Impressionisti, “Téte a Téte”, ritratti dipinti e scolpiti, al Vittoriano

di Romano Maria Levante

Al Vittoriano, dal 15 ottobre 2015 al 21 febbraio 2016,  la mostra “Impressionisti dal Musée d’Orsay. Téte a Tète”, espone quasi 70 opere del Musée d’Orsay e de l’Orangerie,   51 dipinti e 16 sculture collocati in 5 sezioni tematiche: “Un nuovo ritratto d’artista” e “L’intimità”, “Ritrarre l’infanzia”, “Mondanità” e “Modernità”. Realizzata da “Comunicare Organizzando” di Alessandro Nicosia, a cura dei vertici del museo francese, Guy Cogeval, Ophélie Ferlier, Xavier Rey, che hanno curato pure il Catalogo Skira.  La chiusura inizialmente prevista per il  7 febbraio, per il notevole  afflusso di visitatori è stata prolungata di due settimane.

 Dopo “Da Corot a Monet, la sinfonia della natura”,  del 2010 al Vittoriano, e la contemporanea “Impressionisti e Moderni. Capolavori della Phillip Collection di Washington”,  stesse date di apertura e chiusura al Palazzo Esposizioni ma con pochi dipinti impressionisti, viene presentato un aspetto del grande movimento pittorico diverso da quello con il fascino ineguagliabile dei paesaggi dipinti  “en plein air”, quindi ritenuto meno attraente.

La mostra, forse anche per questo, accompagna il titolo “Impressionisti”  in grande evidenza, con  due sottotitoli. Il primo rimanda al Musée d’Orsay, del quale al Vittoriano sono stati già presentati di recente altri capolavori, con la storia del museo; questo si inserisce nel filone delle mostre alimentate da singole collezioni come le precedenti alle Scuderie del Quirinale sulle collezioni di “Al-Sabah Kuwait. Arte islamica”, al Palazzo Esposizioni sul “Guggenheim” “I capolavori dello Stadel Museum”, alla Fondazione Roma sulla collezione “Zevi-Santarelli“, per citarne alcune importanti. 

Il secondo sottotitolo, il piccolo quanto ermetico corsivo “Tète a Tète”, indica che sono “Ritratti”, ma non è reso esplicito. 

L’innovazione  impressionista rispetto al ritratto tradizionale

Il perché lo dice Guy Cogeval presentando la mostra che ha curato parlando del ritratto:”Il genere in sé non ha mai suscitato grande attenzione. Sembra quasi che gli storici dell’arte abbiano trascurato il fatto che la ritrattistica è stata il veicolo privilegiato di quell’avanguardia pittorica che si impose sulla scena artistica a partire dagli anni sessanta dell’Ottocento”.

L’attenzione per la vita moderna e l’evoluzione sociale, mentre entrava con prepotenza la fotografia, “fanno del ritratto un passaggio obbligato della stagione impressionista, al quale è stimolante associare la scultura”. Il “téte a téte” della mostra  avviene non solo con le figure dipinte  ma anche con i busti scolpiti, inseriti nelle varie sezioni tematiche in una compresenza pittura-scultura stimolante, tanto più che nel caso di Degas lo stesso artista opera nei due settori.

Il presidente del Musée d’Orsay spiega poi che il ritratto impressionista non va confuso con la ritrattistica consueta per la sua carica innovativa: “Il ritratto si confonde così con la pittura di genere, e assume un’importanza cruciale una volta abbandonati i grandi soggetti accademici. Partecipa inoltre a pieno titolo a un movimento che rivoluzionerà il modo di dipingere”.  Dinanzi ad alcune figure che rendono appieno ceto sociale e ambiente  Cogeval  esclama: “Si può ancora parlare di ritratto? E’ del tutto legittimo porsi questa domanda e cercare di individuare le ragioni profonde di questo tipo di rappresentazione”.

