di Romano Maria Levante
Si conclude la visita alla mostra “Hiroshige. Visioni dal Giappone”, che espone 230 xilografie policrome e dipinti su rotolo, di Utawaga Hiroshige, dal 1° marzo al 29 luglio 2018, alle Scuderie del Quirinale nell’ambito delle iniziative per il 150° anniversario dei rapporti bilaterali Italia- Giappone. Con il patrocinio dell’Agenzia per gli Affari Culturali del Giappone, dell’Ambasciata del Giappone in Italia e dell’Università degli Studi di Milano, è stata realizzata da Ales S.p.A, presidente e A.D. Mario De Simoni, e MondoMostre Skira, con il Museum of Fine Arts di Boston, a cura di Rossella Menegazzo – con Sarah E. Thompson – che ha curato anche il catalogo Skira.
Abbiamo delineato i principali caratteri dell’arte di Hiroshige, anche rispetto al suo predecessore e in parte contemporaneo Hokusai, soprattutto in campo paesaggistico, inquadrandola nel periodo storico in cui si sviluppò notevolmente la vendita di stampe che illustravano i luoghi maggiormente frequentati, a partire dai due itinerari che collegavano la capitale storica Kyoto con l’emergente capitale amministrativa Edo, 500 chilometri con una stazione di posta per la sosta e il ristoro ogni 10 km. Le xilografie policrome in cui l’opera dell’artista era tradotta in multipli attraverso le stampe dell’Okino-e – il sistema editoriale di cui si sono indicate le modalità – venivano richieste come ricordo dei luoghi e come conoscenza per chi non poteva raggiungerli, con una importante funzione promozionale. Dopo aver descritto la prima sezione della mostra con le opere iniziali, ci siamo soffermati sulle serie delle 53 stazioni di posta del Tokaido e le 69 stazioni del Kisokaido.
E’ il momento di passare alle altre 5 sezioni, iniziando con le più lontane dall’arte paesaggistica, Fiori e animali, Umorismo e Parodia, e dalla Produzione pittorica, ben diversa dalla xilografica.
Fiori e animali
Le più collegate all’ambiente sembrerebbero le opere che ne raffigurano gli “abitanti” diversi dall’uomo, gli animali, cioè i pesci per le acque e gli uccelli per i boschi, le piante e l’atmosfera.
Non sono, tuttavia, inseriti in composizioni ambientali, bensì ripresi in primo piano, spesso con un approccio scientifico abbinato a quello artistico, che appare nella minuziosa riproduzione dei dettagli come fossero copiati dal vero, anzi sono messi nelle posizioni in cui si vedono meglio. Questo rende la raffigurazione semplice e lineare, ma non asettica e fredda, c’è tanta vitalità negli esseri i quali popolano idealmente la “natura calma” di Hiroshige che si fa sentire pur se non si vede.
Vi sono anche delle scritte in alto, versi poetici riprodotti in modo calligrafico in modo che non sempre si formano parole, ma fili d’erba che si stendono sopra la figura, in un fondo luminoso.
Sono questi gli elementi comuni di rappresentazioni ben diverse, come differenti sono, del resto, le rispettive situazioni naturali e ambientali, realizzate in parte nella prima fase artistica 1932-33, in parte in quella più avanzata, tra il 1840 e il 1842, fino al 1853.
I pesci, nel consueto formato orizzontale, si trovano nella parte inferiore su uno sfondo chiaro tendente al celeste che vorrebbe ricordare l’acqua senza cercare di riprodurla; gli uccelli sono su dei rametti, spesso con dei fiori, nel più raro formato verticale alto e stretto, inseriti in modo asimmetrico in modo che da formare dei vuoti con la sola pianta, dai quali nasce il respiro della composizione, per gli ampi spazi di libertà nei quali possono spiccare il volo.
Della serie “Grandi pesci”, compresi i molluschi, sono esposte 10 opere, 6 del primo periodo, “Orecchie di mare” e “Ayu”, “Pagro” e “Sugarello” con “Gamberetto”, “Pesci cappone ” con “Pesce piatto” e “Aragosta” con “Gamberi”, 4 del secondo, “Carpo” e “Scrofano”, “Sgombro” e “Spigola”. Sono immagini distensive, i primi piani dei corpi sembrano offrirsi alla vista, da soli o con altri, affiancati della stessa specie o di altre specie.
