Russia on the Road, il progresso nel ‘900, al Palazzo Esposizioni

di Romano Maria Levante

La  mostra “Russia on the Road, 1920-90” presenta  al Palazzo Esposizioni dal 16 ottobre al 15 dicembre 2015 circa 60 dipinti di notevole valore artistico e anche storico in quanto documentano l’irruzione del progresso nella vita sovietica che ha scosso una società tradizionale con la spinta aggiuntiva della propaganda di regime sul miracolistico “balzo in avanti”. Realizzata in collaborazione con l’Istituto d’Arte Realista Russa di Mosca, la fondazione internazionale “Accademia Arco” e la compagnia assicurativa “Ingosstrahk”, dopo Roma la mostra andrà a Mosca dove le opere saranno esposte nell’Istituto promotore dal 22 gennaio al 22 maggio 2016,  questo spiega la durata dell’esposizione romana, troppo breve rispetto alla elevata caratura artistica,  all’ampiezza della mostra e all’interesse delle sue opere di grandi dimensioni, spettacolari e coinvolgenti.  Ideata da Aleksej Ananjev, che ha partecipato alla presentazione, e curata da Nadeshda Stepanova e Matteo LanfranconiCatalogo dell’Istituto d’Arte Realista Russa, con note introduttive di Lanfranconi, Lerner e Piretto.

Delle tre mostre aperte contemporaneamente al Palazzo delle Esposizioni in un impressionante impegno espositivo – le altre sono “Una dolce vita?  Dal Liberty al design italiano nel 1900-1940”  e “Impressionisti e moderni. I capolavori della Phillip Collection di Washington” – questa prosegue il discorso sull”’arte russa del ‘900 avviato con gli artisti del “Realismo socialista“, proseguito con  Aleksandr Deineka, e con il fotografo d’arte  Rodcenko.  Si aggiunge alla trilogia l’attuale mostra nella quale viene approfondito ulteriormente il tema con opere che nell’arco di un secolo documentano la visione di un paese illuso di poter  trasformare “l’utopia in realtà e la realtà in mito”, come  è scritto efficacemente nella Presentazione.

Significato e contenuto della mostra

Le 60 opere esposte provengono dai principali musei russi, da collezioni private   e dall’Istituto dell’Arte Realista Russa, un organismo privato creato dieci anni fa per promuovere l’arte e la conoscenza con il collezionismo: dal 2011, su 4500 mq di una vecchia fabbrica di tessuti  di Mosca modernamente attrezzati, sono conservate e in parte esposte circa 500 opere dalla fine del periodo zarista ai giorni nostri.

Si tratta di una fase storica nella quale dalla tradizione ottocentesca si è passati alle prime avanguardie fino alle sperimentazioni contemporanee attraversando il lungo periodo seguito alla Rivoluzione d’ottobre nel quale l’arte veniva sottomessa alla politica nel diffondere le immagini di regime. Lo abbiamo visto con le opere del “Realismo socialista”, con particolare riguardo a Deineka, nel quale la considerazione della forza dell’uomo, del quale esaltava anche la fisicità nello sport oltre che l’impegno nel lavoro,  era autentica e spontanea, anche se veniva a coincidere con la propaganda di regime.

A differenza delle altre mostre citate, di tipo antologico, questa è tematica:  la potente spinta al  progresso viene evocata attraverso i suoi simboli, in particolare i  mezzi di trasporto, automobili e treni, aeroplani e navi , che consentivano di dominare l’immenso territorio e acquistavano un ruolo crescente nella vita della popolazione.  Alle opere con valenza simbolica del progresso si aggiungono quelle più intime e personali.