Una risposta la dà Louis Godart, il Consigliere per la Conservazione del Patrimonio Artistico del Presidente della Repubblica Italiana”  che pone l’accento sull’interesse a rendere l’evoluzione del costume come indicatore della modernità: “Le norme del ritratto si allargano fino ad autorizzare la resa di figure tipiche e di scene d’insieme, nelle quali l’individuazione dei personaggi vale come garanzia di veridicità”. Perciò “scompaiono le distinzioni tra i generi, tanto che diviene difficile distinguere il ritratto di un individuo da quello di un modello professionale, assunto per definire un tema pittorico o una figura della vita dell’epoca”.  Ed ecco come si configura il nuovo ritratto: “Non si tratta più della riproduzione di una fisionomia o dell’analisi di un carattere, ma dell’istantanea di un essere umano in un contesto familiare o sociale, magari circondato da quelli che incidono sulla sua vita. Il modello, non più fissato in una convenzione fuori dal tempo, è vivo nel mondo”.

Con una premessa così illuminante si può passare alla visita alla mostra, per cogliere direttamente  questi motivi, che riportano alla società e al mondo culturale francese resi attraverso soggetti della vita comune  immersi nel fervore del loro tempo, al posto dei personaggi studiati per se stessi e ripresi dalla storia, quindi in un’aura accademica e celebrativa lontana dalla realtà quotidiana..

Il ritratto impressionista in pittura e scultura

La 1^ sezione, “Un nuovo ritratto d’artista”, presenta subito una galleria particolarmente ricca di dipinti e sculture in un inconsueto raffronto tra due forme espressive così diverse su soggetti interpretati  con lo spirito nuovo di cui si è detto,  tradotto in visioni e tecniche innovative.

I pittori  si cimentano in “Autoritratti”, vediamo esposti  quelli  giovanili di Léon Bonnat ed Edgar   Degas, entrambi del 1855,  quando frequentavano insieme l’Ecole des Beaux Arts, nel primo c’è un lontano paesaggio rinascimentale, il secondo è concentrato nell’espressione pensosa.

L’ “Autoritratto”  di Paul  Cézanne, 1875,  è uno dei numerosissimi che dipinse nelle sue varie età,  portando il ritratto in una nuova dimensione psicologica, è  impressionante l’intensità del viso corrucciato, mentre  un quadro con alberi dipinti occupa lo sfondo della parete dietro la testa.

Addirittura  l’autoritratto di Charles Durant  è da“Convalescente”,1860, abbandonato sulla poltrona a lato di un tavolino a occhi chiusi con la testa appoggiata a un cuscino.

Fréderic Bazile  si rappresenta non da solo, ma in un momento di vita quotidiana  nell’“Atelier di Bazile”, 1870,  con sei pittori nel vasto ambiente con una poltrona e una stufa,  una scala in legno a sinistra con due di loro, mentre tre al centro discutono e uno a destra suona seduto al pianoforte;  il tutto con la presenza dominante dei quadri alle pareti e a terra, se ne contano una quindicina, almeno sei di grandi dimensioni, una scena spettacolare. Pur se ripresi da lontano sono ben riconoscibili  Monet e Renoir, Sisley e Manet, oltre a Bazille, si rivelerà un vero poker d’assi.

Dello stesso Bazille vediamo anche “Pierre Auguste Renoir”, 1867, che introduce ai ritratti  di artisti colleghi, in questo modo il genere diventa, a differenza del passato, un elemento della quotidianità e della resa dell’ambiente in cui vivevano. Veniamo così a conoscere aspetti della vita di allora all’interno del mondo artistico, ma vedremo poi che si allarga alla  società. Il ritratto di Renoir è confidenziale, è seduto  sulla sedia con le braccia nelle ginocchia che sono sollevate.

Pierre Auguste Renoir, a sua volta, ritrae “Claude Monet”, 1975, .mentre si appresta a dipingere, con il camice, la tavolozza nella sinistra e il pennello nella destra, nel vano di una finestra con delle piante e una tenda semiaperta, immagine che rende il rapporto amichevole e confidenziale.

Negli stessi anni Edgar Degas, di cui abbiamo visto l’Autoritratto giovanile di venti anni prima, presenta il “Ritratto degli incisori Desboutin e Lepic”, 1876-77,  mentre lavorano su una lastra per la stampa con un unico esemplare di cui lui si serviva, espressione intensa in ambiente oscuro.