Le 15 immagini dei “Fiori e uccelli” sono poetiche, non solo per i versi appesi come fili d’erba, ma per la grazia e l’armonia con cui gli uccelli si posano sui rametti o si librano nel volo. L’uccello è per lo più al centro dell’immagine appollaiato, vediamo “Pappagallo su un ramo di pino” e “Uccello del paradiso e susino in fiore”, “Fagiano e crisantemi” e “Iris e garzetta”, Fringuello e camelia”; lo vediamo in basso in “Beccacce di mare e canne”, “Anatre mandarine con piante acquatiche e bambù”, e dominare dall’alto in “Martin pescatore e ortensie” e “Fringuello e clematis”; spicca il fiore in “Pavone e peonie” e soprattutto in “Peonie” dove non c’è l’uccello, mentre “Drago tra le nuvole” è una composizione quasi astratta.
Umorismo e parodia
Le parodie di eventi antichi o di storie classiche sono un altro filone minore coltivato da Hiroshige su richiesta degli editori che si facevano concorrenza anche su questo segmento del mercato. Sono esposte circa 15 opere, metà del 1940-45, metà del 1852-54.
Delle prime fanno parte alcune singolari, della serie “Ombre cinesi improvvisate”1840-42, 4 riquadri illustrati occupati rispettivamente dalle figure e dalle loro ombre che proiettano le sagome dei soggetti dei titoli, la sagoma del “Monte Fuji” e del “Pino con nuove radici”.
La “Cronaca della Grande Pace” 1843-47, composizione con un gran numero di soggetti ed elementi, ricorda l’affollarsi nelle prime opere in un magma inestricabile sebbene qui vi sia maggiore definizione delle figure; la parodia umoristica è data dalla lotta tra l’esercito del sake, con i guerrieri-bottiglia, e l’esercito del riso, con i guerrieri-palline, in un gustoso succedersi di trovate. Ricorda le prime opere anche “Taira Kiyomori vede comparire dei fantasmi” 1844-45, per la maschera da attore teatrale in primo piano a destra, è divertente il pullulare di teste fantasmatiche, è un trittico in cui nella terza parte c’è una dolce figura femminile in un interno labirintico.
Altri 4 trittici spettacolari sono della serie “Genji alla moda”, a due a due quasi simmetrici. Nella prima “coppia” abbiamo “Gara di pittura. Veduta di Sagano” 1853, sulla sinistra due deliziose figure femminili, una seduta, l’altra in piedi, in una terrazza con lo sfondo di un panorama incantevole, lago e colline, prati e alberi, che prosegue allargandosi sulle altre due parti del trittico; e “Akashi”, le due figure femminili sono a destra, si sporgono anch’esse dalla terrazza, il panorama si distende a sinistra con l’acqua, l’isola con barche, la spiaggia con piante e lampioni. La seconda “coppia” è accomunata dalle condizioni ambientali, “Veduta con la neve” 1853 e “Giardino innevato” 1854, anche qui l’interesse dell’artista alla meteorologia del territorio, le figure sono poste ai due estremi del trittico, al centro il manto bianco e l’acqua celeste.
Figure singole nella serie “Cento poesie per cento poeti in racconti illustrati della balia”, si tratta di un espediente consueto all’epoca, qui vediamo due raffigurazioni quasi araldiche, “L’imperatore Koko” e “Chunagon Yakamochi”, 1845-48,con i versi poetici come fili d’erba.
Invece una sorta di mercato, con tante “Figure del teatro nei panni dei commercianti e dei clienti” che contrattano a due a due, sciorinando al propria mercanzia, in due opere simmetriche della serie “Fiorenti attività a Jorurimachi” 1852, in ciascuna oltre 15 figure, le più diverse tra loro.
