Chagall, amore e vita, al Chiostro del Bramante

di Romano Maria Levante

La  mostra “Marc Chagall. Love and Life. Opere dell’Israel Museum di Gerusalemme” , presenta al Chiostro del Bramante, dal   16 marzo  al 26 luglio  2015, un’ampia selezione della raccolta del  museo, che l’artista ha  sostenuto sin dalla creazione, sui suoi  temi peculiari: dai ritratti ai luoghi della sua vita, dai libri della moglie Bella  e di Gogol alle favole, fino al “clou”  rappresentato dagli innamorati. Realizzata da Dart e Arthemisia Group in collaborazione con  The Israel Museum di Gerusalemme, di cui fa parte la curatrice  Ronit Sorek.. Catalogo Skira , con testi di Sivan Eran-Levian, Efrat Aharon e Meira Perry-Lehmann.

Dopo Mirò, al Chiostro del Bramante un altro grande del ‘900. Provenienza da un’unica sede museale, come per le  mostre al Palazzo Esposizioni  di opere dello Stadhael Museum di Berlino o  del Guggenheim di New York, con la differenza che allora sono stati presentati molti  artisti.

Nel caso odierno abbiamo un museo e un artista, il museo è The Israel Museum di Gerusalemme, l’artista è Marc Chagall, e la mostra viene realizzata  nell’anno in cui si festeggia il  50° anniversario dalla sua istituzione, che fa dire al direttore James S. Snyder: “Qual modo migliore di celebrare quest’evento di una mostra dedicata a Chagall, un artista che sin dai tempi della sua fondazione, è stato uno dei pilastri della nostra istituzione?”.. 

La mostra non è antologica né tematica in senso stretto, ma   realizza gli obiettivi delle due impostazioni per  l’ampiezza della raccolta presso The Israel Museum, che ha sostenuto con cospicue donazioni di proprie opere, come ha fatto la figlia nel 1990, dopo la sua scomparsa, donando i disegni con cui furono illustrati i libri della moglie Bella, esposti in mostra.

Un artista versatile, nelle forme  utilizzate: pittura e disegno in primo piano, ma anche incisione e scultura, arazzo e mosaico, fino alla scenografia teatrale; e  nei contenuti, dato che ha spaziato, molto più dei suoi contemporanei, su  una vasta gamma di temi  legati alla sua particolare visione dell’arte.

Lionello Venturi ha scritto: “La sua opera si identifica con la sua personalità artistica, è una metafora poetica della propria biografia”. Ripercorriamo, quindi, i momenti salienti di una vita movimentata e feconda, molto lunga: nato il 7 luglio 1887, scompare il 28 marzo 1985 a 97 anni.

Ha attraversato tutto il ‘900, un secolo quanto mai ricco di tendenze artistiche, dall’impressionismo al futurismo, dall’espressionismo al surrealismo, dal cubismo al fauvismo, vi è stato inquadrato di volta in volta ma ne è rimasto sempre estraneo. Ha scritto nell’Autobiografia: “Abbasso il Naturalismo, l’Impressionismo, il Cubismo realista”, dei  cubisti diceva: “Che mangino, quando hanno fame, le loro pere quadrate sulle loro tavole triangolari”; rispetto all’automatismo psichico e al riferimento all’inconscio dei surrealisti, era mosso da emozioni e  ricordi, ispirato dalla  memoria, dalla nostalgia, dal  sogno. Sono tutti movimenti dai quali ha tratto di volta in volta motivi per arricchire la sua  linea stilistica e di contenuti senza rinunciare mai alla sua spiccata individualità.

Prima che dalle correnti artistiche,  ha ricevuto sollecitazioni molteplici dai crocevia di culture  in cui si è trovato  in una vita attraversata da radicali mutamenti nelle sue vicende esistenziali.

La biografia di cui l’opera è la metafora poetica: la formazione  

La sua formazione iniziale è all’insegna della cultura ebraica della sua famiglia, i genitori e otto fratelli e sorelle, i nonni e gli zii. Trascorse l’infanzia  nel chiuso mondo dello shtetl ebraico,  tra casa, scuola e sinagoga, considerata la vera patria del popolo eletto in cui gli ebrei sono costretti a muoversi. Ma presto si apre alla cultura della Russia, dove è nato e risiede a Vitebesk, in quanto la madre  dopo la scuola primaria ebraica riesce ad iscriverlo in una scuola russa che gli apre orizzonti nuovi non più ristretti alla visione identitaria e confessionale della piccola cerchia ebraica.