D’altra parte, come ha detto l’Ambasciatore della Federazione russa Sergej Razov, citando Romain Roland, “l’arte non può staccarsi dalle aspirazioni dei suoi tempi”, per questo “osservando i lavori dei maestri del Rinascimento sentiamo l’attrazione insuperabile al bello, alla bellezza fisica e spirituale, alla perfezione celeste di tutto quello che appartiene alla terra”, la reazione al Medioevo in un nuovo “approccio all’uomo come al centro dell’universo, alla sublime creatura di Dio, fatta a sua immagine”.  Pertanto, “le opere del periodo sovietico ci possono raccontare molto del periodo, della società e del paese in cui sono state realizzate”. E questo proprio per i loro contenuti, quanto mai espressivi di quel periodo, società e paese.

Al riguardo bastano i titoli delle sezioni della mostra per evidenziarne il contenuto e l’interesse che suscita: “Treni, aeroplani, automobili” e  “Road movie sovietico”, “Amore e macchine” e “Russia selvaggia”, fino alla conclusione con la “Corsa allo spazio”.  Le immagini, rutilanti di colori e di entusiasmo,  non recano traccia dell’ombra oppressiva del regime, ma questo è un altro intrigante motivo di interesse per il visitatore che vuol leggere tra le righe, o meglio le pennellate, nel mentre ripercorre mentalmente le diverse fasi della storia del periodo sovietico.  Ma il ‘900 russo non è solo regime, si arriva ai giorni nostri con l’arte finalmente libera da vincoli.

Il saggio di Lanfranconi istituisce colte correlazioni tra le singole opere e tali fasi, considerando il mondo artistico e quello politico,  è un excursus appassionante ma lo è altrettanto la semplice visione delle opere perché sono quanto mai eloquenti nei loro significati espliciti e anche reconditi.

L’irruzione dei moderni mezzi di trasporto nel mondo sovietica  

E’ un tema che si inserisce nella cosiddetta “paesaggistica industriale”,  ricorda Leonid Lerner, che con la tematica sportiva, dalla forte valenza ideologica,   consentiva agli artisti, “sotto la maschera della ‘linea ufficiale’, di introdurre alcune novità plastiche”. Così vennero a formarsi due tendenze, un “filone dinamico-realistico”  con la potenza delle macchine che cambia la vita delle persone, e uno “in buona parte lirico, fantastico, a volte ideologico  ma non propagandistico e sempre umano”.

L’indirizzo era di  esprimere “l’unità della vita e del lavoro, della vita e dell’arte, il rapporto e l’interdipendenza tra l’uomo e la macchina”, portati anche dall’entusiasmo per il progresso e dagli slanci utopistici dell’ideologia; anche i voli lirici dovevano spingere a compiere imprese e combattere le ingiustizie, in una sorta di chiamata dell’arte alla mobilitazione nazionale.  La simbiosi tra l’uomo e la macchina diventava vitale e fonte di eroismo negli anni della guerra.

Diversi sono i mezzi di trasporto e la loro funzione nella società russa, tuttavia comune alle interpretazioni artistiche è l’intento di rendere insieme alle macchine l’atmosfera che le circondava, l’impegno nel lavoro degli addetti, lo stato d’animo degli utilizzatori, il clima generale.

Gian Piero Piretto ne fa un’analisi precisa partendo dalla fase immediatamente successiva alla Rivoluzione di ottobre del 1917,  allorché veniva privilegiata l’attenzione al particolare delle macchine che avrebbero rivoluzionato la  vita russa;  ingranaggi e dadi, bulloni e ruote dentate prevalevano sulla macchina, come nelle celebri fotografie di Rodcenko: “Il ‘come’ aveva la meglio sul ‘cosa’. Si tendeva ad indagare il sistema di funzionamento, sia in senso reale che metaforico”.

Era un radicale mutamento, in senso volitivo,  rispetto alla visione precedente in cui prevaleva l’inquietudine rispetto al rapporto con un ambiente inclemente, difficile da gestire nel territorio sconfinato; la civiltà delle macchine, con la scienza e la tecnica, dava una risposta positiva.  A ciò si aggiungeva l’entusiasmo per la ventata di dinamismo data dalle nuove possibilità  che si aprivano.

