di Romano Maria Levante
Si conclude il nostro resoconto del Convegno tenuto dalla Fondazione Giorgio e Isa De Chirico all’Accademia di San Luca il 22 novembre 2016 sul tema “La fine della bellezza, dibattito sull’arte classica e moderna”. Abbiamo in precedenza riassunto le comunicazioni del presidente Paolo Picozza sull’attività della Fondazione nel trentennio dalla sua nascita, e di Fabio Benzi sul numero speciale della rivista “Metafisica” che nella sua versione inglese “Metaphysical Art” ha pubblicato per la prima volta la “Commedia dell’Arte” di De Chirico in questa lingua e il suo corpus poetico. E abbiamo cercato di rendere il senso dell’approfondito dibattito filosofico dei professori ordinari di università milanesi, fiorentine e romane Donà, Givone e Di Giacomo, con l’introduzione dello storico dell’arte e critico Claudio Strinati. Completiamo il resoconto con dei cenni sulle conclusioni di Riccardo Dottori, del Comitato scientifico della Fondazione, e con un’analisi più ampia, anche se sommaria, delle sue considerazioni su “La realtà profanata”, lo scritto in cui De Chirico espone la propria concezione della realtà, contro quella degli intellettuali e dei pittori “moderni”, basata su un profondo pensiero filosofico da cui nasce la pittura metafisica.
Ed eccoci a Riccardo Dottori, ordinario di Filosofia teoretica all’Università di Roma “Tor Vergata”, che entra nei temi toccati dai precedenti relatori, partendo dall’enigma che per San Paolo è “speculum aeternitatis”, ma osserva che “se il segno è diverso dal significato, impegna a cercarlo attraverso di sé”; e aggiunge che “il non senso della vita si supera guardando per trovarlo”. Torna sulla rivelazione avuta da De Chirico a Santa Croce precisando che “ha riguardato due elementi, la statua e le ombre”, anche Nietsche nel 2010 fu colpito dalle ombre mentre passeggiava per Torino.
Di qui la proiezione nella malinconia, “non c’è nessuno ma l’ombra di se stesso, il segno di cui si può scoprire il significato”.
Dottori in questo è positivo, parla di superare l’angoscia che viene dall’inquietudine della metafisica del nulla e di dare un senso alla vita, vi concorrono il sogno e l’incubo, lo spirito e il rimorso. “Il pittore è la madre”, l’identità si riconquista attraverso il viaggio, in questo De Chirico si rivela come pittore post-moderno, ha ispirato Magritte e il Surrealismo.
La realtà profanata e la verità
Abbiamo solo accennato a quanto lo studioso ha argomentato anche rispetto alle relazioni precedenti, perché ci preme dar conto sia pure sommariamente, del suo saggio “Tra filosofia e pittura: Giorgio de Chirico e la realtà profanata”, uscito su “Metafisica”, 24 pagine di considerazioni filosofiche e artistiche sull’articolo di De Chirico, “La realtà profanata”, dove si legge che la realtà “non ha nessun rapporto con l’arte, ma tutt’al più con il soggetto che è raffigurato in un’opera d’arte”, cosa “di nessuna importanza per il fenomeno stesso dell’arte”.
Nonostante questo, secondo De Chirico, non è accettabile l’atteggiamento negativo verso la realtà dovuto all’assenza di artisti in grado di gestire “tanto il reale quanto l’irreale” e al materialismo scientifico che ha suscitato la reazione, per quanto attiene allo spirito, contro la realtà: un “fenomeno instabile e difficile a trattare”, temporale in quanto legato a passato, presente e futuro, e atemporale, “inchiuso nell’eternità”, che “si identifica con la verità” ma ha tanti aspetti quante sono le mentalità.
Bisogna, tuttavia, essere prudenti “nei nostri giudizi sulla sua relatività” perché, al di là della molteplicità di situazioni, “la realtà del vero è concreta e, per noi, la più importante; essa è la realtà della saggezza”, che “corrisponde al sentimento e al giudizio degli uomini ragionevoli di tutti i tempi”; resta la stessa attraverso i secoli e “si identifica con la verità”. In quanto tale “non si dovrebbe mai permettere che il suo significato sia sfigurato”, mentre “per l’uomo moderno è nulla, perché egli ignora la realtà per la ‘mania dell’intelligenza’” che “ha ignorato il rispetto della verità, la venerazione dei veri valori; ha ignorato insomma le cose concrete che sono le ‘realtà dello spirito'”.
