di Romano Maria Levante
Si conclude la nostra visita alla mostra “Arte della civiltà islamica. La Collezione al-Sabah, Kuwait” che espone, dal 25 luglio al 20 settembre 2015, alle Scuderie del Quirinale, oltre 360 oggetti con i quali si ripercorrono 1400 anni di una civiltà la cui evoluzione si è avuta in un vastissimo territorio nel quale ha assorbito influssi e motivi unificandoli in un linguaggio autonomo. La mostra è organizzata dall’Azienda speciale Expo con Dar al-Athar al-Islamiyyah, National Council for Culture, Arts & Letters, Kuwait, è a cura di Giovanni Curatola. che ha curato il Catalogo Skira , con i suoi saggi e le schede di Manuel Keene e Salam Kaoukij.
Abbiamo già rievocato le vicende della straordinaria raccolta, messa insieme dallo Sceicco Nasser Sabah al-Ahmad al-Sabah e dalla moglie, la Sceicca Hussah Sabah al-Salim al-Sabah, ricca di 35.000 oggetti, tra i quali ne sono stati selezionati 360 per la mostra, tra pietre e legni, vetri e ceramiche, bronzi e ottoni, codici miniati e tessuti. Il prestito permanente al Museo del Kuwait nel 1983 e il saccheggio all’invasione del 1990 da cui se ne salvarono un centinaio miracolosamente usciti per una mostra itinerante, fino al recupero quasi totale danno un tocco particolare a una storia che ha dell’incredibile e si colora delle tinte fantasiose dell’Oriente.
Prima di immergerci in questo mondo affascinante abbiamo delineato alcuni caratteri salienti della civiltà e dell’arte islamica, descrivendo poi le 4 sezioni iniziali della mostra, di tipo cronologico, dagli inizia all’apogeo dei quattro imperatori. La visita prosegue con le ultime 6 sezioni, le prime tre dedicate ai capisaldi dell’arte islamica, la calligrafia, il disegno e l’arabesco, le altre tre alla figura, alle arti preziose della gioielleria fino alle monete.
La calligrafia
“L’arte islamica e la calligrafia araba sono spesso un tutt’uno – afferma Giovanni Curatola – Non è infatti esagerato affermare che ove dovessimo scegliere un solo elemento per caratterizzare l’insieme del sentire ed operare nel campo dell’arte, in una parola dovessimo scegliere la sua iconografia ultima, questa sarebbe una iscrizione, certamente contenente il nome di Dio: Allah”. Come si è visto, troviamo la scrittura in tante manifestazioni artistiche, dai tessuti agli oggetti.
In tema di scrittura si dovrebbe parlare al plurale perché tante sono le varianti della calligrafia, come risultato di un’evoluzione nel tempo. Abbiamo lo stile arrotondato e quello triangolare, e le due tendenze che ne rappresentano l’evoluzione e la sintesi, il corsivo “muqawwar” e il carattere dritto e angoloso “mabsut”; insieme a questi la form estesa “masq”, e quella allungata “ma’il”, il corsivo arrotondato “naskhi”, e quello rigido e angoloso “cufico”. Non finisce qui, le varianti con cui sono rese le aste portano ad una serie di stili, da foliato a fiorito, da annodato ad animato con volti umani ed animali sulle aste per le quali ci sono delle regole sull’altezza rispetto alle lettere in orizzontale. L’importanza della calligrafia è tale che gli scrivani e i copisti firmano i loro scritti apponendovi anche la data, mentre gli artisti spesso restano anonimi.
Le epigrafi si incontrano innanzitutto in architettura e nell’arte funeraria , e al riguardo vediamo esposti reperti con le iscrizioni scolpite con strumenti da scalpellino: un “Elemento di marmo, forse parte di un’iscrizione di fondazione di una scuola religiosa o di un mausoleo, decorato con un’elaborata e ‘arcaizzante’ iscrizione di stile epigrafico cufico: ‘il grande, il nobile'”, fine XI, inizi XII sec., proveniente dall’Iran orientale; e due “Lastre tombali di marmo con iscrizione in stile epigrafico cufico col nome e patronimico” del defunto e la data della sua scomparsa; in una c’è scritto il versetto del Corano “Ogni anima dovrà provare la morte, e poi ritornerete a Dio”.
In ceramica una “Piccola lastra tombale con corpo in ‘pasta fritta’ e iscrizioni negli stili naskhi (corsivo) e nasta’liq, con brani del Corano, un’invocazione alla benedizione per i 12 iman sciiti e versi in persiano con il nome del defunto; e un “Pannello in mosaico ceramico” con il versetto 286 della Sura II del Corano su uno sfondo di spirali e palmette.
Tra i frammenti di Tessuti di seta esposti, uno reca le parole “la ripetizione del nome di Dio (Allah)”, scritte in modo speculare in modo da formare un’arcata”, un altro tessuto la scritta in stile epigrafico cufico “L’eminente sultano Ghiyath ad-Din”: provengono dall’Iran, sono del XII-XIII sec. In un Frammento di tessuto di lino e lana si legge l’iscrizione nello stile ora citato, “Nel nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso”.
Dai tessuti alla “Veste talismatica decorata con medaglioni circolari, scudi e cartigli con pie iscrizioni negli stili epigrafici naskhi (corsivo) e unthuluth ridotto”, nei comparti quadrati l’intero testo del Corano (o almeno tutte le 114 Sure) e i 99 ‘Bei Nomi’ di Dio nelle bordure.
Il Corano lo vediamo integrale su carta colorata in un Manoscritto firmato da un calligrafo. Entrambi i reperti provengono dall’India, risalgono al XV sec. E’ esposta anche la pagina di un manoscritto del “Libro della conoscenza degli artifici meccanici”, in corsivo naskhi, firmato dal calligrafo, con l’illustrazione di un meccanismo ad acqua per alimentare un ‘”flauto perpetuo”.
E siano alle iscrizioni su coppe e altri oggetti. Su una Coppa di terracotta decorata con pittura a lastra metallica con motivi di foglie e arbusti una pseudo iscrizione, Iraq IX sec.,mentre una Coppa in ceramica con corpo in terracotta reca scritto il proverbio “La generosità è la virtù di chi ha dimora in Paradiso”, un’altra Coppa in ceramica e terracotta reca fra tralci, uccelli e palmette , scritte benauguranti per il possessore, versi d’amore in persiano e versi in arabo sull’importanza della conoscenza, In ceramica una Giara proveniente dall’Egitto, XII sec. alta 40 cm, decorata con iscrizione benaugurale. Mentre è in vetro smaltato e decorato un Vaso in stile cinese con l’iscrizione in stile epigrafico “thuluth” “Gloria al nostro Signore il Sultano, il re, il Sapiente”.
Ci sono oggetti in bronzo, con iscrizioni, in particolare una “Lampada a olio” con coperchio a forma di cupola lavorato a traforo con la scritta “Benedizione e felicità” per il possessore, e una “Piccola bottiglia” per profumi e cosmetici con la scritta “Gloria e favore divino a colui il quale aspira all’integrità spirituale”. Nonché un “Piatto di ottone” decorato con iscrizione in stile “animato” con lettere che terminano in teste umane e animali per formare espressioni augurali della benedizione divina al possessore..
Questa galleria termina con due oggetti in legno: una grande Scatola in legno scolpito che reca scritte, in particolare sul committente e sull’artista, destinata a contenere un manoscritto in 30 volumi del Corano negli stili thuluth e naskhi, viene dall’Iran; un “Cenotafio ligneo iscritto con brani pii religiosi” di contenuto consolatorio in stile thuluth, con un brano del Corano, viene dalla Turchia, entrambi del XIV-XV sec.
La geometria
Il secondo motivo ricorrente nell’arte islamica è la geometria, talmente ricco da potervi dedicare, come dichiara il curatore, un’intera mostra, “confortati dall’intima sicurezza che questa risulterebbe esaltante e niente affatto ripetitiva”. Questa peculiarità è dovuta alla ricerca di un’alternativa all’antropomorfismo precluso per motivi religiosi, trovata nella rappresentazione astratta che aveva nella matematica e nella geometria le discipline basilari, in una infinita varietà di espressioni.
Spostando l’asse di osservazione, le variazioni diventano infinite, ed è all’infinito che si richiama l’unico modo di evocare il Dio dell’Islam, oltre a quello dato dalla scrittura di cui si è detto, essendone preclusa ogni forma di rappresentazione; per cui l’infinito si può definire “il fine ultimo dell’arte islamica”. E’ l’attributo divino che si coniuga con l’infinitesimo umano, soltanto una piccola porzione della creazione per sua stessa natura infinita.