Questa maggiore libertà  gli consente di seguire la propria vocazione pittorica concentrandosi sui ritratti dei familiari e sui panorami, mentre la religione ebraica si opponeva a queste manifestazioni di arte figurativa. I familiari, dopo una iniziale resistenza, lo assecondano, anzi la madre lo porta nell’atelier di Jehuda Pen, dove entra  nel 1906 a 19 anni “inebriato , esaltato dall’odore dei colori e dei quadri”.

Per un anno studia  i rudimenti del figurativo e del cromatismo, poi nel 1907 si trasferisce a San Pietroburgo ed entra in contatto con l’ambiente artistico, senza aderire ad alcuna corrente ma maturando un proprio stile. Vi  resta fino al 1910, i temi dei primi  dipinti di questo periodo sono ritratti e paesaggi, cioè i soggetti a lui vicini che ne colpiscono la sensibilità e l’immaginazione. Quindi parenti e amici, rabbini e mendicanti, oltre alle casette di legno e alla chiesetta di Vitebsk, nel salto dal paese natale alla grande San Pietroburgo resta il ricordo della sua immagine evocativa.  

In primo piano  spesso c’è il suonatore di violino, solista nell’orchestra “klezmer” delle feste  popolari ebraiche, e  personaggio delle favole  russe, tra la vita errabonda e il potere divino dello strumento musicale: diventa un tema ricorrente dei propri cicli artistici, che torna  come un ritornello musicale.

Entra il nudo nelle sue tematiche, modella è Thea  Brachman,  che nel 2009 gli presenta Bella Rosenfeld:  fu amore a prima vista, la sposerà nel 1915, sarà una presenza ricorrente nei dipinti.

A Parigi 

Nel 1910 da San Pietroburgo a  Parigi, con una borsa di studio  offertagli dal mecenate Max Vinaver, il salto è molto grande perché nella capitale dell’arte  vive nel quartiere bohemienne della “Ruche”, a Montparnasse, con molti artisti ebrei provenienti dall’Est europeo.

Entra  in contatto con artisti affermati ed emergenti, da Modigliani a Soutine, da De Chirico a Picasso, recepisce gli stimoli del cubismo di Delaunay e del fauvismo di Matisse, ma senza farsi distogliere dai  motivi  che lo fanno restare legato al suo mondo: “Lo sperimentalismo del pittore – scrive  Federica Tammarazio – muove verso una direzione coerente con il messaggio pittorico insito nelle sue tele: non un’arte dell’intelletto e dell’analisi, ma un’arte dell’animo e della sfera emotiva”.

Nel periodo parigino, dal 1910 al 1914, mentre il suo stile evolve per gli influssi ricevuti, i soggetti  restano legati ai sentimenti verso la donna  amata,  ai  ricordi del paese natale, ai personaggi, presenti nella vita e nella memoria dell’artista, tra il reale e l’immaginario.

Sono quattro anni di attività intensa, nei quali – sempre secondo la Tammarazio – “l’inventiva del pittore concepisce un linguaggio figurativo e poetico sublime e incantatore”: tra i tanti soggetti ritratti di sé e della sua donna, e di figure caratteristiche come il Violinista dell’orchestra “klezmer” e l’Acrobata del circo, un tema che lo attira come metafora del mondo circostante; mentre la metafora del rapporto tra la dimensione interiore e la realtà esteriore la trova evocando i ricordi della terra natale insieme alla presenza parigina, “creando una nuova geografia, quella dei sentimenti e della nostalgia, in cui le distanze non devono più essere misurate e confrontate, ma si colmano attraverso le rive di un fiume, la Senna o la Dvina”. La sua visione dello spazio esula dalla sua reale posizione.

