di Romano Maria Levante
Si conclude la nostra vista alla mostra “Konrad Magi (1878-1825)”, che dal 10 ottobre 2017 al 28 gennaio 2018, espone circa 50 dipinti e 15 disegni alla Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma. E’ stata realizzata dal Museo Nazionale d’Arte di Estonia, a cura di Eero Epner .che ha curato anche il Catalogo dell’“Essti Kunstuumusem” di Tallin, per celebrare la presidenza dell’Estonia al Consiglio dell’Unione Europea e il 100° anniversario della Repubblica d’Estonia. In Europa finora nessuna esposizione di questa ampiezza, al Vittoriano furono presentate 10. sue opere, con quelle di molti altri artisti estoni, nella mostra del 2015 di presentazione del paese per l’Expo milanese, ripetuta a Firenze nel 2017.
Abbiamo rievocato, seguendo l’accurata ricostruzione biografica di Epner, la formazione di Magi attraverso i suoi soggiorni all’estero, in particolare a San Pietroburgo e a Helsinki, in Norvegia e nelel isole Aland, e soprattutto due volte a Parigi, e commentato i suoi dipinti di queste fasi, con i paesaggi della Norvegia, dell’isola di Saaremaa, e dei laghi estoni. Di queste opere abbiamo cercato di evidenziare le peculiarità pittoriche e i contenuti riposti riferendoci ai giudizi di attenti critici, in primis il curatore Epner. Ci siamo fermati al 1920, proseguiamo l’excursus con il 1921, l’anno del viaggio di Magi in Italia.
Parte l’11 ottobre 1921 in treno dalla stazione di Tartu, ormai è un personaggio, lo salutano una settantina di conterranei. Fa scalo a Riga, poi arriva a Berlino dove si ferma un mese, quindi a Dresda per 15 giorni e infine a Monaco. Sono tappe intermedie, la destinazione finale è l’Italia, l’11 dicembre arriva a Roma e può subito constatare come l’inverno sia molto meno freddo di quello parigino che con l’umidità gli aveva creato seri problemi di salute. Ed esclama: “Nella mia natura c’è forse davvero molto di una persona del Sud. Tutta Roma appare ogni giorno più interessante. Ad ogni modo non ho intenzione di lasciare facilmente questo paese”.
Sembra aver superato le tante delusioni dei precedenti viaggi e la visione pessimistica, tanto che si sente di scrivere: “Ho la sensazione di essere arrivato, dopo molti anni, a casa. Anche se per ora la sistemazione è molto scomoda, il sentimento è eccezionale, ho voglia di vivere e di farlo ancora ancora. Qui la vita sembra avere un senso”.
Non apprezza soltanto il clima, è venuto per l’interesse verso il Sud, ma a Roma fa una nuova esperienza di vita con tante scoperte. Ci si potrebbe sorprendere del suo entusiasmo, dato che Roma non ha quell’attrazione sugli artisti che aveva Parigi, città delle avanguardie, del futuro dell’arte, mentre la “città eterna” evocava piuttosto il passato, tanto che dirà:”Questo marmo consunto, i singoli dettagli così distrutti mettono un poco di tristezza”. Ma lo colpiscono le persone, come avverrà del resto a Picasso, per la loro vena popolare, come lo colpiscono gli edifici, in particolare le chiese che definirà “semplicemente divine”, i monumenti e le fontane.
Troviamo tutto questo nei suoi dipinti su Roma, mentre nei suoi quadri della Normandia e dell’Estonia nei paesaggi non c’erano presenze umane e anche le rare case coloniche erano poco significative, appena abbozzate. Addirittura in “Motivo romano”, 1921-22, è raffigurata una piazza con molte persone, mentre passeggiano o sono sedute, singole o a coppie, con abiti appena tratteggiati ma eleganti come mostrano i cappelli delle donne, nel fondo gli edifici imponenti sovrapposti, sul lato destro con denso fogliame, sul sinistro grandi piante floreali, il celo azzurro con nuvole bianche.
