Cina, la pittura a olio dell’Occidente nella “Risonanza cinese”, al Vittoriano

di Romano Maria Levante

La mostra “Risonanza cinese. Esposizione Itinerante Internazionale della Pittura a Olio Cinese”,  fa tappa in prima assoluta in Italia, al Vittoriano, ala Brasini,dal 19 luglio al 9 settembre 2018,  con oltre 150 opere di 62 artisti, dopo le esposizioni in Cina al Museo dell’Accademia delle Belle Arti Hangzhou e a Parigi al Palais Brongniart. E’ a cura di Claudio Strinati, Nicolina Bianchi e Zhang Zuying, direttore dell’Istituto di pittura a olio dell’Accademia Nazionale Cinese di Pittura e artista espositore, realizzata da tale istituto e  organizzata dall’Accademia Nazionale Cinese di Pittura con il supporto delle Accademie di Belle Arti di Roma e di Firenze, gestione Arthemisia.

La mostra propone un produzione artistica cinese insolita, ma proprio per questo particolarmente significativa. Il suo significato va oltre il pur rilevante aspetto artistico  per investire il rapporto tra culture e civiltà diverse, i loro  reciprochi influssi  e le contaminazioni che superano ogni distanza.

Del resto, la Via della Seta che dall’Occidente portava in Cina era il luogo  degli incontri tra viaggiatori per i motivi più diversi – dai commerci ai pellegrinaggi fino alle esplorazioni geografiche – e negli incontri si incrociavano e quindi si avvicinavano  le rispettive culture.

La mostra sulla pittura a olio nell’incontro tra culture

Con la pittura ad olio cinese si dà conto dell’influenza che ha avuto l’arte occidentale al punto di far lasciare la  penna e l‘inchiostro di china di una tradizione millenaria per adottare il pennello tipico della.  pittura occidentale. Ma  non è tutto, il titolo stesso testimonia che c’è dell’altro, “Risonanza cinese” vuol dire diffondere nel modo più ampio possibile questa apertura all’Occidente per averne effetti positivi nei campi più diversi, al di là di quello artistico. Ne è prova la vasta mobilitazione di Enti ed istituti di arte e cultura cinesi, oltre all’Ambasciata, nell’organizzazione di questa mostra. 

La  Cina è impegnata nell’ambizioso programma della “Nuova Via della Seta”  con colossali investimenti nelle infrastrutture che moltiplicano le possibilità di collegamenti veloci e diretti per avvicinarsi al nostro continente superando una distanza che, seppure sconfinata, nemmeno più di mezzo millennio fa era riuscita a isolare le grandi civiltà cinese ed europea.

C’è stata sempre una forza irresistibile che ha spinto oltre le colonne d’Ercole, verso nuove frontiere:  la sete di conoscenza;  lo spirito di Ulisse ha portato i più audaci a fare “ali al folle volo” affrontando odissee di ogni tipo. Oggi non occorre più il coraggio degli esploratori, di Marco Polo e di Matteo Ricci,  la Cina non è più un altro mondo, ma la mostra ce la fa avvicinare maggiormente perché la presenta con le fattezze occidentali, per così dire, dei dipinti a olio della nostra tradizione.  

Particolarmente importante per l’Italia il fatto che la pittura ad olio cinese è stata influenzata soprattutto dal  Rinascimento, oltre che dal Romanticismo pittorico dell’800 europeo, con l’innesto dei motivi tipici dei nostri grandi maestri sul ceppo tradizionale mediante la meritoria azione delle Accademie  della Cina, che si sono mosse attivamente in questa direzione  sin dagli inizi del XX secolo. Hanno operato secondo i principi delle  Accademie italiane del ‘500 e del ‘600: basati  non sulla mera conservazione che toglie creatività, ma sullo stimolo a migliorare le capacità espressive.

Questa contaminazione virtuosa suscitata dall’interesse per l’Occidente non è stata solo un fatto di stile né tanto meno limitato ai materiali e ai supporti dell’arte pittorica, pur se il salto dalla china all’olio non è stato facile, accompagnato da una diversa visione dei contenuti stessi della pittura.

