di Romano Maria Levante
Dal 3 maggio al 14 luglio 2019 al Quirinale nella Palazzina Gregoriana la mostra “L’arte di salvare l’Arte. Frammenti di storia d’Italia”, celebra i 50 anni di attività del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale esponendo una ricca selezione di opere recuperate – dipinti e sculture, oggetti artistici di vario tipo fino a due Crateri a figure rosse di Eufronio – di cui tre recuperate di recente e già anche in occasione del Bilancio 2018. Per ogni opera la storia del recupero anche molti anni dopo il trafugamento, come risultato di una attività investigativa che si avvale, oltre che della sperimentata specializzazione del personale, di strumenti efficaci, come l’apposita “Banca Dati dei Beni Culturali Illecitamente Sottratti”, in stretta intesa con la magistratura italiana e le forze di polizia estere attraverso l’Interpol, con le autorità consolari e i diplomatici del Ministero degli Esteri, La mostra, con due sculture nel loggiato, è curata da Francesco Buranelli. Inaugurata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con il Ministro per i Beni e le Attività Culturali Alberto Bonisoli , il Comandante generale dell’Arma Giovanni Nistri e il Comandante del Comando Tutela Patrimonio Culturale Fabrizio Parrulli.
La mostra segue di poco la presentazione del Bilancio 2018 di attività del Comando, avvenuta nella sede della caserma di via Anicia, e viene prima della mostra ai Musei Capitolini con una più limitata selezione di opere recuperate, sempre nella celebrazione di mezzo secolo di successi. Di certo la “location” al Quirinale è suggestiva e carica di significati, è la prova evidente del sommo valore attribuito ad una attività fondamentale per proteggere l’arte esposta a continue minacce e aggressioni, e per ricollocare le opere recuperate nei luoghi da cui erano state sottratte.
In tal modo vengono “ricontestualizzate nel territorio o nel tessuto connettivo che le ha generate, restituendo loro la dignità culturale più vera e profonda di ogni opera d’arte, quella del contesto di appartenenza”. Lo si legge nella presentazione in cui, pur nella consapevolezza che l’opera d’arte appartiene all’intera umanità, si sottolinea giustamente che “essa acquisisce valore di civiltà solo dalla conoscenza e dalla profonda relazione geografica e fisica con i luoghi che l’hanno prodotta, con la cultura che l’ha generata, con il paesaggio che l’ha suggerita”.
E, aggiungiamo noi, c’è una certa reciprocità, per cui i luoghi che l’hanno prodotta, la cultura che l’ha generata, il paesaggio che l’ha suggerita si sentono feriti e privati di qualcosa di vitale quando l’opera d’arte viene sottratta, una lesione che con la restituzione e ricollocazione viene sanata. Tutto ciò fa assumere un valore straordinario ai risultati dell’attività di recupero, di natura morale, civile e umana che va ben al di là dei contenuti di natura artistica ed anche economica pur se assai rilevanti.
Passiamo in rassegna una serie di esemplari dei diversi generi di opere d’arte esposti, in una ideale “escalation” che va da oggetti di vario tipo a dipinti e sculture, fino ai vasi attici di Eufronio. Intorno ad ogni opera d’arte una storia intrigante, quasi romanzesca, di furti, indagini e recuperi.
Dai documenti preziosi ai gioielli, ai mobili di pregio
Il nostro racconto della mostra non segue l’itinerario espositivo, ma un percorso tutto personale in una “escalation” artistica ed emotiva, evocando le vicissitudini di cui le opere d’arte – citate come casi esemplari di una teoria infinita di storie altrettanto eclatanti – sono state protagoniste: dal trafugamento all’happy end per merito dei carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale.
Questo viaggio nella cronaca che diventa storia inizia con un documento prezioso, l’”Epistola de insulis nuper inventis” , riproduzione della lettera originaria con cui Cristoforo Colombo annuncia ai Reali di Spagna la scoperta del Nuovo mondo. realizzata in 20 esemplari nel 1493 da un tipografo tedesco a Roma; era stata sottratta alla Biblioteca Riccardiana di Firenze.
Nel commentare il Bilancio 2018 dell’attività del Comando abbiamo sottolineato come nel “vademecum” sulla custodia di opere di valore viene raccomandata la massima vigilanza in luoghi come le Biblioteche dove è troppo facile sottrarre documenti preziosi. In questo caso non si è trattato di un’indagine mirata, l’Epistola era stata sostituita con un falso per cui non ci si era accorti della sua sottrazione avvenuta in epoca imprecisata. Ma ugualmente caso la raccolta di informazioni da parte dei carabinieri nel 2012 li mise sulle tracce del documento individuato in una biblioteca di Washington cui era stato donato da un collezionista che a sua volta lo aveva acquistato nel 1992.Venne accertato che proveniva dalla biblioteca di Firenze dove c’era un falso. Nel 2016 il ritorno nella biblioteca di Firenze con la collaborazione dell’Homeland Security Investigation.