E’ un’immagine quanto mai serena, alla quale associamo “Paesaggio italiano (Roma)”, 1922-23,una composizione più elaborata che riprende dall’alto la piazzetta con la stessa umanità romana elegante dinanzi a un tempio circolare con le colonne tutt’intorno, sembra il Tempio di Vesta, e sullo sfondo in alto diversi edifici isolati e un agglomerato, sotto un cielo blu-cobalto con macchie di varia intensità, le nuvole non sono tempestose come nei cieli nordici.
Seguiamolo nella sua permanenza in Italia, durata circa un anno. Dopo Roma nella primavera del 1922 va a Capri, si immerge nel clima mediterraneo dell’isola che era meta di scrittori e artisti e veniva considerata, afferma Ebner, “il luogo in cui si fuggiva dall’avanzata della modernità”,
Ne ebbe una prova quando il suo arrivo coincise con una conferenza organizzata dal sindaco in difesa del paesaggio caprese; si opponeva alla costruzione di alberghi e condomini, .secondo il volere degli abitanti che intendevano mantenere la natura incontaminata. Definì l’isola “divina” e vi si fermò un mese e mezzo. “L’isola lo entusiasma fino alla fine, commenta il biografo, in quei 45 giorni non si stanca di Capri nemmeno per un momento, perché dipinge in maniera irrefrenabile”.
Il modo con cui dipinge riflette un entusiasmo che va ben oltre le meraviglie ambientali. E’ come se si fosse liberato dei tanti pesi che lo opprimevano quando dipingeva in Norvegia e in Estonia e in più si fosse riconciliato con il mondo. Epner lo afferma esplicitamente e commenta: “”I paesaggi di Capri sono felici e proprio come tali vengono percepiti da chi li osserva… Questi quadri trasmettono a chi li guarda la gioia di vivere, ma sono anche esotici, belli, romantici”.
Ne sono esposti 5, .tutti del 1922-23, con lo stesso cielo blu-cobalto con nuvole appena delineate. In “Rovine a Capri” vediamo un cumulo di ruderi bianchi con sulla sommità una nicchia ben conservata, mentre in “Capri” c’è una visione prospettica che converge su un portico con in alto un edificio bianco, ai lati due alberi scheletriti. Associamo a questo “Paesaggio caprese”, anche se la costruzione è molto diversa ed inserita in una sorta di agglomerato indistinto. .
“Strada di Capri” e “Motivo caprese” danno un’idea più precisa dei luoghi, il primo con un agglomerato ben percepibile, una scalinata al centro e due donne che parlano quasi in primo piano, una delle quali rivolta verso l’osservatore; l’altro con una piazza su cui si affacciano dei caseggiati, in quelli frontali dei panni stesi a indicare la presenza umana. Ma sn questo dipinto si nota un elemento riscontrabile anche in altri quadri capresi e romani, le macchie nere delle finestre e delle porte che nascondono l’interno. Qualcosa di simile si percepisce anche nella “Città ideale” di Urbino, nella quale agli scuri chiusi o socchiusi si sono dati determinati significati, come l’invito a entrare per ridare vita. Sui “buchi neri” delle finestre di Capri Ebner commenta così: “Quelle finestra nere non mi danno pace, sono misteriose e oscure. Non si tratta di una minaccia, ma piuttosto di un segno muto che qualcosa non si può vedere. La luce è spenta, dentro non c’è più nessuno, la casa è vuota e abbandonata”. E se nei due dipinti romani che abbiamo visto c’erano le persone nei momenti distensivi della passeggiata, qui non sono né per strada nè alle finestre, spiccano le fessure biie rispetto alla luminosità dell’insieme.
Il critico che è anche biografo appassionato non si ferma a questa constatazione, cerca di comprendere cosa c’è dietro, e non solo ai “buchi neri” di finestre e porte, ma anche al blu che diventa dominante, oltre che nel cielo come abbiamo sottolineato, anche in molti particolari dei dipinti capresi: non c’è più il sole, è la luna che non si vede a rischiarare la scena anche se resta sempre umbratile del resto sembra che dipingesse volutamente visioni notturne.