La geometria nell’arte islamica si manifesta sia nelle superfici piane, attraverso intrecci e schematismi visivi, sia negli oggetti la cui forma e il cui volume si ispirano alla geometria solida.
In superfici piane vediamo pagine miniate di un Manoscritto del Corano decorate con un motivo ripetibile all’infinito di pentagoni e altri poligoni nonché un Frontespizio e le pagine finali decorati con semicerchi sovrapposti che formano medaglioni stellari ottagonali. Inoltre due Rilegature in pelle, una con scudi e lobi rettangolari finemente disegnati, l’altra con un motivo ripetibile all’infinito di stelle a dodici punte su una base di reiterazione di triangoli equilateri e con piccole stelle pentagonali negli interstizi. Un vero ricamo estetico, dal significato fortemente allusivo.
Su un Tessuto di lana vediamo disegni a bande orizzontali alternate a motivi blu e la scritta epigrafica “Sovranità [è un attributo dell’unico Dio]”.
Altre superfici piane con disegni geometrici sono offerte alla nostra vista in diversi materiali. In legno il Frammento a un timpano o una nicchia, anche qui con un motivo ripetibile all’infinito di stelle a 12 punte, triangoli equilateri e disegni foliati; e la Coppia di scuri lignei intarsiati con gli stessi motivi reiterati ora descritti; fino a dei Paraventi in legno decorato al centro con una stella o un quadrato o dei rettangoli, e un fondo di “elementi mortasati e giunti a tenone”. In pietra arenaria un Tramezzo decorato in pietra arenaria, in stucco un Pannello da zoccolatura architettonica, in terracotta una Mattonella invetriata: sempre l’impianto geometrico dei motivi ripetibili all’infinito anche se cambiano il numero delle punte delle stelle e dei lati dei poligoni.
Le superfici curve le troviamo in un Incensiere in bronzo con corpo e coperchio traforati come la cupola di un tempio, i piedi di un quadrupede e l’iscrizione “Benedizione, possa Do prolungare la sua Gloria”, con il nome del possessore. E poi un Bacino quadrato per fontana di marmo, Coppe di terracotta e ceramica, sempre con motivi geometrici che includono stelle poligonali. Tralci spiraliformi, intrecci di petali e di archi, con motivi floreali e foliati negli intestizi, un vero ricamo.
Anche nelle Bottiglie di vetro delle più varie forme e dimensioni vediamo imprese sfaccettature geometriche, concave ed ellittiche; e in una Bottiglia di bronzo sono incastonati vetri turchesi.
L’arabesco
E siamo all’elemento forse più caratteristico dell’arte islamica, almeno agli occhi degli Occidentali: l’arabesco è “il tralcio fogliato e biforcato ad andamento in genere orizzontale e ripetuto”, il cui nome non richiama il mondo arabo ma la natura decorativa del disegno, “a rabesco”, che nella definizione in uso dal Rinascimento evoca tralci, rami e foglie più o meno stilizzate.
L’arabesco, quindi, è di origine classica, risale all’antichità e proviene dal Mediterraneo, anche se attraverso l’impero romano si diffuse nell’Oriente, ed è diventato un sigillo dell’Islam: “L’artista musulmano, afferma Curatola, non cristallizza la natura in un preciso istante con realismo (perché ogni cosa – voluta e creata da Dio nell’infinita e instancabile sua opera – ha un suo fluire, ripreso mirabilmente negli arabeschi, e una sua vita temporale che non può e non deve essere interrotta), ma lo astrae, fornendone una visione che in qualche modo è archetipale e, appunto, sovratemporale”.
In quanto tale è perfettamente connaturato alla visione islamica, che tende all’anonimato dell’artista e si esprime in un’infinità di variazioni possibili intorno al motivo dominante; e si trova come elemento trasversale in tutte le manifestazioni dell’arte nell’Islam, nella sua estrema varietà territoriale, dalla Spagna alla Cina, rappresentandone il fattore unificante più evidente e riconosciuto. Tutto ciò è stato possibile perché il rischio insito nell’estrema stilizzazione dei motivi vegetali di base, che si allontana dalla realtà fino a poter alludere a una creazione del tutto proibita, è stato superato. Questo perché, spiega Curatola, “in ogni caso tutto è opera divina, niente avvenendo senza la Sua volontà e il Suo permesso”; quindi “anche l’arabesco, nella fattispecie esiste perché così è stato comunque stabilito”.
La galleria dell’arabesco in mostra segue la logica della calligrafia e della geometria, lo troviamo negli oggetti piani e curvi dello stesso tipo di quelli già descritti, ma con questa peculiare decorazione.
Tra gli oggetti piani vediamo le Pagine miniate di manoscritti del Corano un Tessuto di seta e un Fazzoletto di cotone, i Pannelli di legno e le Mattonelle di ceramica, una Mattonella angolare di una zoccolatura architettonica, della quale è esposto anche un altro Frammento, Mattonelle a forma di stella o rettangolare. Gli arabeschi sono motivi geometrici radiali di piante e foglie, palmette e altre formazioni simmetriche e armoniose.
Negli oggetti curvi ritroviamo Vasi, Brocche e Bottiglie, di vetro, ceramica e perfino di bronzo, una serie di Coppe di ceramica dal corpo “a pasta fritta”, sempre con motivi vegetali spiraliformi e composizioni radiali; in modo diverso ma convergente rispetto alle decorazioni geometriche, anche qui vi è una ripetibilità reiterata che porta all’infinito.
La figura
Nel dar conto dei tre capisaldi dell’arte islamica, calligrafia, geometria e arabesco, indirettamente abbiamo escluso la figura, secondo alcuni proibita in qualunque rappresentazione artistica per motivi religiosi che non ammettono immagini di persone e animali; ciò è invalso dopo l’iconoclastia bizantina dell’VIII sec., e vale soprattutto per le espressioni classiche, perché dopo il XVIII sec. la situazione è mutata a seguito dei continui contatti con l’Europa.
Curatola afferma che se questo è vero per le sedi religiose, come le moschee, dove non troviamo assolutamente raffigurazioni non solo umane ma neppure animali e vegetali di tipo realistico, non c’è la preclusione nelle sedi laiche, come l’ “hammam”, le terme pubbliche, “dove si entra impuri e se ne esce puri, vero luogo di confine, in molti sensi, nel quale le immagini se non incoraggiate sono quanto meno tollerate”; e neppure vi è preclusione nella sfera privata nella quale, non essendo prevista la pedagogia e responsabilità della unmah, ognuno è ricondotto alla propria responsabilità individuale”. Che viene così definita: “Il rapporto che il musulmano instaura con Dio è sempre personale, perché a Lui prima che a ogni altro essere umano deve rispondere, anche se fra gli obblighi imposti ci sono quelli della solidarietà collettiva”, che si manifesta nella famiglia, clan, tribù, “ma tutte in subordine alla potenza della chiamata di Dio”.
Pur con il riferimento al Dio unico, nella religione cristiana invece l’arte si è concentrata nelle raffigurazioni di Cristo, la Madonna e i Santi che rappresentano una galleria sconfinata di figure umane evocatrici del divino, di straordinaria suggestione; in esse c’è il cuore stesso dell’arte occidentale, la palestra in cui si sono esercitati i più grandi artisti, il retaggio della nostra civiltà.
La figura nell’arte islamica la troviamo riferita agli animali, come si vede nella apposita sezione della mostra: ecco Rilegature in pelle decorata con scene di scimmie e cervi, lepri ed uccelli, Frammenti di tessuto di lino decorati con immagini di uccelli o di quadrupedi; zebù e tori su Bicchieri in vetro, un leone in rilievo su una Mattonella di terracotta invetriata e una figure di capra in altre tre Mattonelle di terracotta decorata policrome, mentre su un Piatto di terracotta c’è una colomba, in due grandi Mattonelle di stucco stellate a 10 punte vediamo un leogrifo quasi rampante e un elefante. Sono a forma di felino e di uccello due Incensieri di bronzo, il corpo è traforato con motivi floreali in una griglia geometrica con elementi poligonali.
E la figura umana? Compare in modo appena percepibile in una Fibbia di cintura o finimento di cavallo di bronzo e in una Ciotola di ottone, mentre è più evidente in un Bicchiere di vetro con due uomini a caccia e in una Bottiglia porta profumi con una figura principesca che ha l’aureola. L’immagine a grandi dimensioni di un principe, sempre con aureola, è al centro di un Piatto di ceramica “a pasta fritta” con piedini; altrettanto evidente la figura di un principe con attendente sui Frammenti di un tessuto di seta.