Entriamo nel thriller mozzafiato con la storia del recupero dei 27 gioielli e pietre preziose della Collezione Castellani di grande valore artistico oltre che commerciale. Furono asportati dal Museo Etrusco di Valle Giulia con un’azione da “commandos” la notte del 10 marzo 2013, i malviventi dal volto coperto, nascosti dai fumogeni infransero con l’ascia le vetrine e fuggirono portando via i gioielli. Le indagini dei carabinieri identificarono una signora russa committente del furto con le foto dei gioielli, poi seppero in anticipo dell’appuntamento dei ladri con altri possibili compratori in un bar di Fiumicino. Si era nel marzo 2016, una scena da film, accortisi dell’appostamento al bar i ladri fuggirono in automobile inseguiti dai carabinieri, e gettarono dal finestrino parte dei gioielli subito recuperati dagli inseguitori, che li identificarono e recuperarono il resto della refurtiva.
La terza storia riguarda un bene molto diverso ma anch’esso prezioso, una Scrivania a doppio corpo intarsiata di avorio e madreperla, del maestro ebanista Pietro Piffetti, portata via dal Palazzo Chiablese di Torino nel secondo dopoguerra. Le indagini dei carabinieri del Comando Tutela hanno accertato che il mobile, dopo la Francia e la Svizzera, era approdato negli Stati Uniti ed era stato esposto a fine anni ‘90 in un museo newyorkese. A questo punto è stato identificato come il mobile ideato dall’architetto Benedetto Alfieri e utilizzato in pratica quale componente dell’arredo della sala di Palazzo Chiablese, collocato in una apposita nicchia, per cui è stato restituito spontaneamente dato che, anche se c’era la buona fede, il possesso era irregolare. Come questo, molti altri casi di adesione spontanea alla richiesta, ma sempre dopo che i carabinieri hanno presentato prove inoppugnabili.
Inizia l’“escalation” della galleria espositiva, i rilievi scultorei
Dagli oggetti preziosi di vario tipo all’arte nella sua espressione tradizionale, in primo luogo sculture e rilevi. Iniziamo con la Madonna col Bambino di Luca e Andrea Della Robbia, gli artisti del ‘400 specialisti nei rilievi in terracotta invetriata, improntati a un classicismo raffinato. Dopo quasi mezzo secolo dal furto, avvenuto il 9 agosto 1971 nella chiesa di San Giovanni Battista di Scanzano, provincia di Grosseto, il rilievo è rientrato in Italia ad aprile 2019, dopo essere stato individuato dai carabinieri del Comando Tutela tra le opere messe in vendita all’asta da una nota casa londinese; il collezionista che l’aveva comprato in buona fede, lo ha riconsegnato dopo le forti pressioni del Comando e della nostra ambasciata in Canada e la richiesta di confisca dell’Autorità giudiziaria italiana.
E’ un altro caso esemplare di un’attività a largo raggio, che si avvale dell’impiego :della Banca Dati delle Opere Illecitamente Sottratte, che con le opportune comparazioni visive ha permesso di identificare nel 2013 l’opera tra quelle messe in vendita da una importante casa d’arte londinese, il resto è venuto da sé. E pensare che il Nucleo Tutela Patrimonio Culturale – si chiamava così – era stato istituito solo da due anni, e quello con l’immagine fu il primo Bollettino di ricerche emesso!
Un capitolo a sé il recupero di opere che, a differenza di quelle sottratte alla custodia nei luoghi a ciò deputati, non sono conosciute in quanto risultato di scavi clandestini. E’ il caso della Triade capitolina, gruppo scultoreo con gli dei tutelari dell’antica Roma, Giove, Giunone e Minerva, rinvenuto nel 1992 da tombaroli che lo trafugarono vicino a Guidonia Montecelio, in provincia di Roma, portandolo subito in Svizzera dove lo vendettero a un ricettatore; l’importanza del ritrovamento era tale per cui se ne parlava negli ambienti interessati, cosa che non sfuggì ai carabinieri i quali messi, insieme gli elementi per identificare il reperto, li diffusero nel giro degli antiquari in modo da renderne difficile la vendita, e ancora di più l’acquisto in buona fede. Riuscirono a individuare i tombaroli e a recuperare un frammento della scultura, impedendo la vendita da parte del ricettatore svizzero a un collezionista americano. Anche qui sono evidenti due aspetti fondamentali dell’attività del Comando Tutela: l’estensione a livello internazionale e le prove utilizzate con la divulgazione nell’ambiente antiquario al fine di impedire la vendita. E furono così efficaci che dopo due anni, nel 1994, il rilievo fu abbandonato dai ricettatori al confine svizzero; così è stato portato trionfalmente nel Museo archeologico di Guidonia Montecchio.
Significativa per altri versi la storia di una scultura con una grande figura in primo piano e due piccole dietro le sue spalle. E’ una scultura funeraria proveniente da uno scavo clandestino nell’area archeologica di Palmira, in Siria, che i carabinieri sequestrarono in casa di un collezionista di Asti nel 2011, insieme a molti altri reperti. Immediata segnalazione alla polizia siriana che, con l’intervento della Direzione delle Antichità in Siria, confermò la provenienza, di qui la decisione di restituirla alla Siria. Come si fa abitualmente con tanti paesi, ricordiamo che alla visita del presidente cinese sono stati restituiti alla Cina centinaia di reperti rispettandone la provenienza.