L’analisi che viene fatta prende l’avvio dalla notizia, giunta a Magi mentre era a Capri, che la scuola “Pallas” è stata riorganizzata con i corsi di disegno, ai quali si era opposto ritenendo che comprimessero la creatività e la libertà espressiva, il nuovo direttore Starkopf e il suo amico Triik non avevano potuto resistere alle pressioni ministeriali; la notizia lo fa infuriare e, secondo Ebner, può aver rotto il delicato equilibrio nervoso di Magi, già logorato dalle vicissitudini dei tanti spostamenti e dalle condizioni di salute sempre più precarie, perdendo così la serenità e la gioia di vivere trovate in Italia.
“Tutto il suo nervosismo e la sua inquietudine fanno improvviso ritorno, e proprio in quel momento tutto il mondo diviene blu agli occhi di Magi. La natura non parla più con Magi la propria lingua psichedelica segreta, ma esprime i sentimenti di Magi stesso. Prima Magi esprimeva la lingua segreta della natura, ora la natura esprime i pensieri nascosti di Magi”. E conclude: “Le finestre diventano nere, il Sole tramonta e nel mondo non c’è più nulla oltre al blu. La via di fuga comincia a chiudersi. Il Sud ha esaurito le proprie possibilità”.
E’ la fine di aprile 1922, ha deciso di tornare in Estonia, intanto rientra a Roma sapendo che prima di lasciare l’Italia visiterà Venezia. Non parte subito, le sue condizioni di salute sono peggiorate, fino al punto che teme di morire a Roma. “I suoi sentimenti sono lontani dalla felicità e dalla bellezza – nota Epner – non vede armonia, ma solo le sofferenze che lui provoca agli altri e quelle che il mondo provoca a lui”.
Arriva a Venezia dopo essere passato per Bologna e Ravenna, siamo in estate, la dipinge con una precisione insolita, è la prima e unica città che ritrae così, quasi volesse sottolineare l’adesione ai valori che incarna. E sono quelli di un passato destinato ad essere travolto dalla modernità, secondo i futuristi che nell’aprile del 1910 avevano ripudiato la “Venezia passatista” dei palazzi nobiliari e delle gondole per uno sfrenato modernismo iconoclasta. “Magi – osserva Epner – non desidera bruciare le gondole come i modernisti. Non solo le dipinge, ma le ripete all’infinito, come non ha fatto mai con nessun altro motivo. Magi è improvvisamente ciò contro cui i modernisti combattevano: il modernista è diventato antimodernista”.
Guardiamo i 5 dipinti intitolati “Venezia”, 3 oli su tela e 2 su cartone, tutti del 1922-23, il blu non è solo dominante come nei dipinti su Capri, ugualmente del 1922-23, è addirittura totalitario, in 4 di loro l’acqua della laguna e il cielo si uniscono in un’unica tonalità cobalto, il quinto è molto scuro, quasi tetro, ma si distingue pur sempre il gondoliere che rema verso l’approdo con tre lampioni. Gli altri sono in un blu squillante su cui si stagliano le gondole e le altre imbarcazioni, mentre sul fondo spiccano le architetture dei palazzi con cupole e campanili. Nulla a che fare con la sua pittura violenta e “scolpita” dei dipinti norvegesi e successivi, qui il colore è steso in modo omogeneo senza puntinature e blocchi cromatici, ed è come se si limitasse a dipingere la superficie invece di calarsi nella sostanza materica come faceva in modo imperioso.
A metà agosto del 1922 inizia il viaggio di ritorno, si ferma ad Oberstdorf non si sa se per visitare degli amici che lo avevano invitato con una cartolina speditagli a Roma oppure per curarsi, nella città tedesca c’era anche un sanatorio, ma si ferma poco per una simile cura. Nel paragonare le nuove sensazioni con quelle provate in Italia osserva: “Che contrasto tra l’Italia e questo paese. Ricordo ancora gli ultimi giorni a Venezia come un sogno fantastico. Solo ora, a causa del contrasto, capisco cosa è l’Italia”. A Berlino vede un suo amico, Artur Adson, che scrive: “Ho incontrato Magi che è qui di passaggio e con i suoi discorsi mi ha messo voglia di andare in Italia”. Tutto questo colpisce dato che le notizie dall’Estonia lo avevano irritato al punto di ricadere nel pessimismo e nella sfiducia,vuol dire che il clima tutto particolare della città lagunare gli ha fatto superare ogni turbamento e rivalutare il soggiorno nel Bel Paese nonostante tutto..
