di Romano Maria Levante
Se n’è andato il 13 settembre 2020 Eduardo Iole, per gli amici Dino, dopo una vita professionale intensa e qualificata nel nostro maggiore gruppo energetico e non solo, autore del libro “Fra il nulla e l’infinito. Lo spazio di Dio”, Ripostes 2008. Lo abbiamo citato a suo tempo nelle nostre recensioni sulla mostra “Astri e particelle”, che visitammo con lui al Palazzo delle Esposizioni nel 2010, e “Numeri, da zero all’infinito” nel 2015 il cui sottotitolo riecheggiava quello del suo libro. La lettera in sua memoria l’abbiamo scritta appena avuta notizia della sua scomparsa, inattesa e dolorosa per chi, come chi scrive, lo ha avuto come sodale e amico e la pubblichiamo il giorno del suo funerale, il 16 settembre nella chiesa di San Saturnino a Roma.
Carissimo Dino, amico di una vita,
questa non me la dovevi fare, non ce la dovevi fare, anche se hai confermato la tua discrezione, te ne sei andato in punta di piedi, nel sonno, l’ho saputo per la sollecitudine di tua figlia Maria, che conoscendo la nostra vicinanza per averti sentito parlare di me molte volte mi ha mandato un WhatsApp. L’ho visto per caso perché whats up non mi si apre normalmente e vengono messaggi di sconosciuti, poi non avevo registrato il tuo numero come tanti altri nella rubrica, ho sperato che fosse un altro Dino e la data di “mercoledì 11” riguardasse un altro mesee un’altra persona, ma poi purtroppo è stata corretta “alle ore 11”. La ricerca del tuo numero e la successiva telefonata ha fatto cadere quelle speranze, e mi ha presentato nella voce gentile di Maria ciò che non avrei mai voluto sentire. Le nuove forme di comunicazione, come Facebook, mi hanno fatto scoprire tante date di compleanno, con l’invito a fare gli auguri, non mi sarei mai aspettato che whats up mi facesse scoprire quanto non avrei mai voluto ascoltare.
Il pensiero va alla tua vitalità, con un fisico che ammiravo per il vigore che esprimeva nella tua tradizionale magrezza così invidiata e così rara nell’avanzare degli anni, ai tuoi interessi culturali rivolti a quanto di più grande ci sia, l’universo sconfinato, e a quanto di più piccolo, i segreti dell’atomo; interessi espressi nelle tue conferenze e tradotti in un libro che ho ripreso stamane, con tutte le sottolineature a matita della mia lettura attenta di allora, lo citai nel mio servizio sulla mostra “Da zero all’infinito” al Palazzo delle Esposizioni. Ricordi? Andammo insieme a visitare la mostra, proprio per questa corrispondenza nei titoli ti feci conoscere un addetto stampa della sede espositiva cui donasti il tuo libro, mi sembra che ti diede il catalogo.
Ma ci sono state altre mostre cui ti ho invitato e abbiamo visto insieme, era un impegno che mi ero preso, non sei potuto venire a un paio di mostre perché eri a Santa Severa; alla mostra su Raffaello non ti ho invitato perché non ci sono andato neppure io, per il timore del Coronavirus, pensavo di inviarti la “recensione a distanza” che sto ultimando in base al Catalogo e altre notizie, te la manderò nei prossimi giorni appena l’avrò pubblicata. Ricorderai che avevo pensato a una tua conferenza congiunta con Roberto Betti, grande cultore di astronomia che aveva parlato a un incontro culturale anche con proiezioni cosmologiche al quale andai. Poi non se n’è fatto nulla ma avevo pensato anche a questo e mi sono rammaricato che il progetto non si è realizzato.
Sei l’antico collega con cui sono rimasto in contatto stabile e frequente, parlavamo di Giuseppe Sfligiotti con cui eravamo in contatto più sporadico, recentemente il contatto con lui è diventato più intenso dopo il suo commento a miei articoli sul coronavirus e su Gina Lollobrigida artista; l’altro è Peppino Benevolo, lo chiamerò tra poco, anche in lui si affolleranno i ricordi. Dovevamo incontrarci insieme a qualche mostra, poi è sfumato per impegni di qualcuno di voi due.