Ulteriore “escalation”, dal Perugino a Raffaello, da Piero della Francesca a Van Gogh
Dopo la scultura i dipinti recuperati, cominciando dalle due tavole a cuspide del polittico di Scuola Fiorentina, XIV-XV sec., asportato dalla chiesa di San Martino a Gangalandi nel comune di Lastra a Signa, provincia di Firenze, il 17 gennaio 1969. Entrarono subito in azione i carabinieri del Nucleo Tutela appena istituito, con un’attività investigativa di pedinamenti e controlli che in pochi mesi fece identificare un trafficante venditore delle tavole. Si finsero interessati all’acquisto e sequestrarono una tavola nella sua abitazione, poi l’altra presso un notaio di Pavia che lo aveva incaricato della vendita. Indagine lampo, l’anno dopo, 1970, le due tavole tornarono nella chiesa dove erano state sottratte, fu la consacrazione sul campo del Nucleo Tutela.
Ancora più rapido il recupero di 17 dipinti rubati il 19 novembre 2015 al Museo di Castelvecchio di Verona: un inizio banditesco, un finale rocambolesco, tutto nell’arco di meno di sei mesi. Inizio banditesco: una banda di tre uomini dal volto coperto, con le armi ridusse all’impotenza la guardia giurata, lo fece a museo aperto quindi prima che fosse messo in funzione l’allarme notturno. Le indagini rivelarono la complicità della guardia giurata e portarono a identificare tutti i componenti della banda. Finale rocambolesco: in Ucraina, dopo il transito dei dipinti in Moldavia, la destinazione finale in Russia fu impedita dall’azione dei carabinieri che costrinse i responsabili a nascondere le opere in sacchi di plastica lasciati nei cespugli dell’isola ucraina di Turunciuc. E’ l’11 maggio 2016, fine della “spy story”.
Ed ora un trittico di capolavori di sommi artisti, tra i più grandi, Raffaello e Piero della Francesca, il Perugino, Cezanne e Van Gogh! Soltanto a nominarli si ha un brivido nel pensare che delle loro opere siano finite in mano ai malviventi e potevano essere sottratte per sempre all’ammirazione del pubblico, anzi dell’umanità perché le opere d’arte sono patrimonio dell’umanità.
Rievochiamo solo alcune storie nell’ordine cronologico della sottrazione, come si fa per l’ordine alfabetico con cui vengono citate le “star” nei cartelloni, precisando che non è un ordine di importanza.
E’ il 5 febbraio 1975, ladri professionisti asportano dalla Pinacoteca di Urbino tre capolavori di valore incommensurabile,“La muta” di Raffaello, la “Madonna di Senigallia” e la “Flagellazione” di Piero della Francesca. Scattano le indagini dei carabinieri, il Comando Tutela con l’arma territoriale, e dai contatti con gli ambienti antiquari si accerta che vengono offerte in vendita in Svizzera; i carabinieri si fingono compratori e così vengono messi in contatto con i ricettatori, recuperano tutte le preziose opere a Locarno e li arrestano, due in Italia, uno in Germania e uno in Svizzera. L’azione si conclude il 29 settembre 1976, dopo solo un anno e 7 mesi. Vediamo esposta la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca, un’immagine purissima di incommensurabile serenità e dolcezza.
Dodici anni dopo da quel furto, il 27 ottobre 1987, i ladri si introducono nella Pinacoteca comunale di Bettona, vicino Perugia, avendo sottratto le chiavi nella segreteria del sindaco dove erano entrati segando le sbarre della finestra. Un colpo grosso, alcune sculture e 29 dipinti asportati tra cui 2 del Perugino, al secolo Piero Vannucci, tra cui la “Madonna della Misericordia con i santi Stefano e Girolamo e committenti”, una predella del Duomo Doni, 2 di di Boccanera e uno di Anton Maria Fabrizi. Bastano 4 mesi per individuare i quattro responsabili, ma le opere sono state portate in Germania; non solo, nella “spy story” entra un potente senatore giamaicano, sospettato di detenere le opere rubate, addirittura in garanzia di una partita di droga; la rogatoria internazionale non è risolutiva, anzi viene strumentalizzata per impedire le indagini. Dopo due anni, con il ribaltone politico nel governo della Giamaica, cessa la protezione del senatore, non rieletto, a una nuova rogatoria segue la perquisizione della sua abitazione e si recuperano le opere. Il 7 aprile 1991 tornano nella Pinacoteca di Bettona, l’ex senatore giamaicano “fu tratto in arresto e condannato a una pena esemplare”, così il bollettino della vittoria, dopo meno di 4 anni.