La sua denuncia diventa veemente verso gli uomini politici, “che hanno osato manovrare con la realtà in modo talmente spudorato ‘grazie al terreno molto bene preparato dagli intellettuali'”, perché senza il loro disprezzo per la realtà i politici non avrebbero potuto servirsi per la loro retorica di invenzioni contrarie alla realtà vera, con autentiche menzogne. Nell’arte la “mania dell’intelligenza” ha fatto nascere “la leggenda che una grande opera d’arte della nostra epoca deve, quasi obbligatoriamente, essere incomprensibile”, con il risultato di allontanarla dalla realtà, che invece deve essere difesa da “questi falsi intellettuali” i quali “si satollano con una dubbia metafisica, con un surrealismo ed un ‘mistero che sembrano fatti su misura per loro e che naturalmente non hanno nulla a che vedere con la metafisica, il surreale e il mistero”. Ripudiando la realtà “in nome dello spirito moderno”, la “rappresentazione dell’universo, la Weltanschaung, è stata semplicemente sostituita dal caos”. E così “oggi gli uomini vanno a tastoni nel caos, incapaci di cambiare chicchessia, di conchiudere qualcosa, subendo così la giusta vendetta della realtà ripudiata”.
Sono parole quanto mai coraggiose ed estremamente attuali, scritte tra il 1941 e il 1943, in una fase cruciale della seconda guerra mondiale e pubblicate nel 1945, a guerra finita, in “Commedia dell’arte moderna”, con lo pseudonimo “Isabella Far”. Dottori le commenta inquadrando queste espressioni del talento filosofico di De Chirico nella grandi correnti di pensiero cui lo stesso artista si ispirava negli scritti teorici per poi tradurne i motivi salienti nella pittura metafisica, che presenta una realtà enigmatica, come il senso del tempo che precorre Bergson e le analisi metafisiche di Heidegger, e dello spazio “che è parallelo alle discussioni sollevate dalle geometrie non euclideea”.
Dottori riassume la concezione di Heidegger che “distingue l’essere come tale da un lato, e l’ente in quanto ente” come soggetto della scienza e della tecnica, da cui lo separa una “differenza ontologica”; ma nel contempo “l’ente come tale non può venire separato dall’essere, perché l’essere ne costituisce il senso”, oltre “le domande della scienza e le disponibilità della tecnica”.
La metafisica tradizionale porta alla tecnica che “riduce l’essere all’ente, dimenticando la loro differenza essenziale” Per
questo Dottori si chiede se “esiste un pensiero completamente altro dal pensare metafisico, che non riduca l’essere all’ente e riesca a presentare l’essere quale esso è”; e se il superamento per tale via della metafisica classica porterebbe per De Chirico alla “sconfessione della sua opera o della pittura Metafisica”.
Una risposta è nelle parole di De Chirico che abbiamo già riportato, secondo cui “la realtà è collegata al tempo, non nel senso che essa è semplicemente nel tempo, quanto perché si costituisce appunto sulla base di queste tre manifestazioni temporali”, che sono il passato, il presente e il futuro, quindi considera “la temporalità come la dimensione fondamentale della realtà”, mentre per Heidegger “questo equivale a dire che la temporalità è la dimensione fondamentale dell’esserci, che è l’essere dell’uomo come esistenza” collocato nel tempo, per cui “il tempo è il senso dell’essere”, De Chirico lo esprime in pittura dipingendo grandi orologi sugli edifici.
Quindi, se per Heidegger “l’essere non è semplicemente nel tempo, ma il tempo è piuttosto il senso dell’essere”, dell’essere-nel-mondo, De Chirico anche se “non arriva a dire che il tempo è il senso della realtà, ci dice comunque che la realtà si forma da queste manifestazioni temporali”.
