di Romano Maria Levante
Alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, dal 20 novembre 2015 al 3 aprile 2016 la mostra “Pablo Echaurren. Contropittura” presenta oltre 200 opere – acrilici su carta e tela, disegni e grafiche, illustrazioni e fumetti – espressioni diverse fortemente caratterizzate di un artista eclettico dal forte impegno civile che si riflette nella scelta espositiva di carattere tematico e non antologico per renderne il percorso legato alle vicende di un periodo animato da movimenti giovanili irridenti e fantasiosi caduto poi nell’incubo degli “anni di piombo”. Organizzata dalla Gnam e la Fondazione Echuaurren Salaris, a cura di Angelandreina Rorro, come il Catalogo bilingue italiano-inglese della “Silvana Editoriale”, con nota critica della curatrice e un’accurata Biografia di Claudia Salaris.
Alla presentazione della mostra abbiamo espresso all’artista la nostra sorpresa nel non trovarvi nessuna delle opere esposte alla precedente grande mostra della Fondazione Roma dall’ottobre 2010 al marzo 2011 al Palazzo Cipolla, a parte i quadratini dell’esordio e qualche illustrazione. E’ straordinario come si sia potuta allestire un’altra esposizione, altrettanto grande, con opere del tutto diverse. Non solo, ma di un altro genere artistico e tipo di impegno, di qui il titolo “Contropittura”.
Si trattava soprattutto di pittura nell’esposizione precedente, con i grandi acrilici su Roma e sulla musica, sulla natura e sull’horror vacui; le sculture e i piatti nelle ceramiche blu, le tarsie variopinte, le copertine di libri come quella divenuta celebre per “Porci con le ali” e altre grafiche.
Il percorso della mostra e gli inizi dell’artista
Ebbene, sono le grafiche su carta il cuore della mostra attuale, in una escalation che iniziando dai caratteristici quadratini percorre l’intera gamma fino alle grandi superfici a forti colori.
Non è questa l’unica e già notevole sorpresa della mostra, c’è dell’altro. L’esposizione di queste sue opere di “contropittura” porta a ripercorrerne le trasgressioni all’insegna della libertà da ogni schema e da ogni allineamento che attraversano una fase particolarmente vivace e creativa della nostra vita civile. E ci riporta agli “indiani metropolitani” di cui l’artista fece parte nel superare, finché fu possibile, con lo sberleffo e il surreale, la deriva politica seguita alla contes1tazione del ’68.
Passare in rassegna le opere esposte fa tornare a quegli anni che si riflettono direttamente nelle varianti fantasiose delle espressioni di uno spirito inquieto disposto a dare tutto se stesso per l’ideale di libertà, fino a rinunciare temporaneamente alla sua vocazione per la forma pittorica.
La curatrice della mostra Angelandreina Rorro ne fa una accurata ricostruzione, rendendo esplicito l’intento di base: “Questa mostra intende ricostruire tale percorso seguendo quel filo che si trova nella sua attività pittorica, anzi ‘contro pittorica’, anche quando questa apparentemente si arresta”.
Va premesso che si tratta di un figlio d’arte, il padre Roberto Sebastian Matta Echaurren, artista cileno che dopo Londra e New York approdò a Roma dove si sposò e nacque Pablo, nome scelto in onore al poeta Neruda – intenerisce il ricordo del piccolo “Pablito” del film “Il Postino” – dal cui cognome per un errore all’anagrafe rimase soltanto quello materno e sparì Matta; viene da sorridere nel pensare che all’anagrafe romana nel 1951 vi fosse la stessa approssimazione immortalata da Mario Puzo nel nome “Corleone” dato al futuro “Padrino” alla frettolosa registrazione di Ellis Island. Anche per il nome una curiosità, oltre a Pablo, Miguel e Papageno, dal Flauto magico di Mozart, abbreviato dai romani in Paino, cioè damerino o giù di lì, verrà chiamato così dagli amici.
La figura del padre non gli fu vicina fisicamente, lui stesso lo definisce “trasparente”, ma non mancò la presenza attraverso lettere con giochi di parole e disegni, oltre che argomentazioni, fuori da ogni schema consueto, del resto Matta era un pittore surrealista e così si esprimeva; se si aggiunge che nelle pareti della sua camera c’erano i disegni dei gatti mito-lirici di Victor Brauner, il poster di “Guernica” e un quadro di Mirò con forme tondeggianti che associava a Topolino, si comprende come posso essere nata la sua spiccata propensione per i “cartoon”.