Poi, aggiunge Piretto, “con gli anni successivi proprio  al 1928, inizio del primo piano quinquennale staliniano, il risultato avrebbe prevalso sul procedimento. Nessuno si sarebbe più soffermato  a interrogarsi su ‘come’ certi esiti si fossero potuti ottenere. Avrebbe vinto il ‘cosa’, l’idea di miracolo realizzato senza supporti religiosi, di costante e fremente sviluppo del paese, nonostante la realtà effettuale segnalasse carestie, difficoltà di sostentamento e, soprattutto, il famigerato terrore in crescita”. Il  “paradiso dei lavoratori” veniva propagandato all’estero e generava proseliti nei partiti comunisti  degli altri paesi, prima che si conoscesse la vera realtà del comunismo reale.

In più, dopo  il rigore spartano della Rivoluzione d’Ottobre, irrompe nella società russa la visione  staliniana della “vita felice” proclamata nel discorso del 1935 in cui disse: “Vivere  è diventato più bello, compagni, vivere è diventato più allegro”. Le opere esposte, nella  successione cronologica e nella  comparazione dei contenuti rendono visivamente tale evoluzione e l’illusoria apertura.  

Si passa, da una sezione all’altra della mostra, dalle macchine  all’uomo, prima nell’enfasi dell’artefice-conduttore e dell’eroe del lavoro, poi con attenzione crescente all’aspetto umano.

Con il “disgelo” del periodo  krusheviano e l’ambizioso programma di dissodamento delle terre vergini i mezzi di trasporto divennero parte di un’epopea collettiva,  in cui tornò con prepotenza il mito del treno abbinato a quello della natura selvaggia nello sterminato territorio russo.  La quotidianità operosa ma personale, quindi umana,  si sostituiva alle visioni simboliche stereotipate.

E’ emozionante, nei saloni della mostra, vedersi circondati da spettacolari riproduzioni dei mezzi di trasporto che fanno parte della vita di ognuno, come apparivano nella visione utopica venata di propaganda ma animata da sincera condivisione di un’esaltazione collettiva; del resto il Futurismo in Italia è stato frutto della stessa esaltazione applicata alle macchine e alla velocità.

I mezzi di trasporto nei dipinti esposti

I quadri esposti nella mostra testimoniano questo insieme di motivi per i diversi mezzi di trasporto, “Treni, aeroplani, automobili”, come si intitola la 1^ sezione, insieme a tram, autobus e alla metropolitana monumentale.  

Alecsandr Labas ci mostra due visioni quasi parallele di un vagone del treno con i viaggiatori in movimento (“In corsa”, 1928)  e di una scala mobile della metropolitana  che porta i viaggiatori in alto, quasi nella metafora del progresso in corso nel paese o, più in generale nella vita dell’uomo (“Metro”, 1935). Entrambe le immagini sono sfumate, quasi un’atmosfera onirica o un miraggio.

Sul primo viaggio in treno ricordiamo le impressioni del pittore Il’ya Repin: “… Balenarono rapidamente chiese, case, villaggi di campagna, strade,  da qualche parte gente che camminava o se ne andava su qualche mezzo di tarsporto. Sicuramente anche qui tutto cambia molto velocemente, a mala pena riesci a dare un’occhiata e il treno vola, vola…”.

Di Konstantin Vjalov abbiamo due immagini molto diverse: la prima statica,  (“Il vigile”, 1923), presenta l’imponente figura del piantone  che occupa l’intero dipinto rispetto alla minuscola automobile, siamo ancora nel periodo spartano dove il rigore prevale sull’evasione; nella seconda (“Baku. Ferrovia”, 1933)  non c’è il treno ma un nodo ferroviario reso dai fasci di binari con sullo sfondo  serbatoi e opifici, è la rapida industrializzazione il soggetto, le piccole sagome umane tra le rotaie sono insignificanti rispetto al fervore del lavoro, ancora non irrompe la “felicità della vita”.