Il pensiero filosofico dell’artista è particolarmente complesso perché, come abbiamo visto, collega la realtà non solo alla temporalità contingente, ma anche all’eternità, cosa che, osserva Dottori, “significa elevare la realtà al di sopra del tempo inteso come mera relazione degli istanti del passato, presente e futuro, cioè di quella temporalità che Heidegger chiama Zeitlichkeit, la volgare concezione del tempo come puro scorrere”. Ciò non vuol dire, però, che la realtà sia eterna, le tre dimensioni temporali “sono fondamentalmente le dimensioni dell’esistere dell’uomo, dell’essere-nel-mondo”; essa è inchiusa nell’eternità, essenzialmente temporale, e si manifesta nella sua verità solo nella trascendenza dell’esserci che è la temporalità in cui si svela la sua verità, il suo senso”.
La verità, dunque, per De Chirico come per Heidegger, è il risultato della “presa di coscienza dell’autentica realtà”, perché “l’essere nella sua latenza è il vero, e la realtà non dimenticata e non profanata è anch’essa la verità”. Come nella scienza ogni risposta fa nascere nuove domande, così nella filosofia, perché a questo punto ci si chiede in cosa consiste la verità. Sembra una risposta scontata considerarla l’adeguamento del nostro pensiero alla realtà, ma non è così semplice, la realtà è strana e inspiegabile, molteplice e sfuggevole, quindi non è univoca. E allora si torna all’interrogativo su cos’è la realtà, per misurare su di essa il nostro pensiero che porta alla verità: “La realtà non può essere considerata semplicemente come l’oggettività su cui misuriamo il nostro sapere, perché non sarebbe più uno strano fenomeno, ma ciò che il nostro sapere, la scienza, sa”. In termini pratici: “Possiamo piuttosto dire che la realtà è identica alla verità se riusciamo a far luce sul fenomeno strano e inspiegabile che essa è”.
La caccia al tesoro ci riporta all’enigma della realtà
Il modo con cui Dottori ripercorre il pensiero filosofico di De Chirico collegato a quello di Heidegger è intrigante, appassiona come un’indagine, prende come una caccia al tesoro, di tappa in tappa, di scoperta in scoperta impegnando la mente nei collegamenti più sottili e insieme profondi.
Ora è giunto il momento di far luce sul fenomeno-realtà, così strano e a prima vista inspiegabile. Ma non per chiarirlo
spiegandolo e riconducendolo alla sua essenza, come voleva Husserl, fondatore della fenomenologia e maestro di Heidegger; non possiamo “mettere la realtà empirica tra parentesi; quando sospendiamo i nostri giudizi e i nostri problemi per arrivare all’essenza delle cose”, invece “è piuttosto restando ben fermi nella nostra esperienza del mondo e nella sua problematicità, nella tensione stessa della realtà, che il fenomeno ci appare nella sua non-latenza”. E questo avviene al di là dei differenti aspetti che la realtà assume nei diversi individui e momenti, come nella diversa visione temporale in cui il contingente si contrappone all’eternità. Nonostante ciò, “la realtà resta, oltre ogni relatività, presupposta come non semplicemente ferma in se stessa, ma come identica a se stessa, perché questa è la condizione per cui essa possa poi apparirci nella sua non latenza, come la verità che continuiamo a cercare, perché forma il principio di ogni nostro orientamento”.
Identica a se stessa e nel contempo mutevole a seconda delle situazioni, personali o storiche, qual è dunque la vera faccia della realtà? Quella che risulta dall’essere una e centomila, solo così può uscire dalla sua “non latenza” e rivelarci la verità. “In questo senso la realtà e la verità sono la stessa cosa per noi, e solo in questo modo la realtà ci appare quale vera realtà”.
E’ la metafisica di De Chirico, ben diversa dalla metafisica scolastica secondo cui “la realtà resterebbe nella sua indistinzione e indifferenza, e può apparirci invece, a seconda del modo con cui ci rapportiamo ad essa, nella sua non-latenza”. Lo vediamo nelle “Piazze d’Italia”.