Del resto lo spazio in cui si svolge la sua vita continua a mutare.  A Parigi partecipa a mostre collettive con grandi nomi al Salon d’Autonme nel 2012 e al Salon des Indépendants nello stesso anno e nei due anni successivi; Apollinaire lo presentò al mecenate e mercante Walden che gli organizzò la prima mostra personale a Berlino nel 2014  presso la galleria Der Sturm; verrà a sapere presto che tutti i dipinti esposti erano andati perduti.

Il ritorno nella madre Russia

La notizie lo raggiunse  in Russia dove tornò, sempre nel 1914, per il matrimonio della sorella e anche per rivedere Bella dopo quattro anni,  “ancora un anno e tutto, forse, sarebbe finito tra noi” era il suo timore. Ma lo sorprese un evento sconvolgente,  lo scoppio della 1^ guerra mondiale.

Il suo programma era di trattenersi solo tre mesi, ma la Grande guerra e  la  Rivoluzione dell’ottobre 1917  gli impediranno di ripartire e per otto anni rimarrà a Vitebsk  dopo il lungo soggiorno all’estero in cui poteva vederlo solo  con gli occhi della nostalgia: può disegnare dal vero e dipingere ritratti, paesaggi e panorami della sua terra.

Riesce ad evitare la leva obbligatoria che lo avrebbe portato a combattere al fronte, e trova lavoro al Ministero della Guerra,  Nel 1915, il 25 luglio, sposa Bella, vanno a vivere nella campagna russa:  l’ambiente bucolico e l’amore per la sua sposa si traducono in dipinti dalle tonalità delicate che esprimono l’atmosfera dell’ambiente e lo stato d’animo interiore improntato al sentimento. 

Nel 1916 espone a San Pietroburgo. Mantiene il figurativo respingendo qualsiasi tentazione astratta, mentre il soggetto – gli amanti, la città, i personaggi –  al centro della composizione è reso nei particolari, in una forma  extra-dimensionale che sarà la sua peculiare cifra artistica: il volo è una visione onirica e soprannaturale dell’amore, che fa librare nell’aria gli innamorati al di sopra della realtà con la sua forza soprannaturale, come motore della creazione. Una concezione quasi religiosa.

La  Rivoluzione d’Ottobre non è solo un impedimento al ritorno a Parigi, sconvolge l’assetto sociale e culturale, oltre che politico, dà maggiori diritti e libertà agli ebrei ma introduce  condizionamenti nel mondo dell’arte, che diventeranno controlli su stili e correnti da mettere al servizio dell’ideologia. Il “Realismo socialista”  sarà il verbo cui gli artisti dovranno aderire.

Chagall, per la notorietà acquisita, viene nominato nel 1918 Commissario per le Belle Arti nella regione di Vitebsk , con il compito di organizzare musei e mostre e creare un’Accademia delle Belle Arti;  lo  fa con ottimi risultati raggiungendo 600 iscritti con insegnanti prestigiosi, dal suo maestro Jehuda Pen a Malevic; ma quest’ultimo fa abbracciare il Suprematismo all’Accademia,  e lui, non accettando la perdita della libertà artistica, si dimette da Direttore e da Commissario.

Intanto si è dedicato al teatro –  che lo interessa perché  vi convergono diverse forme d’arte,  letteratura e recitazione, musica e pittura –  in particolare nel  disegnare  scenografie teatrali e nell’ideare costumi di scena nell’atmosfera multidisciplinare del teatro “yiddish”, che si impegna a promuovere. Già nel 1919 realizza studi e disegni per le scene di opere di Gogol, nel 1920  altre tre scenografie e la decorazione del teatro ebraico da Camera,  7 pannelli con la personificazione di Musica e  Teatro,  Danza e  Letteratura,  personaggi tradizionali ebraici, le nozze  e  l’amore.

Raggiunto da Bella e dalla loro figlia Ida, intanto scrive l’autobiografia “La mia vita”, con una serie di disegni per illustrarla, Paul Cassirer è pronto a pubblicarla.