La produzione pittorica
Intitolare così la sezione non vuol dire che non sia vera pittura quella finora descritta. E’ pittura di altissima qualità, ma si tratta di xilografie policrome tradotte in stampe multiple con il procedimento dell’Ukino-e che va dal disegno cromatico all’incisione con inchiostrazione, quindi diverse dalla pittura tradizionale. Neppure questa manca nella vasta e poliedrica produzione di Hiroshige, e proprio perché l’artista eccelle nell’Ukino-e è ancora più interessante approfondire le caratteristiche e il livello dei suoi dipinti pittorici, anche su rotolo di carta e seta.
Vediamo innanzitutto 3 vedute paesaggistiche molto delicate, rispetto alla brillantezza cromatica delle stampe Ukino-e, i colori qui sono soffusi e appena percepibili nelle composizioni equilibrate e discrete dove le figure umane, pur presenti come sempre nell’artista, sono tratteggiate appena in dimensioni minuscole che si notano appena. In due c’è il mare, “Enoshima” 1848-54 e “Passaggio intorno al monte Matsuchi” 1850, nella terza la “Veduta di in paesaggio di montagna” 1848-54.
Non stiamo a descrivere la dovizia di particolari anche minuti, sono dipinti orizzontali mentre si stendono verticalmente gli altri presentati, nei quali troviamo temi diversi, ancora il paesaggio declinato nelle varianti climatiche delle diverse stagioni e la beltà femminile in primo piano. Così nel trittico verticale “Tre vedute”1850, in primavera, estate e autunno, sui fianchi della montagna nascosta parzialmente dalle nuvole si notano i segni delle stagioni nella vegetazione, è un’immagine suggestiva nella sua parziale dissolvenza; e nel set di 4 rotoli “Meguro nelle quattro stagioni” 1856-58 dove – pur nell’estrema delicatezza della composizione con le forme appena delineate sulle quali piovono i versi delle scritte che si snodano dall’alto come dei fili d’erba – si riesce a percepire la primavera nei bianchi ciliegi in fiore e l’estate nella foschia sotto la luce della luna, l’autunno per le foglie arrossate degli aceri, e l’inverno per la distesa di neve.
Poi due dittici molto diversi, “La cascata di Nunobiki”, “maschile” e “femminile” 1850, con due salti dell’acqua, più alto e copioso quello della seconda cascata; e “Takasago” 1854-58, due immagini speculari, con un grande albero verde al centro sulla spiaggia le cui parti quasi combaciano, e due figure simili poste ai suoi piedi che puliscono il terreno.
In tutti i dipinti ora descritti abbiamo rappresentazioni realistiche con molto dettagli, derivanti da visite dirette nelle località con gli schizzi disegnati sul posto e ripresi poi nella realizzazione con pennellate veloci; ciò è dimostrato dalla firma “Ryusai sha” in queste opere, dove “sha” vuol dire “vera copia”, “ripresa dal vero”, o comunque dagli schizzi, il termine analogo “shashin” verrà utilizzato nella fotografia per indicare la copia. E’ un’evoluzione di ispirazione occidentale perché l’arte giapponese non tendeva al vero volendo trascendere la realtà per sublimazioni e simbolismi.
Sulla figura femminile 4 dipinti verticali, “Beltà dopo il bagno” e “Beltà“, 1848-54, cui si aggiungono “Cortigiana tayù il primo giorno di agosto” 1848-60, e “Destino” 1848-54. Nei primi due la beltà è rappresentata da ritratti a figura intera di “geishe” senza alcun contorno ambientale, con gesti istintivi e riservati con i quali si sistemano l’elegante kimono; anche nel terzo c’è una cortigiana ripresa mentre cammina in parata con pesanti vestimenti a più strati, mentre nel quarto le figure sono due, più piccole, intente a tagliare alla base con pialla e zappa una sorta di alto tronco che in realtà è l’ideogramma che ha dato il titolo all’opera. La Menegazzo commenta: “Forse la rappresentazione scherzosa del modo di dire maschile secondo cui le donne sono affascinanti, ma anche ‘tolgono la vita’ (inochikiri)”.