Si manifestò presto insieme a un’altra attitudine, legata alla passione del collezionismo, dai fossili alle figurine, dalle farfalle ai francobolli, in cui esprimeva la sua volontà di catalogare e mettere ordine alla cose. Nella vita di adolescente era disordinato come tutti i “capelloni”, trascurava gli studi per la musica rock, ma oltre ad andare al Piper Club, suonava il basso in un piccolo complesso, i Lemon, che si esibiva d’estate, passione da cui nascerà più tardi un ciclo pittorico.
La folgorazione dell’arte, per la quale smise di suonare, si deve a una combinazione scolastica che gli fece incontrare Paolo Baruchello, il quale dipingeva “mappe dell’inconscio” su ispirazione poetica, e attraverso lui Arturo Schwartz, il critico e gallerista patron del movimento dada e surrealista in Italia. Anche Echaurren disegnava mappe, quadratini con scomposizioni meticolose di oggetti e fenomeni, Schwartz cominciò ad acquistarli e fece con lui un contratto di esclusiva.
Siamo nel 1973, Pablo ha lasciato l’università per seguire la sua ispirazione fino ad allora espressa con i quadratini, in compenso si butta sui testi marxisti e sulla letteratura, da Salinger a Queneau, da Gadda a Calvino, e vedremo come con quest’ultimo ebbe uno scambio fecondo; nell’arte lo attirano Marcel Duchamp e Tzara con André Breton padre del surrealismo; entra in contatto con Max Ernst.
I “quadratini” di “Volevo fare l’entomologo” dal 1970 al 1973
I quadratini disegnati, diremmo cesellati con minuziosa precisione, li vediamo esposti in gran numero, mentre nella mostra della Fondazione Roma erano presenti ma in misura minore data la prevalente impostazione pittorica di quella mostra antologica, questa è invece “tematica” come sottolinea la curatrice: “Intende mettere in luce l’aspetto più importante dell’arte di Echaurren e il suo avanguardistico contributo al pensiero contemporaneo”. Ed è questo l’aspetto chiave, la ricerca inesausta e l”elaborazione concettuale che c’è dietro la “contropittura” di un artista che ha dimostrato come sappia esprimersi anche nella forma pittorica ma l’ha disdegnata per una parte del suo itinerario per seguire le proprie pulsioni interiori.
Inizia con “Volevo fare l’entomologo”, titolo della 1^ sezione che espone una trentina delle composizioni a quadratini, dalla prima del 1970 con Baruchello all’ultima del 1976 allorché la sua ricerca lo porta verso altre forme di impegno personale e civile prima che artistico.
Si tratta per lo più di blocchi di quadratini in acquerello e china su carta che formano rettangoli con 6 quadratini di base e 9 in altezza, 54 in tutto, l’ultimo quadratino con il tema/titolo, negli altri quadratini la scomposizione del tema nei dettagli più specifici, come sotto il microscopio di un ricercatore. In una mostra della Gnam del 2013 sulle coperttine della rivista “Mass Media” è stato analizzato il quadrato sotto il profilo simbolico e artistico, qui abbiamo la visione dell’entomologo che classifica e scompone le specie sottoposte alla sua osservazione; così fa il giovane Echaurren con un cromatismo omogeneo per ogni raggruppamento, anche se da una composizione all’altra spazia su tinte pastello calde e fredde.
Surreali e senza l’ordine che troviamo nei successivi, i quadratini con Baruchello del 1970, mentre nei due del 1972 c’è già la precisione dell’entomologo applicata non solo a oggetti ma a considerazioni personali, come “Chi di voi si è creato un mondo personale al di sopra della realtà alzi la mano”, in cui questo mondo è dato da una molteplicità di vette montuose frastagliate di cuspidi, e “Riconoscersi nella terra”, un centinaio di quadratini, questa volta in un rettangolo orizzontale, con delicate immagini primordiali.
Del 1973 vediamo una scomposizione e ricomposizione della falce e martello, in 9 quadratini, e una serie di materiali edili assemblati in vario modo in “Lavori in corso”, una bicromia pastello, ancora più delicatezza in “Mike’s pig and Mrs, Gamp”, le mani formano ombre cinesi incolori.