L’onda di ricordi mi assale anche se non immagino di non poterti sentire ancora, non poterti incontrare più, mi conforta che sei nella dimensione che hai esplorato con tanta passione nella quale ogni incontro è possibile, e questo deve confortarmi e confortare i tuoi cari. Del resto i ricordi sono impalpabili sempre e per tutti, non si possono rivivere quei momenti, eppure sono vivi nella mente e nel cuore.
Ripenso agli anni di lavoro all’ENI, ci confrontavamo sugli investimenti e sui programmi, tu con una competenza settoriale, io con il quadro generale, delle volte andavamo a giocare a tennis con Carlo Baliva, che faceva parte del mio ufficio, imparentato con te, giocavamo in tre, mi sembra anche con piccoli tornei tra noi; andai anche a Casperia a trovare Carlo con mio suocero appassionato di funghi, ne colse di sconosciuti che assaggiava la sera prima di cucinarli il giorno dopo se la piccola quantità, per mio suocero inoffensiva, non gli aveva dato disturbi, che rischio!
Ma poi i presepi! Ti inviai il mio articolo su una mostra di presepi e le foto del mio presepio due anni fa e anche l’anno scorso, ti scrivevo che ne parlavo nel mio romanzo “Rolando e i suoi fratelli. L’America!”, le apprezzasti e mi mandasti quelle del tuo presepio in legno, bellissimo, che facevi “per le tue figlie”, fu una grande bella sorpresa per me.
E’ solo uno scampolo delle immagini che mi si affollano alla mente, sono tante nelle quali spicca la tua figura, non riesco a immaginarti ora diverso da come ti ho sempre visto e sentito. D’altra parte ti sei addormentato come ogni sera avviene a ciascuno di noi, e di certo nessuno ci vede nel sonno ma ci ricorda nella nostra presenza attiva, viva e vitale, così è per me in questo momento e sarà sempre così.
Ma per te, caro Dino, c’è qualcosa di più di quanto riguarda i comuni mortali, c’è l’altra dimensione cui accennavo all’inizio, nella quale sei immerso ora, ma vi sei stato immerso sempre con la tua passione oltre che con il tuo interesse culturale. “Fra il nulla e l’infinito” sei asceso all’infinito, dal “nulla” del nostro mondo, e stai trovando le risposte ai tanti dilemmi che hai spiegato a tutti nella tua ricerca inesausta di conoscere l’inconoscibile trovando sempre nuovi enigmi ogni volta che ne decifravi qualcuno. Ti immagino esplorare ancora, interrogare, investigare, vicino come sei ora alla fonte di tutto, con il tuo spirito aperto e assetato di conoscenza.
Il tuo spirito scientifico ti ha portato non ad allontanarti, ma ad accostarti ancora di più alla fede come fatto razionale e ineludibile che sovrasta la scienza senza negarla, per questo hai introdotto le tue conclusioni con le parole di Don Luigi Giussani, fervente e attivo, e non solo contemplativo: “Riconoscere Dio non è un problema né di scienza né di sensibilità estetica e neanche di filosofia come tale. E’ un problema di libertà”. E con la tua libertà di ricercatore, alle domande che ti poni al termine della tua ricerca su “che cosa è l’universo, da dove viene, è finito o infinito, è eterno o non eterno il tempo è reale o è un’illusione?… “ , fino a “perché c’è qualcosa anziché il nulla?”, rispondi con altre domande: “Ci sarà mai una risposta razionale e definitiva a queste domande estreme e ad altre ancora? C’è una risposta assoluta?”.