Torna l’Okiyo-e del paesaggio con “i luoghi lontani”
Abbiamo commentato in precedenza le due serie sugli itinerari tra le due capitali. Kyoto ed Edo, le “Cinquantatre stazioni di posta del Tokaido” e le “Sessantanove stazioni di posta del Kisokaido”, mettendo in evidenza le caratteristiche peculiari dell’arte paesaggistica di Hiroshige, anche raffrontato a Hokusai, e citando i particolari ambientali su cui si è soffermato maggiormente.
Ma oltre a queste, ci sono molte altre serie paesaggistiche sulle tante località delle province dell’impero che l’artista – al pari degli altri maggiori paesaggisti – veniva chiamato a realizzare dagli editori i quali nel suo caso, come per Hokusai, erano spinti dallo strepitoso successo ottenuto.
Così venivano conosciute le attrazioni anche di terre lontane che il comune viaggiatore non avrebbe potuto visitare e questo dava un ulteriore impulso alla “cultura del viaggio” indotta dalla crescita economica, dall’incremento degli scambi oltre che dai movimenti turistici e religiosi in tutto il paese che si andava aprendo per l’imperiosa richiesta occidentale, dopo l’isolamento secolare .
La mostra ne dà conto con una selezione di 25 opere appartenenti ad 8 serie più alcune a sé stanti, realizzate nell’arco di 25 anni, 3 nel 1832-35 subito dopo la consacrazione artistica e popolare con le stazioni di Tokaido, 5 dopo tre lustri, tra il 1852 e l’anno della scomparsa, il 1858.
E del 1832 la serie “Luoghi celebri del nostro paese”, vediamo esposte l’“Illustrazione della grotta a Enoshima nella provincia di Sagami” con un’onda che preannuncia quella più celebre di un quarto di secolo dopo; e la “Cascata di Nunobiki” che ci riporta la mente alle ben più vertiginose cascate di Hokusai.
Seguono i “Luoghi celebri di Kyoto” del 1834, due opere sull’attenzione dell’artista alle stagioni, con il celeste luminoso della primavera in “Ciliegi in piena fioritura ad Arashiyama”, il gelido biancore dell’inverno in “Il santuario di Gion con la neve”. E, in rapida sequenza temporale, le “Otto vedute di Omi” del 1834-35, con la speciale sensibilità riconosciuta all’artista alle condizioni meteorologiche, evidente in “Neve di sera a Hira”che copre i tetti e la montagna e “Pioggia notturna a Karasaki”, spettacolari le fittissime linee verticali che portano acqua dal cielo, le ritroveremo nell'”Acquazzone ad Atake” che Van Gogh riprese nel suo “Ponte sotto la pioggia”. Ancora in successione, nel 1835-36 la serie “Otto vedute di Kanazawa” con la deliziosa ““Discesa delle oche selvatiche a Hirakata”, planano su tre lingue di terra sul mare, nella più lunga una fuga di alberi, nelle altre due le donne curve nei loro lavori.
Un salto di 15 anni ed ecco il trittico isolato “Folla di visitatori al tempio di Benzaiten a Enoshima nella provincia di Sagami in occasione dell’esposizione delle immagini sacre” 1852, venti anni prima la piccola onda, ora l’increspatura del mare con la spettacolare processione tra la spiaggia, l’istmo e l’isola sacra; l’altro trittico esposto, del 1853, “Luna riflessa sulla superficie delle risaie a Sarashina nella provincia di Shinano” è una delle visioni più splendide delle grandi figure di gentildonne in un ambiente naturale dall’intenso cromatismo, tra il verde del prato e il celeste del cielo e dell’acqua, il rosso ruggine dell’albero e il grigio del monte, stupendo!
Ma ecco di nuovo le serie, i “Luoghi celebri delle province di Awa, Kazusa e Shimosa” 1852, con due splendide immagini, 2 gentildonne vengono portate a riva dalla barca sulle spalle degli inservienti che guadano il breve tratto di mare in fila indiana con i bagagli, i titoli sono “Il litorale di Hoda nella provincia di Awa” e “Kisarazu nella provincia di Kazusa”. Nella serie verticale “Illustrazioni di luoghi celebri delle sessanta e oltre province” del 1853-55, oltre a “Kazuke. Il monte Haruna sotto la neve” e “Kii [la baia di] Wakanoura” troviamo “Awa. I gorghi di Naruto”, un’onda che viene inevitabilmente confrontata con “La grande onda” di Hokusai, molto diversa ma altrettanto tempestosa a differenza dell’altra onda che vedremo di seguito.
