di Romano Maria Levante
Ai Mercati di Traiano, Museo dei Fori Imperiali, dal 22 maggio 2015 al 7 febbraio 2016, la mostra “Pablo Atchugarry. Città eterna, eterni marmi”, espone 40 opere in marmo, una diecina delle quali monumentali, nella cornice unica del complesso archeologico-museale dei Fori imperiali in cui le composizioni scultoree sono inserite organicamente, in esterni e anche in interni, tra ruderi e arcate in una simbiosi carica di richiami e di significati. Promossa dalla Fundaciòn Pablo Atchugarry con l‘ILA, IstitutoIitalo-Latino Americano, l‘Assessorato a Cultura e Turismo e la Soprintendenza Capitolina ai beni Culturali, organizzata da Visiva, servizi museali di Zétema Progetto Cultura.
La cornice dei Mercati di Traiano è straordinaria per gli “eterni marmi” di Atchugarry abbinati alla “città eterna”, abbiamo visto il Foro romano teatro ideale per le “genesi” di Deredia, la magia si ripete.
Nel caso attuale l’abbinamento va oltre l’aspetto coreografico per entrare in profondità nella concezione stessa di scultura dell’artista di grande livello internazionale, molto legato all’Italia.
Il percorso artistico
Consideriamo intanto il suo percorso, iniziato precocemente quando i genitori, appassionati d’arte, ne scoprirono il talento. Iniziò con la pittura, passando poi a materiali quali legno, ferro e cemento, materiale quest’ultimo nel quale a 17 anni crea la prima scultura, un cavallo, passando a 20 anni a “Maternitad” e “Metamorfosis femenina”e a temi che precorrono la sua visione futura, come “Metamorfosis prehistòrica”, “Escritura simbòlica” ed “Estractura còsmica”, tutte del 1974, è nato a Montevideo nel 1954.
Dopo quattro anni mostre in Uruguay e in altri paesi sudamericani, Argentina e Brasile, e viaggi in Europa: Spagna, Francia e Italia. A Lecco a 24 anni la sua prima personale cui seguono mostre in varie città europee, da Milano a Parigi, Copenaghen, Stoccolma.
L’anno dopo, nel 1979, a 25 anni, la “scoperta” del marmo, che avviene nella patria di questo materiale, a Carrara, dove crea “La Lumière”, la sua prima scultura marmorea; tre anni dopo elabora il primo progetto monumentale in quel marmo pregiato e crea su un blocco di marmo di 12 tonnellate, “La Pietà”. Da quell’anno, 1982, si stabilisce a Lecco, dove resterà sempre dividendosi con Manantiales dove ha sede la sua Fondazione instituita nel 2007 come luogo di incontro tra artisti di tutte le discipline. Ma torniamo alla prima fase della sua “escalation” artistica, è del 1987 la sua prima mostra personale di scultura, a Milano nella Cripta di Bramantino, la presenta il grande critico Raffaele de Grada.
Meno di dieci anni dopo , nel 1996, la sua scultura “Semilla de la Esperanza” viene collocata nel parco del Palazzo del Governo uruguayano, e la sua produzione ha raggiunto un livello tale che viene istituito il Museo Pablo Atchugarry, che raccoglie le opere e l’intera documentazione.
In Italia vengono celebrati i 20 anni trascorsi dall’arrivo nel nostro paese con una mostra a Milano intitolata “Le infinite evoluzioni del marmo”, mentre l’artista dà l’avvio alla prima opera monumentale per una cittadina in provincia di Udine, Manzano: si tratta dell’ “Obelisco del Terzo Millennio”, in marmo di Carrara alto 6 metri. , e gli viene commissionato, dopo un concorso in cui risulta vincitore, il monumento della stessa altezza di 30 tonnellate, , in marmo bianco Bernini, “Civiltà e cultura del lavoro lecchese”. Negli stessi anni, è il 2002, realizza l’opera “Ideali” per Monaco, nel cinquantenario di Ranieri a Montecarlo.
E’ contemporaneo il premio “Michelangelo” a Carrara, la realizzazione di nuove opere ormai si alterna ai riconoscimenti e alla partecipazione a grandi mostre.
