di Romano Maria Levante
Alla Sala Cinema del Palazzo Esposizioni di Roma, nella mattinata di domenica 27 novembre 2016, si è svolto l’incontro ”1996- 2016, la Quadriennale d’arte vent’anni dopo: curatori a confronto”‘, moderatore il critico d’arte e curatore Ludovico Pratesi, intervenuti, soprattutto per la Quadriennale 1996, Laura Cherubini, Giorgio Verzotti, e Daniela Lancioni, per la Quadriennale 2016 di cui sono curatori Cristiana Perrella, Denis Viva, e Luca Lo Pinto. Prima della conclusione, l’intervento del presidente della Quadriennale di Roma Franco Bernabè, che ha seguito l’incontro come attento ascoltatore.
Le due Quadriennali, del 1996 e del 2016
I titoli delle due Quadriennali sono proiettati nel tempo: la mostra del 1996 era intitolata ”Ultime Generazioni’‘, si svolse non solo nel Palazzo delle Esposizioni ma anche nell’Ala Mazzoniana della Stazione Termini; mentre questa del 2016, intitolata “Altri tempi altri miti”, è esclusivamente nel Palazzo Esposizioni, anche se molte manifestazioni collaterali, collegate alla Quadriennale, si sono svolte e si volgono in diverse parti della città. Ricordiamo per tutte la “Rome Art Week” che dal 14 al 29 ottobre 2016 ha mobilitato il mondo artistico romano in 459 iniziative, 99 mostre di arte contemporanea, 207 eventi e 153 visite agli atelier di artisti. Per tutto questo c’è stato l’auspicio che l’Ala Mazzoniana possa essere recuperata come sede elettiva per mostre ed eventi d’arte.
Il moderatore Ludovico Pratesi ha ricordato che nella Quadriennale del 1996 erano presenti opere di 174 artisti, tra i quali molti “scoperti” in quella sede, che poi si sono affermati: nell’area milanese Mario Airò e Massimo Bartolini, Maurizio Cattelan e Grazia Toderi, Liliana Moro e Bruna Esposito, Vanessa Beecroft e Myriam Laplante, Annie Ratti e Gregorio Botta; nell’area romana Gianni Dessì e Nunzio, Piero Pizzi Cannella, Giacinto Cerone e Cesare Pietroiusti; Alberto Di Fabio, Andrea Salvino e Matteo Basilè. Era una rassegna di opere singole, incentrata sugli artisti, che diede luogo a una grande mostra collettiva. Furono ripristinati i premi, il primo assegnato a Stefano Arienti, gli altri a Studio Azzurro, Umberto Cavenago, Cristiano Pintaldi.
Nell’attuale Quadriennale 2016, sono 99 gli artisti autori delle circa 150 opere esposte in 10 sezioni tematiche corrispondenti ai progetti curatoriali selezionati in base a una chiamata rivolta a curatori giovani ma già sperimentati. Le tematiche intorno alle quali sono raggruppate le opere individuate da 11 curatori sono motivi attuali o elaborazioni concettuali anch’esse figlie del presente, in modo da fornire una mappa di ciò che si muove nel contemporaneo soprattutto tra i giovani artisti, per lo più nati tra le due metà contigue degli anni ’70 e ’80. E’, quindi, una rassegna di opere a tema, incentrata sui progetti curatoriali che danno luogo a 10 piccole mostre collettive. A questa classe di età appartengono i premiati, Rossella Biscotti, Premio Quadriennale 2016 e Adelita Husni-Bey, Premio Illy Under 35, Domenico Quayola e Alek O. con due menzioni speciali.
Gli interventi dei sei critici e curatori
Più che di un confronto si è trattato di un incontro tra generazioni e modalità curatoriali, considerando che già nella Quadriennale del 1996 c’erano alcune premesse per l’evoluzione successiva; e non vi sono state divergenze tra le rispettive visioni, pur riferite a tempi molto diversi, dato che anche nel 1996 venivano discusse criticamente le concezioni di allora.
Nel grande schermo dietro al tavolo degli oratori scorrono in sequenza le immagini delle due mostre, in quelle in bianco e nero della mostra del 1996 si possono vedere anche gli spazi dell’Ala Mazzoniana della Stazione Termini; le immagini della Quadriennale 2016 sono a colori, ma in quella di “Himalaya” 2012 di Maloberti sono visibili soltanto i ritagli di illustrazioni scultoree sparsi sul pavimento, senza la “scultura umana” del giovane che all’inaugurazione tagliava le immagini, prova visiva dei problemi creati spesso dalla fretta di cui si è parlato nell’incontro, riguardo al catalogo e agli apparati, quando si lavora in tempi stretti per l’urgenza.