Resta legato ai bei ricordi per molti mesi, perché nel suo atelier di Tartu, dove torna nel settembre 1922, completa i numerosi abbozzi portati dall’Italia su Roma, Capri e Venezia e traduce in quadri gli schizzi che aveva tracciato dal vivo; lo fa anche per le montagne di Oberstdorf. Continua a insegnare nella scuola d’arte “Pallas”, ma non riprende il ruolo di direttore che resta a Starkopf, naturalmente non insegna l’aborrito disegno ma pittura di paesaggi e nature morte.
Mantiene la notorietà in Estonia, ma il clima è molto cambiato, con la normalizzazione dell’indipendenza nazionale sono cessati quei fermenti rivoluzionari che alimentavano la creatività, il panorama artistico non presenta aspetti stimolanti, a parte iniziative cubiste, si diffonde la noia.
Per Magi, però, i maggiori problemi vengono ancora una volta dalla salute sempre più precaria ed esposta ad ogni malanno per la caduta delle difese immunitarie. I reumatismi della poliartrite e la sifilide si accaniscono su di lui, soffre sempre il freddo e l’umidità, i fanghi curativi dell’isola di Saaremaa che gli avevano dato del sollievo sono lontani, del resto non basterebbero più ad alleviargli i dolori.
Sul piano artistico l’assenza di un anno ha logicamente attenuato l’attenzione su di lui, tuttavia dopo un anno dal suo ritorno, nel settembre 1923, espone dei dipinti sul viaggio in Italia in una mostra, l’ultima alla quale ha partecipato, i suoi quadri vengono apprezzati.
Avviene un radicale mutamento del clima artistico e politico, con il predominio delle avanguardie, nascono i cubisti estoni, e si fa strada l’idea secondo cui l’arte doveva essere nazionale, questa linea lo trova all’opposizione ancora una volta, come in gioventù: condanna in modo sprezzante il cubismo e contrappone alla concezione nazionalista dell’arte quella individualista, imperniata sulla libera creatività dell’artista.
Terminata la traduzione in dipinti dei bozzetti e schizzi italiani, nel mese di maggio del 1923 va a soggiornare nella residenza presa dalla sua scuola “Pallas” per farvi lavorare i propri insegnanti e studenti d’estate, situata a venti chilometri da Tartu nel paese di Kukulinna sulle rive del lago Saadjarv. La casa è malmessa, si dorme anche per terra, ma crediamo che facessero così gli allievi in soprannumero, non gli insegnanti, e tanto meno Magi che soffriva di reumatismi.
Lui, comunque, dipinge, e due quadri sono esposti nella mostra, entrambi intitolati “Paesaggio del lago Saadjarv”, 1923.24. Dominante blu nel cielo e nelle acque del lago, nuvole leggere, gli appezzamenti dei campi coltivati ben squadrati, nel guardarli si ha la stessa impressione che danno quelli di Venezia: i colori e la composizione hanno un che di superficiale e di scontato, rispetto al cromatismo violento e alle forme scolpite che abbiamo visto in precedenza con il relativo significato. C’è sempre maestria compositiva e impatto cromatico ma manca la sua forte creatività.
Si reca in due estati successive sul lago ma nel 1924 solo per poco, la salute peggiora e deve tornare a Tartu. Sul lago Stadjarv è stato anche con l’amico Triik, che attraversa una grave c crisi da quando, nel 1919, era stata stroncata la sua partecipazione alla mostra d’arte come “autore obsoleto”. Deluso dalla vita si era lasciato andare nel bere, pur mantenendo la propria gentilezza; aveva partecipato a una giro sul lago al quale Magi aveva rinunciato, salvandosi dal rovesciamento della barca nella quale era rimasto ucciso un insegnante. Magi scrisse: “Domani sarebbero potuti essere anche i miei funerali, ma un certo presentimento e un’altra piccola ragione mi hanno salvato. Non si può dire che questo fatto mi renda felice”.