Proprio perché la risposta a questi dilemmi non può essere positiva, concludi che “è lecito credere che per i limiti obiettivi della ragione stessa non si chiuderà mai lo spazio di Dio”. Su quello che definisci “il punto più ostico”, cioè “come conciliare la razionalità del pensiero scientifico con l’ipotesi del trascendente” esprimi questo tuo pensiero: “Forse non è possibile e presumibilmente dovremo accontentarci della constatazione che l’uno non può escludere l’altro”. In questo “dovremo accontentarci” c’è tutto il rammarico del ricercatore appassionato che non vorrebbe fermarsi ma anche la serena consapevolezza che non può andare avanti.
Ebbene, adesso, Dino carissimo, non dovrai più “accontentarti”, potrai andare avanti. Ricorda quanto hai scritto: “Dato che lo spazio del trascendente si colloca ai limiti della conoscenza – limiti, a quanto pare, tracciati dalle stesse leggi naturali – dobbiamo dedurre che la ricerca di Dio vada oltre i confini della ragione”. E ricorda che hai scritto anche “come” vada fatta all’interno di quei limiti: “Seguendo la ragione del cuore anziché la ragione della ragione, come diceva Pascal? Anche ma non solo”. Lo spieghi indicando i “segni, per quanto possibile razionali, dell’esistenza del grande progetto’”, che enumeri con la tua accuratezza scientifica.
Hai contrastato perfino il grande filosofo Norberto Bobbio allorché dice “senza aver trovato una risposta alle domande ultime (perché l’essere e non piuttosto il nulla?) la mia intelligenza è umiliata. Umiliata. E io accetto questa umiliazione”. Gli hai contrapposto il tuo orgoglioso: “Perché la ragione dovrebbe sentirsi umiliata in assenza di una risposta razionale al tutto? Siamo certi di voler sapere la verità assoluta?” E aderisci al pensiero di Seneca: “Il mondo sarebbe ben piccola cosa se in esso tutto il mondo non trovasse materia per le sue ricerche”.
Le tue ricerche sono state inesauste, inesauribili, e umilmente ma non “umiliato”, ti sei avvicinato a quella “verità assoluta” pur ritenendola irraggiungibile, citando anche Efeso che nel V secolo avanti Cristo diceva: “La natura trascendente ama nascondersi”. Tu hai cercato “il Dio che si nasconde dietro l’universo” , pur con ritrosia e discrezione, e lo spieghi con chiarezza: “Appare alla nostra mente come se qualcosa – che possiamo chiamare ‘Natura’ – fosse consapevole che l’acquisizione della verità ultima e assoluta, il raggiungimento del ‘traguardo finale’, ci priverebbe del grande stimolo che induce alla ricerca, allo sviluppo e al progresso e che dà un senso e uno scopo alla vita”.
Ha dato un senso, e che senso!, alla tua vita, insieme all’amore per le tue figlie e la tua famiglia. Una ricerca, la tua, nella consapevolezza che “la verità assoluta, se c’è, si colloca oltre i confini della nostra ragione e tale preclusione, in fondo, sarebbe la migliore strategia della Natura”. Per questo concludi: “In quest’ottica, la fede è una speranza che nasce anche dai limiti della ragione umana e che si nutre nel dubbio”.
Ebbene, in te e per te, ora la “speranza” diventa realtà, cadono i “limiti della ragione umana”, il “dubbio” si trasforma in certezza. Perché salendo “dal nulla all’infinito” hai raggiunto quello che profeticamente avevi posto come sottotitolo alla tua appassionata ricerca: “Lo spazio di Dio”. Non so in che modo, ma sono sicuro che lo farai, sono certo che mi renderai e ci renderai partecipi di quanto riuscirai a toccare con mano, il tuo è ben più di un “testamento spirituale”.
E questo perché, ne sono altrettanto sicuro – e anche le tue figlie dovranno esserlo – la tua ricerca continua nella dimensione iperurania e la “verità assoluta” non potrà sfuggirti. Questo pensiero mi consola e deve consolare tutte le tue persone care: passare “dal nulla all’infinito” vuol dire entrare nell’altra dimensione che hai tanto esplorato, una sublimazione magica . E’ rassicurante sapere che una persona cara ci guardi di lassù, dallo “spazio di Dio”.