Anche l’Occidente, ha mostrato vivo interesse per il mondo cinese, nell’arte e nel costume, nel ‘700  le cosiddette “cineserie”, come i mobili laccati con personaggi e scene di vita cinese, hanno attirato grande attenzione, ma sin dal ‘300 i viaggiatori riportavano sete e tessuti molto ricercati.

Le radici comuni  delle civiltà e l’influsso sull’arte

L’aspetto che interessa ora approfondire, dinanzi a questo incontro di culture, testimoniato ulteriormente dalla pittura a olio cinese, è  su quali temi e modi vi sono  sintonia e contaminazioni.

Claudio Strinati, curatore della mostra, osserva che il pensiero confuciano alla base della cultura cinese  incontra le fondamenta  stesse del pensiero occidentale risalenti a Platone e all’antica Grecia, avvicinando quindi le rispettive culture e civiltà  all’insegna di radici comuni. In particolare:”L’amore per il sapere, per la scienza, per la tecnica, per la politica e l’amministrazione dello Stato, e per le Belle Arti, l’amore stesso per la vita, per una vita più ricca e feconda di esperienze, tutto sembrava unire due mondi così apparentemente diversi e lontani”.  Di qui l’interesse per gli artisti del Rinascimento: “Una  caratteristica del Rinascimento è stata sempre quella della unione, immediata e spontanea, ma nata da una  severa mediazione, tra arte e scienza”.

L’altra curatrice, Nicolina Bianchi, parla del ” nesso problematico,  proprio per questo speculativamente fecondo, tra filosofia e arte, che è come dire fra arte e bellezza”, anch’esso legato al riferimento al Rinascimento oltre che al Romanticismo pittorico ottocentesco. E lo stesso Strinati citando il Rinascimento in relazione alla bellezza raggiungibile da tutti coloro che sono partecipi della società in cui vivono “e interessati ai valori sociali e culturali che la società stessa esprime”; vede l’arte come “ricerca dell’essenza”; e precisa che “questa può essere rintracciata, e sovente lo è, proprio ai confini dell’invisibile e dell’inconoscibile”. Negli artisti cinesi si riflette “la storia, il pensiero, l’anima lo ‘Yin’ e lo ‘Yang’, infinito equilibrio poetico della natura e del mondo, del bianco e del nero, della luce e del buio, del giorno e della notte, del sole e della luna”.

Nella tradizione cinese l’arte si è  cimentata  “sul senso ultimo della vita e sul significato dell’esistenza in sé e per sé”, come l’arte occidentale ma con la differenza che nell’Occidente  questo è stato “sempre mescolato ad altri aspetti e forme di espressione”.  Con la pittura a olio ciò avviene  anche per i cinesi, ma la proiezione degli stati d’animo, sempre presente, è temperata da un  realismo di tipo occidentale: “Il tema del realismo – spiega Strinati – è profondamente vissuto da molti artisti e in molti la qualità intrinseca della stesura pittorica  e del conseguente dominio della tecnica a olio è invero incomparabile. Molto interessante è dunque l’implicito confronto che molti pittori cinesi di questa mostra istituiscono con le tradizioni occidentali”. Viene evidenziata, sempre da Strinati, “l’attenzione acutissima verso il dettaglio minuzioso, verso l’impercettibile, verso ciò che nella vita quotidiana passa per  lo più inosservato e che costituisce invece il nucleo più profondo della sensibilità umana”. 

Mentre Nicolina Bianchi sottolinea  la “strategia del colore” degli artisti, che consiste nella “trasformazione cromatica. Metamorfosi lungo un percorso che va dall’incolore al colore…”: l’immagine è come riflessa sui colori, per cui “attraverso il ‘negativo cromatico’ si può analizzare e comprendere il ‘positivo’ del dipinto, la sua struttura, i collegamenti tra le immagini  che vengono raccolte e sistemate nelle diverse variazioni della tavolozza”.