Un salto di 11 anni, siamo al 19 maggio 1998, questa volta in uno dei più importanti musei e centri espositivi italiani, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, ed è un attacco impensabile per una capitale moderna. Tre uomini armati si nascondono all’interno e alla chiusura neutralizzano i custodi notturni, vengono asportati “L’Arlesiana” e “Il Giardiniere” di van Gogh, che vediamo esposto, “Le Cabanon de Jourdan” di Cézanne. E’ di tale gravità da far ipotizzare che sia opera della criminalità organizzata o abbia matrice terroristica, escludendo il furto per la vendita, data la notorietà delle opere e il clamore del caso, e ritenendo possibile invece un furto su commissione. Questa volta si batte ogni record di velocità, bastano pochi giorni per accertare che l’ipotesi valida era quella della criminalità organizzata, è stata una banda operante in Piemonte, Lazio e all’estero, con rapine nelle banche. Ciò richiedeva particolare cautela perché se si fossero accorti di essere stati scoperti avrebbero potuto perfino distruggere le opere, non essendo del ramo; ma dopo altri due mesi di cauti pedinamenti e intercettazioni telefoniche e ambientali, individuate le opere rubate, una a Torino e due a Roma, scattano le perquisizioni, vengono sequestrate insiemea una mitraglietta, 5 pistole e alcuni fucili. Arrestati 8 componenti della banda, tra loro un dipendente della Galleria Nazionale che aveva fatto da basista, come abbiamo visto per il furto del 2015 nel Museo di Castelvecchio. Come in una “spy story” ,è colpevole l’insospettabile “maggiordomo”.
C’è anche la “Sacra famiglia con una santa” di Andrea Mantegna e altri capolavori con altrettante storie intriganti: abbastanza per rilanciare la proposta di un “serial” televisivo analogo a quello RAI di diecine di anni fa, “Caccia al ladro d’autore”, protagonista Giuliano Gemma: sono presenti tutti gli elementi del romanzo poliziesco, il colpo con destrezza, le indagini in Italia e all’estero, le piste con lo sfondo spettacolare dell’arte ferita. L’interesse non mancherebbe e ci sarebbe anche un importante ritorno culturale: cosa aspetta la RAI – cui vengono devoluti oltre 2 milioni di euro l’anno dell’imposta sui televisori per la completezza dell’informazione e la cultura – a ispirarsi alla serie già trasmessa nel lontano passato per un nuovo ciclo emozionante ed educativo? Non lo farà, altrimenti avrebbe accolto le sollecitazioni che le abbiamo avanzato in varie circostanze, da dieci anni fa, così è più probabile che lo possa fare “La 7”, ormai vero servizio pubblico televisivo, ci rivolgiamo fiduciosi a Umberto Cairo.
I vasi attici, il vaso di Eufronio da New York a Roma, dopo 45 anni
Vogliamo concludere questa carrellata su una selezione delle opere recuperate dai carabinieri del Comando Tutela, esposte al Quirinale, con quello che consideriamo il “clou” a livello personale.
Si tratta del Cratere a figure rosse di Eufronio di fine VI-inizi V sec. a C. prelevato nei primissimi anni ’70 con scavi clandestini dai tombaroli di Cerveteri dopo la casuale individuazione nella tomba etrusca nella zona di Greppe Sant’Angelo. I carabinieri del Nucleo Tutela appena costituito ne vennero presto a conoscenza, ma fu possibile ricostruirne l’intero percorso soltanto a seguito della denuncia per ritorsione da parte di uno dei tombaroli in dissidio con i complici nella divisione del ricavato, appena seppe dai giornali il prezzo molto più elevato pagato dal museo di New York che lo aveva acquistato, rispetto ai 125 milioni dati a lui e ai suoi complici dal noto commerciante americano primo acquirente, che lo fece restaurare a Zurigo creando una falsa documentazione sulla sua provenienza. E’ una variante dei dissidi all’interno della stessa banda, questa volta è scattata la “vendetta” perché il cratere era stato sottopagato rispetto al valore riconosciuto dal museo. Le indagini consentirono di denunciare i colpevoli, ma non bastò perché il museo americano non volle restituire il prezioso cratere. Fino a quando il clamore internazionale suscitato da analoghe vicende parecchi anni dopo convinse il museo a collaborare e poi a stipulare un accordo con il Ministero dei Beni e le Attività Culturali il 21 febbraio 2016, al quale seguì la doverosa restituzione del prezioso reperto.
