondiale della gioventù”con la partecipazione di milioni di giovani, a Manila nel 1995 ben 4 milioni di “Papa boys”, indelebile il ricordo della giornata del Giubileo dei giovani a Roma allorché,  già malato, costretto sulla poltrona, accompagnava con il bastone la loro musica nel vivo desiderio di partecipare più direttamente alla loro festa. Del resto il pontificato non gli ha impedito di dare corpo alla sua profonda umanità: “E’ stato un uomo – osserva Esposito – che, nonostante gli impegni del suo ministero, ha saputo trovare il tempo anche per se stesso”. E commenta: “E questo lo ha reso agli occhi del mondo ‘umano’ vicino alle aspettative di chi vuole che il pontefice sia l’interprete delle istanze sociali e di libertà che provengono da ogni parte del pianeta”.

A tutto questo, oltre che al rinnovamento della Chiesa, sono state dedicate anche le Encicliche, dodici nel suo pontificato, tra le quali vogliamo ricordare la prima “Redemptor hominis”, del 15 marzo 1979, con il programma di mettere la chiesa al servizio dell’uomo, con le sue esigenze e i suoi diritti, “Laborem exercenses” del 14 settembre 1981 e la “Centesimus annus” del 1° maggio 1991 sulle questioni sociali fino a “Ut unum sint” sull’impegno ecumenico cristiano.

Esposito rievoca anche il “Papa della sofferenza”, dalla commozione cerebrale  del 29 febbraio 1944 a 24 anni alle gravi ferite dell’attentato del 13 maggio 1981 con l’immediato perdono per l’attentatore, e la vera via Crucis degli ultimi anni, con nove ricoveri al Policlinico Gemelli e un degrado fisico sempre più vistoso di chi all’elezione impersonava l'”atleta di Dio”  con il suo vigore e le sue passioni sportive, come il nuoto e lo sci praticate per quanto possibile anche durante il pontificato, si ricordano la piscina fatta costruire in Vaticano e le escursioni sciistiche, anche  in compagnia del presidente della Repubblica Sandro Pertini con cui ebbe un rapporto di amicizia, immortalato in una bella fotografia della visita al Quirinale il 2 giugno 1984.

Una figura così straripante di energia e di umanità, vicina al cuore di tutti e nel contempo in una dimensione globale apparentemente irraggiungibile, trova l’espressione visiva nei fotocolor spettacolari di Maurizio  Riccardi, nel volumetto di Esposito e negli ingrandimento esposti.

La prima fotografia, un vero “scoop” se si può usare tale termine, mostra il cardinale Wojtyla inginocchiato dinanzi a Giovanni Paolo I nel 1978, quasi un profetico passaggio di consegne, segue l’ultima foto del cardinale Wojtyla, sorride all’ingresso nel conclave che lo eleggerà papa.

Una delle poche foto in bianco e nero lo ritrae con Andreotti il 25 gennaio 1979, alla partenza per la Repubblica Domenicana e il Messico nel suo primo viaggio pastorale, lo vediamo anche in cima alla scaletta dell’aereo; Andreotti era presidente del Consiglio, e questo dà la misura del tempo trascorso. Poi eccolo  aprire la Via Crucis al Colosso nel 1985 portando la pesante croce.

Poche immagini istituzionali, molti primi piani,  a differenza di quelle che abbiamo visto su Giovanni XXIII, un segno dei tempi anche questo. Alle scene di folla, e potrebbero essercene moltissime se si pensa ai raduni con milioni di persone, si sono preferite quelle  che ne ritraggono l’intensa espressione del viso escludendo, come abbiamo detto all’inizio, la sofferenza che pure è stato il segno degli ultimi anni, anche se non mancano immagini con i fedeli che si accalcano sulle transenne per salutarlo da vicino o lo seguono in processione verso il santuario del Divino amore. 

Lo vediamo mentre stringe il calice con i paramenti sacri alla celebrazione della messa nella basilica romana di Santa Maria sopra Minerva il 7 novembre 1980 e mentre lascia il Policlinico Gemelli dopo l’attentato del 13 maggio 1981, mentre presiede ad Assisi la “Giornata di preghiera per la pace” il 27 ottobre 1986 e in una nuvola di incenso in una messa in Vaticano nel 1989. Tutti primi piani del suo viso intenso, mentre in altri primi piani si esprime la sua gestualità, il linguaggio del corpo: la mano destra che saluta il 3 dicembre 1978 in una delle prime visite pastorali, è alla chiesa di San Francesco alla Garbatella,  o in  piedi sulla “papa mobile”  a Piazza San Pietro, dall’auto nera scoperta  nel 1980 e in un’udienza nell’Aula Nervi nel 1983. Le braccia si aprono in un abbraccio ideale in una foto ad Assisi, nella basilica di San Francesco il 22 aprile 1979e all’Aula Nervi nel 1980. E poi foto che ne sorprendono espressioni intime, come quelle del 2 febbraio 1982in visita al presepe dei netturbini e con in braccio il figlio della coppia di netturbini di cui aveva celebrato le nozze nel 1979, fino alle due immagini del viso nel 2003 in Piazza di Spagna per la festa dell’Immacolata Concezione, le uniche in  cui si avvertono appena i segni della sofferenza.

