di Romano Maria Levante
Prosegue la nostra vista alla mostra “Konrad Magi (1878-1825)”, aperta alla Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma dal 10 ottobre 2017 al 28 gennaio 2018, con circa 50 dipinti e 15 disegni, del Museo Nazionale d’Arte Estone e di Tartu e della collezione privata del grande collezionista d’arte e imprenditore dell’Estonia Enn Kunila. La mostra segue l’esposizione a Roma al Vittoriano di 10 sue opere insieme ad altri artisti estoni, in occasione dell’Expo milanese nel 2015, mostra ripetuta a Firenze nel 217 . Questa mostra, la maggiore sull’artista in Europa, è stata realizzata dal Museo Nazionale d’Arte di Estonia, a cura di Eero Epner . che ha curato anche il Catalogo edito da Eesti Kunstmuuseum. Si celebra la presidenza dell’Estonia del Consiglio dell’Unione Europea e il 100° anniversario della Repubblica d’Estonia con l’omaggio al maggiore artista estone.
Abbiamo in precedenza cercato di illustrare, seguendo l’accurata ricostruzione del biografo Epner, il lungo periodo di formazione di Konrad Magi, che prima di iniziare a dipingere regolarmente lasciò l’Estonia per recarsi con soggiorni di diversa durata, ma sempre breve, s San Pietroburgo e alle isole Alland, a Parigi ed Helsinki fino all’approdo in Norvegia dove ruppe il ghiaccio con la pittura dopo aver immagazzinato tutto quanto gli veniva trasmesso dall’intensa temperie artistica dei primi del ‘900, ed era tanto, soprattutto a Parigi.
Della Norvegia abbiamo commentato le 12 opere esposte in mostra, diversi “Paesaggi” e un “Ritratto di ragazza” , cercando di interpretare il rapporto con la natura nella sua poetica artistica, fino al senso di religiosità panica che pervade il suo animo inquieto.
Vediamo ora come si svolgeva la sua permanenza nel paese che gli aveva dato la spinta, con il suo forte richiamo naturale, per fare ciò che non gli era riuscito neppure nella mitica Parigi: dipingere.
Una sorpresa dopo l’altra, perché sono state sorprendenti le sue delusioni dopo breve tempo a San Pietroburgo e nella stessa Parigi, che pure era stata per lui un sogno infine raggiunto ma poi svanito. Ebbene, anche la Norvegia lo delude pur se ne ha sbloccato la vena artistica, e lo abbiamo visto: “La vita qui in Norvegia mi offre molto poco, alla fine stufa… Certo, in tutta questa vita c’è sicuramente qualcosa di buono, ma molto poco, o almeno io non lo vedo. Ho lavorato poco, molto poco ma per ragioni diverse”.
Tra queste ragioni c’è sempre la salute, sempre più cagionevole, e la solitudine, “la cosa peggiore è che sono completamente solo, che qui non c’è nessuno dei nostri”. Commenta Hepner: “In Norvegia, lo spleen di Parigi si trasforma in disperazione e rabbia”. E aggiunge: “I due anni in Norvegia costruiscono Konrad Magi come artista, ma lo distruggono quasi completamente come persona. Scriverà: “Tutta la vita non è altro che sofferenza. E se c’è qualcosa di più alto della vita, la gente non può raggiungerlo… è impossibile vivere qui, ma non posso andarmene”.
Intanto in Estonia comincia ad essere conosciuto il Magi pittore, non sono vie misteriose, si inizia con la presentazione di un grande ritratto fattogli da Triik ed esposto il 20 agosto 1909 a Tallin in una mostra che segue di tre anni quella alla quale lui e i suoi amici radicali non avevano voluto partecipare per dissensi politici, tra l’altro con uno scultore detestato, ora invece assente; per arrivare alla visita nella sua casa notvegese di Kristiania nella primavera del 1910 di Viergo e Linde, il secondo scriveva di arte sulla rivista “Giovane Estonia” che mirava a far conoscere l’arte in chiave modernista. Parlano di lui nel suo paese attraverso la stampa, poi Virgo organizza una mostra a Tartu e vi espone un gran numero di opere di Magi, 6-7 portate in valigia dalla Norvegia, molte altre spedite per posta, in tutto 40 quadri esposti nella mostra inaugurata il 17 ottobre 1910.