Lo consideriamo il “clou” a livello personale perché un professore del prestigioso MIT, conosciuto per caso al Museo della Liberazione in via Tasso nei giorni della mostra, nel confidarci per “e mail” le sue visite a mostre d’arte nel suo pur breve soggiorno romano, ci ha scritto in perfetto italiano queste parole che citiamo testualmente sulla “straordinaria mostra al Quirinale (Palazzina Gregoriana) che festeggia i 50 anni di quel reparto eccezionale dei Carabinieri messo su per recuperare l’arte, pezzi archeologici, ecc. di ogni genere: fin qui, 2.000.000 recuperi! , ‘L’Arte di Salvare l’Arte’. Fra un centinaio di altre magnifiche opere, c’è il famoso vaso di Eufronio, col Sarpedon caduto – vaso che abbiamo visto (e fissato per più di un’ ora! – io con mia moglie, da giovani studenti d’archeologia classica) nel febbraio del lontano 1973 al Metropolitan Museum. Il pezzo è arrivato in prima pagina del ‘New York Times’ ogni giorno di quella settimana, dal lunedì al sabato, producendo uno scandalo per il notorio prezzo di un milione di dollari (di allora!) pagato dal museo e, ovviamente, per la vergognosa mancanza di qualsiasi indicazione di autentica provenienza. Andava senza dire, che era una scoperta di tombaroli a Cerveteri (dove ormai il vaso è tornato a casa, a parte questi soggiorni provvisori altrove), venduto sul mercato privato, con l’aiuto serio di un famigerato commerciante d’arte americano, connazionale nostro – con legami stretti purtroppo alla nostra molto amata Accademia Americana! Avendo piazzato apposta nella nuova ‘Sala Eufronio’ un giornalista per riferire della ‘reazione del pubblico’, noi due siamo finiti (colle nostre prevedibili ‘reazioni scandalizzate – da bravi e buoni studenti d’archeologia principianti…) con brevissime parole nostre citate nelle pagine del NYT quel sabato mattina (verso il 20 feb., se non mi sbaglio)”.
Questa cronaca così spontanea di “come eravamo” di Steven E. Ostrow, che ritrova il Cratere di Eufronio al Quirinale nel suo viaggio in Italia più di 46 anni dopo averlo ammirato al Metropolitan Museum di New York ci è apparsa eloquente, anzi istruttiva. Nulla da aggiungere alle parole illuminate del professore americano con cui rievoca la sua indignazione verso certa colpevole disinvoltura dei musei del suo paese, e non solo, in acquisti visibilmente incauti, per usare un eufemismo, che risale al 1973, quindi precede di 33 anni la svolta negli ambienti americani del 2006; gli fa onore come uomo di cultura, amante dell’arte e della storia che sin da allora ha superato l’egoismo nazionale collocandosi nella dimensione più autentica dell’arte, la quale ha valore universale, ma non va sradicata dal contesto che l’ha ispirata, alimentata e prodotta, dove deve restare ed essere ricollocata se trafugata. I musei dovrebbero essere i primi a volerlo.
Un altro Cratere a figure rosse di Eufronio esposto in mostra è stato ugualmente scoperto all’inizio degli anni ’70 con il trafugamento da parte dei tombaroli di Cerveteri, poi acquistato in buona fede, ma con evidente ingenuità, da una nota collezionista americana la quale nel 1990 ha concesso che fosse esposto in un museo newyorkese. Non poteva sfuggire all’attenzione dei carabinieri del Comando Tutela i quali ne hanno dimostrato la provenienza illecita – con fotografie polaroid sequestrate al trafficante italiano che lo aveva venduto – e hanno poi attivato la diplomazia culturale italiana ed internazionale fino all’accordo per la restituzione del 16 dicembre 2007.
Alcune fotografie sequestrate a un trafficante internazionale di beni archeologici hanno consentito di individuare e poi recuperare anche un Cratere a figure rosse di Assteas – raffigurante il ratto di Europa da parte di Zeus – il vaso ritratto accanto a un tombarolo, era la prova inequivocabile della provenienza illecita, il luogo di origine fu identificato in Campania, nell’area di Sant’Agata de’ Goti vicino a Benevento. La foto rilevatrice è stata trovata dai carabinieri nel 1995, mentre il cratere era esposto dal 1881 in un museo californiano; ci sono volute rogatorie internazionali nel 1999 e adempimenti legali per dimostrare che il cratere era stato venduto al museo dal mercato clandestino. Non è bastato, sono passati altri sei anni, con nuovi accertamenti e trattative, per far tornare nel novembre 2005 il cratere nella terra da cui era stato sottratto, ora è esposto nel Museo Archeologico Nazionale del Sannio Caudino di Montesarchio presso Benevento. Il prof. Ostrow lo immaginiamo altrettanto indignato anche per questo caso, come lo fu dal lontano 1973 per il vaso di Eufronio: oltre al riprovevole acquisto dal mercato clandestino c’è l’aggravante di resistere per dieci anni alla doverosa restituzione, dopo averlo esposto per vent’anni.
Il “serial” televisivo che proponiamo potrebbe evidenziare anche questi aspetti deteriori i cui protagonisti sono grandi musei internazionali che dovrebbero essere molto più sensibili alle ragioni dell’arte.