Dall’assenza di colore al rosso acceso nello stesso anno in “Basta con i padroni, con questa brutta razza”, non poteva rappresentare altrimenti le bandiere rosse del comunismo mentre cancella il padrone. Non solo ideologia: in 9 quadratini con sezionati i sogni erotici giovanili rappresenta “L’amavo follemente ma faceva finta di niente”, quello centrale richiama significativamente un’immagine di “Guernica”.
I “quadratini” dal 1974 al 1976, anno di svolta
Anche di 9 quadratini è “Egregio maestro…”, siamo al 1974, sono graffiti di animali, c’è anche il rinoceronte tanto prediletto da Salvador Dalì. E’ l’anno nel quale vediamo una diecina di composizioni di questo tipo. Una incolore, “Senza titolo”, con elementi dei “lavori in corso” in forma totemica a due immagini sdoppiate; una in gradazioni di tinte pastello di fondo a uno scheletro scomposto nei vari elementi, un’altra presenta “Il fattore Katsushiika“ che ripropone nei 54 quadratini la visione del vulcano, evidentemente di creatività, su fondo questa volta bianco.
Poi i colori si accentuano, in “La vecchia Mother Jones con le sue selvagge”torna il rosso di “basta con i padroni ” con espliciti messaggi e rivendicazioni sul lavoro. Allusioni politiche evidenti in “I lavori per la nuova fusione procedono a ritmo incessante”, una serie di chiavi inglesi e attrezzi, macchinari e fabbriche in tinta neutra, che diventa rossa nell’acciaio fuso e nella falce e martello.
Non solo la politica, anche la natura, “E la Grotta del Bue Marino” scompone la caverna e gli isolotti colore della roccia nell’azzurro del mare; analogamente “Sulla rotta di Karl-Island”, immerge nel mare il verde degli isolotti, due dei quali costituiti da due vistose falce e martello coperte di verde; il verde domina anche in “It promotes gastric function”, promotrici sono foglie di tutti i tipi. Fino alla provocazione filosofica“Dal realismo intellettuale al realismo fortuito attraverso il realismo mancato”, con assemblate le immagini più disparate, in disegni infantili a forti contrasti cromatici.
Sempre nel 1974, i quadratini sono disegnati in rettangoli di 12 nella parte superiore di una scatola, in quella inferiore vi sono sei scomparti con gli oggetti riferiti al tema illustrato dai disegni: in “Sono un triste pappagallo” vediamo indumenti intimi sotto la scomposizione del nudo femminile, in “Minerali”e in “E lo schizoblasto”, oggetti veri dove sopra erano disegnati in forma allusiva.
Anche nel 1975 troviamo una scatola simile, il tema “Dallo scarabocchio fondamentale all’aggregato” viene reso con disegni arruffati e figure solide negli scomparti. Come per l’anno precedente, è ricco di composizioni nella tipica forma rettangolare di sei quadratini di base e 9 in altezza. Fanno eccezione “Avanti così”, 9 quadratini con nomi di artisti, Brueghel e Marcel Duchamp, Bosch e Vincent Van Gogh, con al centro “Mai 68”, che rimanda alla contestazione; e “Che cosa significa quest’oste la cui taverna è il corpo stesso”, altra elucubrazione illustrata questa volta con figure da incubo.
Immagini invece serene illustrano un tema altrettanto ermetico “Fu così che apina si svegliò un po’ frastornata”, si vedono prati e colline apriche e amene con gialli, rosa e verde molto delicati.
Torna il tema del vulcano in “Tra quarantatré secondi circa”, con dei rossi intensi su fondo bianco, laddove in Katsushika dell’anno precedente era soprattutto bianco, e spento, mentre ora è in eruzione con il getto dal cratere e le colate di lava; e torna il tema degli elementi naturali in forma totemica, lo vediamo in “Stringendo al petto la bambola”,formazioni rocciose anche arcaiche che formano arcate e passerelle, e “I lavori della famiglia Yu Kung procedono a ritmo incessante”, le rocce formano a poco a poco anche una falce e martello.