Commenta Epner: “Konrad Magi è ora immortale… il successo di Konrad Magi richiese un solo secondo, nel momento stesso in cui la terza mostra d’arte estone venne aperta, Konrad Magi divenne una star”. E soprattutto piovono le vendite, nella prima settimana per 240 rubli “le sue quotazioni in quattro giorni sono passate dal nulla alle stelle” e le vendite raggiungono i 1000 rubli, pari alla retribuzione di un sindaco per un periodo di un anno e mezzo., più di ogni altro artista.
Questo avveniva in patria, non sfondò invece in Norvegia pur partecipando a una mostra nella rinomata galleria Blomquist di Oelo invitato da Krogh. Ma non se ne preoccupa, vuole tornare a Parigi e può farlo con i ricavi delle vendite alla mostra di Tartu. Vi arriva all’inizio di dicembre 1910, era giunto in Norvegia a metà luglio del 1908, ma aveva cominciato a pensarci fin dal gennaio allorché, come abbiamo visto, ne era tornato Triik entusiasta: sono passati quasi tre anni.
Il secondo soggiorno parigino inizia in condizioni molto diverse del primo,ora non ha soltanto il sogno di diventare artista, prima deluso; artista lo è diventato, in Norvegia ha dipinto un centinaio di quadri, molti sono stati venduti ad alte quotazioni nella mostra di Tartu, un’altra è seguita a Oslo. I risultati tuttavia sono gli stessi, partecipa alle manifestazioni, dalle mostre ai concerti agli spettacoli teatrali, ma non riesce a entrare nel mondo artistico, anche perché non vuole imparare il francese, e si accorge di non contare nulla lì, altro che la “star” che si sente di essere nel suo paese!. “Parigi era una passione ossessiva – nota Ebner – nata senza che ls città gli avesse sorriso una sola volta”.
E poi, sembrerà una nemesi, tornano tutti i problemi del soggiorno precedente,cominciando da quelli economici perché si esauriscono le risorse ricavate dalla vendita di quadri alla mostra di Tartu, tanto che proverà invano ad essere sostenuto dalla fondazione Bergamann che assisteva i giovani artisti; inoltre la sua salute è sempre più cagionevole nell’abitazione che ancora una volta è fredda ed umida, si ammala come molti suoi compatrioti sebbene abituati ai freddi del Nord.
Non ha più dipinto dopo l’exploit dei 100 quadri della Norvegia, né si sente di ricominciare. Per Epner “a Parigi Magi non è in paradiso, ma in una trappola”. Un intermezzo in questa situazione nuovamente senza uscita è l’escursione con Ferdinand Kull in Normandia, a Dieppe, dove gli torna la voglia, e la forza, di dipingere, si conoscono una diecina di quadri, ma altre opere, forse molte, dovette venderle per mantenersi. Vediamo esposto un dipinto intitolato semplicemente “Normandia”, 2011, una sorta di striscia sabbiosa a sinistra con un vasto retroterra verde a picco sulla spiaggia, sulla destra quasi per l’intera estensione del quadro, un mare molto particolare, la cui superficie è resa da pennellate bianche e celesti con un effetto che richiama le ninfee di Monet anche se qui le macchie chiare sull’acqua sono molto più piccole. E’ un paesaggio aperto e luminoso molto diverso da quelli norvegesi, arcigni nella forma e sconvolgenti nel contenuto.
L’intermezzo della Normandia cessò presto, l’anno successivo, nel marzo 2012, a Parigi 3 sue opere “Ritratto”, “Paesaggio decorativo” e “Schizzo” sono esposte alla mostra del “Salon des Indépendants” , una sorta di spazio anarchico dove chiunque poteva portare le sue opere; c’è anche Marc Chagall, che era stato suo vicino in quella specie di squallida foresteria per artisti che era “La Ruche”, “condividevano lo stesso alveare ma entrambi avevano la propria cella”, Magi e Léger, e anche Chagall che ha esposto un proprio quadro con l’asino d’oro mentre fuma l’oppio.