Il Comando Tutela, protagonista di tante storie di successo
Abbiamo cercato di descrivere il Comando Tutela Patrimonio Culturale “in action”, come in una carrellata cinematografica, e per questo abbiamo raccontato alcune operazioni particolarmente eclatanti, per il valore altissimo delle opere recuperate e le intriganti vicende. Nelle quali, oltre alle attività investigative dirette, hanno un ruolo primario quelle con le altre forze di polizia italiane ed estere tramite l’Interpol, nonché le azioni svolte con la Magistratura e il Ministero della Giustizia anche mediante rogatorie internazionali; fino a interessare il Ministero degli Esteri per l’assistenza delle attività consolari e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali in quella che viene chiamata “diplomazia culturale”, spesso determinante per soluzioni extragiudiziali più rapide ed efficaci delle lungaggini giudiziarie che abbiamo visto non essere solo del nostro paese, almeno nei casi citati.
i limitiamo ad alcuni dati, sono 300 i militari formati da appositi corsi, impegnati nelle attività ricordate, in 15 nuclei e una Sezione per la Sicilia orientale, inoltre un Reparto Operativo -. con le sezioni Antiquariato, Archeologia, Arte Contemporanea, Falsificazione – che coordina le indagini sul territorio nazionale e coopera a livello internazionale. Dipendenza gerarchica dal Comando generale dell’Arma, funzionale dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, è il polo informativo e di analisi delle altre forze dell’ordine, quali Polizia e Guardia di Finanza, con cui collabora strettamente. Organizza corsi di formazione per le istituzioni interessate, in Italia e all’estero, dove sono molto richiesti, nel dar conto del Bilancio 2018 abbiamo fornito dei dati specifici in merito.
Ricordiamo anche come i successi ottenuti si debbano anche alla “Banca Dati dei Beni Culturali Illecitamente Sottratti” chiamata Leonardo, costituita nel 1980, il cui database comprende oggi 1.200.000 beni culturali rubati con 615.200 immagini, numeri che danno la misura della vastità del fenomeno; con uno speciale algoritmo è consentito comparare le immagini e scoprire se l’opera è tra quelle denunciate come rubate: non solo agli specialisti del Comando, ma anche a chi vuol accertare la liceità di una vendita e può accedere dallo “smartphone” a una parte di tale database.
Con la competenza acquisita e l’esperienza maturata in Irak e nel Kossovo è stata istituita la “task force” “Caschi blu della cultura” che interviene, sotto l’egida dell’Unesco – l’agenzia dell’ONU per la cultura – nelle aree del mondo in cui i beni culturali sono minacciati o colpiti da eventi bellici o calamità naturali. Sono intervenuti dopo il terremoto del 2016 nell’Italia centrale, recuperando e mettendo al sicuro, con la Protezione civile e i Vigili del fuoco, oltre 30.000 “beni culturali mobili”.
Tra tali beni citiamo l’opera esposta in mostra, di Giovan Battista Tiepolo, “L’Apparizione della Madonna col Bambino a San Filippo Neri”, un dipinto monumentale della chiesa del santo a Camerino, recuperato dopo il terremoto e messo al sicuro.
“L’arte di salvare l’Arte” si applica anche in queste circostanze, nel contrasto alle minacce che provengono dalla natura divenuta ostile, come dall’essere umano divenuto nemico della legalità e del rispetto dovuto all’arte, patrimonio dell’umanità da tutelare per le generazioni future.
I carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale hanno questo compito e lo svolgono nel migliore dei modi, con spirito di abnegazione, efficienza operativa ed efficacia nei risultati. Da mezzo secolo!
Info
Palazzo del Quirinale, ingresso in via del Quirinale, all’altezza di via della Consulta. Da martedì a domenica, esclusi giovedì e lunedì, ore 10.00 – 16.00, ultimo ingresso ore 15.00. L’accesso alla mostra non comprende la visita al Palazzo del Quirinale ed è gratuito, previa prenotazione obbligatoria al costo di € 1,50, da effettuare on line sul sito http://palazzo.quirinale.it, o tramite Call Center, tel. 06 39.96.75.57, o presso l’Infopoint, salita di Montecavallo 15. Cfr, il nostro articolo citato nel testo, in questo sito “Carabinieri, la tutela del patrimonio culturale nel 1918” 6 giugno 2019; per i nostri articoli sulle precedenti mostre o presentazioni dedicate al recupero di opere d’arte, cfr. in www.arteculturaoggi.com: nel 2015, “Arte e Stato. Le acquisizioni mirate a Castel Sant’Angelo” 20 ottobre, “La galleria di acquisizioni a Castel sant’Angelo” 25 ottobre, “Arte e Stato. Anche l’arte Orientale a Castel sant’Angelo” 30 ottobre; 2014 “Archeologia, capolavori recuperati a Castel Sant’Angelo”” 8 giugno, 2013, Urne etrusche, 24 recuperate con 3000 altri reperti” 21 luglio, “Arte salvata nel 150° dell’Unità d’Italia” 27 luglio; in www.archeorivista, poi antika.it: nel 2014, Statua di Caligola 20 giugno, nel 2013, 24 urne etrusche 30 giugno, Archeologia a Castel Sant’Angelo 21 luglio; 2012, Bilancio 2011 21 gennaio, 2 statue e 200 reperti 22 gennaio, 200 reperti 12 giugno; 2010, Fossili libanesi con 200 milioni di anni 12 febbraio, Bilancio 2009 15 febbraio, Vanvitelli e Douguet 9 maggio (i siti appena citati di archeologia non sono più raggiungibili, gli articoli saranno trasferiti su altro sito, comunque sono a disposizione su richiesta).