Non potrà essere più felice perché le condizioni di salute si aggravano, gli viene diagnosticata anche per errore la tubercolosi in aggiunta alle gravi malattie di cui soffre da tempo, per questo nell’autunno del 1924 va nel sanatorio di Schomberg-Neuenburg in Germania occidentale, con il permesso della scuola con la quale, comunque, erano sorti problemi per i suoi sospetti verso i colleghi probabilmente a causa della paranoia, che lo avevano portato a parlarne male. Torna a Tartu nell’inverno del 1925 e a febbraio viene curato in una clinica per le malattie interne. Si susseguono le allucinazioni dopo i segni di schizofrenia, la sifilide ha attaccato il suo cervello.
Ma ancora resiste e, poiché nel mese di maggio aveva lasciato Tartu per i suoi viaggi, pensa addirittura di andare ad Elva, località di villeggiatura dove era già stato in primavera, diceva che faceva bene ai suoi polmoni malati. Le allucinazioni provocano atti inconsulti, lancia gli oggetti che gli capitano sottomano e getta anche i suoi quadri dall’abbaino del tetto sulla strada sottostante. Sono diverse le azioni anomale che compie come effetto della malattia, tra l’altro fa cancellare con il detersivo i suoi dipinti per liberare la tela e dipingere ancora, cosa evidentemente insensata.
Finché il 28 maggio il padrone di casa, un magnate di Tartu, chiede alla polizia che venga ricoverato in un ospedale psichiatrico, chiamano l’amico Triik per testimoniare sulle sue condizioni mentali. Non esita a denunciare le stranezze anche pericolose, e chiede anche lui il ricovero in clinica per la sicurezza dell’artista che potrebbe suicidarsi, e quella degli altri, si parla della possibilità che appicchi un incendio. I suoi allievi e colleghi della scuola “Pallas” vegono a prenderlo a prenderlo per portarlo nell’ospedale psichiatrico evitando un trasferimento più deprimente. Infatti Magi li accoglie gentilmente e va chiacchierando con loro senza sospettare nulla, soltanto all’arrivo quando si accorge della destinazione cerca di fuggire, insulta medici e infermieri ma ormai non può più sottrarsi, l’ultima ribellione è conto i vestiti dell’ospedale.
Lo andrà a trovare un fratello, pur con una certa indifferenza, del resto è molto difficile rintracciare i suoi parenti, è come se fosse venuto dal nulla, osserva Epner. Alterna momenti di lucidità a momenti di alterazione, atti di violenza e di gentilezza verso i medici, getta i vestiti dalla finestra, rompe una sedia, compie altri atti inconsulti, vaneggia. Il 2 giugno scrivono sulla sua cartella clinica “Completamente folle”..
Peggiora rapidamente anche il suo stato di salute fisica, oltre a quello mentale, nel mese di agosto compaiono perfno le piaghe da decubito,. Sabato 15 agosto 1924, alle ore 13,20 cessa di vivere.
La stampa locale dà rilievo alla sua scomparsa, al funerale partecipano le istituzioni locali, viene definito da un critico che un anno prima lo aveva stroncato, “l’argonauta dell’arte estone”, e nelle settimane successive già si comincia ad organizzare una mostra, che si tiene nel mese di dicembre dello stesso 1924 con 150 suoi quadri raccolti con annunci sulla stampa, cui se ne aggiungono 30. E’ una mostra-mercato, i suoi quadri vengono venduti a privati benestanti e istituzioni a quotazioni considerevoli. Nei due anni successivi gli allievi del “Pallas” organizzano un fiaccolata notturna nell’anniversario della morte, dopo 7 anni viene pubblicata una monografia di un suo allievo.
Quanti quadri ha dipinto Magi? Viene fatto il numero di 400, ma si conoscono le riproduzioni di meno di 200 opere, e anche di queste sono scomparsi parecchi originali. La sua influenza sull’arte estone è stata notevole negli anni ’20 e’30, poi ci fu l’ostracismo degli occupanti sia nazisti che sovietici; i primi consideravano “arte degenerata” tutto ciò che non rientrava nei canoni figurativi del nazismo, per i secondi era ammesso solo il “Realismo socialista” per la propaganda di regime. Con degli stratagemmi venivano fatte vedere di nascosto agli studenti le sue opere”vietate”.