“Degas e la sua modella”, 1906,  sono ripresi da Maurice Denis  trent’anni dopo, in atteggiamento disinvolto, visti di profilo mentre lui sembra darle delle indicazioni con in mano un taccuino, entrambi vestono  pesanti abiti scuri e hanno il cappello, lo sfondo è illuminato da un suo quadro.

Ritroviamo Charles Durant, dopo il “Convalescente”, con “Edouard Monet”,  1880, lo ritrae con cappello e abito chiaro all’esterno in uno sfondo indistinto spiccatamente impressionista.

A sua volta Edouard Manet   è autore del ritratto di “Stéphane Mallarmè”, molto confidenziale anche questo, una vera istantanea, il poeta seduto in modo disinvolto sembra gesticolare con la mano destra sopra alcuni fogli evidentemente delle sue poesie.

Dal poeta al musicista, dopo i pittori ,  Marcel Baschet  ritrae “Claude Debussy”, 1884, lo sguardo fermo e determinato, nessuna indulgenza  all’ambientazione, fondo scuro nel ritratto d’altri tempi.

Non sono d’altri tempi i 5 ritratti in bronzo esposti, segnano anch’essi una svolta perché viene colto l’attimo, diremmo l'”impressione”  invece del paludato atteggiamento della tradizione, per cui appaiono volti molto marcati su busti anch’essi  inattesi pur nei limiti dati dalla rigidità del genere.

Ritratti ancora dei “colleghi” nell’arte, di Paul Paulin  con il busto “Edgar Degas a 72 anni“,  1907, austero e dignitoso ma certamente non convenzionale, caratteristica ancora più spiccata in Rodin. Del grande Auguste Rodin, di cui troveremo  altre sculture nelle sezioni successive, “Pierre Pavis de Chevennes”,  1890-1901, è in qualche misura assimilabile al precedente nella posa austera, anche se gli abiti che si intravvedono nel busto sono moderni per volontà del rappresentato.  Molto diverso  “Alphonse Legros”, 1881-82,  solo la testa con il viso colto in una smorfia drammatica. E “Victor Hugo“, 1897, un busto senza abiti con la testa reclinata che conferisce al viso una maestosità al di fuori da ogni confronto, è l’opera che per Louis Godard spicca su tutte le altre.

Troviamo Rodin  come soggetto del ritratto di uno scultore di cui vedremo altre opere:  di   Paolo Troubetzkoy, “Auguste Rodin”, 1906, un bronzo a figura intera della stessa altezza dei busti,  in posa disinvolta con le mani in tasca, anche se austera, confidenza tra colleghi ma altrettanto rispetto.

Intimità e infanzia

Nella  2^ sezione, “L’intimità”, la nuova concezione del ritratto si alimenta di ulteriori motivi, come il ruolo dominante assunto con la rivoluzione industriale dalla borghesia rispetto alle classi nobiliari e quindi l’interesse ad esplorarne la personalità non soltanto attraverso i caratteri del volto ma entrando nella sua sfera intima, fatta di atteggiamenti e di atmosfera che ne renda il privato.

“Abito rosa”, 1864, di Frédéric Bazile ne dà una dimostrazione evidente, riprende la cugina Thérese des Hours  mentre guarda il panorama assolato della località presso Montpellier dove abitava la famiglia, è girata di spalle e il volto non si vede, ma l’intimità  psicologica è notevole.  “L’ortensia e le due sorelle”, 1894, di Berthe Morisot rende l’intimità  nel gesto della seconda sorella di sistemare l’acconciatura alla prima,  in un ambiente lussureggiante con la grande ortensia.