Foto
Le immagini – ad eccezione della 1^, 10, 11,^ 12^, 16 ^ tratte dal sito palazzo.quirinale.it, e la 13^ dal sito comune.senigallia.an.it – sono state riprese da Romano Maria Levante nel Palazzo del Quirinale alla presentazione della mostra, si ringraziano gli organizzatori e i gestori dei siti citati, con i titolari dei diritti, per l’opportunità offerta. Sono riportate nell’ordine dei commenti del testo, che ne cita solo alcune: gli oggetti preziosi e i rilievi e sculture, i dipinti e i crateri e vasi attici. In apertura, Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in visita alla mostra, dietro di lui semicoperto il ministro per i Beni e le Attività Culturali Alberto Bonisoli; seguono, “I Grifoni di Ascoli Satriano” IV sec. a. C., e un prezioso Codice miniato; poi, “Opus sectile” a mosaico con serpentino e porfido II sec. d. C., e una Statua di epoca remota; quindi, Scultura funeraria di Palmira, Siria e “Diana Cacciatrice”, copia di Bartolomeo Cavaceppi fine sec. XVIII; inoltre, Luca e Andrea della Robbia, “Madonna col Bambino, e un’opera salvata dal terremoto in Abruzzo; ancora, Andrea Mantegna, “Sacra Famiglia con una santa” fine XIV sec., e Cèzanne, “Le Cabanon de Jourdan” 1906; continua, Piero della Francesca, “Madonna di Senigallia” 1474, e Pietro Vannucci, il Perugino, “Madonna della Misericordia, con i santi Stefano e Girolamo, e committenti” 1512-15; prosegue, Vincent van Gogh, “Il Giardiniere” 1889, e Recipienti e altri oggetti d’epoca; poi, Eufronio, Cratere con “Sarpedon caduto”, fine VI-inizi V sec. a. C., dal Metropolitan Museum, New York al Quirinale, Roma, 1973-2019, e altri due Vasi attici, quindi, un altro Cratere di Eufronio e Assteas, Cratere, il ratto di Europa da Zeus in sembianze di toro; ancora, Vaso a figure rosse con orecchie, e Vassoio a figure rosse; continua, Statua romana a grandezza naturale, all’uscita dalle sale espositive, e “Triade Capitolina”. con Giove tra Giunone e Minerva, all’uscita delle sale espositive, in chiusura, Quirinale, il grande cortile con il loggiato nel giorno della presentazione della mostra.
Dopo aver commentato l’articolo di Romano Maria Levante “Carabinieri, la Tutela del Patrimonio Culturale nel 2018”, nel prenderne atto, aveva segnalato alla mia attenzione il servizio successivo “Carabinieri, l’Arte di salvare l’Arte, da mezzo secolo, al Quirinale” per celebrare il 50° anno di attività del Comando, annunciando vicende intriganti dei recuperi e con molte immagini, ovviamente, accolto con vero piacere..
Mi sono trovato subito con una serie di notizie sull’argomento veramente corrette, veritiere e complete, presentate con la solita eleganza e particolare capacità giornalistica e culturale, quelle che possiede e che lo identificano compiutamente:
– Durata della mostra dal 3 maggio al 14 luglio 2019;
– Luogo, al Quirinale nella Palazzina Gregoriana;
– Definizione, “L’arte di salvare l’Arte. Frammenti di storia d’Italia”;
– Evento, 50 anni di attività del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale;
– Ricca selezione di opere recuperate – dipinti e sculture, oggetti artistici di vario tipo;
– Storia dei vari recuperi anche molti anni dopo il trafugamento;
– Risultati di una attività investigativa che si avvale, oltre che della sperimentata specializzazione del personale,;
– Apposita “Banca Dati dei Beni Culturali Illecitamente Sottratti”;
– Costante intesa con la magistratura italiana, forze di polizia nazionali ed estere, autorità consolari e diplomatici del Ministero degli Esteri.
In chiusura di esordio precisazione di chi ha curato la mostra (Francesco Buranelli), inaugurata dal Presidente della Repubblica (Sergio Mattarella), con il Ministro per i Beni e le Attività Culturali (Alberto Bonisoli), il Comandante generale dell’Arma (Giovanni Nistri) e il Comandante del Comando Tutela Patrimonio Culturale (Fabrizio Parrulli).
Di seguito la prima foto, come sempre sotto evidenziata, del Presidente della Repubblica in visita alla mostra di opere recuperate, sempre nella celebrazione di mezzo secolo di successi, .ricchi di significati, prova evidente del sommo valore attribuito ad una attività fondamentale per proteggere l’arte esposta a continue minacce e aggressioni.
Poi, una interpretazione sul modo in cui vengono “ricontestualizzate nel territorio che le ha generate, restituendo loro la dignità culturale di ogni opera d’arte, quella del contesto di appartenenza”.