Di nuovo in Francia 

Nel 1923, al termine dell’estate, rientra in Francia dopo otto anni, accolto felicemente nell’ambiente artistico e culturale; la sua produzione riprende i temi legati alla capitale francese, coniugandoli con il tema dell’amore che domina ormai la sua ispirazione, con una parte  riservata al teatro e a  personaggi letterari. Mostra un’evoluzione stilistica, che assorbe elementi cubisti, fauvisti e suprematisti, ma c’è sempre più la dominante  dell’amore, rappresentata da Bella,  unita alla sua terra, alle icone parigine, e  ai personaggi ebraici caratteristici, immersi in uno spazio del tutto particolare: “La concezione dello spazio – secondo la Tammarazio – come un unico universo in cui l’atmosfera è l’insieme delle sensazioni e delle emozioni, e l’idea dell’esistere come un continuo dialogo con l’interiorità  e con i sentimenti, sono tutti retaggio del credo religioso in cui Chagall è stato cresciuto e allenato,  la fede ebraica hassidica, fondata sulla gioia e sull’espressione di questa nella sfera divina attraverso canti e danze”: è l ‘atmosfera mistica, ludica e sognante dei suoi quadri.

Esprime visivamente i propri sentimenti interiori, tendendo sempre di più alla visione onirica fino all’inconscio, e questo suscita l’interesse di André Breton che gli chiede di sottoscrivere il Manifesto  del Surrealismo nel segno degli stati d’animo interiori, ma rifiuta per non vincolare la propria libertà espressiva; del resto, come abbiamo accennato, non collimavano, essendo il Surrealismo legato allo stato psichico mentre Chagall era mosso da sentimenti ed emozioni, ricordi e sogni. Entra nella sua pittura anche l’elemento floreale, ispirato da frequenti visite alla campagna.

Nel 1926-27 si dedica anche all’incisione, con le illustrazioni delle “Anime morte” di Gogol, dopo le scenografie teatrali del 1919, delle “Favole”  di La Fontaine e del “Cirque Vollard”, dal nome dell’editore con il quale aveva assistito agli spettacolo serali del Cirque d’Hiver, tema che lo aveva già interessato nei primi anni come metafora del mondo intorno a lui, ora vi vede un mondo a parte con la fusione de corpi di uomini e animali in movimenti morbidi e sinuosi, in un clima magico e favolistico in cui entrano figure caratteristiche come il violinista, e la folla russa. 

La sua attrazione per gli animali risale alle esperienze dell’infanzia, allorché dipingeva “per notti intere” le vacche che muggivano, tanto che  Sebastiano Grasso, in “Chagall, Parigi e le vacche”  vi ha imperniato  le sue considerazioni intorno all’artista che vede personificato nell’animale e cita i ricordi al riguardo di Rafael Alberti esclamando: “Ma Chagall non è solo una vacca. E’ anche una capra, un pesce, un gallo, un asino, una volpe, un violinista,  parte dei sogni che hanno popolato l’infanzia. Una pittura che si respira nell’attimo in cui si coglie il respiro della vita di tutti i giorni”.

Nel 1931 – l’anno in cui viene pubblicata la sua autobiografia “Ma vie”, tradotta in francese da Bella e con 37 sue illustrazioni –  riceve  un’altra commissione dell’editore Vollard, per illustrare la Bibbia;  così la religione ebraica, sottesa alla sua visione interiore, adesso prende il primo piano;  va in  Palestina con Bella sui luoghi dell’Antico Testamento, Gerusalemme lo ispira, si concentra  più che sulle scene bibliche, sul panorama e sui luoghi sacri per gli ebrei riportandoli alla sacralità delle origini, tornato a Parigi realizza le acqueforti. E’ solo l’inizio, tornerà sui temi biblici con i dipinti.

La  vita per gli ebrei in Europa si fa sempre più difficile,  nel 1933  mentre a Basilea si apre una sua grande retrospettiva, in Germania vengono bruciate le sue opere; tra il 1933 e il 1935 compie una serie di viaggi, in Spagna e Olanda, Gran Bretagna e Italia, fino alla Polonia che gli ispira dipinti  angosciosi perché sente che sul mondo ebraico sta per abbattersi la tragedia. 

Negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni razziali

Da Parigi si trasferisce nella regione della Loira, poi allo scoppio della Seconda guerra mondiale  nel sud della Francia, finché le persecuzioni razziali lo costringono  alla fuga negli Stati Uniti, dove  le antiche amicizie lo aiutano a inserirsi;  nel 1941 viene  organizzata una mostra  delle sue opere e gli viene chiesto di realizzare scenografia e costumi di un  balletto con musiche di Cajkovskij e coreografie di Massine per il Metropolitan Opera di New York, con 4 grandi tele, la prima avviene in Messico nel 1942, la luminosità solare del paese sudamericano aggiunge colori caldi alla sua pittura che si popola anche di animali e figure zoomorfe inedite.

Le notizie dell’invasione nazista della Russia  e dello sterminio degli ebrei si traducono in una serie di dipinti  dai toni cupi dai quali traspare il suo stato d’animo  angosciato per la sorte del suo popolo.  Poi la tragedia personale, l’improvvisa morte di Bella  a cui era così legato, nel 1944, ne soffre  a tal punto da abbandonare la pittura e isolarsi dal mondo per un intero anno; poi, aiutato dagli amici e dalla figlia Ida, riprende  a dipingere quadri dedicati all’amata scomparsa, entrando in “una nuova dimensione pittorica”, nota la Tammarazio: “Ora il passato e il ricordo fanno spazio a una realtà parallela, una terra interiore  in cui trova posto tutto ciò che non è più nel mondo: la sua terra devastata e distrutta, la sua donna scomparsa, qui tutto ritrova il suo posto, intatto, illeso, salvo per sempre”.

Gli ultini quarant’anni, i  motivi della sua arte

E’ il 1945, Chagall si riapre così alla vita,  ancora scenografie e costumi per un balletto, l'”Uccello di fuoco” con musiche di Stravinskij, sempre per il grande teatro newyorkese, ambientato in Russia. Anche il mondo torna  respirare con la fine della guerra, per lui un’altra grande retrospettiva a New York e l’unione con Virginia Haggart McNeil da cui ha un figlio, vivrà con lei per sette anni.

Nelle sue opere della seconda metà degli anni ’40, tuttavia, ricorre la figura di Bella  eternata con le immagini luminose della veste nuziale circonfusa di bianco e di colori come un’apparizione; termina anche dipinti incompiuti dell’inizio degli anni ’20, sempre con la moglie. Alla guerra dedica un trittico in cui sviluppa il tema precedente della Rivoluzione in tre tavole dedicate alla Resistenza, alla Resurrezione e alla Liberazione, in cui il popolo ebraico festeggia con Mosè.

La sua fama in Europa è cresciuta a dismisura, è impegnato in eventi e mostre in Olanda e Svizzera, Gran Bretagna e Italia dove viene premiato per le sue incisioni alla Biennale di Venezia del 1948; anno in cui vengono pubblicate le illustrazioni di Gogol, seguite nel 1952 da quelle di La Fontaine. Inoltre torna sui temi biblici che aveva già rappresentato nelle acqueforti del 1931 che saranno ripubblicate nel 1957,  con un ciclo pittorico molto intenso, che proseguirà fino al 1975: un viaggio all’interno dell’Antico testamento, con i grandi patriarchi, per mostrare il cammino del popolo ebraico nella fede, una metafora anche del proprio viaggio interiore.   Le  grandi tele, con disegni e schizzi preparatori, saranno raccolte nel Musée National Message Biblique Marc Chagall, istituito appositamente nel 1973 a Nizza,  seguendo le sue indicazioni per rendere anche lo spazio partecipe del messaggio religioso e umano dei suoi dipinti biblici.

La visione è teatrale, del resto si dedica anche al teatro in America con le scenografie per “Dafne” e “Cloe” di Ravel e il “Flauto magico” di Mozart, oltre al ciclo sul “Cantico dei.Cntici”, definito “un inno all’amore e alla vita”.

Nei primi anni ’60  realizza un’opera monumentale, la decorazione del soffitto dell’Opera di Parigi, dipingendo  un Olimpo musicale così  descritto dalla Tammarazio: “Quattordici compositori e altrettante opere della musica classica contemporanea  convivono in uno spazio in cui la fantasia, il sogno, l’universo favolistico e mitologico prendono vita dai colori liquidi stesi da Chagall e dall’atmosfera, che più che d’aria sembra tessuta nella musica stessa”.    Poi si dedica anche alle vetrate per chiese e cattedrali fino al termine degli anni ’70.