Dal rosse intenso siamo tornati al pastello, mentre “Sull’avvistamento della grande macchia rossa” è su fondo azzurro e blu carico con una luna rossa centrale tra fasi lunari e altre formazioni planetarie, in due globi c’è la falce e martello. E’ un’immagine politica ricorrente anche “Sulle tracce di una Limenitis anonyma”, sembra la precedente composizione scolorita, figure bianche su leggerissimo celeste e verde appena percepibili, non più immagini planetarie ma figure di costellazioni celesti, una delle quali il citato stemma comunista.
Non figura, invece, in “Una galassia di costolette”, questa volta il richiamo planetario intitola la successione dei consueti 54 quadratini in ognuno dei quali c’è schizzato un busto umano, spesso in giacca e cravatta, con al posto della testa un salume, dalle bistecche agli affettati di tutti i tipi; predomina il rosso su fondo bianco in un apparente divertissement nel quale, tuttavia, sono stati visti riferimenti all’alienazione che priva della capacità raziocinante per trasformare le teste in alimenti e pance, macchine e altri oggetti simbolici.
L’ideologia è esplicita in “Dall’utopia alla scienza”, 9 quadratini con le lettere che compongono Karl Marx, una per quadratino, e in quello centrale una formula; mentre in “Ehi, Caspar!!!”, vediamo i 45 quadratini di prammatica tutti con un albero dal quale si dipartono tentacoli di polipo in un viola leggerissimo.
E’ il 1976, termina la galleria di “Volevo fare l’entomologo”, l’artista è preso da altre sollecitazioni.
Interpretazioni e giudizi sui “quadratini” artistici
Quale interpretazione dare a queste opere con visioni originali, primordiali e cosmiche, personali e politiche, scomposte in immagini frammentate nei particolari più minuti mediante quadratini riuniti come in fogli dei francobolli che collezionava come raccoglieva e catalogava farfalle e minerali?
Claudia Salaris, nella biografia molto accurata dell’artista alla quale abbiamo attinto nel nostro excursus , cita Giuliano Briganti che le definisce “immagini nate da immagini, immagini tipicizzate, idee ricevute, sintetizzate con la tecnica del fumetto, dei disegni didattici o della pubblicità. E si rifanno appunto al mondo dei fumetti, dei disegni esplicativi , dei francobolli o dei cataloghi”. La passione di “entomologo” diventa arte, e non solo. Perché, sempre secondo Briganti, l’impegno politico gli fa “iniettare un po’ di umorismo corrosivo fra i gioiosi colori da Corrierino dei Piccoli e che spinge queste favole a diventare apologhi”. Ma non c’è accanimento ideologico, bensì “un’ironia così leggera e felice da far supporre quasi un legame non ancora interrotto” con un mondo favolistico verso il quale la sua è “una partecipazione totale e innocente” .
Vogliamo citare tre riscontri concreti dei significati da attribuire a questi suoi apparenti scherzi infantili. La Rorro ricorda le parole di Katsushika Hokusai, che con Hiroshige lo fece appassionare all’arte giapponese, lo colpì il loro analizzare la natura per rivelarne l’armonia. Abbiamo visto la metafora in “Il fattore Katsushika”, il maestro giapponese afferma che ha sempre disegnato nei particolari “la forma delle cose” senza poterne penetrare completamente l’essenza.
Tra queste cose “La grande onda” che ispira ad Echaurren alcuni dei suoi celebri quadratini, uno dei quali lo invia ad Italo Calvino che ne trae a sua volta ispirazione per quel pezzo straordinario sull’onda contenuto in “Palomar”; il rigoroso pensatore cerca di scomporre la visione ottica con una logica stringente, e per analizzarla iscrive l’onda in un quadrato al fine di separarla dalle altre che si susseguono incessantemente, come ha fatto Echaurren. Non solo, ma la copertina del libro di Calvino recava un disegno di Durer in cui il soggetto viene visto attraverso una griglia di quadratini, esattamente come l’onda scomposta nei quadratini dei Echaurren.
La curatrice cita anche gli scambi con Max Ernst cui nel 1971 inviò ogni mese un quadratino della griglia di 9 complessivi sul tema del deserto accolti dal grande surrealista come momenti di una gravidanza, per un’opera puzzle; e i contatti con Adriano Spatola, che gli scrive anch’egli della griglia dei suoi quadratini, fino a Toti Scialoja che frequentò per anni assiduamente.