Non più una, ma diverse figure nelle Pagine miniate di manoscritti, con scene in cui viene rivolta una supplica o scene di caccia in un ricco cromatismo. Mentre miniature su seta e pagine staccate di un Album miniato mostrano dei primi piani di una coppia principesca, di un pittore vestito in modo sontuoso ripreso mentre dipinge, e di un giovane elegante che beve vino. La scena diviene corale con molte figure umane su diversi piani prospettici nella pagina miniata della “Preparazione per la fuga di Iraj dal suo accampamento, un monumentale manoscritto in 14 volumi; e nel manoscritto del “Libro dei re” con la regina e una compagna dinanzi al re, vi sono tante figure su più piani.
Le arti preziose e le monete
Anche nei gioielli e negli oggetti preziosi la collezione spicca per la sua unicità e il suo valore, considerando che raccoglie soprattutto opere provenienti dall’India dell’epoca della dinastia Moghul nella quale questa forma di arte raggiunse il livello più alto. Viene spesso considerata “arte minore”, mentre invece soprattutto in India è stata l’espressione artistica che, a parte l’architettura che spicca incontrastata, si pone al livello dell’arte nella tessitura e nella miniatura.
In queste produzioni assume particolare rilievo la preziosità dei materiali, oro e diamanti, rubini e smeraldi, zaffiri e perle la cui selezione è direttamente riferita alla destinazione dell’oggetto; e anche la tecnica altamente specializzata messa in atto degli artefici per lo più anonimi.
L’esposizione della mostra è sfolgorante. Vediamo le impugnature preziose d’oro con pietre preziose di un’ampia e spettacolare serie di Pugnali e Spade, compresi i Foderi, il pensiero torna al pugnale immortalato nel film Topkapi; poi la galleria presenta gioielli di abbigliamento, dagli Anelli ai Bracciali e alle Collane di varia foggia e valore, a più fili oppure a girocollo, in queste ultime le perle si aggiungono a smeraldi e zaffiri, così gli Ornamenti d’oro e i Pendenti. Scatole e Coppe preziose, Scrigni ed altri oggetti preziosi completano l’esposizione da Mille e una notte.
Sono esposte anche 20 monete, dei 12 mila esemplari della parte numismatica della collezione al-Sabah: 16 d’oro, tra cui alcune con le epigrafi in cerchi concentrici e una con l’effige di un imperatore moghul; 3 d’argento fra cui una di forma quadrata, e una di rame, del tipo “califfo stante” che risale al 693-697, con l’effige del sovrano che successivamente ritirò tutte le monete per eliminare la raffigurazione sostituendola con l’iscrizione coranica, “Egli, Dio è uno – Dio, l’Eterno – Non generò né fu generato – e Nessuno Gli è pari”.
E con questa massima, valida per tutte le religioni monoteiste ma coniata per quella islamica, chiudiamo il nostro racconto della mostra tornando al misticismo dopo lo scintillio delle gemme e delle pietre preziose dei pugnali e delle collane che ci hanno portato nel mondo affascinante che evoca le immagini seducenti delle Mille e una notte e quelle misteriose del Topkapi. Un volo di fantasia che si aggiunge all’immersione nel mondo della cultura e della spiritualità islamica espresso nella dovizia di preziosi oggetti e reperti presentati in una mostra che non si dimentica.
Info
Scuderie del Quirinale, via XXIV Maggio 16, Roma. Tutti i giorni, da domenica a venerdì ore 12,00-20,00, sabato fino alle 23, ingresso fino a un’ora prima della chiusura. Ingresso 8 euro, ridotto 6 euro. Tel. 06.39967500, http://www.scuderiequirinale.it/ Catalogo “Arte della civiltà islamica. La Collezione al Sabah, Kuwait”, a cura di Giovanni Curatola, schede di Manuel Keene e Salam Kaoukji, giugno 2015, pp.344, formato 24 x 28. Il primo articolo sulla mostra è uscito in questo sito il 3 agosto 2015. Per alcune espressioni di arte contemporanea su temi islamici e non solo, cfr,. in questo sito, i nostri articoli: sulla mostra al Macro di Kerim Incendayi, “Roma e Istanbul sulle orme della storia” 5 febbraio 2015; sulle mostre dell’Ufficio culturale della Turchia a Roma, “Tulay Gurses e la mistica di Rumi” 21marzo 2013, “Ilkay Samli e i versetti del Corano” 2 ottobre 2013, “Permanenze, Ricordi di viaggio di nove artisti italiani” 9 novembre 2013, “Yildiz Doyran e lo slancio vitale di Bergson” 29 gennaio 2014, e “Yilmaz, i divi del cinema nei piatti in ceramica” 16 maggio 2015; su un viaggio a “Istanbul, la nuova Roma, alla ricerca di Costantinopoli” 10, 13, 15 marzo 2013.
Foto
Le immagini sono state riprese nelle Scuderie del Quirinale alla presentazione della mostra da Romano Maria Levante, si ringrazia l’Azienda speciale Palaexpo con i titolari dei diritti, in particolare gli sceicchi Naser e Hussah al Sabah Kuwait, per l’opportunità offerta. Sono esemplari con le caratteristiche dell’arte islamica, come la geometria e l’arabesco, fino ad esempi dell'”arte preziosa”, per lo più tra il XVI e il XVIII sec.. In apertura, “Tramezzo traforato di pietra arenaria”; seguono “Coppia di scuri” (o ante di armadio)” lignei, e “Pannello di stucco da zoccolatura architettonica”, tutti con motivi geometrici ripetibili all’infinito; poi, “Bacino di ottone con iscrizione laudatoria” e “Lastra di marmo per cascata d’acqua con conchigliette vegetali”; quindi, “Piatto di ceramica con corpo in pasta fritta con palmette ornamentali”, e “Collana girocollo con perle, diamanti e smeraldi“; infine, “Spinello (rubino balascio) con iscrizioni imnperiali”, più due ornamenti preziosi e “Pugnali e foderi”; in chiusura,“Cenotafio di pietra (scisto) del principe Shams al-Milla”, 1523-1524..
Si conclude la nostra visita alla mostra “Arte della civiltà islamica. La Collezione al-Sabah, Kuwait” che espone, dal 25 luglio al 20 settembre 2015, alle Scuderie del Quirinale, oltre 360 oggetti con i quali si ripercorrono 1400 anni di una civiltà la cui evoluzione si è avuta in un vastissimo territorio nel quale ha assorbito influssi e motivi unificandoli in un linguaggio autonomo. La mostra è organizzata dall’Azienda speciale Expo con Dar al-Athar al-Islamiyyah, National Council for Culture, Arts & Letters, Kuwait, è a cura di Giovanni Curatola. che ha curato il Catalogo Skira , con i suoi saggi e le schede di Manuel Keene e Salam Kaoukij.
Abbiamo già rievocato le vicende della straordinaria raccolta, messa insieme dallo Sceicco Nasser Sabah al-Ahmad al-Sabah e dalla moglie, la Sceicca Hussah Sabah al-Salim al-Sabah, ricca di 35.000 oggetti, tra i quali ne sono stati selezionati 360 per la mostra, tra pietre e legni, vetri e ceramiche, bronzi e ottoni, codici miniati e tessuti. Il prestito permanente al Museo del Kuwait nel 1983 e il saccheggio all’invasione del 1990 da cui se ne salvarono un centinaio miracolosamente usciti per una mostra itinerante, fino al recupero quasi totale danno un tocco particolare a una storia che ha dell’incredibile e si colora delle tinte fantasiose dell’Oriente.
Prima di immergerci in questo mondo affascinante abbiamo delineato alcuni caratteri salienti della civiltà e dell’arte islamica, descrivendo poi le 4 sezioni iniziali della mostra, di tipo cronologico, dagli inizia all’apogeo dei quattro imperatori. La visita prosegue con le ultime 6 sezioni, le prime tre dedicate ai capisaldi dell’arte islamica, la calligrafia, il disegno e l’arabesco, le altre tre alla figura, alle arti preziose della gioielleria fino alle monete.
La calligrafia
“L’arte islamica e la calligrafia araba sono spesso un tutt’uno – afferma Giovanni Curatola – Non è infatti esagerato affermare che ove dovessimo scegliere un solo elemento per caratterizzare l’insieme del sentire ed operare nel campo dell’arte, in una parola dovessimo scegliere la sua iconografia ultima, questa sarebbe una iscrizione, certamente contenente il nome di Dio: Allah”. Come si è visto, troviamo la scrittura in tante manifestazioni artistiche, dai tessuti agli oggetti.