Una leggera turbolenza del mare creata dalle rocce affioranti, che si stempera in lontananza, in un’altra immagine dello stesso luogo, “Veduta dei gorghi di Naruto ad Awa”, della serie “Neve, luna e fiori”, 1857, della quale è esposta anche una placida panoramica marina, “Veduta notturna degli otto luoghi celebri di Kanazawa”, e la massa montuosa in “Monti e fiumi lungo la strada Kiso” che riempie l’intera superficie del quadro con il suo biancore.
Dell’ultimo anno di vita, il 1858, oltre a 2 opere verticali della serie “Immagini ritagliate della strada per Oyama”, sono esposte 3 opere, anch’esse verticali, della serie “Trentasei vedute del monte Fuji”, impegnativa per il titolo identico a quello della serie del 1830-32 che aveva segnato il travolgente successo e la fama sconfinata di Hokusai.
La prima delle 3 mostra “Il mare di Satta nella provincia di Suroga”: rispetto ai “gorghi di Naruto” del 1855 l’onda è molto più simile alla “grande onda” di Hokusai soprattutto con l’impetuoso spruzzo bianco che si infrange sulla destra, però le barche con le persone non lottano con i flutti ma sono lontane dalla risacca, dove il mare è una tavola, il volo dei pivieri e la pianta verde a sinistra rasserenano l’ambiente. Nelle altre 2 opere, “I dintorni di Koshigaya nella provincia di Musashi” e “La piana di Otsuki nella provincia di Kai”,una visione serena della campagna, in entrambe una distesa verde con i corsi d’acqua e il cono bianco del vulcano di sfondo; ma il motivo più rilevante riguarda i primissimi piani dell’albero e degli steli, un taglio fotografico che diverrà molto più evidente nell’ultima serie di cui parleremo a conclusione della rassegna.
Il culmine con Edo, i luoghi celebri e le vedute della capitale orientale
E’ significativo che le serie su Edo aprano e chiudano il percorso artistico di Hiroshige, dato che è del periodo iniziale, 1831-32, la serie “Luoghi celebri della capitale orientale”, e dell’epilogo anche della vita, 1856-58, la serie “Cento vedute di luoghi celebri di Edo”.
Le 10 opere esposte ripropongono i motivi centrali della sua arte: il trittico “Veduta dal vero del ponte di Nihonbashi, illustrazione del mercato del pesce” reca la presenza continua dell’elemento umano, una miriade di persone indaffarate affollano il ponte e la banchina altrettanto brulica di persone, ne abbiamo contate oltre 200, l’altro trittico “Tokio [il teatro Kawarazaki]” ; mentre “Ciliegi in fiore lungo l’argine di Koganei” e “Fioritura dei ciliegi di sera a Nakanocho nel quartiere di Yoshiwara”, “Pesca di ayu nel fiume Tama sotto la luna autunnale” esprimono la calma della natura; inoltre lo splendido trittico “Illustrazione generale del fiume Sumida.Veduta con la neve” e i 2 singoli, “Neve nell’area antistante il Tenmangu a Kameido” e “Acquazzone improvviso sul ponte di Nihonbashi” mostrano la sua sensibilità per i fenomeni atmosferici, anch’essa una costante, quest’ultimo anticipa di un quarto di secolo l’ “Acquazzone ad Atake” copiato da Van Gogh, è esposto anche il trittico “Veduta del laghetto di Shinobazu e Ueno sotto la neve”, spiccano tre splendide figure femminili nella nevicata con i loro deliziosi ombrellini.
Ci sono anche 3 opere con le vedute di santuari e dei pellegrini in visita, e 7 disegni, di cui 5 della “Serie degli attracchi dei traghetti di Katsushika”, ma è ora di passare alle “Cento vedute dei luoghi celebri di Edo”, il canto del cigno del grande artista che è riuscito a introdurre un fattore di straordinaria modernità, prima soltanto accennato in opere quali “Luna serale sul ponte di Ryogoku” e altre già citate: si tratta del taglio fotografico con primi piani di elementi secondari che assumono un rilievo visivo per rendere l’immagine viva e dare profondità di campo alla scena unito alla inquadratura ad altezza dello sguardo e non più dall’alto per meglio coinvolgere l’osservatore.