Sugli stili  nella pittura  a olio, per Strinati  gli artisti vanno “da un naturalismo estremamente accentuato con punte di virtuosismo mimetico degno del più potente iperrealismo degli anni settanta e ottanta del Novecento nell’area statunitense, ad accenti simbolisti, astratti, persino pop”;  mentre l’antica tradizione calligrafica non viene abbandonata,  ms “si incunea nelle strutture, solide e naturalistiche, del realismo occidentale” . Per la Bianchi “si muovono nel superamento sia della centenaria tradizione calligrafica, sia nella rivisitazione dell’iperrealismo dei primi anni sessanta verso un realismo più aderente alla realtà contemporanea”; è una “rivitalizzazione che interessa entrambe le anime della rinascita pittorica cinese, sia quella di recupero tradizionalista che attinge all’iconografia tradizionale, sia quella di tipo sperimentale”.

Le opere dei maggiori esponenti della pittura a olio cinese

Vediamo ora come questo si può riscontrare  nella galleria della mostra, un vasto affresco pittorico con oltre 150 opere, in tre sezioni dedicate al “Significato della vita”al “Pensiero umanistico” e alla “Terra dell’anima”: scene di vita quotidiana, ritratti caratteristici, paesaggi e vedute pittoriche.

Gli artisti sono ben 62, noi citeremo ora quelli più autorevoli per le posizioni di rilievo occupate  nel mondo artistico cinese, e con loro quelli in qualche riconducibili a loro per stile o contenuti.

Il presidente onorario dell’Associazione artisti cinesi Jin Shangyi è presente con due ritratti accomunati dalla precisione quasi fotografica, ma  molto diversi nei soggetti e nel cromatismo: in “Huang  Bihong al crepuscolo della sua vita”, 1996, il vecchio saggio è ripreso in un colore uniforme e neutro, invece in “Gallerista”, 2016,  la giovane ha la gonna rosso brillante, il resto dell’abito semplice e moderno, non tradizionale, è nero, il divano su cui siede è marrone ed è giallo lo sfondo. Colore pastoso e scuro nel primo, venti anni dopo squarci di luce illuminano la scena nel secondo, per la Bianchi il punto focale è “l’occhio del quadro”.

L’ambiente è il soggetto dei 2 dipinti di Zhan Jianjun, Direttore dell’Accademia di pittura a olio e dell’Accademia nazionale della pittura della Cina, e “chairman” della Chinese Oil Painter’s Society, una vera autorità nel mondo artistico cinese e in particolare nella pittura a olio. Anche per lui la luce ha un ruolo fondamentale,  come si vede in  “Pini sui monti innevati”, 1998, con i rami coperti di neve piegati dal vento,  e  “Altopiano del Tibet”, 2006, entrambi hanno una forte componente bianca, nel secondo la cavallerizza dalla giubba bianca come le nuvole si incorpora nella natura in una plasticità scultorea, diversa dalla linearità pittorica dei ritratti  dell’artista precedente.   

Ai “monti innevati” accostiamo “Sinfonia blu, bianca e nera” di Wen Lipeng, 2007, dove la massa bianca centrale della vetta è prevalente, mentre “Neve in abbondanza” di Hong Ling, 2000, non rende onore al  titolo, la neve copre solo in parte, ci sono alberi, arbusti e terra scuri.  Analogamente  per “Villaggio di montagna innevato” di Shen Xinggong, 2012, la neve copre la pianura e i piccoli tetti delle case sparse, mentre gli alberi e la collina sono scuri, come in “Fumo dal camino” di Bai Yuping, 2008. “La brezza serale sul vasto deserto” di  Wang Keju, 2011, presenza la stessa caratteristica, una macchia bianca tra le formazioni verdi e scure del terreno. Invece in  “Zona residenziale di Huitougou” di Zhao Kaikun, 2013, la neve copre tutto.

Del Vicepreside del Dipartimento pittura a olio dell’Accademia di Belle Arti di Guangzhou, uno dei pittori cinesi più celebri, Guo Runwen, “La bambina e la marionetta”, 2015, il corpo semidisteso, proteso in avanti nella penombra, il viso pensieroso appoggiato alla mano: un ritratto veramente suggestivo con una luce quasi caravaggesca che si staglia nell’ombra, ma più chiaroscurale e soffusa, tipicamente occidentale; mentre è propriamente cinese la cura dei dettagli e la precisione curata nelle parti luminose senza che il gioco di ombre lo impedisca.  