Un altro alveare sterminato quello della mostra, con 6000 opere esposte, ma la rivista “Chronique des Arts” citò proprio Magi tra gli 11 artisti stranieri ritenuti degni di menzione per seguire gli orientamenti dell’arte francese, in cui convergevano una serie di stili, nella mostra dominavano il neoimpressionismo e il cubismo. Nell’opera di Magi i critici hanno trovato fino ad 11 stili, il che significa che nessuna corrente vi ha impreso il suo sigillo, il suo stile resta molto personale pur alimentato dai tanti stimoli provenienti dall’ambiente artistico frequentato. Epner ricorda le parole del pittore amico di Magi Triik, negli ultimi anni di vita: “Farsi strada nel vortice delle influenze per trovare se stesso è difficile e non sono sicuro di esserci riuscito”. E conclude che, essendo giunto nella capitale francese a 29 anni per tornarci a 32, “per questo Parigi non influenzò Magi tanto con diverse dottrine artistiche, ma con il meglio che aveva da offrire: la libertà assoluta”.
Il pluralismo artistico era largamente diffuso, fino ai caffè dove si moltiplicavano le avanguardie perdendo quindi di peso e nel loro affastellarsi facendo risaltare l’identità individuale: “Magi non cominciò mai a copiare la metropoli, perché la metropoli stessa gli aveva insegnato a non farlo: importante non è adeguarsi al canone esistente, ma creare il proprio canone”. Per l’artista estone c’era una strada e la seguì con costanza: “Rimanendo fuori dai giochi, Magi potè essere più selvaggio, cambiare il proprio approccio e stile, a volte fallire e scoprire a quel modo errori interessanti. Non fu mai coerente in nessun approccio artistico, l’unica cosa che contraddistinse la sua arte dall’inizio alla fine fu la centralità dei paesaggi e dei colori”.
Così, con le parole di Epner, abbiamo evocato la cifra artistica di Magi, sia pure descrivendola come indefinibile, per interpretare meglio le opere realizzate dal 1912 al 1925.
Magi torna in Estonia tra la fine di maggio e l’inizio di giugno 1912, sebbene la situazione sembri migliorata, dopo le nuove delusioni parigine che gli hanno fatto scrivere il 29 dicembre 2011 le parole: “Mi ha preso una tale apatia che tutto mi è indifferente. Se prima amavo così tanto Parigi e tutto ciò che è Parigi, ora vedo tutto nero”. E’ stato 9 anni all’estero, è diventato un artista.
Giunti a questo punto continuiamo a seguire la biografia, ora è immerso nella produzione artistica dopo le lunghe e inquiete fasi del suo tormentato avvicinamento all’arte muovendosi alla ricerca di sé, per introdurre le altre opere esposte in mostra.
Tornato nella sua Tartu, sente negativamente il clima da cittadina di provincia che lo opprime per motivi opposti dell’insofferenza nelle grandi città. Tornano le difficoltà economiche e deve vivere in casa della sorella, l’unica con cui ha contatti non avendo nessun rapporto con i quattro fratelli maggiori, Questa inquietudine si riflette nei suoi dipinti.
Finché, nell’estate dl 1913, l’anno dopo il ritorno in patria, va a fare delle cure termali nell‘isola di Saaremaaa dove ci sono i fanghi terapeutici, ci tornerà nel 2014. Lo scenario naturale è molto diverso da quello norvegese, “dall’apparenza ancestrale – così lo definisce Epner – come se il mondo fosse ancora in procinto di essere creato”; è un ambiente nel quale si sente “il ritmo arcaico della natura o l’origine mistica di tutto quanto esiste”, in altri termini è un “qualcosa di metafisico, quasi irraggiungibile, che si stende sopra ai tempi come l’oceano si stende sopra il fondo del mare”.
Sono esposti 11 quadri del biennio 1013-14. Di questi, 3 con una dominante rossa nel cielo: così in “Paesaggio dell’isola Saaremaa” la composizione è in orizzontale quasi geometrica, con campagna e verde, case e acqua sotto un cielo in cui il rosso si avvita intorno al giallo del sole, mentre in “Paesaggio con nuvola rossa”, l’incendio del cielo illumina una terra scura con la macchia biancastra di un laghetto, e in “Paesaggio con sole” l’esplosione cromatica si estende anche alla terra salvo una ristretta fascia centrale.