Si tratta di due esterni, ma sono gli interni il connotato fondamentale del nuovo ritratto perché di lì nasce l’intimità.. Lo vediamo in due ritratti pur molto diversi, “Madame Proudhom”, 1865 , di Georges Courbet,  in  una posa rilassata e amichevole, con un’espressione compiaciuta, e  “Charlotte Dueburg”, 1882, di Henry Fantin-Latour,  in una posa rigida e sostenuta con un’espressione altera, la stessa che ha in un  dipinto precedente dello stesso autore in cui è ripresa con altri tre membri della “Famiglia Duesburg“, 1878. Per entrambi gli artisti c’è un rapporto speciale  con i soggetti,  Proudhom  era il celebre filosofo evidentemente amico, i Dueburg  stretti familiari della moglie di Fantin-Layour, Charlotte.  Intimità domestica ancora maggiore in “La famiglia Haléry”, 1903, di Jacques Emile Blanche, rispetto alla “Famiglia Duesburg” in posa quasi dinastica, qui le tre figure sono  sorprese nell’intimità domestica, due alzano gli occhi come se il pittore fosse un fotografo entrato all’improvviso nella stanza, la terza donna  non se n’è accorta.

Un altro modo  di rendere l’intimità lo vediamo in “Alice Maréchal”, 1892, di Georges Lemmen, con la figura seduta su una sedia di cui si vede la spalliera modesta, dietro una scansia con delle ampolle, e in “Donna con fazzoletto verde”, 1893, di Camille Pizzarro, anche qui un arredo domestico, sedia  e tavolino, in più il particolare dell’abbigliamento, entrambe viste  di tre quarti.

E siano a Edgar Degas, presente nella sezione con  tre dipinti: due figure singole,“Hilaire de Gas”, 1857, la posa del personaggio è austera ma l’intimità è resa dal  bastone sulle ginocchia e dal divano, e “Ritratto di donna con vaso di porcellana”, 1872,  oltre al vaso domina il grande fiore rosso alla sommità, vent’anni prima dell’ortensia della Morisot; tre commilitoni, “Jeantaud, LIonet, Lainé”, 1871, sorpresi in pose confidenziali, come  gli Halery di Emile Blanche trent’anni dopo.

Di Degas sono esposte anche tre sculture in bronzo: “Ritratto, testa poggiata sulla mano”, 1882-95, l’impressionismo nei lineamenti solo abbozzati, l’intimità nella malinconia; e “Testa, studio per  il ritratto di Madame S.” in due versioni, “piccolo” di 14,5 cm, come coperto da un velo, “grande” di 24 cm, più definito. L’artista nella sua esplorazione della figura umana non si limita alla pittura.

Un’altra sorpresa, un busto in malta policroma di Auguste Renoir, “Madame Renoir”, 1916, il colore rosa e il cappellino con fiori rendono l’intimità affettuosa. Come nel dipinto  “Donna con jabot bianco”, 1880,  con il particolare vezzoso dell’abbigliamento,  mentre “William Sisley”, 1964, sempre di Renoir, rientra nella moda sorta di ritratti tra artisti in atteggiamento confidenziale.

Con Renoir passiamo alla sezione “Ritrarre l’infanzia”, una sua piccola personale  molto suggestiva, i caratteri impressionisti sono ben più valorizzati che nelle opere fin qui commentate. Va premesso che l’attenzione all’infanzia è un’altra svolta nel costume colta dall’impressionismo: prima i bambini apparivano solo in gruppi familiari, non erano concepiti nella società come entità con diritti autonomi, come quello all’educazione invece del lavoro minorile dell’epoca precedente.

La galleria di Auguste Renoir inizia con Fernand Halphen bambino”, 1880, vestito alla marinara, e “Julie Manet”, 1887, con il micino in braccio che fa le fusa, tendenzialmente precisionisti. Mentre  “Bambina con cappello di paglia”, 1908, e” Geneviéve Bernheim de Villiers“, 1910,   presentano i caratteri dell’impressionismo  più suggestivo, con figure infantili  dalla forte personalità; lo stesso nel “Ritratto della signora  Bernheim-Jeune e del figlio Henry”, 1910, con il fratello di Geneviéve. Un  terzo bambino della famiglia “Claude Bernheim de Villers”, 1905-06,  ritratto  da Edouard Villard,  è altrettanto impressionistico, il bimbo quasi si confonde con il divano a macchie di colore.