Continua a dipingere con l’amore che diviene il “collante universale”  che unisce i suoi temi, dalla sua terra alle sue donne. Nel 1950 è  terminata la relazione con Virginia, e  inizia quella con Valentine Brodskij, cui è legato anche da origini ebraiche e russe comuni, la sposa il 12 luglio 1952.

Muore 33 anni dopo, il 28 marzo 1985 e dopo questa lunga cavalcata nella sua vita e nella sua arte, ci piace concludere con le parole della  Tammarazio: “Marc Chagall lascia questo mondo, attraversando l’esile confine  tra la realtà e l’universo del sogno, già tante volte sfiorato sulla tela, raggiungendo finalmente il proprio immaginario”.

Lo conosceremo da vicino, con questa suggestiva premessa, nella visita alle sue opere che racconteremo  prossimamente.

Info

Chiostro del Bramante, Via Arco della Pace 5, Roma. Tutti i giorni, dal lunedì al venerdì ore 10,00-20,00; sabato e domenica  ore 10,00-21,00, la biglietteria chiude un’ora prima.  Ingresso,  intero euro 13, ridotto  euro 11  (aani 11-18 e oltre 65, studenti oltre 26 anni), euro 5 anni 4-11, e nei lunedì di “promo” per studenti universitari). Tel. 06.68809035, http://www.chiostrodelbramante.it www.ticket.it/chagall.  Catalogo: “Chagall. Love and Life. Opere dall’Israel Museum di Gerusalemme”, Skira, marzo 2015, pp. 190, formato 24 x 28.  Cfr. anche  “Chagall”, collana “I Classici dell’arte, il Novecento”, Rizzoli-Skira 2004,  pp. 190, formato 17 x 21, dal quale sono tratte le citazioni del testo.  Il secondo articolo conclusivo “Chagall, dalle favole agli innamorati al Chiostro del Bramante”, uscirà in questo sito il  12 giugno 2015,  con  11 immagini. Per gli artisti citati, cfr. i nostri articoli  sulle rispettive mostre: in questo sito, su Mirò  15 ottobre 2012, De Chirico  6, 26 giugno, 1° luglio 2013,  Guggenheim il 22 e 29 novembre, 11 dicembre 2012, Deineka 26 novembre, 1° e 16 dicembre 2012,  Cubisti 16 maggio 2013, Modigliani, Soutine e gli “artisti maledetti” 22 febbraio, 5 e 27 marzo 2014; in “cultura.inabruzzo.it” su Picasso 4 febbraio 2009, De Chirico 27 agosto, 23 settembre, 22 dicembre 2009,  l’8, 10, 11 luglio 2010, “Impressionisti” 27, 29  giugno 2010, “Realismi socialisti” 3 articoli il 31 dicembre 2011, i capolavori dello Stadhael Museum 3 articoli il 13 luglio 2011, Breton, Dada  e i surrealisti 6, 7 febbraio 2010, infine su Gogol nel bicentenario il 16 e 25  novembre 2009. Infine, in questo sito il nostro “Israel now, 24 artisti israeliani al Macro Testaccio”  6 febbraio 2013.

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante nel Chiostro del Bramante alla presentazione della mostra, si ringraziano gli organizzatori, in particolare  Arthemisia Group e Dart, con i titolari dei diritti, in particolare l’Israel Museum, per l’opportunità offerta. In apertura, “La passeggiata”, 1919; seguono, “Innamorati sulla riva del fiume”, 1922  da “La
mia vita”, e “Sopra Vitebsk”, s.d.; poi  “Al cavalletto”, 1923 da “La mia vita”,  e  “Sukkot, festa dei Tabernacoli o delle
Capanne” 
 da “Burning Lights”; quindi, “Acrobata disteso su un ramo”, 1925, e  “La caduta dell’angelo”, 1924 da “La mia vita”; inoltre “La chiesa di Chambon-sur-lac”,  1926, e “Apparizione”, 1924-25 da “La mia vita”; infne “Gli innamorati”, 1937 e, in chiusura, la proiezione mutevole in movimento“Giochi di luce”, al primo piano dell’esposizione.