Ma non è finito il percorso filosofico delineato da Dottori, si deve ancora passare alla verità, che è strettamente collegata alla realtà, quindi partendo da quest’ultima: “Il suo essere per noi ha il suo riscontro nel nostro essere per lei, cioè nel nostro voler essere nella verità, e solo in questo modo la realtà ci appare come vera realtà”. Il collegamento avviene mediante un atto volitivo: “Con il voler essere nella verità in rapporto alla realtà infatti si costituisce la verità della realtà per noi e tramite noi”. E non è una realtà meramente fenomenica ed esteriore, si rivela “come autentica realtà spirituale, la realtà della nostra vita e della nostra storia, e della storia di tutti gli spiriti, così come è la vera realtà in quanto tale”. Così conclude Dottori: “In questo consiste da ultimo la serietà della realtà di cui parla De Chirico”, l’unica realtà autentica, una realtà spirituale che si raggiunge attraverso la saggezza e l’arte, alla realtà strettamente collegata, e attraverso essa alla verità.
Torniamo alla “realtà profanata” di De Chirico per rendere con le sue parole il valore non solo teorico e filosofico ma soprattutto concreto, della sua concezione della realtà, che gli fa usare tutta la sua vis polemica contro coloro, intellettuali o politici, i quali, disprezzandola, la manipolano e la distorcono, nascondendola alla gente con gravi conseguenze sul piano pratico: “Ma la realtà, anche quand’essa è invisibile agli uomini, esiste ed implacabile attende la sua ora. L’uomo intelligente si rende conto che la realtà, tanto cattiva di natura, è stata lasciata per troppo tempo sola e senza essere sorvegliata; egli sa che questa ignoranza della realtà ha fatto sì che il male è andato sempre aumentando e oggi l’uomo intelligente trema pensando che s’avvicina il momento fatidico in cui il male giungerà al colmo e la catastrofe sarà immensa”. Per concludere sulla “realtà profanata”: “Tanto grande sarà allora la catastrofe, che in essa, e per via di essa, la realtà apparirà di nuovo a tutti, e tutti dovranno riconoscerla”.
Parole gravi, ispirate anche dal conflitto mondiale che era in atto, ma quanto mai profetiche e valide ancora oggi. Tanto che il “diritto umano alla conoscenza” viene rivendicato anche in sede di Nazioni Unite, perché la realtà, e quindi la verità che ad essa è collegata, diventi patrimonio di tutti. Una realtà che diventa spirituale con la saggezza e l’arte, le due “vie della vita” con le quali, per De Chirico, si può raggiungere.
Il ritorno alla realtà quotidiana
Così si è conclusa l’intensa mattinata, con arte e filosofia accomunate in una “total immersion” di straordinario interesse per i sapienti approfondimenti compiuti, di cui abbiamo cercato di dare i passaggi principali consapevoli che la complessità degli argomenti espone a incomprensioni oltre che a imprecisioni, per non parlare delle manchevolezze di una sintesi quanto mai
difficile e forzata.
Siamo usciti dalla sala del Convegno ancora presi dai ragionamenti filosofici ascoltati, incentrati sulla realtà anche nel suo rapporto misterioso con la verità. Non potevamo non guardare la realtà intorno a noi con occhi diversi, immaginando che essa ci apparisse oltre la sua latenza, e ci disvelasse la verità.
Nel palazzo monumentale dell’Accademia di San Luca abbiamo percorso la rampa a spirale del Borromini, lungo le pareti
abbiamo passato in rassegna le opere grafiche e scultoree della mostra, aperta dal 13 ottobre 2016 al 13 gennaio 2017, “Roma-Parigi. Accademie a confronto. L’Accademia di San Luca e gli artisti francesi”, 130 opere tra quadri e disegni, rilievi e sculture sui concorsi delle due accademie, l’Accademia di San Luca e l’Accademia di Francia, tra la metà del ‘600 e l’inizio dell”800, periodo in cui stavano per fondersi in un europeismo “ante litteram”. Il sodalizio di artisti delle due accademie era rafforzato dal principio condiviso dell’unità nel disegno delle tre arti, pittura, scultura e architettura. Sempre nel Palazzo Carpegna, verso l’uscita abbiamo visitato altrre due mostre collegate, aperte dal 26 ottobre 2016 al 25 febbraio 2017, “Il Grand Tour, Alvaro Siza in Italia. 1976-2016” e “La misura dell’Occidente, Alvaro Siza -Giovanni Chiaramonte”, disegni, planimetrie progettuali e fotografie di architetture molto particolari, con un gran numero di schizzi di eccellente fattura, un vero spettacolo di arte grafica e fotografica.