Abbiamo poi due scene di vita familiare.“Ogni felicità”, 1880, di Alfred Stevens, resa con la  fusione tra madre e bambino nell’abito che sembra unico, il padre di spalle allo scrittoio; “Bambino e donna in un interno”, 1890, di Paul Mathey, mostrano il bimbo in primo piano, mentre nella stanza retrostante si vedono due figure impegnate nel lavoro domestico indubbiamente secondarie.

C’è  anche una scultura in bronzo di Medardo Rosso del 1906, e che scultura!  Doveva essere il “Ritratto di Alfred William Mond a sei anni” commissionatogli dal ricco industriale Emil Mond, ma lo scultore ne vide il viso dietro una cortina e lo rappresentò come con un velo che ne copriva i tratti trasfigurandone i lineamenti fino a distaccarsi dal soggetto per diventare, come disse l’artista, “una visione di purezza in un mondo banale”, Divenuta una rappresentazione dell’infanzia senza nome, prese il nome di  “Impressione di bambino”, poi, nel 1909, di “Ecce puer” come “Ecce Homo”.

Mondanità e Modernità

Dall’infanzia all’espressione meno intima ma altrettanto  personale dell’epoca nella sezione “Mondanità” che ci fa entrare ulteriormente nella vita di società di un tempo vivo e vivace. .

Lo vediamo soprattutto negli abiti, la piccola personale di Auguste Renoir continua con due donne sedute, “Colonna Romano”, 1913,  in interno e “Ritratto di Madame Bernheim de Villers”, questa volta senza il figlio Henry, in giardino;  e delle figure in piedi, “Charles de Coeur”, 1874, e “L’altalena”, 1876,  due esterni con vere esibizioni di moda maschile e femminile; in “Madame Dorras”, 1868, un primo piano del volto con la veletta che scende da un vistoso cappello nero.

 Esibizioni di moda anche in “Giovane donna in abito da ballo”, 1894, ritroviamo Berthe Morisot; in “La viscontessa del Poilloie di Saint-Périer”,1883, di John Singer Sargent, e “Nella serra”, 1881, di Albert Barttholomé. Ma soprattutto in “Ritratto della signora Jourdain”, 1886, di Albert Besnard, e in “Ritratto della signora Max”, 1996, di Giovanni Boldini, due giovani donne in piedi con  movenze addirittura da mannequin nel valorizzare i loro lunghi abiti da sera molto eleganti. Invece è seduta, altrettanto elegante,  “La contessa di Keller”, 1873, di Alexandre Cabanel.  A questo dipinto accostiamo “Madame Vicuna”, 1882, scultura in marmo di Auguste Rodin, dopo i visi bronzei scavati visti in precedenza, qui un busto delicatissimo e levigato molto elegante.

L’eleganza nella figura intera in scultura è espressa dai due bronzi imponenti,  “Madame Adelaide Aurnheimer“,1897-98, e “Il conte Roberto di Montesquieu”, 1907,  di Paolo Troubetzkoy, 1997-98 e nella lastra di bronzo di stile classico “Anna Lyman Gray”, 1902, di Augustus Saint Gaudens..

Nella sezione anche due dipinti di Edouard Manet, “Angelina, o donna alla finestra”, 1865, e “Il balcone”, 1868-89″,  nel primo ritrae una spagnola, nel secondo tre figure che non comunicano, sono artisti, un pittore, un violinista e la pittrice Berthe Morisot di cui abbiamo visto delle opere. L’estraneità tra loro, fatto inedito nei gruppi che provocò polemiche, fa entrare nella modernità.

Proprio  alla “Modernità” è dedicata l’ultima sezione della mostra,  con tre dipinti del grande Paul Cézanne, simbolo della modernità post impressionista, con il rovesciamento dato dalla costruzione dello spazio con la ricerca dei volumi e delle forme al posto degli effetti di luce e dei colori scomposti. Vediamo “Ritratto di Madame Cézanne”, 1885-90,   “I giocatori di carte”, 1890-92,  e “Donna  con caffettiera”, 1890-95,  senza dubbio una  lavoratrice, non amica o familiare. Anche qui una scultura, alta e sottile, “Studio di nudo per la ballerina vestita” 1921-31, di Edgar Degas.