In tutt’altra posizione il “Giovane ragazzo”, 2003, di  Chao Ge, in piedi con il braccio destro levato in alto.  L’autore è professore all’Accademia di Belle Arti di Pechino, originario della Mongolia, una realtà per quanto virtuale cui è rimasto legato artisticamente nei paesaggi i cui toni azzurri richiamano il cielo della sua terra come le distese dei monti. L’opera citata è, invece, un ritratto che ci ricorda i due giovani ripresi in piedi da Renato Guttuso in un quadro emblematico del ’68. 

Due ritratti del 2007 di Quan Shanshi ci riportano a Jin Shangyi perché rappresentano un altro vecchio saggio il primo,  intitolato “Mamat, centenario uiguro”, e una donna giovane il secondo “Ayigul, giovane gonna tagika splendidamente agghindata”, questa volta in abito tradizionale; e  perché il centenario ha tinte morbide e neutre, la giovane è in un  rosso rutilante.  L’autore è decano dell’Accademia Belle Arti di Hangzhou e dirige il Quan Shanshi Museum di Hangzhou dove sono esposte opere di Tiziano e Rubens, Van Dick e Corot, e anche dei nostri De Chirico e Guttuso, c’è introspezione psicologica nei soggetti rappresentati.

Una scena ambientale molto suggestiva l’opera di Zhong Han, “Barca in navigazione e barca in abbandono n. 2”, 2009, straordinari il cromatismo scuro e insieme vivido nella rappresentazione delle due barche distanti in tutti i sensi, in quella in navigazione c’è l’uomo nel confronto con la natura, quella abbandonata rende l’assenza di vita e di scopo in mancanza dell’uomo. L’autore  è professore all’Accademia di Belle Arti della Cina e viene considerato tra quelli che padroneggiano meglio il colore tra gli espositori.

Ricorda il cromatismo appena descritto il colore neutro del “Campo di girasoli in dodici scenari – Il levarsi del vento autunnale”, 2005, di Xu Jiang, Presidente, professore e consigliere della China Academy of Art. Ma è ancora più monocromatico, quasi volesse esprimere l’estensione nello spazio e appellarsi alla memoria. I girasoli sono ben diversi da quelli di Van Gogh, scolpiti dalla luce nel loro giallo squillante, qui si è dinanzi a un mare vegetale in cui predomina il marrone del terreno e della grande corolla del fiore, con il giallo dei petali soverchiato da una sorta di bruma umbratile.

Al “campo di girasoli” accostiamo il precedente “Bonificare” di Chen Shudong, 2003, stesso monocromatismo, invece dei girasoli tante lavoratori curvi nel lavoro di bonifica.  E, pur nel soggetto e ambiente diverso, gli accostiamo “Fiume giallo” di Duan Zhengqu, sempre monocromatico e del 2003, e “Loto e fango” di Yan Zhenduo, 2010.      

Le altre opere che ci hanno particolarmente colpito  

Gli artisti fin qui citati hanno unito la ricerca del dettaglio e il senso dell’atmosfera della tradizione cinese con la plasticità e il senso dello spazio dell’arte occidentale. Una netta cesura segnano altri artisti  cui la Bianchi riferisce “il progetto di un nuovo linguaggio: quello di elaborare un’arte nuova per la nuova società. Il focus della nuova pittura non è più rappresentare la realtà secondo un unico punto di vista, ma di restituirne molteplici aspetti e sfaccettature secondo una pluralità di prospettive”. Siamo vicini all’arte concettuale, la forma viene meno, cede il passo al colore.  