In tema di scrittura si dovrebbe parlare al plurale perché tante sono le varianti della calligrafia, come risultato di un’evoluzione nel tempo. Abbiamo lo stile arrotondato e quello triangolare, e le due tendenze che ne rappresentano l’evoluzione e la sintesi, il corsivo “muqawwar” e il carattere dritto e angoloso “mabsut”; insieme a questi la form estesa “masq”, e quella allungata “ma’il”, il corsivo arrotondato “naskhi”, e quello rigido e angoloso “cufico”. Non finisce qui, le varianti con cui sono rese le aste portano ad una serie di stili, da foliato a fiorito, da annodato ad animato con volti umani ed animali sulle aste per le quali ci sono delle regole sull’altezza rispetto alle lettere in orizzontale. L’importanza della calligrafia è tale che gli scrivani e i copisti firmano i loro scritti apponendovi anche la data, mentre gli artisti spesso restano anonimi.
Le epigrafi si incontrano innanzitutto in architettura e nell’arte funeraria , e al riguardo vediamo esposti reperti con le iscrizioni scolpite con strumenti da scalpellino: un “Elemento di marmo, forse parte di un’iscrizione di fondazione di una scuola religiosa o di un mausoleo, decorato con un’elaborata e ‘arcaizzante’ iscrizione di stile epigrafico cufico: ‘il grande, il nobile'”, fine XI, inizi XII sec., proveniente dall’Iran orientale; e due “Lastre tombali di marmo con iscrizione in stile epigrafico cufico col nome e patronimico” del defunto e la data della sua scomparsa; in una c’è scritto il versetto del Corano “Ogni anima dovrà provare la morte, e poi ritornerete a Dio”.
In ceramica una “Piccola lastra tombale con corpo in ‘pasta fritta’ e iscrizioni negli stili naskhi (corsivo) e nasta’liq, con brani del Corano, un’invocazione alla benedizione per i 12 iman sciiti e versi in persiano con il nome del defunto; e un “Pannello in mosaico ceramico” con il versetto 286 della Sura II del Corano su uno sfondo di spirali e palmette.
Tra i frammenti di Tessuti di seta esposti, uno reca le parole “la ripetizione del nome di Dio (Allah)”, scritte in modo speculare in modo da formare un’arcata”, un altro tessuto la scritta in stile epigrafico cufico “L’eminente sultano Ghiyath ad-Din”: provengono dall’Iran, sono del XII-XIII sec. In un Frammento di tessuto di lino e lana si legge l’iscrizione nello stile ora citato, “Nel nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso”.
Dai tessuti alla “Veste talismatica decorata con medaglioni circolari, scudi e cartigli con pie iscrizioni negli stili epigrafici naskhi (corsivo) e unthuluth ridotto”, nei comparti quadrati l’intero testo del Corano (o almeno tutte le 114 Sure) e i 99 ‘Bei Nomi’ di Dio nelle bordure.
Il Corano lo vediamo integrale su carta colorata in un Manoscritto firmato da un calligrafo. Entrambi i reperti provengono dall’India, risalgono al XV sec. E’ esposta anche la pagina di un manoscritto del “Libro della conoscenza degli artifici meccanici”, in corsivo naskhi, firmato dal calligrafo, con l’illustrazione di un meccanismo ad acqua per alimentare un ‘”flauto perpetuo”.
E siano alle iscrizioni su coppe e altri oggetti. Su una Coppa di terracotta decorata con pittura a lastra metallica con motivi di foglie e arbusti una pseudo iscrizione, Iraq IX sec.,mentre una Coppa in ceramica con corpo in terracotta reca scritto il proverbio “La generosità è la virtù di chi ha dimora in Paradiso”, un’altra Coppa in ceramica e terracotta reca fra tralci, uccelli e palmette , scritte benauguranti per il possessore, versi d’amore in persiano e versi in arabo sull’importanza della conoscenza, In ceramica una Giara proveniente dall’Egitto, XII sec. alta 40 cm, decorata con iscrizione benaugurale. Mentre è in vetro smaltato e decorato un Vaso in stile cinese con l’iscrizione in stile epigrafico “thuluth” “Gloria al nostro Signore il Sultano, il re, il Sapiente”.
Ci sono oggetti in bronzo, con iscrizioni, in particolare una “Lampada a olio” con coperchio a forma di cupola lavorato a traforo con la scritta “Benedizione e felicità” per il possessore, e una “Piccola bottiglia” per profumi e cosmetici con la scritta “Gloria e favore divino a colui il quale aspira all’integrità spirituale”. Nonché un “Piatto di ottone” decorato con iscrizione in stile “animato” con lettere che terminano in teste umane e animali per formare espressioni augurali della benedizione divina al possessore..
Questa galleria termina con due oggetti in legno: una grande Scatola in legno scolpito che reca scritte, in particolare sul committente e sull’artista, destinata a contenere un manoscritto in 30 volumi del Corano negli stili thuluth e naskhi, viene dall’Iran; un “Cenotafio ligneo iscritto con brani pii religiosi” di contenuto consolatorio in stile thuluth, con un brano del Corano, viene dalla Turchia, entrambi del XIV-XV sec.
La geometria
Il secondo motivo ricorrente nell’arte islamica è la geometria, talmente ricco da potervi dedicare, come dichiara il curatore, un’intera mostra, “confortati dall’intima sicurezza che questa risulterebbe esaltante e niente affatto ripetitiva”. Questa peculiarità è dovuta alla ricerca di un’alternativa all’antropomorfismo precluso per motivi religiosi, trovata nella rappresentazione astratta che aveva nella matematica e nella geometria le discipline basilari, in una infinita varietà di espressioni.
Spostando l’asse di osservazione, le variazioni diventano infinite, ed è all’infinito che si richiama l’unico modo di evocare il Dio dell’Islam, oltre a quello dato dalla scrittura di cui si è detto, essendone preclusa ogni forma di rappresentazione; per cui l’infinito si può definire “il fine ultimo dell’arte islamica”. E’ l’attributo divino che si coniuga con l’infinitesimo umano, soltanto una piccola porzione della creazione per sua stessa natura infinita.
La geometria nell’arte islamica si manifesta sia nelle superfici piane, attraverso intrecci e schematismi visivi, sia negli oggetti la cui forma e il cui volume si ispirano alla geometria solida.
In superfici piane vediamo pagine miniate di un Manoscritto del Corano decorate con un motivo ripetibile all’infinito di pentagoni e altri poligoni nonché un Frontespizio e le pagine finali decorati con semicerchi sovrapposti che formano medaglioni stellari ottagonali. Inoltre due Rilegature in pelle, una con scudi e lobi rettangolari finemente disegnati, l’altra con un motivo ripetibile all’infinito di stelle a dodici punte su una base di reiterazione di triangoli equilateri e con piccole stelle pentagonali negli interstizi. Un vero ricamo estetico, dal significato fortemente allusivo.
Su un Tessuto di lana vediamo disegni a bande orizzontali alternate a motivi blu e la scritta epigrafica “Sovranità [è un attributo dell’unico Dio]”.
Altre superfici piane con disegni geometrici sono offerte alla nostra vista in diversi materiali. In legno il Frammento a un timpano o una nicchia, anche qui con un motivo ripetibile all’infinito di stelle a 12 punte, triangoli equilateri e disegni foliati; e la Coppia di scuri lignei intarsiati con gli stessi motivi reiterati ora descritti; fino a dei Paraventi in legno decorato al centro con una stella o un quadrato o dei rettangoli, e un fondo di “elementi mortasati e giunti a tenone”. In pietra arenaria un Tramezzo decorato in pietra arenaria, in stucco un Pannello da zoccolatura architettonica, in terracotta una Mattonella invetriata: sempre l’impianto geometrico dei motivi ripetibili all’infinito anche se cambiano il numero delle punte delle stelle e dei lati dei poligoni.
Le superfici curve le troviamo in un Incensiere in bronzo con corpo e coperchio traforati come la cupola di un tempio, i piedi di un quadrupede e l’iscrizione “Benedizione, possa Do prolungare la sua Gloria”, con il nome del possessore. E poi un Bacino quadrato per fontana di marmo, Coppe di terracotta e ceramica, sempre con motivi geometrici che includono stelle poligonali. Tralci spiraliformi, intrecci di petali e di archi, con motivi floreali e foliati negli intestizi, un vero ricamo.
Anche nelle Bottiglie di vetro delle più varie forme e dimensioni vediamo imprese sfaccettature geometriche, concave ed ellittiche; e in una Bottiglia di bronzo sono incastonati vetri turchesi.
L’arabesco
E siamo all’elemento forse più caratteristico dell’arte islamica, almeno agli occhi degli Occidentali: l’arabesco è “il tralcio fogliato e biforcato ad andamento in genere orizzontale e ripetuto”, il cui nome non richiama il mondo arabo ma la natura decorativa del disegno, “a rabesco”, che nella definizione in uso dal Rinascimento evoca tralci, rami e foglie più o meno stilizzate.