Inizia Laura Cherubini, chiamata “memoria storica” della Quadriennale, preferisce definirsi “memoria critica” essendosi dimessa due volte perché non si dava modo ai curatori di esercitare la pratica curatoriale, a cui ha sempre attribuito un’importanza basilare, in linea con le concezioni attuali, tanto che pone la presente mostra nella terna delle migliori, quelle del 1992, 1996 e, appunto, del 2016. Si è sempre opposta alle “grandi ammucchiate”, un altro intervenuto ha parlato di “calderone”, espressioni che ci sono apparse una versione, in campo artistico, della famigerata “accozzaglia” nelle polemiche sul referendum costituzionale imminente.
E’ stata sempre contraria all’abitudine di affidare l’allestimento agli architetti, perché così curatori e artisti non avevano voce in apitolo, mentre la “pratica curatoriale” è la migliore garanzia per un allestimento all’altezza delle opere esposte. Ritiene che siano importanti entrambi i termini: la “pratica” sottolinea l’esigenza di non improvvisare, deve essere frutto dell’esperienza, “va fatta gavetta, gavetta, gavetta”; solo così si crea competenza e quindi qualità nelle scelte, e a tale proposito ricorda con orgoglio di essere stata allieva di Giulio Carlo Argan ed essersi formata come assistente dai 19 anni di età di Maurizio Fagilo dell’Arco; “curatoriale” rimanda alla cura, all’attenzione che nasce dall’amore per le opere d’arte e per gli artisti, solo così si riesce a dare loro la migliore visibilità.
Il secondo intervenuto, Denis Viva,, nella Quadriennale 2016 ha curato la sezione “Periferiche”, con artisti i quali traggono stimoli e ispirazione da un mondo, dove hanno scelto di vivere, un tempo definito “policentrismo consapevole”, ma sempre più emarginato dalle dinamiche di crescita della globalizzazione. Da storico dell’arte è diventato curatore, la Quadriennale del 1996 non l’ha vista, ma dalle notizie raccolte ha tratto l’impressione che è stata una fase di “transizione” in cui il critico d’arte, fino ad allora “dominus” assoluto, ha cominciato a convivere con il curatore. Il critico d’arte sentiva l’esigenza di dare continuità, e lo esprimeva negli scritti, avvertendola come una responsabilità, in un ruolo di orientamento del pubblico in base a una mappatura artistica in chiave geografica, o anagrafica o di tendenza. Con la mostra del 1996 è iniziata l’evoluzione verso quanto sviluppatosi appieno nell’edizione del 2016.
Nell’attuale Quadriennale, infatti, la mostra è incentrata su idee progettuali portate fino in fondo senza alcuna mappatura di artisti e senza la minima ricerca di continuità, tutt’altro. Gli artisti vengono riuniti intorno a un progetto curatoriale nel quale la visione si allarga anche ai temi politici e sociali più sentiti. Il ruolo dei curatori è nell’approfondimento dei temi e nel conseguente orientamento; e anche nell’allestimento che viene costruito insieme agli artisti intorno alle opere per rendere leggibile la mostra nei suoi contenuti e significati.
Con Cristiana Perrella la parola resta a una curatrice della Quadriennale attuale, dove ha curato la sezione “La seconda volta”, ispirata al concetto di “economia circolare”, la rimessa in circolo con il riciclo delle sostanze utilizzate come avviene negli organismi viventi. Sottolinea come dalla Quadriennale del 1996 a quella del 2016 si è completato il passaggio da una rassegna di singole opere individuali molto personali di difficile lettura per il pubblico a un mostra di progetti curatoriali che mette in relazione le opere tra loro e fa dell’esposizione un racconto rivolto ai visitatori. Viene creato così un filo conduttore ben visibile tra gli artisti.
Giorgio Verzotti, sulla presunta antinomia tra critico e curatore rivendica polemicamente di essere stato prima critico, poi è divenuto curatore, mentre non è mai stato storico dell’arte. E ricorda che nella Quadriennale del 1996 furono presentati artisti divenuti molto importanti, come Accardi, Fabro, e altri: scelte naturali, afferma, da un punto di vista generazionale. Sui cataloghi e gli apparati aggiunge che spesso i testi sono scritti in modo affrettato per l’urgenza, ma ci tiene a sottolineare che la scrittura non è solo “critica o critichese”, è un elemento duttile che va dal testo del Catalogo alle didascalie, molto importanti per spiegare l’opera. Quindi con la scrittura si può operare in senso progettuale.