Nel 1974, anno in cui la produzione di “quadratini” artistici è molto intensa, Arturo Schwartz che, come abbiamo visto ha preso la sua esclusiva, gli organizza una personale presso la propria galleria. Tommaso Trini scrive che “Pablo dipinge, in apparenza, come un bambino alle prese coi fumetti, ma scrive titoli da lucido scrittore” che danno “la morale della favola” secondo un filone che si muove “verso un’immagine fredda e poetica”; per Cesare Vivaldi “catalogando esorcizza il mondo infantile cui è tanto legato”, e nel far questo dà una soluzione, almeno sul piano artistico, alla dialettica tra il se stesso adulto e il se stesso bambino che tuttora consapevolmente l’intriga”. La Salaris, nel citare questi giudizi, conclude: “Il carattere ludico, ma al tempo stesso lucido, è ciò che la critica ha colto nel suo lavoro fin dagli esordi”.
E dopo? Se ci ha sorpresi agli esordi, Echaurren ci sorprenderà ancora di più nel prosieguo, dopo questa fase così promettente che lo aveva già lanciato nel mondo artistico con giudizi così positivi. Ci si attenderebbe un’escalation pittorica, invece la sua inquietudine e la sua estrema sensibilità verso tutto ciò che si muoveva nel mondo giovanile e non solo portano a una direzione ben diversa, sempre nello spirito di ricerca espresso nelle parole “volevo fare l’entomologo”, applicate questa volta alla società in cui vive.
Ne parleremo prossimamente, proseguendo la visita alle restanti sei sezioni della mostra.
Info
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Viale delle Belle Arti 131, Roma. Da martedì a domenica ore 8,30-19,30, entrata fino a45 minuti prima della chiusura; lunedì chiuso. Ingresso euro 8 (mostra + museo), ridotto 4 euro per i giovani UE 18-25 anni, gratuito per i minori di 18 anni e altre categorie previste. http://www.gnam.beniculturali.it/ Tel. 06.32298221. Catalogo “Pablo Echaurren. Contropittura”, a cura di Angelandreina Rorro, Silvana Editoriale, novembre 2015, pp. 264, bilingue italiano-inglese, formato 23,5 x 28,5, dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. I due articoli successivi sulla mostra usciranno in questo sito il 27 febbraio 2016 e il 4 marzo con altre 13 immagini ciascuno. Per gli artisti e i movimenti citati cfr. i nostri articoli: in questo sito sulla mostra di Echaurren alla Fondazione Roma 23, 30 novembre e 14 dicembre 2012, Duchamp 16 gennaio 2014, Brueghel 5 maggio 2013, Dalì 2 e 24 dicembre 2012, su “Mass Media, 27 artisti sul quadrato alla Gnam” 23 marzo 2014; “in cultura.inabruzzo,it Dada e i surrealisti al Vittoriano 6 e 7 febbraio 2010 , Van Gogh 17 e 18 febbraio 2011 (tale sito non è più raggiungibile, gli articoli saranno trasferiti in questo sito).
Foto
Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante alla presentazione della mostra alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna che si ringrazia, con la Fondazione Echaurren e i titolari dei diritti, in particolare l’artista a cui si è grati anche per aver accettato di farsi ritrarre davanti a una sua opera. In questo articolo, che descrive in particolare la 1^ sezione della mostra, le immagini riguardano tale 1^ sezione, le sezioni 2^, 3^ e 4^ descritte nel secondo articolo e i collage della 7^ descritta nel terzo articolo. In apertura, “La vecchia Mother Jones con le sue selvagge”, 1974; seguono, “Chi di voi si è creato un mondo personale al di sopra della realtà alzi la mano”, 1972, e “I lavori per la nuova fusione procedono a ritmo incessante”, 1974; poi, “Dal realismo intellettuale al realismo fortuito attraverso il realismo mancato”, 1974, e “Decomposizioni floreali”, 1971; quindi, “Distillati”, 1977, e “Azionare il motore desiderio e scendere dal treno blindato”, 1977; inoltre, “Altrove”, 1978″, e Duchamp per tutti”, 1977; infine, “No.14934”, 1985, “Festa punk”, 1996, e “La religione murale”, 1996; in chiusura, una sala con dipinti della 5^ sezione, nella parete sinistra il trittico “Artisti estremisti“, 1990, nella parete destra, “Vermi”, 1990, a sin. e “Città muta”, 1990, a dx.
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