L’arabesco, quindi, è di origine classica, risale all’antichità e proviene dal Mediterraneo, anche se attraverso l’impero romano si diffuse nell’Oriente, ed è diventato un sigillo dell’Islam: “L’artista musulmano, afferma Curatola, non cristallizza la natura in un preciso istante con realismo (perché ogni cosa – voluta e creata da Dio nell’infinita e instancabile sua opera – ha un suo fluire, ripreso mirabilmente negli arabeschi, e una sua vita temporale che non può e non deve essere interrotta), ma lo astrae, fornendone una visione che in qualche modo è archetipale e, appunto, sovratemporale”.
In quanto tale è perfettamente connaturato alla visione islamica, che tende all’anonimato dell’artista e si esprime in un’infinità di variazioni possibili intorno al motivo dominante; e si trova come elemento trasversale in tutte le manifestazioni dell’arte nell’Islam, nella sua estrema varietà territoriale, dalla Spagna alla Cina, rappresentandone il fattore unificante più evidente e riconosciuto. Tutto ciò è stato possibile perché il rischio insito nell’estrema stilizzazione dei motivi vegetali di base, che si allontana dalla realtà fino a poter alludere a una creazione del tutto proibita, è stato superato. Questo perché, spiega Curatola, “in ogni caso tutto è opera divina, niente avvenendo senza la Sua volontà e il Suo permesso”; quindi “anche l’arabesco, nella fattispecie esiste perché così è stato comunque stabilito”.
La galleria dell’arabesco in mostra segue la logica della calligrafia e della geometria, lo troviamo negli oggetti piani e curvi dello stesso tipo di quelli già descritti, ma con questa peculiare decorazione.
Tra gli oggetti piani vediamo le Pagine miniate di manoscritti del Corano un Tessuto di seta e un Fazzoletto di cotone, i Pannelli di legno e le Mattonelle di ceramica, una Mattonella angolare di una zoccolatura architettonica, della quale è esposto anche un altro Frammento, Mattonelle a forma di stella o rettangolare. Gli arabeschi sono motivi geometrici radiali di piante e foglie, palmette e altre formazioni simmetriche e armoniose.
Negli oggetti curvi ritroviamo Vasi, Brocche e Bottiglie, di vetro, ceramica e perfino di bronzo, una serie di Coppe di ceramica dal corpo “a pasta fritta”, sempre con motivi vegetali spiraliformi e composizioni radiali; in modo diverso ma convergente rispetto alle decorazioni geometriche, anche qui vi è una ripetibilità reiterata che porta all’infinito.
La figura
Nel dar conto dei tre capisaldi dell’arte islamica, calligrafia, geometria e arabesco, indirettamente abbiamo escluso la figura, secondo alcuni proibita in qualunque rappresentazione artistica per motivi religiosi che non ammettono immagini di persone e animali; ciò è invalso dopo l’iconoclastia bizantina dell’VIII sec., e vale soprattutto per le espressioni classiche, perché dopo il XVIII sec. la situazione è mutata a seguito dei continui contatti con l’Europa.
Curatola afferma che se questo è vero per le sedi religiose, come le moschee, dove non troviamo assolutamente raffigurazioni non solo umane ma neppure animali e vegetali di tipo realistico, non c’è la preclusione nelle sedi laiche, come l’ “hammam”, le terme pubbliche, “dove si entra impuri e se ne esce puri, vero luogo di confine, in molti sensi, nel quale le immagini se non incoraggiate sono quanto meno tollerate”; e neppure vi è preclusione nella sfera privata nella quale, non essendo prevista la pedagogia e responsabilità della unmah, ognuno è ricondotto alla propria responsabilità individuale”. Che viene così definita: “Il rapporto che il musulmano instaura con Dio è sempre personale, perché a Lui prima che a ogni altro essere umano deve rispondere, anche se fra gli obblighi imposti ci sono quelli della solidarietà collettiva”, che si manifesta nella famiglia, clan, tribù, “ma tutte in subordine alla potenza della chiamata di Dio”.
Pur con il riferimento al Dio unico, nella religione cristiana invece l’arte si è concentrata nelle raffigurazioni di Cristo, la Madonna e i Santi che rappresentano una galleria sconfinata di figure umane evocatrici del divino, di straordinaria suggestione; in esse c’è il cuore stesso dell’arte occidentale, la palestra in cui si sono esercitati i più grandi artisti, il retaggio della nostra civiltà.
La figura nell’arte islamica la troviamo riferita agli animali, come si vede nella apposita sezione della mostra: ecco Rilegature in pelle decorata con scene di scimmie e cervi, lepri ed uccelli, Frammenti di tessuto di lino decorati con immagini di uccelli o di quadrupedi; zebù e tori su Bicchieri in vetro, un leone in rilievo su una Mattonella di terracotta invetriata e una figure di capra in altre tre Mattonelle di terracotta decorata policrome, mentre su un Piatto di terracotta c’è una colomba, in due grandi Mattonelle di stucco stellate a 10 punte vediamo un leogrifo quasi rampante e un elefante. Sono a forma di felino e di uccello due Incensieri di bronzo, il corpo è traforato con motivi floreali in una griglia geometrica con elementi poligonali.
E la figura umana? Compare in modo appena percepibile in una Fibbia di cintura o finimento di cavallo di bronzo e in una Ciotola di ottone, mentre è più evidente in un Bicchiere di vetro con due uomini a caccia e in una Bottiglia porta profumi con una figura principesca che ha l’aureola. L’immagine a grandi dimensioni di un principe, sempre con aureola, è al centro di un Piatto di ceramica “a pasta fritta” con piedini; altrettanto evidente la figura di un principe con attendente sui Frammenti di un tessuto di seta.
Non più una, ma diverse figure nelle Pagine miniate di manoscritti, con scene in cui viene rivolta una supplica o scene di caccia in un ricco cromatismo. Mentre miniature su seta e pagine staccate di un Album miniato mostrano dei primi piani di una coppia principesca, di un pittore vestito in modo sontuoso ripreso mentre dipinge, e di un giovane elegante che beve vino. La scena diviene corale con molte figure umane su diversi piani prospettici nella pagina miniata della “Preparazione per la fuga di Iraj dal suo accampamento, un monumentale manoscritto in 14 volumi; e nel manoscritto del “Libro dei re” con la regina e una compagna dinanzi al re, vi sono tante figure su più piani.
Le arti preziose e le monete
Anche nei gioielli e negli oggetti preziosi la collezione spicca per la sua unicità e il suo valore, considerando che raccoglie soprattutto opere provenienti dall’India dell’epoca della dinastia Moghul nella quale questa forma di arte raggiunse il livello più alto. Viene spesso considerata “arte minore”, mentre invece soprattutto in India è stata l’espressione artistica che, a parte l’architettura che spicca incontrastata, si pone al livello dell’arte nella tessitura e nella miniatura.
In queste produzioni assume particolare rilievo la preziosità dei materiali, oro e diamanti, rubini e smeraldi, zaffiri e perle la cui selezione è direttamente riferita alla destinazione dell’oggetto; e anche la tecnica altamente specializzata messa in atto degli artefici per lo più anonimi.
L’esposizione della mostra è sfolgorante. Vediamo le impugnature preziose d’oro con pietre preziose di un’ampia e spettacolare serie di Pugnali e Spade, compresi i Foderi, il pensiero torna al pugnale immortalato nel film Topkapi; poi la galleria presenta gioielli di abbigliamento, dagli Anelli ai Bracciali e alle Collane di varia foggia e valore, a più fili oppure a girocollo, in queste ultime le perle si aggiungono a smeraldi e zaffiri, così gli Ornamenti d’oro e i Pendenti. Scatole e Coppe preziose, Scrigni ed altri oggetti preziosi completano l’esposizione da Mille e una notte.
Sono esposte anche 20 monete, dei 12 mila esemplari della parte numismatica della collezione al-Sabah: 16 d’oro, tra cui alcune con le epigrafi in cerchi concentrici e una con l’effige di un imperatore moghul; 3 d’argento fra cui una di forma quadrata, e una di rame, del tipo “califfo stante” che risale al 693-697, con l’effige del sovrano che successivamente ritirò tutte le monete per eliminare la raffigurazione sostituendola con l’iscrizione coranica, “Egli, Dio è uno – Dio, l’Eterno – Non generò né fu generato – e Nessuno Gli è pari”.
E con questa massima, valida per tutte le religioni monoteiste ma coniata per quella islamica, chiudiamo il nostro racconto della mostra tornando al misticismo dopo lo scintillio delle gemme e delle pietre preziose dei pugnali e delle collane che ci hanno portato nel mondo affascinante che evoca le immagini seducenti delle Mille e una notte e quelle misteriose del Topkapi. Un volo di fantasia che si aggiunge all’immersione nel mondo della cultura e della spiritualità islamica espresso nella dovizia di preziosi oggetti e reperti presentati in una mostra che non si dimentica.