Dopo la pioggia splende il sole 4″  di Qi Haiping, 2015, mostra una grossa onda blu in alto, dei frammenti in basso, una macchia bianca a sinistra, che non giustificano il titolo. Così in “Complementarietà 12.11″,  2017, di Zhou Changjiang, ectoplasmi fluttuanti bianco e arancio; mentre Jin Tian con “Serie di dipinti ‘Eco’ 8”, 2015, allinea in campo bianco elementi stilizzati in un figurativo quasi evanescente: una figura e una stoffa, una sedia e un vaso di fiori con tre vette bianche sullo sfondo, quasi dolomitiche. Vette analoghe, ma in primo piano, le vediamo in “Il piano di Dong Gichang-3″ di Shang Yang, 2006, sono come dei blocchi in parte bianchi e in parte con il colore della roccia, rivolti verso l’alto.  

I ritratti esposti riguardano sia persone anziane, sia giovani uomini e donne in pose particolari. Tra le persone anziane  citiamo “Anziano in uniforme mimetica” di Cao Xinlin, 2013, e “Comandante dell’imbarcazione in tarda età” di Wu Yunhua, 2014,  “In casa, l’anziana madre” di Guo Beiping, 2007, e “Chen Zizhou” di Yang Canjun, 2013; altri con gli oggetti del titolo  in primo piano,  come “Paralume” di Wang Yuping, 2006, e “Il suo legno odorifero” di Shen Ling, 2011.

Nei ritratti delle giovani donne  colpisce lo sguardo sognante di “Donna tibetana della prefettura autonoma di Gannan”, di Yang Feiyun, 2007  e della giovane con una lunga tunica rossa e una borsa nella neve, “Il sole mi segue dovunque vada” è il titolo dell’opera di Wang Yidong, 2006; molto diversa l’espressione allarmata della donna seduta alla finestra che si gira per guardare fuori avendo sentito un “Tuono lontano”, è di Ma Lin, 1994, una delle opere più lontane nel tempo.  

Vediamo la donna nelle più diverse posizioni: “Donna sul divano n. 2” di Pang Maokun, 2009, seduta con le mani dietro la testa e guarda in alto, in “Istantanea di ritratto – Xiao Jiang” di Leng Jun, 2011,  in piedi con le mani sui fianchi e guarda in basso, fino a “Hong Er” di Liu Xiaodong, 2007, sdraiata bocconi su un grande telo fiorito in cui è quasi  incorporata fino alla parte superiore della schiena che resta scoperta. E’ vista  al lavoro in “Raggi di sole – Spiaggia . Alghe” di Yang Songlin, 2015,  in primo piano con il grembiale e le braccia aperte guarda l’osservatore, quasi sorpresa sul momento da un’istantanea; e in “Donna alla trattura della seta”di Lin Yongkang, 1994, seduta al telaio,  guarda con espressione sicura, un’opera  indietro nel tempo; in “Sandrup al Lago sacro”  di Han Yuchen, 2011, sorride mentre avanza con un secchio d’acqua nella destra.  

E gli uomini? Citiamo due opere con la componente verde, “ll pastore del fiume Dulong” di Xie Dongming, 2007, con la casacca di quel colore  e “Ideazione dell’immagine” di Xin Dongwang, 2010,in cui verde è la sciarpa che pende sul petto, come i capelli sulla fronte.  E due atteggiamenti  ben diversi, “Amir, fabbro uiguro” di Zhang Zuying, 2006, sosta appoggiato davanti al forno, nelle mani i guanti, pronto a riprendere il lavoro, in “Venerdì nero” di Fan Bo, 1997, l’espressione dell’uomo in piedi con la mano sugli occhi  piangenti è scura come la giacca e fa onore al titolo..  

Figure maschili in “Lo scenario sul ponte”di He Hongzhou, 2014, in giacca, cappotto e soprabito, mentre in “Nuoto” di Wei Ershen, 2017, tra le opere più recenti, la figura in acqua è sfumata e senza volto, al contrario di “Isola” di Liu Renijhe, 20013, lineare e calligrafica con l’uomo seduto con un modello di veliero e la donna di schiena in primo piano. In “Serie di controllo – Solstizio d’estate” di Yu Hong, 2003,   l’uomo si protende guardando la giovane molto da vicino con uno strumento. 