La capitale importanza dell’innovazione, anche nello sviluppo dell’arte fotografica, ci induce a citare, invece dei titoli delle opere esposte – tante, oltre 40 – i primi piani indicandone gli oggetti che diventano soggetti: scala e staccionata, amaca e ponte, festone e cancellata, lunghi steli e fronde pendenti, albero e rami, radici e ruota, zampe del cavallo e braccia, gambe dell’uomo.
Si resta ammirati dinanzi a tale autentico miracolo: nella fase terminale del suo percorso artistico ed esistenziale Hiroshige è riuscito in un vero colpo di teatro, in senso stretto, dare alle sue immagini – tra cui l’“Acquazzone ad Atake” già da noi citato con riferimento a Van Gogh – una straordinaria immediatezza.
E’ un carattere cinematografico oltre che fotografico che lascia senza fiato; e lascia senza parole, per questo terminiamo il nostro viaggio virtuale nella capitale orientale e nelle altre meraviglie dell’artista con le parole conclusive della curatrice Menegazzo: “La natura calma, rasserenante di Hiroshige, la sua abilità nell’uso della linea curva o spezzata che si ripete in molte sue vedute cambiando da un punto di vista ampio e soprelevato a uno frontale ed esageratamente stretto, la dedizione e la serietà con cui lavorò incessantemente al tema del paesaggio fecero di lui una fonte di ispirazione primaria per gli artisti europei, superando in questo, con la sua disciplina, forse anche Hokusai, genio fuori dalle righe e dalla personalità tormentata e di più difficile controllo”. Il che è tutto dire, dato l’altissimo livello dell’arte paesaggistica del grande Hokusai.
Info
Scuderie del Quirinale,via XXIV Maggio 16, Roma. Da domenica a giovedì, ore 10,00-20,00, venerdì e sabato ore 10,00-22,30, ingresso consentito fino a un’ora dalla chiusura. Ingresso e audioguida inclusa: intero euro 15, ridotto euro 13 per under 26, insegnanti, gruppi, forze dell’ordine, invalidi parziali, euro 2 per under 18, guide, tessera ICOM, dipendenti MiBAC, gratuito per under 6, invalidi totali. Tel. 06.81100256. www.scuderie.it. Catalogo “Hiroshige. Visioni dal Giappone”, a cura di Rossella Menegazzo, Skira 2018, pp. 290, formato 28,5 x 24,5; dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. I primi due articoli sulla mostra sono usciti, in questo sito, il 14 e 19 giugno 2018, con altre 10 immagini ciascuno. Cfr. inoltre i nostri articoli, in questo sito, su Hokusai 2, 8, 27 dicembre 2017, su Monet 9 gennaio 2018, su Turner 17 giugno, 4, 7 luglio 2018, sull’arte giapponese,“Giappone, la spiritualità buddhista nelle sculture liignee alle Scuderie del Quirinale” 24 agosto 2016, e “Giappone, 70 anni di pittura e decori ‘nihonga’ alla Gnam” 25 aprile 2013.
Foto
Le immagini sono state in parte fornite dall’organizzazione, in parte tratte dal Catalogo, si ringrazia Ales S.p.A. e l’Editore, con i titolari dei diritti, per l’opportunità offerta. In apertura, “Kameido. Il giardino dei susini” 1857; seguono, “Pagro e pepe nero giapponese” 1832-33, e “Uccello del paradiso e susino in fiore” 1830-35; poi,”Trote” 1832-33, e “Beltà dopo il bagno” 1848-54; quindi, “Luna riflessa sulla superficie delle risaie a Sarashina nella provincia di Shinano” 1853, e “Veduta con la neve” 1853; inoltre, “La costa di Hoda nella provincia di Awa” 1852, e “Il ponte di Yatsuni” 1856; in chiusura, “Traghetto di Haneda e santuario di Benten” 1856-58.