Info
Scuderie del Quirinale, via XXIV Maggio 16, Roma. Tutti i giorni, da domenica a venerdì ore 12,00-20,00, sabato fino alle 23, ingresso fino a un’ora prima della chiusura. Ingresso 8 euro, ridotto 6 euro. Tel. 06.39967500, http://www.scuderiequirinale.it/ Catalogo “Arte della civiltà islamica. La Collezione al Sabah, Kuwait”, a cura di Giovanni Curatola, schede di Manuel Keene e Salam Kaoukji, giugno 2015, pp.344, formato 24 x 28. Il primo articolo sulla mostra è uscito in questo sito il 3 agosto 2015. Per alcune espressioni di arte contemporanea su temi islamici e non solo, cfr,. in questo sito, i nostri articoli: sulla mostra al Macro di Kerim Incendayi, “Roma e Istanbul sulle orme della storia” 5 febbraio 2015; sulle mostre dell’Ufficio culturale della Turchia a Roma, “Tulay Gurses e la mistica di Rumi” 21marzo 2013, “Ilkay Samli e i versetti del Corano” 2 ottobre 2013, “Permanenze, Ricordi di viaggio di nove artisti italiani” 9 novembre 2013, “Yildiz Doyran e lo slancio vitale di Bergson” 29 gennaio 2014, e “Yilmaz, i divi del cinema nei piatti in ceramica” 16 maggio 2015; su un viaggio a “Istanbul, la nuova Roma, alla ricerca di Costantinopoli” 10, 13, 15 marzo 2013.
Foto
Le immagini sono state riprese nelle Scuderie del Quirinale alla presentazione della mostra da Romano Maria Levante, si ringrazia l’Azienda speciale Palaexpo con i titolari dei diritti, in particolare gli sceicchi Naser e Hussah al Sabah Kuwait, per l’opportunità offerta. Sono esemplari con le caratteristiche dell’arte islamica, come la geometria e l’arabesco, fino ad esempi dell'”arte preziosa”, per lo più tra il XVI e il XVIII sec.. In apertura, “Tramezzo traforato di pietra arenaria”; seguono “Coppia di scuri” (o ante di armadio)” lignei, e “Pannello di stucco da zoccolatura architettonica”, tutti con motivi geometrici ripetibili all’infinito; poi, “Bacino di ottone con iscrizione laudatoria” e “Lastra di marmo per cascata d’acqua con conchigliette vegetali”; quindi, “Piatto di ceramica con corpo in pasta fritta con palmette ornamentali”, e “Collana girocollo con perle, diamanti e smeraldi“; infine, “Spinello (rubino balascio) con iscrizioni imnperiali”, più due ornamenti preziosi e “Pugnali e foderi”; in chiusura,“Cenotafio di pietra (scisto) del principe Shams al-Milla”, 1523-1524..
di Romano Maria Levante
Si conclude la nostra visita alla mostra “Arte della civiltà islamica. La Collezione al-Sabah, Kuwait” che espone, dal 25 luglio al 20 settembre 2015, alle Scuderie del Quirinale, oltre 360 oggetti con i quali si ripercorrono 1400 anni di una civiltà la cui evoluzione si è avuta in un vastissimo territorio nel quale ha assorbito influssi e motivi unificandoli in un linguaggio autonomo. La mostra è organizzata dall’Azienda speciale Expo con Dar al-Athar al-Islamiyyah, National Council for Culture, Arts & Letters, Kuwait, è a cura di Giovanni Curatola. che ha curato il Catalogo Skira , con i suoi saggi e le schede di Manuel Keene e Salam Kaoukij.
Abbiamo già rievocato le vicende della straordinaria raccolta, messa insieme dallo Sceicco Nasser Sabah al-Ahmad al-Sabah e dalla moglie, la Sceicca Hussah Sabah al-Salim al-Sabah, ricca di 35.000 oggetti, tra i quali ne sono stati selezionati 360 per la mostra, tra pietre e legni, vetri e ceramiche, bronzi e ottoni, codici miniati e tessuti. Il prestito permanente al Museo del Kuwait nel 1983 e il saccheggio all’invasione del 1990 da cui se ne salvarono un centinaio miracolosamente usciti per una mostra itinerante, fino al recupero quasi totale danno un tocco particolare a una storia che ha dell’incredibile e si colora delle tinte fantasiose dell’Oriente.
Prima di immergerci in questo mondo affascinante abbiamo delineato alcuni caratteri salienti della civiltà e dell’arte islamica, descrivendo poi le 4 sezioni iniziali della mostra, di tipo cronologico, dagli inizia all’apogeo dei quattro imperatori. La visita prosegue con le ultime 6 sezioni, le prime tre dedicate ai capisaldi dell’arte islamica, la calligrafia, il disegno e l’arabesco, le altre tre alla figura, alle arti preziose della gioielleria fino alle monete.
La calligrafia
“L’arte islamica e la calligrafia araba sono spesso un tutt’uno – afferma Giovanni Curatola – Non è infatti esagerato affermare che ove dovessimo scegliere un solo elemento per caratterizzare l’insieme del sentire ed operare nel campo dell’arte, in una parola dovessimo scegliere la sua iconografia ultima, questa sarebbe una iscrizione, certamente contenente il nome di Dio: Allah”. Come si è visto, troviamo la scrittura in tante manifestazioni artistiche, dai tessuti agli oggetti.
In tema di scrittura si dovrebbe parlare al plurale perché tante sono le varianti della calligrafia, come risultato di un’evoluzione nel tempo. Abbiamo lo stile arrotondato e quello triangolare, e le due tendenze che ne rappresentano l’evoluzione e la sintesi, il corsivo “muqawwar” e il carattere dritto e angoloso “mabsut”; insieme a questi la form estesa “masq”, e quella allungata “ma’il”, il corsivo arrotondato “naskhi”, e quello rigido e angoloso “cufico”. Non finisce qui, le varianti con cui sono rese le aste portano ad una serie di stili, da foliato a fiorito, da annodato ad animato con volti umani ed animali sulle aste per le quali ci sono delle regole sull’altezza rispetto alle lettere in orizzontale. L’importanza della calligrafia è tale che gli scrivani e i copisti firmano i loro scritti apponendovi anche la data, mentre gli artisti spesso restano anonimi.
Le epigrafi si incontrano innanzitutto in architettura e nell’arte funeraria , e al riguardo vediamo esposti reperti con le iscrizioni scolpite con strumenti da scalpellino: un “Elemento di marmo, forse parte di un’iscrizione di fondazione di una scuola religiosa o di un mausoleo, decorato con un’elaborata e ‘arcaizzante’ iscrizione di stile epigrafico cufico: ‘il grande, il nobile'”, fine XI, inizi XII sec., proveniente dall’Iran orientale; e due “Lastre tombali di marmo con iscrizione in stile epigrafico cufico col nome e patronimico” del defunto e la data della sua scomparsa; in una c’è scritto il versetto del Corano “Ogni anima dovrà provare la morte, e poi ritornerete a Dio”.
In ceramica una “Piccola lastra tombale con corpo in ‘pasta fritta’ e iscrizioni negli stili naskhi (corsivo) e nasta’liq, con brani del Corano, un’invocazione alla benedizione per i 12 iman sciiti e versi in persiano con il nome del defunto; e un “Pannello in mosaico ceramico” con il versetto 286 della Sura II del Corano su uno sfondo di spirali e palmette.
Tra i frammenti di Tessuti di seta esposti, uno reca le parole “la ripetizione del nome di Dio (Allah)”, scritte in modo speculare in modo da formare un’arcata”, un altro tessuto la scritta in stile epigrafico cufico “L’eminente sultano Ghiyath ad-Din”: provengono dall’Iran, sono del XII-XIII sec. In un Frammento di tessuto di lino e lana si legge l’iscrizione nello stile ora citato, “Nel nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso”.
Dai tessuti alla “Veste talismatica decorata con medaglioni circolari, scudi e cartigli con pie iscrizioni negli stili epigrafici naskhi (corsivo) e unthuluth ridotto”, nei comparti quadrati l’intero testo del Corano (o almeno tutte le 114 Sure) e i 99 ‘Bei Nomi’ di Dio nelle bordure.
Il Corano lo vediamo integrale su carta colorata in un Manoscritto firmato da un calligrafo. Entrambi i reperti provengono dall’India, risalgono al XV sec. E’ esposta anche la pagina di un manoscritto del “Libro della conoscenza degli artifici meccanici”, in corsivo naskhi, firmato dal calligrafo, con l’illustrazione di un meccanismo ad acqua per alimentare un ‘”flauto perpetuo”.