Finito questo ostracismo, sono state organizzate mostre delle sue opere al Museo nazionale d’arte dell’Estonia e dal Museo di Tartu in patria e all’estero, nel 1978 per il centenario della nascita la sua totale riabilitazione, anzi più propriamente il rilancio che merita la sua arte indiscussa, un modernismo che ha fatto tesoro di tante correnti d’avanguardia senza adottarne nessuna ma creando uno stile personalissimo che ha innovato nella pittura del paesaggio, cosa difficile essendo il genere più “frequentato” in cui si sono espresse le diverse correnti e cimentati i maggiori artisti.
E lo ha rivoluzionato nella forma e nel colore, con una forza scultorea e un cromatismo intenso di straordinario impatto sull’osservatore. Ma soprattutto ha nobilitato la pittura del paesaggio, che nei suoi quadri da elemento decorativo è diventata espressione di una visione panteistica della natura permeata di religiosità e di spiritualità con la carica interiore della sua estrema sensibilità. “Se studiamo i paesaggi di Konrad Magi – ha scritto Arnaldo Colasanti – entriamo in un mondo naturale che celebra non l’idealità ma la purezza interiore dello spirito della Natura”. .
Per questo abbiamo ricostruito con molta cura, seguendo la monumentale biografia di Epner, la vita di questo artista in parallelo con le sue opere, in modo da ripercorrere il faticoso processo attraverso il quale è maturata la sua arte, con una fase importante in Italia.
Ed è merito della Galleria Nazionale aver presentato una ricca selezione di dipinti che documentano le varie fasi del suo percorso artistico. “La mostra di Magi – scrive sempre Colasanti – è plurima, corale, confessa le tante vie del Novecento, attesta con forza la consapevolezza filosofica poetica di quelle vie dentro la lacerazione dello spirito moderno”. Un riconoscimento che va oltre l’arte pittorica per penetrare nella crisi esistenziale di tanti artisti dell’epoca, e non solo di Magi.
Info
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, viale delle Belle Arti, 131, Roma, tel. 06.32298221. Orari di apertura, dal martedì alla domenica ore 8,30-19,30, lunedì chiuso, ultimo ingresso 45 minuti prima della chiusura. Ingresso, intero euro 10,00, ridotto euro 5,00, gratuito per gli under 18, ridotto con il biglietto del MAXXI e i soci del programma CartaFRECCIA di Trenitalia. Catalogo “Konrad Magi 1878-1925” , Eesti Kunstimuuseum, 2017, pp. 136, formato 21,5 x 28. Biografia romanzata: Eero Epner, “Konrad Magi”, Editore Enn Kunila Srl Sperare, Tallin 2017, pp. 568. Dal Catalogo e soprattutto dalla biografia romanzata, entrambi a cura di Epner, sono tratte le notizie e le citazioni del testo. I primi due articoli sulla mostra sono usciti il 3 e 13 novembre u. s.. Per le mostre, gli artisti e le correnti citate cfr. i nostri articoli: in questo sito, per la precedente mostra al Vittoriano su Magi e gli artisti estoni della collezione Kunila 7 febbraio 2015, per Picasso 5, 25 dicembre 2017, 6 gennaio 2018, Picasso, Braque e i cubisti 16 maggio 2013, Impressionisti e moderni 12, 18 gennaio 2016, le correnti della “Secessione” 12, 21 gennaio 2013; in cultura.inabruzzo.it, sul Futurismo, 30 aprile e 1° settembre 2009, sui Realismi socialisti 3 articoli 31 dicembre 2011.(questo sito non è più raggiungibile, gli articoli saranno trasferiti su altro sito).
Foto
Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante nella Galleria Nazionale alla presentazione della mostra, si ringrazia la Galleria Nazionale, con i titolari dei diritti, per l’opportunità offerta. Sono tutte opere del 1922-23. In apertura, “Motivo romano” ; seguono, “Paesaggio italiano (Roma)” e “Rovine a Capri”; poi, “Capri” e “Paesaggio caprese”; quindi, “Strada di Capri” e Motivo di Capri”; inoltre 5 dipinti intitolati “Venezia”; in chiusura, “Canale a Venezia” matita su carta.