Opere, mostre, riconoscimenti
Con il complesso scultoreo “Sognando la Pace”, in 8 pezzi tra marmo di Carrara e marmo della Garfagnana, partecipa alla Biennale di Venezia del 2003, realizza l’opera “Ascensione” per una fondazione di Barcellona, nel 2004 “Energia vitale” in marmo rosa del Portogallo per il Beilinson Center di Israele. Nel 2007, l’anno della Fondazione a lui intitolata, termina l’opera monumentale “Nella luce”, 8 metri in un blocco di 48 tonnellate per la raccolta Fontana, nel 2009 per il centenario della città realizza “Lux y Energia de Punta del Este”, un’opera alta 5 metri in marmo di Carrara. Ancora, nel 2011 il suo “Abbraccio cosmico” è terminato, un’opera alta 8,5 metri da un blocco di 56 tonnellate. Stessa altezza “Movimento nel mondo” per Kallo-Bergen in Belgio.
Per le grandi mostre abbiamo citato la Biennale di Venezia del 2003, poi nel 2005 la sua mostra al Museo delle Belle Arti di Buenos Aires e nel 2006 al Museum di Brugge in Belgio, viene acquistata l’opera “Camino Vital” dalla collezione Berardo, in Portogallo; nel 2007 in Brasile retrospettiva a Brasilia, poi a San Paolo e a Curitiba, dal titolo “Lo spazio plastico della luce” con nota critica di Luca Massimo Barbero, a San Paolo un’altra grande retrospettiva nel 2014, questa volta intitolata “A Viagem pela materia”. Nel 2008 a cura del Museo Nazionale di Arti Visive una retrospettiva delle opere realizzate negli ultimi quindici anni a Montevideo, la sua città,
Nel 2011 prima personale a New York alle Hollis Taggart Galleries, l’anno successivo la sua opera “Dreaming New York” viene selezionata dalla Times Square Alliance ed esposta durante la manifestazione newyorkese The Armory Show Art Fair.
Con la mostra romana che si svolge per un periodo di ben otto mesi, questa intensa attività trova un momento di grande rilevanza pratica e simbolica: gli “eterni marmi” nella “città eterna”, tra ruderi antichi e di arcate, con la prospettiva dei Fori Imperiali in uno scenario unico al mondo, un set teatrale degno per opere molto particolari da interpretare con attenzione.
Nel 2013 è stato pubblicato il “Catalogo Generale della Scultura”, due volumi a cura di Carlo Pirovano, con tutte le sculture realizzate nell’intero percorso artistico lungo l’arco di un trentennio.
Le 40 sculture ai Mercati di Traiano
Tratteggiato sommariamente questo percorso, passaimo in rassegna le 40 sculture quasi tutte in marmo bianco di Carrara,con qualche marmo colorato e alcuni bronzi, esposte nell’ampia superficie dei Mercati Traianei con attenzione alle inquadrature e agli scorci; le più grandi tutte “en plein air”, alcune più piccole negli interni degli antichi mercati.
Diciamo subito che poche sono figurative, per così dire. In particolare, “Le tre Grazie”, 1999, armonia, leggerezza, anzi lievità in un gruppo statuario di quasi 3 metri, con le tre figure che si protendono verso l’alto, stesse dimensioni e medesima sensazione in “Cariatide”, 1994, sebbene il titolo evochi qualcosa di schiacciato, l’opposto forse in omaggio a quelle del Partenone, cv’è anche una “Cariatide” in bronzo, 2006, alta più di 2 metri.
Sembrano scaturire dalla terra per protendersi in alto “Fiore”, 1994, “Vita”, 1996, e “Natura in fiore”, 2002, quest’ultimo alto 3 metri e largo 2, come “Pomona”, 1994, e soprattutto “Vertunno”, 1997, più ancorate al suolo anche per la loro maggiore larghezza con in Vertunnno supera i 2 metri, poco meno dell’altezza di 2,60, un’eccezione che conferma la regola della tensione verticale.