E siano alle iscrizioni su coppe e altri oggetti. Su una Coppa di terracotta decorata con pittura a lastra metallica con motivi di foglie e arbusti una pseudo iscrizione, Iraq IX sec.,mentre una Coppa in ceramica con corpo in terracotta reca scritto il proverbio “La generosità è la virtù di chi ha dimora in Paradiso”, un’altra Coppa in ceramica e terracotta reca fra tralci, uccelli e palmette , scritte benauguranti per il possessore, versi d’amore in persiano e versi in arabo sull’importanza della conoscenza, In ceramica una Giara proveniente dall’Egitto, XII sec. alta 40 cm, decorata con iscrizione benaugurale. Mentre è in vetro smaltato e decorato un Vaso in stile cinese con l’iscrizione in stile epigrafico “thuluth” “Gloria al nostro Signore il Sultano, il re, il Sapiente”.
Ci sono oggetti in bronzo, con iscrizioni, in particolare una “Lampada a olio” con coperchio a forma di cupola lavorato a traforo con la scritta “Benedizione e felicità” per il possessore, e una “Piccola bottiglia” per profumi e cosmetici con la scritta “Gloria e favore divino a colui il quale aspira all’integrità spirituale”. Nonché un “Piatto di ottone” decorato con iscrizione in stile “animato” con lettere che terminano in teste umane e animali per formare espressioni augurali della benedizione divina al possessore..
Questa galleria termina con due oggetti in legno: una grande Scatola in legno scolpito che reca scritte, in particolare sul committente e sull’artista, destinata a contenere un manoscritto in 30 volumi del Corano negli stili thuluth e naskhi, viene dall’Iran; un “Cenotafio ligneo iscritto con brani pii religiosi” di contenuto consolatorio in stile thuluth, con un brano del Corano, viene dalla Turchia, entrambi del XIV-XV sec.
La geometria
Il secondo motivo ricorrente nell’arte islamica è la geometria, talmente ricco da potervi dedicare, come dichiara il curatore, un’intera mostra, “confortati dall’intima sicurezza che questa risulterebbe esaltante e niente affatto ripetitiva”. Questa peculiarità è dovuta alla ricerca di un’alternativa all’antropomorfismo precluso per motivi religiosi, trovata nella rappresentazione astratta che aveva nella matematica e nella geometria le discipline basilari, in una infinita varietà di espressioni.
Spostando l’asse di osservazione, le variazioni diventano infinite, ed è all’infinito che si richiama l’unico modo di evocare il Dio dell’Islam, oltre a quello dato dalla scrittura di cui si è detto, essendone preclusa ogni forma di rappresentazione; per cui l’infinito si può definire “il fine ultimo dell’arte islamica”. E’ l’attributo divino che si coniuga con l’infinitesimo umano, soltanto una piccola porzione della creazione per sua stessa natura infinita.
La geometria nell’arte islamica si manifesta sia nelle superfici piane, attraverso intrecci e schematismi visivi, sia negli oggetti la cui forma e il cui volume si ispirano alla geometria solida.
In superfici piane vediamo pagine miniate di un Manoscritto del Corano decorate con un motivo ripetibile all’infinito di pentagoni e altri poligoni nonché un Frontespizio e le pagine finali decorati con semicerchi sovrapposti che formano medaglioni stellari ottagonali. Inoltre due Rilegature in pelle, una con scudi e lobi rettangolari finemente disegnati, l’altra con un motivo ripetibile all’infinito di stelle a dodici punte su una base di reiterazione di triangoli equilateri e con piccole stelle pentagonali negli interstizi. Un vero ricamo estetico, dal significato fortemente allusivo.
Su un Tessuto di lana vediamo disegni a bande orizzontali alternate a motivi blu e la scritta epigrafica “Sovranità [è un attributo dell’unico Dio]”.
Altre superfici piane con disegni geometrici sono offerte alla nostra vista in diversi materiali. In legno il Frammento a un timpano o una nicchia, anche qui con un motivo ripetibile all’infinito di stelle a 12 punte, triangoli equilateri e disegni foliati; e la Coppia di scuri lignei intarsiati con gli stessi motivi reiterati ora descritti; fino a dei Paraventi in legno decorato al centro con una stella o un quadrato o dei rettangoli, e un fondo di “elementi mortasati e giunti a tenone”. In pietra arenaria un Tramezzo decorato in pietra arenaria, in stucco un Pannello da zoccolatura architettonica, in terracotta una Mattonella invetriata: sempre l’impianto geometrico dei motivi ripetibili all’infinito anche se cambiano il numero delle punte delle stelle e dei lati dei poligoni.
Le superfici curve le troviamo in un Incensiere in bronzo con corpo e coperchio traforati come la cupola di un tempio, i piedi di un quadrupede e l’iscrizione “Benedizione, possa Do prolungare la sua Gloria”, con il nome del possessore. E poi un Bacino quadrato per fontana di marmo, Coppe di terracotta e ceramica, sempre con motivi geometrici che includono stelle poligonali. Tralci spiraliformi, intrecci di petali e di archi, con motivi floreali e foliati negli intestizi, un vero ricamo.
Anche nelle Bottiglie di vetro delle più varie forme e dimensioni vediamo imprese sfaccettature geometriche, concave ed ellittiche; e in una Bottiglia di bronzo sono incastonati vetri turchesi.
L’arabesco
E siamo all’elemento forse più caratteristico dell’arte islamica, almeno agli occhi degli Occidentali: l’arabesco è “il tralcio fogliato e biforcato ad andamento in genere orizzontale e ripetuto”, il cui nome non richiama il mondo arabo ma la natura decorativa del disegno, “a rabesco”, che nella definizione in uso dal Rinascimento evoca tralci, rami e foglie più o meno stilizzate.
L’arabesco, quindi, è di origine classica, risale all’antichità e proviene dal Mediterraneo, anche se attraverso l’impero romano si diffuse nell’Oriente, ed è diventato un sigillo dell’Islam: “L’artista musulmano, afferma Curatola, non cristallizza la natura in un preciso istante con realismo (perché ogni cosa – voluta e creata da Dio nell’infinita e instancabile sua opera – ha un suo fluire, ripreso mirabilmente negli arabeschi, e una sua vita temporale che non può e non deve essere interrotta), ma lo astrae, fornendone una visione che in qualche modo è archetipale e, appunto, sovratemporale”.
In quanto tale è perfettamente connaturato alla visione islamica, che tende all’anonimato dell’artista e si esprime in un’infinità di variazioni possibili intorno al motivo dominante; e si trova come elemento trasversale in tutte le manifestazioni dell’arte nell’Islam, nella sua estrema varietà territoriale, dalla Spagna alla Cina, rappresentandone il fattore unificante più evidente e riconosciuto. Tutto ciò è stato possibile perché il rischio insito nell’estrema stilizzazione dei motivi vegetali di base, che si allontana dalla realtà fino a poter alludere a una creazione del tutto proibita, è stato superato. Questo perché, spiega Curatola, “in ogni caso tutto è opera divina, niente avvenendo senza la Sua volontà e il Suo permesso”; quindi “anche l’arabesco, nella fattispecie esiste perché così è stato comunque stabilito”.
La galleria dell’arabesco in mostra segue la logica della calligrafia e della geometria, lo troviamo negli oggetti piani e curvi dello stesso tipo di quelli già descritti, ma con questa peculiare decorazione.
Tra gli oggetti piani vediamo le Pagine miniate di manoscritti del Corano un Tessuto di seta e un Fazzoletto di cotone, i Pannelli di legno e le Mattonelle di ceramica, una Mattonella angolare di una zoccolatura architettonica, della quale è esposto anche un altro Frammento, Mattonelle a forma di stella o rettangolare. Gli arabeschi sono motivi geometrici radiali di piante e foglie, palmette e altre formazioni simmetriche e armoniose.
Negli oggetti curvi ritroviamo Vasi, Brocche e Bottiglie, di vetro, ceramica e perfino di bronzo, una serie di Coppe di ceramica dal corpo “a pasta fritta”, sempre con motivi vegetali spiraliformi e composizioni radiali; in modo diverso ma convergente rispetto alle decorazioni geometriche, anche qui vi è una ripetibilità reiterata che porta all’infinito.
La figura
Nel dar conto dei tre capisaldi dell’arte islamica, calligrafia, geometria e arabesco, indirettamente abbiamo escluso la figura, secondo alcuni proibita in qualunque rappresentazione artistica per motivi religiosi che non ammettono immagini di persone e animali; ciò è invalso dopo l’iconoclastia bizantina dell’VIII sec., e vale soprattutto per le espressioni classiche, perché dopo il XVIII sec. la situazione è mutata a seguito dei continui contatti con l’Europa.