Il terzo artista del quale sono esposte opere su due mezzi di trasporto è Georgij Nisskij: all’aereosono dedicate due sue opere in paesaggio nordico: “Aerei sulle montagne”, 1934,  del periodo più duro del “Realismo socialista”, che esprime l’ardimento dei piloti  in condizioni estreme con gli aerei a terra, “Sopra le nevi“, 1964,  dal quale emerge la perfezione tecnologica dell’aereo affusolato che sfreccia sopra la superficie innevata con  la manifestazione concreta della conquista da parte dell’uomo non solo dello spazio ma anche del tempo con la velocità.

Al treno e dedicato “In viaggio”, una composizione di linee convergenti, i binari e le diagonali del palazzo della stazione. L’artista si ispira ai ricordi della stazione ferroviaria del suo paese natio e scrive: “Ancora oggi con lo stesso amore dell’infanzia amo il mio paesaggio, il semaforo, i binari, il bosco dagli alti pini che scompare dietro la curva e  l’infinità della campagna bielorussia cosparsa di brina…”. E aggiunge: “La prima e più vivida impressione che ho avuto è legata alla vista del treno. Cin trepidazione osservavo le locomotive nere e fischianti. Correvano in qualche direzione, lontano. Mi hanno letteralmente rapito, riempiendomi di un entusiasmo mai provato prima”. Sono le prime emozioni che tutti hanno provato all’inizio con questo mezzo di trasporto collettivo;  poi l’emozione  si è estesa guardando lo scorrere dei viaggiatori nei vagoni e ai finestrini, ciascuno con la sua provenienza e destinazione, con la sua storia personale e la sua psicologia. 

Di tutti gli altri artisti è esposta un’opera su un solo mezzo di trasporto. Sempre sul treno, vediamo una locomotiva in arrivo con un  traliccio, è “L’ultima tappa”, 1961, di Mikhail Anikeev.

Sull’automobile  vediamo una delle opere più rappresentative  della mostra, è di Jutij Pimekov, il celebre dipinto “La nuova Mosca”, 1937. Siamo nell’anno successivo alla dichiarazione di Stalin  sulla “vita felice” che,  sia detto per inciso, richiama quasi come una beffa considerando le abissali differenze dei sistemi, il “diritto alla felicità” della Costituzione americana, e il dipinto vuol essere  la fotografia di quanto di più evoluto sia entrato nella vita dei moscoviti:  una grande strada popolata di automobili e di persone, nell’originale visione dal sedile posteriore dell’autovettura decapottabile con al volante dinanzi a un cruscotto sofisticato  una giovane bionda  dalla pettinatura moderna e l’aria emancipata, sullo sfondo il nuovo albergo Moskva e il teatro Bolscioi. Il massimo! Nel 1925 Tamara de Lempicka aveva dipinto “La ragazza sulla Bugatti verde”,  vista di profilo con atteggiamento disinvolto,  la giovane di Pimekov forse è meno sportiva ma altrettanto emancipata.

Sempre di ambiente cittadino  il dipinto di Boris Rybeenkov, “Viale Leningrado”,  1935, una serie di filobus, appena introdotti a Mosca, tra filari di alberi e la gente che affolla la strada, una composizione dal suggestivo contrasto cromatico.

Ma sono gli aeroplani il mezzo di trasporto a cui è dedicato  il maggior numero di opere esposte, oltre alle due già citate.  Vediamo innanzitutto “In aria”, 1932, di Aleksandr Deineka, di cui ricordiamo altre opere su questo soggetto della sua mostra precedente, con il piccolo aereo vicino alla grande montagna,  e “Idroviazione”, 1933, di Boris Tsvetkov,  che invece mostra la visione da un altro aereo, una ripresa dall’alto quindi, della formazione di velivoli , con la terra in basso, in una inquadratura che ricorda l’aerofuturismo, la fase evoluta in cui il pittore ha già provato l’emozione del volo, ci torna in mente la mostra dello scorso anno alla Galleria Russo su Tato,  con una ricca serie di immagini aerofuturiste. 