Il rosso diffuso si stempera nell’arancio nel cielo con nuvole bianche in “Motivo dell’isola di Vilsandi”, a terra i colori impressi in modo puntiforme danno all’insieme un aspetto quanto mai tormentato, il faro sulla sinistra; mentre in “Paesaggio dell’isola di Vilsandi” colpiscono i blocchi di rocce sul verde dell’acqua striato di bianco con il nero della scogliera e sullo sfondo il faro che fende il cielo corrusco. Blocchi di verde, invece, al centro di “Isola di Saaremaa. Studio”, isolati nel biancore rispetto ad altre formazioni puntiformi sul rosso arancio, l’acqua una striscia sottile; analogia compositiva con “Motivo dell’isola di Saaremaa”, stessi blocchi verdi sul biancore, sempre a sinistra il faro, l’acqua ben più estesa, di un blu molto intenso. I massi tornano in “Paesaggio con pietre”, sparsi sul verde sotto un cielo con nuvole rosa massicce come le pietre, sullo sfondo le guglie montagnose e il profilo di un ipotetico abitato, e in “Paesaggio con mulino”, dove prevale il verde in una composizione serena senza asprezze cromatiche né concitazioni pittoriche. Lo stesso per i “Cavoli marini”, bianco e verde chiaro si alternano in una visione quasi floreale con addensamenti puntiformi giustificati dal soggetto. Conclude questa piccola galleria “Paesaggio dell’isola di Saaremaa”, diverso dagli altri, con un cielo uniforme bianco e livelli alternati di addensamenti cromatici sul verde e bianco sempre con le pennellate puntiformi.
Non c’è la distensione paesaggistica che le amene vedute dell’isola di Saaremaa e Vilsandi potrebbero ispirare, l’asprezza primordiale è la caratteristica di queste composizioni. Angelo Colasanti, riferendosi a “Paesaggio con pietre”, definisce tale caratteristica “una frontalità insistita, perentoria, come dire, accecante. La frontalità del paesaggio che arriva fino all’astrazione di quel paesaggio. Le nuvole cariche di rosa e di ametista vengono dipinte da un pennello che non tocca ma scava dentro il cielo bianco, beige chiaro, acquamarina con bave di indaco pallido. E’ un pennello, in definitiva, che non spande la luce ma incide ed estrae, cioè tira letteralmente fuori la materia fossile, quella dura e glaciale della memoria”.
Dopo aver sottolineato la “precipitazione di rocce, di cespugli, di chiazze di colore”, Colasanti aggiunge: “Assistiamo ad un calpestio ritmico di cromatismi che si diffondono in colori e varianti di colore: diciamo blu, blu ceruleo e dunque cobalto, a tratti indaco, poi rosa e giallo viola lungo gomiti di un cuoio rosso o almeno di una pelle sfregiata e incandescente. E’ questo essere colpiti sulla retina il punto magico del quadro: la splendida concretezza di un naturalismo che è capace di arrivare alla massima astrazione, la vera forza della Natura, l’inquietante nudità del panorama che osserva”. Descrizione quanto mai efficace della violenta tempesta cromatica unita alla straordinaria forza compositiva, il “punto magico” di cui parla Colasanti non è solo di “quel quadro”, è di tutti i suoi quadri con questa intensa ispirazione.
Epner ci dà una descrizione accurata, penetrando all’interno della tecnica pittorica: “Magi rappresenta l’arcaicità della natura con una straordinaria energia di colore, i suoi colpi di pennello sono forti, spesso unici, lasciando uno strato di colore molto fine. .La fattura della tela traspare sullo sfondo e conferisce alle strisce di colore un’impressione di spaziosità. La riva del mare esplode in decine di toni, la spiaggia è piena di pietre in tutte le gamme di arancione, azzurro, viola, giallo, verde e bianco. Il pennello imprime sulla tela singoli punti giustapposti, alcuni più spessi, altri più fini. Tra un punto e l’altro parte della tela è rimasta intonsa e i suoi filamenti aggiungono toni bruni al dipinto. Nei quadri di Magi fa ora la comparsa anche un elemento visionario: le pietre sono dipinte in colori allucinati, sopra all’orizzonte sta appeso un sole che brucia”, e lo abbiamo visto soprattutto nei primi tre sopra descritti. Così conclude Epner: “Nei suoi quadri la natura diviene una forza mistica e l’artista stesso sembra aspirare a fondersi in qualcosa di più grande di lui. Era un fuoco interno ad alimentare queste ricerche, lo stesso fuoco che faceva bruciare i suoi paesaggi e che alla fine consumò Magi stesso”. Dalla tecnica pittorica si passa alla intensa motivazione interiore che la anima, all’inquietudine esistenziale.