Curatola afferma che se questo è vero per le sedi religiose, come le moschee, dove non troviamo assolutamente raffigurazioni non solo umane ma neppure animali e vegetali di tipo realistico, non c’è la preclusione nelle sedi laiche, come l’ “hammam”, le terme pubbliche, “dove si entra impuri e se ne esce puri, vero luogo di confine, in molti sensi, nel quale le immagini se non incoraggiate sono quanto meno tollerate”; e neppure vi è preclusione nella sfera privata nella quale, non essendo prevista la pedagogia e responsabilità della unmah, ognuno è ricondotto alla propria responsabilità individuale”. Che viene così definita: “Il rapporto che il musulmano instaura con Dio è sempre personale, perché a Lui prima che a ogni altro essere umano deve rispondere, anche se fra gli obblighi imposti ci sono quelli della solidarietà collettiva”, che si manifesta nella famiglia, clan, tribù, “ma tutte in subordine alla potenza della chiamata di Dio”.
Pur con il riferimento al Dio unico, nella religione cristiana invece l’arte si è concentrata nelle raffigurazioni di Cristo, la Madonna e i Santi che rappresentano una galleria sconfinata di figure umane evocatrici del divino, di straordinaria suggestione; in esse c’è il cuore stesso dell’arte occidentale, la palestra in cui si sono esercitati i più grandi artisti, il retaggio della nostra civiltà.
La figura nell’arte islamica la troviamo riferita agli animali, come si vede nella apposita sezione della mostra: ecco Rilegature in pelle decorata con scene di scimmie e cervi, lepri ed uccelli, Frammenti di tessuto di lino decorati con immagini di uccelli o di quadrupedi; zebù e tori su Bicchieri in vetro, un leone in rilievo su una Mattonella di terracotta invetriata e una figure di capra in altre tre Mattonelle di terracotta decorata policrome, mentre su un Piatto di terracotta c’è una colomba, in due grandi Mattonelle di stucco stellate a 10 punte vediamo un leogrifo quasi rampante e un elefante. Sono a forma di felino e di uccello due Incensieri di bronzo, il corpo è traforato con motivi floreali in una griglia geometrica con elementi poligonali.
E la figura umana? Compare in modo appena percepibile in una Fibbia di cintura o finimento di cavallo di bronzo e in una Ciotola di ottone, mentre è più evidente in un Bicchiere di vetro con due uomini a caccia e in una Bottiglia porta profumi con una figura principesca che ha l’aureola. L’immagine a grandi dimensioni di un principe, sempre con aureola, è al centro di un Piatto di ceramica “a pasta fritta” con piedini; altrettanto evidente la figura di un principe con attendente sui Frammenti di un tessuto di seta.
Non più una, ma diverse figure nelle Pagine miniate di manoscritti, con scene in cui viene rivolta una supplica o scene di caccia in un ricco cromatismo. Mentre miniature su seta e pagine staccate di un Album miniato mostrano dei primi piani di una coppia principesca, di un pittore vestito in modo sontuoso ripreso mentre dipinge, e di un giovane elegante che beve vino. La scena diviene corale con molte figure umane su diversi piani prospettici nella pagina miniata della “Preparazione per la fuga di Iraj dal suo accampamento, un monumentale manoscritto in 14 volumi; e nel manoscritto del “Libro dei re” con la regina e una compagna dinanzi al re, vi sono tante figure su più piani.
Le arti preziose e le monete
Anche nei gioielli e negli oggetti preziosi la collezione spicca per la sua unicità e il suo valore, considerando che raccoglie soprattutto opere provenienti dall’India dell’epoca della dinastia Moghul nella quale questa forma di arte raggiunse il livello più alto. Viene spesso considerata “arte minore”, mentre invece soprattutto in India è stata l’espressione artistica che, a parte l’architettura che spicca incontrastata, si pone al livello dell’arte nella tessitura e nella miniatura.
In queste produzioni assume particolare rilievo la preziosità dei materiali, oro e diamanti, rubini e smeraldi, zaffiri e perle la cui selezione è direttamente riferita alla destinazione dell’oggetto; e anche la tecnica altamente specializzata messa in atto degli artefici per lo più anonimi.
L’esposizione della mostra è sfolgorante. Vediamo le impugnature preziose d’oro con pietre preziose di un’ampia e spettacolare serie di Pugnali e Spade, compresi i Foderi, il pensiero torna al pugnale immortalato nel film Topkapi; poi la galleria presenta gioielli di abbigliamento, dagli Anelli ai Bracciali e alle Collane di varia foggia e valore, a più fili oppure a girocollo, in queste ultime le perle si aggiungono a smeraldi e zaffiri, così gli Ornamenti d’oro e i Pendenti. Scatole e Coppe preziose, Scrigni ed altri oggetti preziosi completano l’esposizione da Mille e una notte.
Sono esposte anche 20 monete, dei 12 mila esemplari della parte numismatica della collezione al-Sabah: 16 d’oro, tra cui alcune con le epigrafi in cerchi concentrici e una con l’effige di un imperatore moghul; 3 d’argento fra cui una di forma quadrata, e una di rame, del tipo “califfo stante” che risale al 693-697, con l’effige del sovrano che successivamente ritirò tutte le monete per eliminare la raffigurazione sostituendola con l’iscrizione coranica, “Egli, Dio è uno – Dio, l’Eterno – Non generò né fu generato – e Nessuno Gli è pari”.
E con questa massima, valida per tutte le religioni monoteiste ma coniata per quella islamica, chiudiamo il nostro racconto della mostra tornando al misticismo dopo lo scintillio delle gemme e delle pietre preziose dei pugnali e delle collane che ci hanno portato nel mondo affascinante che evoca le immagini seducenti delle Mille e una notte e quelle misteriose del Topkapi. Un volo di fantasia che si aggiunge all’immersione nel mondo della cultura e della spiritualità islamica espresso nella dovizia di preziosi oggetti e reperti presentati in una mostra che non si dimentica.
Info
Scuderie del Quirinale, via XXIV Maggio 16, Roma. Tutti i giorni, da domenica a venerdì ore 12,00-20,00, sabato fino alle 23, ingresso fino a un’ora prima della chiusura. Ingresso 8 euro, ridotto 6 euro. Tel. 06.39967500, http://www.scuderiequirinale.it/ Catalogo “Arte della civiltà islamica. La Collezione al Sabah, Kuwait”, a cura di Giovanni Curatola, schede di Manuel Keene e Salam Kaoukji, giugno 2015, pp.344, formato 24 x 28. Il primo articolo sulla mostra è uscito in questo sito il 3 agosto 2015. Per alcune espressioni di arte contemporanea su temi islamici e non solo, cfr,. in questo sito, i nostri articoli: sulla mostra al Macro di Kerim Incendayi, “Roma e Istanbul sulle orme della storia” 5 febbraio 2015; sulle mostre dell’Ufficio culturale della Turchia a Roma, “Tulay Gurses e la mistica di Rumi” 21marzo 2013, “Ilkay Samli e i versetti del Corano” 2 ottobre 2013, “Permanenze, Ricordi di viaggio di nove artisti italiani” 9 novembre 2013, “Yildiz Doyran e lo slancio vitale di Bergson” 29 gennaio 2014, e “Yilmaz, i divi del cinema nei piatti in ceramica” 16 maggio 2015; su un viaggio a “Istanbul, la nuova Roma, alla ricerca di Costantinopoli” 10, 13, 15 marzo 2013.
Foto
Le immagini sono state riprese nelle Scuderie del Quirinale alla presentazione della mostra da Romano Maria Levante, si ringrazia l’Azienda speciale Palaexpo con i titolari dei diritti, in particolare gli sceicchi Naser e Hussah al Sabah Kuwait, per l’opportunità offerta. Sono esemplari con le caratteristiche dell’arte islamica, come la geometria e l’arabesco, fino ad esempi dell'”arte preziosa”, per lo più tra il XVI e il XVIII sec.. In apertura, “Tramezzo traforato di pietra arenaria”; seguono “Coppia di scuri” (o ante di armadio)” lignei, e “Pannello di stucco da zoccolatura architettonica”, tutti con motivi geometrici ripetibili all’infinito; poi, “Bacino di ottone con iscrizione laudatoria” e “Lastra di marmo per cascata d’acqua con conchigliette vegetali”; quindi, “Piatto di ceramica con corpo in pasta fritta con palmette ornamentali”, e “Collana girocollo con perle, diamanti e smeraldi“; infine, “Spinello (rubino balascio) con iscrizioni imnperiali”, più due ornamenti preziosi e “Pugnali e foderi”; in chiusura,“Cenotafio di pietra (scisto) del principe Shams al-Milla”, 1523-1524..