Deineka ha raccontato così le prime impressioni di volo su “un vecchio aereo che mi è apparso davvero meraviglioso”; “Ho visto la  mia città e i campi illuminati dal sole. E’ stata una sensazione nuova e difficile da  trasmettere, la prima volta che una persona si alza in aria e osserva la sua città in modo assolutamente nuovo… Solo alcuni anni dopo ho visto un nesso tra la mia opera e questo primo volo”.

Vediamo anche “Idrovolanti“, di Vladislav Levant, sebbene sia del 1970 celebra il coraggio e il sacrificio, il velivolo è a terra tra le rocce innevate con le punte delle ali congelate, mentre i piloti  a terra si allontanano nella tormenta di neve.

Gli altri dipinti sono anch’essi celebrativi ma non presentano i velivoli, bensì il “Ritratto di pilota“, 1933, di Aleksandr Samokhvalov, di cui vediamo esposto anche “Bambino con l’aeroplano”, e “L’aviatrice. Ritratto di Katja Mel’nikova”,  1934, di Samuil Adlivankin.

Lo spazio, dall’aerostato alla navicella spaziale

E’ del 1935  il  grande dipinto di Georgij Bibikov, “L’aerostato stratosferico Osoaviakhim”,  con i navigatori in piedi sulla capsula sopra al pallone mentre i soldati trattengono le funi.  Ma già nel 1928  Georgij Ktutilov aveva progettato, nella tesi di laurea “La città volante“,  cabine per gli spostamenti  in superficie,  aria, acqua e abitazioni avveniristiche  in un’ottica spaziale, nella mostra vediamo alcune grafiche.  

Il dipinto-simbolo della “Corsa allo spazio” –  così si intitola l’apposita sezione della mostra – è “Gloria agli eroi della cosmonautica!”, di Mikhail Kuznetov-Volzskij, del 1964, che riproduce il monumento elevato a Mosca nello stesso anno, a celebrazione del primato allora acquisito, è nel vasto piazzale dinanzi all’Hotel Cosmos. Al culmine dell’alta installazione c’è il razzo in volo verso l’infinito lasciandosi dietro la scia che ne costituisce il supporto, il dipinto lo ritrae in atmosfera notturna con la luna che si profila dietro al razzo.

Nel 1982  abbiamo “Vostok 1 si prepara al lancio”,  del tandem  Aleksej Leonov e Andrej Sokolov, Leonov è stato il primo uomo a compiere la “passeggiata nello spazio”, alla passione per la cosmonautica univa quella per l’arte e ha realizzato centinaia di dipinti in tema spaziale;  questo con Sokolov oltre all’imponente struttura della navicella rappresenta gli uomini che ne sono artefici. Il solo Sokolov, il maggiore artista impegnato su temi spaziali,  con “Attraversando un cratere“, dieci anni prima, nel 1972, aveva rappresentato un robot  lunare esplorativo con sullo sfondo il pianeta terra come veniva descritto nei racconti dei cosmonauti e nelle fotografie dallo spazio.

Dopo la navicella, ecco  la base spaziale in  “Un giorno di sole a Bajkonur”, di Aleksandr Petrov, siamo nel 1986-87,  è imminente il lancio del razzo che si vede in fondo, in primo piano dei fitti pilastri “dispersori” in caso di incidenti,  l’ambiente è asettico, l’atmosfera di ansiosa attesa. 

Molta attenzione viene prestata all’elemento umano, come evidenziano due dipinti, “La terra in ascolto”, 1965, di Vladimir Nesterov, e “Costruttori“, 1967, di Ivan Stepanov.  Nel primo si vedono i tecnici in camice bianco assorti nel captare i messaggi con una ragazza davanti a loro che non riesce a trattenere l’emozione, l’artista si era documentato accuratamente; nel secondo dipinto c’è la progettazione per modificare l’ambiente dove si vive e costruire anche così un futuro migliore.