Ma andiamo avanti nella biografia cui si collega un nuovo ciclo pittorico. La vita dell’artista ora si svolge tra Tartu e Vilsandi dopo le due estati trascorse nell’sola di Saaremaa, è inquieto per la precarietà delle diverse residenze e per i problemi di salute che si sono aggravati, inoltre soffre di solitudine anche se, osserva Epner, “non fu in realtà mai davvero solo, lo circondarono sempre colonie, compagnie, movimenti, ma si sentì sempre dimenticato e abbandonato, incapace di sviluppare relazioni con le altre persone. Era lo spleen a tormentare Magi, una generale noia per la vita combinata a misantropia, una diagnosi letale a livello sociale che si nutriva anche dello spirito del tempo”.
Tutto questo sebbene fosse ormai ben conosciuto e la sua arte fosse apprezzata, otteneva riconoscimenti ufficiali come l’artista di punta dell’Estonia, migliorò finalmente la sua situazione economica ma non mutò il suo atteggiamento anarchico e ribelle nei confronti delle istituzioni e dell’ideologia nazionale. E questo in un periodo in cui l’Estonia divenne uno stato indipendente con il conseguente trionfo dei sentimenti nazionalistici, di cui appunto la mostra celebra il centenario.
Sul piano artistico, nonostante la misantropia e l’incapacità di sviluppare relazioni di cui parla Epner, si impegnò nel rendere l’arte popolare pur non avendo fiducia nella capacità di comprendere il modernismo da parte del pubblico che invece si rivelava aperto e ricettivo. Si dedicò anche all’insegnamento dell’arte e nel 1919 fu tra i fondatori e primo direttore della scuola d’arte “Pallas”; e lo fece rifiutando ogni impostazione convenzionale con criteri prefissati, volle che la sua scuola fosse uno spazio creativo e lasciasse gli allievi assolutamente liberi nell’espressione artistica.
Così i giovani artisti estoni varcarono il Rubicone del modernismo dedicandosi anche ad opere in stile cubista e all’astrattismo, mentre Magi continuò a dipingere nel suo stile personalissimo che faceva tesoro dei tanti stili e delle avanguardie senza che fossero riconoscibili gli specifici influssi.
L’inquietudine, però, non si attenua, mentre i problemi fisici si aggravano, e questa volta se ne colgono chiari riflessi nelle sue opere che perdono la brillantezza cromatica, e si scuriscono quasi a voler esprimere l’incupirsi della sua visione pessimistica: “Anche se i quadri di Magi continuano a riflettere le sue esperienze nella natura – osserva Epner – si trasformano ora da specchi esistenziali in amplificazioni della vita interiore dell’artista. Seguendo il mutamento dei suoi paesaggi in panorami dall’orizzonte infinito, possiamo notare come l’attitudine dell’artista si facci pensierosa”. E più precisamente: “L’inquietudine che contraddistingue Magi si rispecchia innanzitutto nelle nuvole, ma un nuovo motivo ricorrente nei suoi dipinti sono ora i laghi. Quasi tutti i quadri contengono una superficie, la cui gamma si estende da una macchia di colore blu fino a uno specchio scuro che inghiotte la luce”.
Possiamo riscontrarlo negli 11 dipinti esposti del periodo 1915-20. In effetti, non vediamo il lago soltanto in “Andando da Vijandi a Tartu”, 1915-16, le due residenze di quegli anni, ma le nuvole si addensano tempestose, anche se sono di colore chiaro, su un paesaggio con la casa nel verde e campi luminosi, un’eccezione rispetto alla generalità di visioni cupe che vedremo subito. Così il “Paesaggio della regione di Vorumaa”, 1916-17 e “Paesaggio di Otepaa“, 1918-20 sono scuri in modo impressionante perché pur se sono presenti colori caldi, la cupezza dei verdi e dei neri, senza l’apertura del cielo, li rende quanto mai tenebrosi. Più aperto “Paesaggio di Kasaritsa”, 1916-17, e in minor misura, “Paesaggio di Rouge”, 1918-20, in entrambi le nuvole sono tempestose, per non dire minacciose, il primo in una tonalità verde chiaro sorprendentemente omogeneo, il secondo con contrasti cromatici tra il verde di varie tonalità e le tinte calde dei terreni intorno al lago che occupa l’intero dipinto, attraversato da una sorta di istmo coperto di alberi fino a una radura.