La realtà ha continuato a presentarsi a noi in forma di arte, come è sua natura in modi molteplici, e siamo rimasti ancora nella “total immersion” filosofico-artistica, presi nei sensi e nella mente.
Infine siamo usciti “a riveder le stelle”, ci siamo immersi di nuovo nella realtà quotidiana. Ma non ci è sembrata più la stessa di prima. Forse perchè dopo la magica mattinata all’Accademia di San Luca nel trentennale della Fondazione, che ci ha fatto penetrare nel pensiero filosofico trasfuso nell’arte del grande Giorgio de Chirico. siamo noi a non essere più gli stessi.
Info
Accademia di San Luca, piazza Accademia di San Luca 77, Roma. Tel. 06.6798850. Orari: Biblioteca lunedì-venerdì ore 9,00-19,00, sabato 10,00-14,00 ; Galleria lunedì-sabato ore 11-19. Casa Museo Giorgio De Chirico, sede della Fondazione Giorgio e Isa De Chirico, Piazza di Spagna n. 31, visite guidate in italiano-inglese, gruppi di 10 in 3 turni, ore 10-11-12, da prenotare a prenotazione@fondazionedechirico.org, tel. 06.6796546. Biglietto, intero euro 7, ridotto euro 5 per under 18 e over 65, gratuito under 12. Il primo articolo sul Convegno è uscito in questo sito il 17 dicembre 2016.
Per le mostre di De Chirico dal 2009 cfr. i nostri articoli: in questo sito, nel 2015, “De Chirico, a Campobasso la gioiosa Metafisica” 1° marzo, nel 2013 a Montepulciano, “L’enigma del ritratto” 20 giugno, “I Ritratti classici” 26 giugno, i “Ritratti fantastici” 1° luglio; in “cultura.inabruzzo.it: nel 2009 sulle mostre a Roma “I disegni di de Chirico e la magia della linea” 27 agosto, a Teramo “De Chirico e altri grandi artisti del ‘900 italiano” 23 settembre, a Roma “De Chirico e il Museo” 22 dicembre; nel 2010 a Roma “De Chirico e la natura”, tre articoli l’8, il 10 e l’11 luglio, ela mostra parallela “L”Enigma dell’ora di Paolini, con de Chirico al Palazzo Esposizioni” 10 luglio (tale sito non è più raggiungibile, gli articoli saranno trasferiti su altro sito, comunque forniti a richiesta); in “Metafisica”, “Quaderni della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico”, n. 11/13 del 2013, articolo a stampa “De Chirico e la natura. O l’esistenza? Palazzo Esposizioni di Roma 2010”, pp. 403-418; anche nell’edizione inglese dei “Quaderni”, “Metaphysical Art”, n. 11-13 del 2013, “De Chirico and Nature.Or Existence? The Exhibition at Palazzo Esposizioni Rome 2010”, pp. 371-386.
Foto
Le immagini presentano una serie di inquadrature dei diversi ambienti della Casa Museo Giorgio De Chirico. Sono state tratte da siti web di pubblico dominio, precisando che sono inserite a titolo meramente illustrativo e che non vi è alcuna finalità promozionale e tanto meno economica,. Si ringraziano i titolari dei siti, assicurando che se qualcuno di loro non gradisse la pubblicazione, la relativa immagine verrà immediatamente eliminata su semplice richiesta. Ecco i siti nell’ordine di successione delle rispettive immagini inserite nel testo: artlife.com, arttribune.it, contemporarydaily.it, desireememoli.it, scoprendoroma.it, tripadvisor.com, italianways.it, rome-accomodationnet.it, rocaille.it, turismoroma.it.