di Romano Maria Levante
fotografia.guidaconsumatore.it – Fotografia con l’arte in mostra alla Gnam: fotodinamismo e modernismo
Dopo le opere degli esordi della fotografia del 1850 e quelle della fase successiva che culmina nel “pittorialismo” fino al 1920-30, di cui abbiamo dato conto in precedenza, la mostra “Arte in Italia dopo la fotografia” dal 21 dicembre 2011 al 4 marzo 2012 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna ha esposto le opere del fotodinamismo futurista e del modernismo che arriva al 1950, più le collezioni del cinquantennio fino al 2000: la rassegna di questa fase conclude la nostra visita.
Abbiamo ricordato Giacomo Balla nel periodo che arriva al “pittorialismo”, e si ritrova con 10 opere esposte nella sezione della mostra dedicata al “Fotodinamismo”che ne rappresenta un’evoluzione e si collega alla rottura futurista rispetto alle arti e in genere alle forme espressive del primo Novecento da cui non poteva non venire coinvolto anche il mezzo fotografico. Ciò avviene con la sua definitiva emancipazione dal supporto alla pittura che dà dignità artistica alla fotografia.
Balla negli studi sul volo delle rondini mostra attenzione alle fotografie di Marey sul volo di uccelli, e nel dipinto “Dinamismo di un cane a guinzagli” sembra influenzato dalle foto dei fratelli Bragaglia per i manifesti futuristi, esposte a Roma da Marinetti; anche Degas sembra ne fosse influenzato per le ballerine sospese a mezz’aria. Infatti ad Arturo e Anton Giulio Bragaglia si devono le ricerche fotografiche per il manifesto futurista e non solo: nel 1913 viene pubblicato il “Fotodinamismo futurista” di Bragaglia con 16 delle 30 tavole fotodinamiche create: dichiara di voler “realizzare una rivoluzione, per un progresso, nella fotografia, per elevarla veramente ad arte”, superando “la riproduzione fotografica del vero immobile o fermato in atteggiamento di istantanea”, nella sua “oscena e brutale realisticità statica”: per conferirgli “la espressione e la vibrazione della vita viva”.
La spinta verso questa rivoluzione fu l’interesse del pensiero futurista per il movimento: la fotografia era in grado di renderlo mediante traiettorie e vibrazioni, scie luminose e lievitazioni che trascendevano la realtà ricercandone l’essenza mediante la destrutturazione e dematerializzazione conseguente al moto colto nel suo dinamismo esasperato. Questo proclamava il “foto dinamismo” futurista: non si trattava di costruire sequenze continue di tipo cinematografico con scatti a ripetizione, ma di fissare momenti estremi di inizio e fine del moto tra i quali gli intervalli esprimono il carattere inafferrabile della realtà dinamica inseguita dai futuristi; e questo con una lenta esposizione fotografica che crea scie e traiettorie deformando gli oggetti.
Nel movimento da un punto a un altro – sottolinea Rita Camerlingo – “il tempo, quarta dimensione, si traduce in spazio” e, nella filosofia di Henri Bergson, allontana dalla realtà per raggiungere l’essenza delle cose e “lasciare un ricordo”. l tre “Ritratti del pittore Francesco Trombadori” dei Bragaglia, esposti in mostra, rendono il fotodinamismo con le diverse teste in movimento vorticoso che coesistono sul tronco, delle quali solo quelle estreme sono ben visibili, la scia quasi nasconde e deforma le altre.
Il modernismo
Molto diverso da queste avanguardie del tutto particolari, il “Modernismo” nella consapevolezza dell’autonomia estetica dell’opera fotografica vede su fronti opposti – scrive Maria Francesca Bonetti – “i sostenitori di una concezione ‘purista’ della fotografia, prevalentemente orientati verso la sperimentazione, con ricerche spesso spinte anche verso l’astrazione, e i fautori di una fotografia ‘artistica’ estetizzante e interpretativa, intesa piuttosto come ricerca formale libera e spregiudicata”; che usa tutte le tecniche di manipolazione e contaminazione con le altre arti “utili alla trasfigurazione e all’idealizzazione della realtà”. Per questo si muove “tra classicismo e astrazione”.
Sono anni, dal 1920 al 1950, in cui l’Italia si apre alle concezioni più avanzate in campo fotografico, come le astrazioni di Man Ray e il costruttivismo di Aleksander Rodcenko, il surrealismo di Blossfeldt e l’iperrealismo di Renger-Patzsch,per citare dei capofila, mediante le mostre internazionali e le esposizioni in varie città italiane, come fu nel 1931-32 dopo la pubblicazione del “Manifesto della Fotografia Futurista” a firma di Tato e Filippo Tommaso Marinetti. Non ci si limitava alle tematiche futuriste, il modernismo era presente nella concezione astratta e idealizzata.