Due figure  in “Soffione” di Luo Zhongli, 2015, e in “Abbandonare la sorgente dei fiori di pesco”di Yan Ping, 2013, molto diverse, le prime in un abbandono quasi onirico,  le seconde in un abbraccio quasi violento; e due scene collettive, “Tenue chiarore dell’alba – Stagione di pesca a nord” di Liu Daming, 2013, e “Lunga permanenza in territori sconosciuti – Ma Eryang”  di Zhao Peizhi, 2013, assimilabili, pur nella diversità dei soggetti,  nello stile compositivo e nel cromatismo.

“Interno della camera-Letto” di Yin Qi, 2004, e “Incenso n. 4” di Huang Ming, 3023, mostrano il primo un grande letto candido, nessun punto di contatto con quello della “cameretta” di Van Gogh, il secondo, dei libri allineati su un aorta di mensola. Non  mancano esterni speciali, come “Antica via-Tempo”  di Zhang Zuying, nel buio rischiarato dalla  luna addirittura uno scorcio che sembra della Grande Muraglia Cinese, e “Ponte a diciassette archi”di Chen Wenji, 2003; e 2 paesaggi evocativi: “Vita fluttuante-Crepuscolo sulla sponda del corso d’acqua” di Ren Chuanwen e “Sinuoso corridoio durante il periodo della Rugiada fredda” di Zhang Xinquan, 2013..

Le ultime nostre citazioni riguardano  opere molto diverse da quelle fin qui descritte, che sono tutte figurative. Ora si va verso l’astrazione, con un cromatismo intenso e  variegato:. Due paesaggi, entrambi di Chen Junde, Serie monti, foreste, nuvole e corsi d’acqua-Verde smeraldo incapsulato nella fievole luce riflessa in mezzo alla foschia”,2009, e “Montagne immerse nelle nuvole, costellate di edifici”, 2015, i titoli dicono tutto meno la forte vivacità cromatica nelle forme sfuggenti; così “Seguendo la marea, alla ricerca dei frutti di mare” di Zhang Liping, 2014.

“Vino 2” di Wang Huaiqing, 2013, e “Traces No. 4”, di Lei Bo, 2015,  il primo con virgole sospese sul bianco, il secondo con motivi scuri sul rosso intenso sono un salto nel futuro, nella loro netta diversità; ma vogliamo concludere con due opere altrettanto diverse che ci riportano al passato, “La vittoria di madre e figlio-Edizione viola” di Gu Liming, 2011, calligrafica e stilizzata come ne1l’antica tradizione cinese, non sembra a olio; e “Pastorale” di Dai Shine, 2017, una stupenda cavalcata con due figure e un cavallo accomunati da un cromatismo caldo che si stagliano sul verde, quasi un’immagine mitica. Ci sembra il miglio modo di chiudere la nostra galleria.   

Conclusioni

Della visione delle opere esposte abbiamo dato qualche particolare, di un insieme spettacolare. Una sfilata di personaggi e di situazioni ambientali, con la combinazione della persona nell’ambiente. Conosciamo un mondo diverso da quello stilizzato e calligrafico dell’arte cinese tradizionale, la pittura a olio ha fatto emergere quanto di corposo e di plastico c’è nella creatività dei nuovi autori. 

Si attagliano alle sensazioni provate nel visitare la mostra  le parole di Strinati: “E’ commovente pensare come questi grandi maestri stanno vivendo una fase della storia dell’arte universale in cui alcuni valori fondamentali dello spirito umano transitano con apparente facilità e immediatezza da una tradizione  a un’altra, senza mai perdere nulla dei significati originari da cui sono scaturiti, ma arricchendosi di aspetti inattesi e insperati”.  Per concludere: “Questa mostra, quindi, è una sorta di epopea, una grandiosa immagine di una cultura individuata nei suoi valori più significativi, valori che la portano a uno scambio intenso e profondo con il mondo occidentale, non più visto come lontano  e mal comprensibile, ma vicino e condivisibile per molti aspetti, senza per questo in nulla rinunciare alle proprie radici più vere e profonde. E’ una questione di integrazione e dialogo, non di sottomissione o imitazione”.

Proprio questo è il senso della mostra e forse anche il senso della vita.

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