Anche Luca Lo Pinto, definito il Catalogo come strumento utile, insiste sulla differenza metodologica e di contenuto delle due Quadriennali a confronto, l’elemento fondamentale che qualifica quella del 2016 è che gli 11 curatori, pur impegnati nei loro specifici progetti, hanno lavorato insieme. Crede nel linguaggio espositivo della mostra e considera il curatore alla stregua di un autore, lui ha curato la sezione “Ad occhi chiusi gli occhi sono straordinariamente aperti“, imperniata su oggetti che sembrano inanimati ma hanno un’anima, la memoria di chi li ha prodotti o usati.
Nonostante la sua articolazione, la Quadriennale attuale non presenta dieci mostre diverse, ma una grande mostra con un racconto in dieci capitoli, quasi fossero stati “strappati e poi messi insieme”. In genere, delle grandi mostre non rimane un ricordo preciso, di questa mostra invece resta il ricordo di un viaggio in mondi molto diversi con differenti aspetti anche sociali. Torna sul tema degli apparati, le didascalie che il pubblico legge per orientarsi vanno viste come esercizio di lettura più che di scrittura espositiva. Per vincere i pregiudizi diffusi sull’arte contemporanea ritenuta criptica e indecifrabile occorre che sia data una spiegazione per aiutare a capire l’opera, quando è possibile e non sempre lo è: “Come spiegare con una didascalia un’opera di De Dominicis?”
Daniela Lancioni parla del passaggio dalle “mappe del territorio” delle Quadriennali precedenti, come quella del 1996, a una visione complessiva. Nell’edizione di venti anni fa vi fu una ricognizione sulla storia delle Quadriennali: prima erano presenti soltanto ogni 4 anni, poi è nato un Archivio ed è diventata una istituzione permanente con la memoria storica dell’arte italiana del ‘900; la Quadriennale del 1996 segnò un passaggio, l’avvio verso l’acquisizione di una nuova identità.
E’ stato rievocato criticamente l’allestimento di tale Quadriennale, un’organizzazione rigida, affidata all’archistar Massimiliano Fuksas, con grandi pannelli alti sei metri, quasi fino al soffitto, e si è ricordato come allora il Consiglio di Amministrazione della Quadriennale era nominato su base politica, spesso senza le competenze richieste da un compito di questa natura, e ciò danneggiava le scelte. Per la Quadriennale 2016 non solo sono stati selezionati con la pubblica chiamata gli 11 curatori forse migliori in Italia, ma hanno anche lavorato insieme in un “tavolo intelligente di confronto”. L’allestimento deve mettere il pubblico in condizione di leggere le opere, a questo riguardo è determinante la “struttura espositiva”, nella definizione di Achille Bonitoliva.
Dalla riflessione all’azione nell’intervento del presidente Bernabè
Terminati gli interventi in programma, il presidente della Quadriennale, Franco Bernabè, ha preso la parola e, manifestato apprezzamento per l’interessante quadro comparativo fornito a livello curatoriale, ha ribadito l’importanza del ruolo che le istituzioni pubbliche devono svolgere per non lasciare il campo artistico, fondamentale per l’identità del Paese, soltanto agli operatori privati con interessi particolari, legittimi, ma spesso con finalità soprattutto di natura economica e commerciale.
Questa riflessione è alla base dello stesso ritorno della Quadriennale dopo otto anni, perché lui stesso si era chiesto se valeva la pena rinnovare la manifestazione nei tempi così mutati, per concludere che ancora di più con la globalizzazione si deve incidere nei campi identitari, importanti a livello internazionale su tanti piani, tra cui quello culturale e quello economico.
Passando dalla riflessione all’azione, in un’ottica da imprenditore ha voluto proiettare lo sguardo in avanti, verso ciò che si potrà realizzare con il rilancio della Quadriennale. Gli spazi dello storico Arsenale Pontificio recuperati e concessi all’istituzione consentiranno di fare un lavoro importante, per il quale si attende idee e suggerimenti validi per i quattro anni che separano dalla prossima Quadriennale del 2020. “Propulsione” e “continuità” i termini da lui usati, intendendo per continuità l’assenza di interruzioni, per il resto tutto va stimolato in termini di innovazione.
L’appello di Bernabè, naturalmente, va ben oltre l’occasione transitoria del confronto tra curatori in via di conclusione, può essere l’avvio di un ampio dibattito con idee ben meditate e con proposte all’altezza.