Ne abbiamo degli esempi nei ritratti esposti in mostra di Ghitta Carell, con Nobildonne e Donne esemplari, Gerarchi e Prelati, Imprenditori e Intellettuali, figure idealizzate al punto di ricercare una bellezza ideale trasformando con espedienti estetizzanti la realtà fisica fino alla mistificazione, interpretando in questo la mistica del fascismo pur se l’adesione al regime è molto dubbia essendo lei ebrea. Intenti realizzati con le luci morbide e chiare intorno al soggetto, come fa anche Arturo Ghergo, mentre Luxardo prediligei toni cupi e le forme plastiche con intensi chiaroscuri. Mario Bellavista, addirittura, teorizzò per il fotografo moderno “la missione di educazione nazionale attraverso la glorificazione estetica” del fascismo e indicò anche i temi attraverso cui realizzarla: temi futuristi nelle macchine e nelle navi, negli aerei e nei motori, temi di regime nei giovani sportivi e nella gente ispirata, come si è visto per il comunismo alla mostra “Realismi socialisti”.
Si andò oltre il Futurismo con il “Gruppo Piemontese per la Fotografia Artistica”, costituito a Torino nel 1921 da Bertoglio e Bricarelli con altri, ne fece parte Agosti;si persegue – è ancora la Bonetti – “quella sintesi compositiva che, in contrapposizione alla precedente maniera descrittiva ed aneddotica, era stata individuata all’epoca come l’elemento essenziale di una fotografia ‘modernista’” fatta di “un’astrazione geometrica che risente comunque del rigore classico e del monumentalismo del movimento novecentista”. Di Italo Bertoglio e Stefano Bricarelli sono esposte 5 opere ciascuno: del primo notiamo “Il Decennale”, con la piccola sentinellasovrastata dall’imponente architettura littoria, “Colonne, Paris”, tra il 1933 e il 1937; del secondo, “Benito Mussolini nel suo studio” e il celebre “Rampa elicoidale della Fiat al Lingotto”, fino al muso della “Nuova Horch aerodinamica”, 1939, fotografia che fissa l’immagine senza alcun effetto fotodinamico futurista. Di Francesco Agostinotiamo 10 opere, tra le quali “Vasi di Murano” e “Studio di fiori”, appena sfumati. A questi si accostano i sottili disegni di “Fiori” di Giorgio Morandi, come a certe figure di ritrattistica gli “Autoritratti” in pomposi costumi d’epoca di Giorgio de Chirico.
Con Luigi Veronesi, il modernismo italiano entra nell’astrazione, alla fine degli anni ’20, in un’arte non figurativa: la fotografia indaga la realtà senza riprodurla, al contrario superando l’apparenza secondo il “principio di integrazione” che regola le relazioni tra gli oggetti; e utilizzando il fotogramma che viene impressionato direttamente senza macchina riconducendo agli elementi primari come luce e superficie sensibile con la prevalenza della forma elementare sul contenuto. Una forma fotografica che viene smaterializzata come nelle opere dell’astrattismo pittorico. Se ne vedono esempi, tra le sue opere esposte, 15 in evidenza, in “Fotogramma su lastra” e “Controtipo su pellicola”, siamo nel 1937; anche “Quadrifoglio” è un fotogramma, è il 1950.
Tecnica analoga in due opere astratte di Franco Grignani, “Fotogramma a luce inclinata” e “Interferenze dinamiche”. Surrealista, invece, l’opera di Carlo Mollino, “Ritratto con farfalla”, 1935, enigmatica figura femminile in un’atmosfera sospesa, un “doppio” con il confronto sogno- realtà.
L’ultimo artista che citiamo in questa rassegna del modernismo in mostra è Giuseppe Cavalli, vediamo in particolare 9 opere, alcune plurime, dal 1940 al 1950 ed oltre: è cultore della dimensione “puramente estetica” della fotografia al di là di “ogni tecnicismo, contenutismo, impellenza documentaria”, mossa solo dalla “intuizione fotografica”; peraltro, conosceva a fondo la tecnologia fotografica e le prassi operative basate sulla ripetizione dei soggetti, la costruzione compositiva con varianti e tagli e il mutare delle trasparenze. Si intitola appunto” Composizione” una sua opera, molte altre sono “Senza titolo”: immagini serene, spesso evanescenti, di “forma pura”.
Si conclude il modernismo ma non la mostra, ci sono ancora le opere della Collezione, dal 1960 al 2000, ne scorriamo 40 di 25 autori contemporanei. Vediamo sfilare l’Arte povera, Pop, concettuale degli anni ’60, le sperimentazioni artistiche degli anni ’70, l’opera fotografica di Luigi Ghiri e Paolo Gioli, fino agli anni ’80, le opere a matrice fotografica degli anni ’90. Abbiamo detto 40 opere, ma molte sono plurime, ricordiamo per tutti “Le ore”, di Luigi Ontani, 1975, 24 gigantografie con la sua figura a colori forti, sono il rutilante divisorio centrale di una delle grandi sale della mostra.