Consapevolezza che l’opera d’arte appartiene all’intera umanità, sottolineando giustamente che “essa acquisisce valore di civiltà dalla conoscenza e dalla profonda relazione geografica e fisica con i luoghi che l’hanno prodotta, con la cultura che l’ha generata, con il paesaggio che l’ha suggerita”.
Anche se riassunto, per lasciare al lettore la voglia di leggerlo tutto, questo dire del Levante per me spiega la sua forza, che non si limita a descrivere la mostra o il fatto culturale ma, lo lascia anche vedere e non solo dalla foto ma, soprattutto, da come lo compone e lo trasferisce.
Riuscire a pensarle le cose è già difficile e, poi, a saperle anche comunicare con correttezza , eleganza e proprietà da aggiungere all’impegno necessario fisico e spirituale, delineano un professionista completo perché dotato anche di doti morali, umiltà e amore per il prossimo.
A mio giudizio uno scrittore deve essere appassionato come Romano Maria Levante per riuscire a sacrificarsi come lui, togliendo anche del tempo dovuto e dato ugualmente alla famiglia ma, anche merito e soddisfazioni nel rendere un servizio pubblico culturale e umano.
Credo fermamente in quanto sto dicendo, perché mi è sempre piaciuto scrivere in famiglia, per i miei figli, i miei nipoti e anche altri e lo continuo a fare senza pretendere nulla, senza ambizioni ma, solo, per il rispetto e l’amore che ho e che conserverò per i miei cari.
Questo mio pensiero quando leggo servizi come quelli del Levante, me lo fanno rispettare ed amare, perché mi fanno pensare, nel piccolo del mio mondo, al grande impegno che assolve e, da tanti anni, nello svolgere quella che è anche una missione in favore della collettività e che qualche volta riceve il mio grazie e quello di altri.
Tornando al servizio ritrovo un’altra foto ““I Grifoni di Ascoli Satriano” con l’aggiunta di una certa reciprocità, di luoghi che l’hanno prodotta, di cultura che l’ha generata, di paesaggio che l’ha suggerita, come privazione di qualcosa di vitale, quando l’opera d’arte viene sottratta, una lesione che con la restituzione viene sanata: un valore straordinario dell’attività di recupero, di natura morale, civile e umana.
Altra bella nota che va ben al di là dei contenuti di natura artistica e anche economica pur se assai rilevanti e passaggio in rassegna di una serie di esemplari dei diversi generi di opere d’arte esposti, in una ideale “escalation”, che invito i lettori a seguire, senza preoccuparsi della lunghezza dei servizi, che sono corredati da foto e info, care al Levante, per il valore del servizio e delle tante opere d’arte citate e riprodotte, di cui mi piace riportare di seguito quella di chiusura:
“Quirinale, il grande cortile col loggiato nel giorno della presentazione della mostra”
È mia convinzione che siano in tanti a leggere i Servizi di Romano Maria Levante e in pochi a dirgli anche un semplice grazie, che merita per il suo impegno costante, di offrire cultura, facendolo con le grandi capacità che possiede e sa trasferire, con il suo dire corretto e attinente, con la sua preparazione ed esperienza, con la sua grande umanità.
Non sono elogi i miei, sono semplici parole che ho appreso, dal tanto che ho letto di lui e che riesco, all’occorrenza, a usare con piacere e grande rispetto per persone che valgono e meritano.
Come si fa a non rispondere alle parole con cui Franceco Ascani commenta ancora una volta una nostra recensione? Non solo per ringraziarlo degli apprezzamenti – come sempre molto, troppo generosi – ma soprattutto per sottolineare il modo con cui riesce a immedesimarsi in chi, come me, ha scritto il testo che da lettore analizza in modo così attento e partecipe. E riesce a coglierne le più intime e personali motivazioni, a percepire la passione che muove tale impegno, a immaginarne l’impatto nella vita personale e familiare, fino a definirlo “un servizio pubblico culturale e umano” e anche “una missione in favore della collettività”. Si resta senza parole dinanzi a tale sensibilità, poi se ne trova una spiegazione quando rivela l’impegno da lui stesso profuso sul piano culturale a livello familiare e amicale scrivendo per loro senza risparmiarsi e senza pretendere nulla. Gentilissimo Francesco, è bello sentire che qualcuno ha capito tutto di una dedizione con mille e cento articoli in dieci anni offerti al pubblico ugualmente “senza pretendere nulla”, per usare le tue parole. e forse è bello anche per te sentire compreso il tuo impegno meritorio, per la tua famiglia e i tuoi amici e anche per i lettori che trovano nei tuoi commenti una guida interpretativa e un incitamento prezioso. Nelle tue espressioni sento il mio stesso entusiasmo quando scopro cose inattese, come avvenuto nella recensione del 25 giugno a una mostra apparentemente di scarso rilievo, “Manifesto”, con 13 brevi filmati ispirati ai manifesti ideologici del ‘900, di cui ho riportato i contenuti sconvolgenti. Evidentemente, come nella mia precedente risposta, il “feeling” con il lettore è tale da creare un “feed back” addirittura preventivo. Un altro miracolo dell’arte e della cultura intensamente vissute!
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