La conclusione non può che essere il dipinto di  Andrej Plotnov,  “Arrivederci, terrestri!”, del 1979, l’artista  celebra  il primo astronauta andato in orbita  con un ritratto fatto a  Yuri Gagarin nel proprio  studio riprendendolo nel gesto di saluto dentro lo scafandro, con il volto illuminato dal sorriso per il  successo ottenuto.

Termina così la prima parte del nostro racconto della mostra, quella dedicata alle opere sui mezzi di trasporto che avevano modificato profondamente la vita dell’immenso territorio sovietico facilitando la mobilità e gli spostamenti, fino alle imprese spaziali viste come sfida al futuro.

Sono opere nelle quali solo indirettamente si percepiscono gli effetti sulla società e sugli individui, anche se non mancano alcuni importanti riferimenti che rientrano nella mistica del regime basata sull’uomo come creatore di progresso. Le opere che commenteremo prossimamente sono invece dedicate essenzialmente all’aspetto umano e sociale di queste trasformazioni.

Info

Palazzo delle Esposizioni, Via Nazionale 194, Roma. tel. 06.39967500, www.palazzoesposizioni.it. Da martedì a domenica  ore 10,00-20,00, chiusura prolungata alle ore  22,30 venerdì e sabato, lunedì chiuso. La biglietteria chiude 45 minuti prima della chiuusura serale. Ingresso intero euro 12,50, ridotto euro 10,00, che permette di visitare tutte le mostre in corso al Palazzo Esposizioni,  in particolare oltre a “Russia on the Road” anche “Impressionisti e Moderni” e “Una dolce vita? Dal Liberty al design italiano 1900-1940”. Catalogo “Russia on the Road 1920-1990”, Istituto dell’Arte Realista Russa, 2015, pp. 192, formato  20 x 25,5, note introduttive di  Matteo Lanfranconi, Leonid Lerner, Gian Piero Piretto, dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. Il secondo articolo uscirà in questo sito il 26 novembre p.v., con 13 immagini sulle altre sezioni. Per gli artisti citati, cfr. i nostri articoli, in questo sito su Dejneka 1°e 16 dicembre 2012,  su Tato 19 febbraio 2015; in “cultura.inabruzzo.it”, su  Tamara de Lempicka 3 articolinelgiugno 2011,  Realismi socialisti 3 articoli nel dicembre 2011 in “fotografia.guidaconsumatore.it”  su Rodcenko 2 articoli  nel dicembre 2011 e su Tamara de  Lempicka 5 luglio 2011  (i due ultimi siti non sono più raggiungibili, gli articoli saranno trasferiti in questo sito).

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante nel Palazzo Esposizioni alla presentazione della mostra, si ringrazia l’Azienda Speciale Palaexpo con i titolari dei diritti, in particolare l’Istituto dell’Arte Realista Russa, per l’opportunità offerta. Dopo le prime 6 immagini, relative ad opere della 1^ sezione “Treni, aeroplani, automobili” citate nell’articolo, 6 immagini della 2^ sezione “Road movie sovietico” che saranno citate nel prossimo articolo e l’ultima immagine della sezione finale  “Corsa allo spazio”. In apertura,   Jurij Pimenov, La nuova Mosca, 1937; seguono,  Boris Rybcenko, “Viale Lenigrado”, 1935, e Aleksandr Labas, “Metro”, 1935; poi Georgij Nisskij,  “In viaggio”, 1958-64, e Aleksandr Deineka,  “In aria”, 1932; quindi, Aleksandr Samokhvalov, “Ritratto di pilota”, 1933, e Julija Razumovskaja, “In tram”, anni ’30; inoltre, Grigorij Segal, “Sulla scala mobile“, 1941-43, e Anatolij Papjan, “Andando a studiare”, 1053;  infine, Aleksandr Deineka, “I versi di Majakovskij”, 1955,  Eduard Bragovskij, “In viaggio, Kotlas”, 1961, e Aleksandr Petrov, “Stazione Kazanskij”, 1981; in chiusura, Mikhail Kuznetsov Volzskij, “Gloria agli eroi della cosmonautica!”,  1964.