Tensione realizzata appieno in “Il grande angelo”, 2006, che vibra di forza ascensionale. Sono queste le opere di maggiori dimensioni, dei veri monumento marmorei che con le loro forme marmoree allungate proiettano lame di luce nel loro biancore abbagliante, uno spettacolo!
Oltre ad essere le più maestose, sono le uniche con un titolo, tutte le altre sono “Senza titolo”, quindi l’interpretazione è lasciata all’osservatore, c’è da scoprire l’intendo recondito dell’artista che si è espresso nella forma marmorea. Le più grandi tra queste sono una composizione a forma di croce in marmo rosa del Portogallo, del 2003, alta quasi 3 metri, e alcune del 2015 di cui una in marmo di Carrara alta circa 2,5 metri, tre in bronzo, marmo rosa del Portogallo e marmo di Carrara alte circa 2 metri. Segue una serie tra 1 metro e 1 metro e mezzo, di otto sculture. di cui 2 in bronzo, una in marmo rosa del Portogallo e 5 in marmo di Carrara. Tutte protese verso l’alto con larghezza per lo più di 30 cm, poche di 50-60.
Infine le opere più piccole, alte meno di un metro, le vediamo negli spazi interni, sono una diecina, di cui 4 in bronzo e una in marmo rosa del Portogallo, le altre in marmo di Carrara.
Significato e valore dell’opera di Atchugarry
L’impressione non cambia, la proiezione verso l’alto è evidente, e per approfondirne il significato ci affidiamo ai commenti colti di grandi esperti di un’arte come la scultura di cui ci sono giunte le maggiori testimonianze dalla notte dei tempi, per la sua resistenza all’usura del tempo. Reperti numerosissimi a Roma molto diversi dall’espressione contemporanea del nostro artista, nella quale comunque vengono trovati riferimenti storici proprio a quell’arte antichissima di trovare nella pietra “in nuce” ciò che si vuole esprimere e rivelarla lavorandola con la tecnica alimentata dalla passione.
“A quegli eterni marmi sembra ispirarsi Pablo Atchugarry – afferma Claudio Parisi Presicce – a quelle icone riprese per linee essenziali e di cui basta un particolare minimo, un minimo frammento, un accenno di panneggio, per richiamare alla memoria un classico peplo greco o un abito romano Che ben si sposa e si ricongiunge all’aura mitica del Foro di Traiano.”. Le parole del Soprintendente capitolino ai beni culturali rendono l’atmosfera e aiutano a individuare i richiami delle opere “alla sua storia e alla bellezza eterna. Espressa nella materia. In forme nuove”.
Cerchiamo di capire come nascono queste “forme nuove” di un artista contemporaneo che va oltre la visione michelangiolesca dell’opera finita nel blocco di marmo per cui l’opera dello scultore consiste nel liberarla e rivelarla traducendo in una forma tangibile l’ispirazione fino a porre a confronto, ad opera compiuta, l’idea e la sua concretizzazione.
“Pablo Atchugarry fa molto di più, nell’inseguimento di tale utopia, dal punto di vista strettamente concettuale – scrive Luciano Caprile – parte da una ipotetica immagine mentale, la spoglia di ogni identificazione concreta e ne ricerca le tracce nel marmo che sta scalpellando in quel momento. Non ha bisogno di un progetto: gli basta seguire la linea dell’ispirazione suggerita dalla materia nel divenire del gesto, nel processo del togliere”. Non ricerca, dunque, una figura concreta, definita e stabile nel tempo, ma un’impressione astratta e momentanea, che evolve con i “suggerimenti di una materia duttile” in un disvelamento progressivo che trova conferme nella stessa materia. A differenza del marmo di Carrara con altri marmi, come quello rosa del Portogallo, le impurità e le vene cromatiche lungi dall’ostacolare tale processo, imprimono svolte e percorsi inattesi, in tutti i casi, comunque, il rapporto con la materia è creativo e si conclude con “la felice liberazione da quell’involucro evocato dal concetto michelangiolesco”.
Questo avviene sia quanto l’artista è alle prese con opere monumentali e la materia è un blocco di marmo di diecine di tonnellate, quindi i livelli da seguire e interpretare sono molteplici, sia quando si tratta di piccole sculture nelle quali sembrerebbe trattarsi soltanto di mera realizzazione pratica.