Anche qui, come per Giovanni XXIII, il film del pontificato si dipana tra le immagini estreme, quella del 16 ottobre 1978 sul balcone della basilica di San Pietro subito dopo l’elezione, quando pronunciò le storiche parole ricordate da Esposito “”se mi sbaglio mi corrigerete” con le quali conquistò subito la folla, come ha fatto papa Francesco con l’altrettanto storico  “Buonasera”;  e la  foto del 4 aprile 2005 con le sue spoglie mortali portate nella basilica di San Pietro per ricevere l’omaggio di milioni di fedeli dopo una fila durata anche oltre dieci ore, possiamo darne testimonianza diretta. Un post mortem illustrato anche da un primissimo piano della salma e dall’immagine dell’8 aprile 2005 che fissa un momento altamente simbolico: il vento sfoglia le pagine del Vangelo posto  sulla bara deposta a terra, quasi l’espressione della presenza del soprannaturale. Le foto degli striscioni “Santo subito!” sul mare di folla ai funerali ne sono l’immediata prosecuzione, la conclusione è l’immagine del 1° maggio 2011 della cerimonia di beatificazione in piazza San Pietro con un milione e mezzo di fedeli.

Tra tutte le immagini, per la copertina è stata scelta la fotografia del 15 dicembre 1978 all’Udienza nell’Aula Nervi, nella quale il linguaggio del corpo supera le precedenti espressioni: le braccia si aprono ancora di più, l’abbraccio diventa un volo. E’ del 15 dicembre 1978, soltanto due mesi dopo l’elezione a pontefice, ma ha la capacità profetica di riassumerne la storia e il valore.

“Il papa che vola” è intitolata,  vediamo il “globe trotter” della fede nei suoi voli aerei in ogni parte del mondo, e anche nel volo supremo, quello della santità che lo ha portato nell’alto dei cieli.

Info

A Spazio 5, Roma via Crescenzio 99/d, vicino a Piazza Risorgimento, dal lunedì al venerdì ore 16,00-19,00, in una parete della galleria prosegue la mostra “Il Giorno dei due Papi”; dal 27 giugno la mostra fotografica “La Dolce vita”. Tel.  06.687625; info@spazio5.com; info@agrpress.it; http://www.spazio5.com/. In http://www.archivioriccardi.it/  dell’agenzia AGR del Gruppo Riccardi un vasto assortimento di immagini raggruppate per singoli  personaggi ed eventi, tratte dal milione di negativi dell’archivio classificato dalla soprintendenza “patrimonio di interesse nazionale”. I due volumetti: Vittorio Esposito, “San Giovanni XXIII – Il papa buono”, foto di Carlo Riccardi, Armando Editore,  pp. 64 in bianco e nero, aprile 2014, formato 21×21; Vittorio Esposito, “San Giovanni Paolo III – Il papa venuto da lontano”, foto di Maurizio Riccardi, Armando Editore, pp. 80 a colori, aprile 2014, formato 21×21, le due pubblicazioni inaugurano la serie “Fotografici Armando” a cura di Giovanni Curraro. Cfr. l’altro nostro servizio sui due volumetti e sulla mostra in http://www.fotografarefacile.it/ “Roma. Il giorno dei due Papi nelle foto di Carlo e Maurizio Riccardi”, luglio 2014.  In tale sito cfr. i nostri articoli sulle precedenti mostre fotografiche su papa Giovanni Paolo II, “Roma. Piazza Esedra. Mostra fotografica celebra la beatificazione di papa Wojtyla”  il 1° maggio 2011,  “Roma. ‘Beatus’. La mostra fotografica dopo 150 giorni” il 4 settembre 2011,  “‘Giovanni Paolo II Tutto nostro’ nelle foto di Maurizio Riccardi” il 24 maggio 2012 a Spazio 5; infine il nostro articolo su un’altra mostra in tale galleria: “Roma. Dalla Francia con amore. 80 fotografie a Spazio 5“, aprile 2012.

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante a Spazio 5 nella serata dell’incontro di presentazione dei due volumetti. Le fotografie pubblicate ed esposte in mostra fanno parte del grande Archivio Riccardi, un archivio storico fotografico dal 1945 (ArchivioRiccardi.it). Si ringraziano gli organizzatori e i titolari dei diritti, in particolare Carlo e Maurizio Riccardi, per l’opportunità offerta. A Carlo Riccardi un ringraziamento particolare per essersi fatto ritrarre da noi per la foto di apertura; seguono  le immagini dei due papi santi, le prime 4  foto di papa Giovanni XXIII, le successive  5 foto di papa Giovanni Paolo II, in chiusura pazza San Pietro il 1° maggio 2011, giorno della beatificazione con un milione di fedeli.