Chiude  la ricca ritrattistica della mostra un dipinto dl 1899, nitido ed essenziale, che viene così presentato alla fine del Catalogo: “Féliz Vallotton con il ‘Ritratto di Monsieur Alexandre Natanson’ apre un’altra strada. L’artista esplora infatti la via di un iperrealismo semplificato che rende omaggio, da un lato ai maestri del Rinascimento, dall’altro alla modernità pittorica che ormai, alle soglie del XX secolo, si sta imponendo. Un’ambizione dall’avvenire fecondo, soprattutto con il ritorno all’ordine e alle fonti classiche che domina in pittura e in scultura tra le due guerre”.

Ci sembra che questa proiezione al futuro con il richiamo al glorioso passato, possa essere la migliore conclusione del nostro racconto di una mostra  insolita e rivelatrice.

Info

Complesso del Vittoriano,  Ala Brasini, lato Fori Imperiali, via San Pietro in carcere. Tutti i giorni apertura 9,30, chiusura dal lunedì al giovedì ore 19,30, venerdì e sabato 22,00, domenica 20,30, ultimo ingresso un’ora prima della chiusura. Ingresso:  intero euro 12,00, ridotto euro 9,00, gratuito ai soggetti legittimati.  Tel. 06.6780664, prevendite 06.32810811. www.comunicareorganizzando.it.  Catalogo “Impressionisti dal Musée d’Orsay. Téte à Téte”, a cura di Guy Cogeval, Ophélie Ferlier, Xavier Rey,  Skira, ottobre 2015, pp. 128, formato 22 x 28, dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo.  Per le collezioni e gli artisti citati nel testo, cfr. i nostri articoli: in questo sito, per  le collezioni “Impressionisti e moderni. Capolavori della Phillip Collection di Washington”  12, 18 e 27 gennaio 2015,  “Musée d’Orsay.Capolavori”, 11 maggio 2014, del  “Guggenheim”  22 e 29 novembre 2012, “Al-Sabah  Kuwait. Arte islamica “  3 e 10 agosto 2015, “Zevi-Santarelli” 15 ottobre 2012, per gli artisti, Cézanne 24 e 31 dicembre 2013,   Rodin  20 febbraio 2013; in”cultura.inabruzzo.it” per “I capolavori dello “Stadel Museum” 3 articoli nel luglio 2011; “Da Corot a Monet, la sinfonia della natura”, 27 e 29 giugno 2010  (il sito non è più raggiungibile, gli articoli saranno trasferiti in questo sito).

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante nel Vittoriano alla presentazione della mostra, si ringrazia “Comunicare Organizzando” di Alessandro Nicosia con i titolari dei diritti, in particolare il Musée d’Orsay, per l’opportunità offerta. In apertura, Paul Cézanne, “Autoritratto”, 1875; seguono, Edouard Manet, “Stéphane Mallarmé”,  1876,  ePierre Auguste Renoir, “Claude Monet”, 1875; poi, Charles Durant, “Convalescente”, 1860, e Fréderic Bazille,  “Pierre Auguste Renoir”, 1867; quindi, Auguste Rodin, “Victor Hugo”, 1897,  e Berthe Morisot, “L’ortensia”  o “Le due  sorelle”, 1894;inoltre,  Pierre Auguste Renoir, “Bambina con cappello di paglia”,  1908, e Auguste Rodin,  “Madame Vicuna”, 1888;  infine, Pierre Auguste Renoir, “Ritratto di Madame Bernheim de Villers”, 1901,  Albert Besnard, “Ritratto della signora  Jourdain”, 1886, e Paul Cézanne, “I giocatori di carte”, 1890-92; in chiusura, un salone dello spazio espositivo con due gruppi scultorei in bronzo di Paolo Troubetzkoi, “ Il conte Robert de Montesquieu”, 1907, al centro, e “Madame Adelaide Auenheimer”, 1897-98, a sin., nella parete si distinguono,  a dx,  Edouard Manet, “Il balcone“, 1868-69, al centro,  Pierre Auguste Renoir, “L’altalena”, 1876, a sin., Berthe Morisot,  “Giovane donna in abito da ballo”, 1879.