Il riferimento alla “città eterna” degli “eterni marmi” non è soltanto dovuto alla circostanza dell’esposizione nel set prestigioso dei Mercati Traianei. Il marmo di Carrara della maggior parte delle opere è lo stesso che dalla statuaria classica dell’antica Roma attraversa il Rinascimento fino al Barocco e approda ora ai giorni nostri con questo artista intriso di classicità se, come abbiamo potuto verificare, le tracce di panneggio e peplo romano sono come un sigillo nelle sue opere.
Se poche opere sono propriamente figurative, l'”aggancio figurale” resta come punto di partenza ideale da cui l’artista si libra spinto dalla forza del proprio pensiero verso un sublime sempre più alto che per questo tende all’astrazione. L’altezza non va intesa sempre come verticalizzazione anche se, come abbiamo visto, è questa l’elevazione di gran lunga prevalente, nei già citati “Pomona” e “Vertunno” la forza si sprigiona in senso laterale per esprimere germoglio e fioritura. E non viene percepita solo nelle opere monumentali, ma anche nelle opere più piccole. “Come si può constatare, conclude Caprile, il concetto di equilibrio e di armonia non viene condizionato dalle dimensioni, dagli argomenti trattati o dalla sostanza su cui viene sollecitata l’invenzione”. Sono tutti “eterni marmi” perché alimentano e insieme rappresentano “l’eternità creativa”.
Alle tante manifestazioni a Roma di questa forza potente che proviene dalla scultura classica e moderna la mostra di Atchugarry ai Mercati di Traiano pone la sua scultura contemporanea su un livello di assoluta eccellenza nel coniugare le scelte innovative con il respiro classico dell’eternità.
Info
Mercati di Traiano, Roma, via Quattro Novembre 94. Da martedì a domenica ore 9,30-19,30, lunedì chiuso, la biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso ai Mercati di Traiano – Museo Fori Imperiali e alla mostra: intero euro 14,00, ridotto euro 12,00, residenti in Roma 2 euro in meno, gratuito per le categorie legittimate. Tel. 060608, http://www.mercatiditraiano/ – http://www.zetema.it/. Per le altre mostre di scultura classica, cfr. i nostri articoli, in questo sito, ai Musei Capitolini “L’Età dell’Angoscia” 31 luglio, 3 e 22 agosto 2015, e “L’Età dell’Equilibrio” 26 aprile 2013, “Augusto nel bimillenario alle Scuderie del Quirinale” 9 gennaio 2014, “Caligola al Vittoriano” 8 giugno 2014,“Le collezioni Zevi-Santarelli alla Fondazione Roma” 15 ottobre 2012; in www.antika.it , “L’Età dell’Equilibrio ai Musei Capitolini” aprile 2013, “Nerone in mostra ai Fori Imperiali e al Colosseo” 23 ottobre 2011; in “cultura.inabruzzo.it” “Deredia, genesi e simbolismo cosmico al Palazzo Esposizioni, Fori e Colosseo” 12 agosto 2009 (gli ultimi due siti non sono più raggiungibili, gli articoli saranno trasferiti in questo sito).
Foto
Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante alla presentazione della mostra, si ringrazia l’organizzazione con i titolari dei diritti, in particolare l’artista, per l’opportunità offerta. In apertura, una vista d’insieme con “Vertunno” e “Le tre Grazie”, sullo sfondo l’angolo sinistro del Vittoriano; seguono, “Le tre grazie” , 1999, h 260, in primo piano, e “Cariatide”, 1994, h 230; poi, “Fiore” , 1994, h 200, e “Vita”, 1996, h 250; quindi, “Natura in fiore”, 2002, h 300, e “Pomona”, 1994, h 260; inoltre “Vertunno”, 1997,h 260,in primo piano, e “Il grande Angelo“, 2006, h 325; infine, 4 “Senza titolo”, 2 in marmo di Carrara alternate a 2 in bronzo, alte circa 2 metri, l’ultima del 2015; in chiusura, la vista panoramica dai Mercati di Traiano verso il Vittoriano, i Fori Imperiali sono sulla sinistra.