Intanto sono emersi subito dei primi orientamenti, come il mantenimento della formula dei curatori intorno a dei progetti curatoriali, l’esigenza di avviare presto l’attività per la prossima Quadriennale creando una “catena di curatori, non un’aggregazione”, affnchè possano operare almeno nell’arco di un triennio e non soltanto nell’imminenza della prossima manifestazione; del resto gli spazi dell’Arsenale Pontificio restaurato consentiranno di creare un laboratorio stabile e un importante punto di incontro. Si è sostenuto che non ci si deve rinchiudere nella dimensione nazionale, anche se l’arte italiana è l’oggetto dell’interesse dell’istituzione pubblica e ha bisogno di essere difesa nella sua affermazione di identità; occorre il confronto con l’arte internazionale, in particolare europea, ricercato dagli stessi artisti. Si è accennato all’utilità di un direttore artistico, mentre è stato unanime il riconoscimento che la via intrapresa con la 16^ Quadriennale è quella giusta.
Con questi primi spunti venuti dai curatori e riassunti dal moderatore Pratesi, si è concluso in termini propositivi e di prospettiva un incontro il cui riferimento a “vent’anni dopo” riecheggiava il vecchio romanzo d’appendice, ma nello svolgimento si è rivelato quanto mai fresco di idee e di proposte.
Usciamo dalla Sala Cinema del Palazzo Esposizioni e attraversiamo i saloni della mostra, già visitata all’inaugurazione. Abbiamo a suo tempo manifestato le nostre impressioni di visitatori, attenti lettori del Catalogo che ben più delle didascalie, inadatte allo scopo data la natura delle opere, consente la loro migliore “leggibilità”, insieme all’inserimento diretto nelle sezioni tematiche ampiamente motivate dai curatori con la forza espressiva di artisti essi stessi. E ne abbiamo tratto la conclusione che, al di là di quanto di discutibile vi si possa trovare, la sensazione è di fare un salto nel futuro. Con l’emozione e insieme l’inquietudine che inevitabilmente comporta.
Detto questo a livello sensoriale e di impatto immediato, sul piano razionale tante sono le questioni aperte e sul piano operativo sorgono altrettante minacce e opportunità: l’arte contemporanea è un crogiolo dall’alchimia imprevedibile e un vulcano dall’energia incontrollabile.
Ripensiamo alle parole di Bernabè, “propulsione” e “continuità”, che aprono all’innovazione permanente. E ci chiediamo se nello storico Arsenale.Pontificio messo a disposizione della “Quadriennale”, potrà nascere il nucleo di una “Silicon Valley” dell’arte italiana contemporanea.
Info
Palazzo delle Esposizioni, Via Nazionale 194, Roma. Tutti i giorni, tranne il lunedì chiuso, apertura ore 10, chiusura ore 20 prolungata alle 22,30 il venerdì e sabato. Ingresso intero euro 10, ridotto euro 8, riduzioni per studenti e scuole, biglietteria aperta fino a un’ora prima della chiusura della mostra. http://www.quadriennale16.it.Catalogo “Q’ 16^ Altri tempi altri miti, Sedicesima Quadriennale d’arte”, La Quadriennale di Roma e Azienda Speciale Palaexpo, ottobre 2016, pp. 278, formato 23,5 x 30,5. I nostri 3 articoli sulla mostra sono usciti in questo sito il 24, 27 ottobre e 1° novembre 2016; l’articolo di presentazione è uscito il 16 giugno 2016. Cfr. il nostro articolo, in questo sito, per “Rome Art Week” 26 ottobre 2016.
Foto
L’immagine di apertura è stata ripresa da Romano Maria Levante al Palazzo Esposizioni, Sala Cinema, il giorno dell’incontro, le immagini delle opere nella mostra attuale sono state riprese nelle sale del Palazzo Esposizioni o tratte dal Catalogo, si ringraziano la Fondazione della Quadriennale e l’Azienda Speciale Palaexpo per l’opportunità offerta. In apertura, Franco Bernabè, visibile sulla sinistra, nel suo intervento, dietro il tavolo i curatori con al centro il moderatore Ludovico Pratesi; seguono, Margherita Moscardini, “Wall”, 2016, e Alessandro Balteo-Yazbeck, “Italian Farm Hand from Fortune Magazine”, 2011-2015; poi, Alessandra Ferrini, “Negotiating Amnesia”, video HD, 2015, e Rà di Martino, “Le storie esistono solo nelle storie”, 2016; quindi, Leone Contini, “Uncontrolled Denominations, New Delhi”, 2014, e Michelangelo Consani, “La rivoluzione del filo di paglia”, 2016; inoltre, Marinella Senatore, “Speak Easy Collage # 4”, 2009-2013, e Maria Elisabetta Novello, “Paesaggi”, 2016; infine, altre 3 opere esposte; in chiusura, uno dei tanti filmati della mostra.