Gli altri dipinti di questo periodo esposti nella mostra sono direttamente intitolati ai laghi che raffigurano: Il più grande e il più cupo è il “Lago di Kasaritsa”, 1916-17, con i filari di alberi i cui tronchi si riflettono nell’acqua, mentre il “Paesaggio del lago Puhajarv“, 1920, è reso luminoso dai vasti campi giallo-arancio con evidenze arboree altrettanto luminose, ma è un’eccezione perché altri 3 dipinti intitolati “Lago Puhajarv”, tutti del 1918-20, sono quanto mai tormentati da un cielo tempestoso con formazioni arboree raggrumate in dense macchie cromatiche . .
Ma non finisce qui, l’anno successivo c’è la nuova svolta, Magi lascia ancora l’Estonia, dopo nove anni va verso il Sud, in Italia, a Roma, Venezia e al sole di Capri. Con molti cambiamenti, nella sua visione della vita e nella sua arte. Ne parleremo prossimamente.
Info
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, viale delle Belle Arti, 131, Roma, tel. 06.32298221. Orari di apertura, dal martedì alla domenica ore 8,30-19,30, lunedì chiuso, ultimo ingresso 45 minuti prima della chiusura. Ingresso, intero euro 10,00, ridotto euro 5,00, gratuito per gli under 18, ridotto con il biglietto del MAXXI e i soci del programma CartaFRECCIA di Trenitalia. Catalogo “Konrad Magi 1878-1925” , Eesti Kunstimuuseum, 2017, pp. 136, formato 21,5 x 28. Biografia romanzata: Eero Epner, “Konrad Magi”, Editore Enn Kunila, Srl Sperare, Tallin 2017, pp. 568. Dal Catalogo e soprattutto dalla biografia romanzata, entrambi a cura di Epner, sono tratte le notizie e le citazioni del testo. Il primo articolo sulla mostra è uscito in questo sito il 3 novembre u. s., il terzo e ultimo uscirà il 17 novembre p. v. Per le mostre, gli artisti e le correnti citate nel testo, cfr. i nostri articoli: in questo sito, per la precedente mostra al Vittoriano su Magi e gli artisti estoni della collezione Kunila 7 febbraio 2015, per Picasso 5, 25 dicembre 2017, 6 gennaio 2018, Picasso, Braque e i cubisti 16 maggio 2013, Chagall 30 maggio, 12 giugno 2016, Impressionisti téte a téte 5 febbraio 2016, Impressionisti e moderni 12, 18 gennaio 2016, le correnti della “Secessione” 12, 21 gennaio 2013, Astrattisti 5, 6 novembre 2012; in cultura.inabruzzo.it, Da Corot a Monet, gli impressionisti, 27, 29 giugno 2010 (questo sito non è più raggiungibile, gli articoli saranno trasferiti su altro sito).
Foto
Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante nella Galleria Nazionale alla presentazione della mostra, si ringrazia la Galleria Nazionale, con i titolari deidiritti, per l’opportunità offerta. In apertura, “Paesaggio dell’isola di Vilsandi” 1913-14; seguono, del 1913-14, Cavoli marini” e “Motivo dell’isola di Vilsandi”; poi, “Andando da Vislandi a Tartu” 1915-16, e “Lago Valjarv” 1916-17; quindi, “Paesaggio di Otepaa” 1918-20, e “Lago di Kasaritsa (Verijarv)” 1916-18; inoltre, “Paesaggio del lago Puhajarv” 1920, e“Lago Puhajarv” 1918-20; infine, altro “Lago Puhajarv” 1918-20, e “Paesaggio del lago Saadjarv I” 1923-24; in chiusura, altro “Paesaggio del lago Saadjarv II”, 1923-24, i due ultimi saranno commentati alla fine del terzo articolo..