Terminiamo citando i più vicini a noi, per i quali basta ricordare i nomi, Mario Schifano e Tano Festa, Giulio Paolini e Michelangelo Pistoletto, Pino Pascali e Giosetta Fioroni, Mario Cresci e Luca Maria Patella, Stefano Arientie Vanessa Bancroft, Sarah Ciriaci e Davide Galliano, Luisa Lambri e Myriam Laplante, Eva Marisaldi e Cristiano Pintaldi.
C’è tutto nell’esposizione, la miniatura fotografica e anche pittorica, il kolossal di questa ed altre opere contemporanee. Ma soprattutto c’è la storia delle fotografia ripercorsa in un viaggio esaltante attraverso 500 opere.
Per dare un sigillo adeguato alla rassegna di 150 anni di fotografia nei rapporti con l’arte, ci sembra appropriato quanto scrisse Francesco Savinio nel 1907: ”Oltre ai servizi diretti che la fotografia rende ai pittori, essa ha impresso il proprio carattere nella ‘mente’ di tutte le arti”; Fino a dire: “Le arti vanno divise in prefotografiche e postfotografiche”.
E’ il miglior complimento che si poteva fare alla fotografia, a cui per una certa fase è stata negata la qualifica di arte, poi invece universalmente riconosciuta. Come era ed è naturale, anzi doveroso.
Info
Galleria Nazionale d’Arte Moderna, viale delle Belle Arti 131, da martedì a domenica dalle ore 8,30 alle 19,30, lunedì chiuso. Ingresso alle mostre euro 10,00, ridotto euro 8,00 (over 65, under 18, gruppi e speciali categorie), scuole 5,00. Tel. 06.32298221; www.gnam.beniculturali.it. Catalogo “Arte in Italia dopo la fotografia” 1850-2000″” a cura di Maria Antonella Fusco e Maria Vittoria Marini Ciarelli, Editore Electa, pp. 328, formato 21,5 x 28; dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. I primi due articoli sulla mostra sono usciti in questa rivista “on line” il 25 febbraio, e il 1° marzo 2012. Aggiornamento: nella ripubblicazione attuale, i primi due articoli sono usciti in questo sito il 26 dicembre, con un’introduzione sui motivi dell’iniziativa, e il 27 dicembre 2019. Sugli artisti citati nel testo, cfr. in www.arteculturaoggi.com i nostri articoli su de Chirico, 3, 5, 7, 9, 11, 13, 15, 18, 20, 22, 25, 27, 29 settembre, 22, 24, 26 novembre 2019, 17, 21 dicembre 2016, 1° marzo 2015, 20, 26 giugno, 1° luglio 2013; Balla e i Futuristi 7 marzo 2018, 27 gennaio e 24 novembre 2017, 19 febbraio 2015, 2 marzo 2014, 2 marzo e 1° dicembre 2013; Morandi 17, 28 maggio 2015; Patella 18 aprile 2015; Fioroni gennaio 2014,;istoletto 11 aprile 2013, D’Annunzio 12, 14, 16, 18, 20, 22 marzo 2013; e un fotografo non citato, De Antonis 29 dicembre 2016. In cultura.inabruzzo,it , de Chirico 10, 11 luglio 2010, 27 agosto, 22 dicembre 2009; Paolini 10 luglio 2010. In fotografia.guidaconsumatore, Ghergo 11 aprile 2012,;Rodcenko, 2 articoli 27 dicembre 2011; Schifano 15 maggio 2011 (gli ultimi due siti non sono più raggiungibilei gli articoli saranno trasferiti su altro sito).
Foto
Le immagini sono tratte dal Catalogo, si ringrazia l’editore Electa, con i titolari dei diritti, per l’opportunità offerta; viene indicato il nome dell’autore e l’anno delle opere, riportate per lo più nell’ordine in cui gli artisti sono citati. In apertura, opera di Anton Giulio e Artura Bragaglia, 1914; seguono, opere di Ghitta Carell, anni ’30, e Italo Bertoglio, 1933; poi, di Stefano Bricarelli, 1939, e Francesco Agosti, 1929; quindi, di Giorgio de Chirico, 1934-35, e Luigi Veronesi, 1937; inoltre, di Franco Grignani, 1954, e Giorgio Morandi, 1943; in chiusura, opera di Luca Maria Patella, 1966-67.
fotografia.guidaconsumatore – Autore: Romano Maria Levante – pubblicazione in data 11 aprile 2012 – Email levante@guidaconsumatore.com
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