Con questo pensiero che lenisce il nostro dolore e addolcisce la nostra tristezza un saluto, carissimo Dino, che non è un addio, perché resti con noi e dentro di noi, hai tante risposte da darci ora che sei giunto lassù, hai raggiunto ciò che ti sembrava irraggiungibile, continuerai a ricercare mentre riposi in pace. Ciao, carissimo Dino, amico da una vita, sodale indimenticabile, persona di grande qualità e squisita sensibilità!
Romano
Cosa posso aggiungere all’appassionato, commovente ricordo di Dino fatto dall’amico Romano? Dirò soltanto che dopo un lungo periodo di mancanza di rapporti con Dino, dovuto alla mia assenza dall’Italia, questi rapporti si sono riallacciati grazie alla comune passione per la Musica. E così, quando ho appreso della sua repentina ed inattesa morte, ho detto a Maria che, non potendo partecipare al rito funebre, sarei stato vicino a loro ascoltando in raccoglimento il finale della Seconda Sinfonia di Mahler “La Resurrezione”, certo che questo sarebbe piaciuto anche a suo Padre. Sì, effettivamente penso che le parole e la musica di questo stupendo finale siamo in consonanza con quello che pensava e sentiva Dino.
Giuseppe Maria Sfligiotti è stato il nostro Direttore – mio e di Dino oltre a tanti altri colleghi – nella Programmazione all’ENI oltre trent’anni fa, all’epoca dei Piani quinquennali… Il suo ricordo è altrettanto appassionato e commovente, e con Mahler assurge a vette ancora più alte, nella “consonanza” raggiunta attraverso la musica; io ho condiviso con Dino i suoi approfondimenti scientifici e metafisici con i quali è entrato in consonanza con qualcosa di superiore: e ha raggiunto “lo spazio di Dio”, come con la musica di Mahler la “Resurrezione”.
Ciao amico mio, mi tornano in mente le tue battute e il tuo eterno sorriso con le quali rendevi gradevole anche la routine talvolta monotona del lavoro quotidiano.
Hai voluto farci un’altra sorpresa anticipandoci nel cammino.
Già che sei di là, dacci qualche dritta su cosa fare al momento opportuno, insomma un altro dei tuoi suggerimenti.
Un abbraccio forte nell’attesa di rincontrarci.
Francesco 😎
Caro Romano,
La tua toccante lettera all’amico Dino ci consente di affrontare un evento comunque duro da accettare come la luce in un tunnel. Eravamo una squadra di giovani che hanno contribuito a far crescere l’ENI e Dino uno dei migliori. Schivo, riservato, efficiente. Mai una parola di troppo. Così lo ricordo, e nelle poche occasioni di incontro, la sua immagine anche fisica di efficienza ne usciva rafforzata. I miei ricordi di Dino sono limitati negli ultimi anni. L’ultimo, per una mostra alla quale tu ci hai invitato, alle Scuderie del Quirinale; breve scambio di saluti telefonico e promessa di rivederci a breve. Così non è stato. La tua lettera mi rivela un Dino a me sconosciuto e me ne rammarico. Una dimensione nuova, trascendente, che mi ha indotto a riflettere come mai prima. Ignoravo il suo scritto, che spero poter avere tuo tramite. Non saprei aggiungere altro alle tue parole, che hanno aperto orizzonti tutti da esplorare. Dino in questo ci ha preceduto. Perché è il migliore, il più efficiente tra noi. Sono ancora confuso ed ho la necessità di riflettere. Forse, fra qualche tempo, avrò domande e scriverò a Dino. Vedrai che tuo tramite saprà in qualche modo rispondermi.
Un abbraccio.
Peppino
Caro Peppino Benevolo, è toccante il tuo ricordo di Dino, e nello scoprire in lui una dimensione trascendente da un mio breve accenno al suo libro “Fra il nulla e l’infinito. Lo spazio di Dio” hai espresso il desiderio di saperne di più mio tramite. Ebbene, hai prefigurato quanto si potrà trovare da oggi, nel trigesimo della sua scomparsa, in questo sito: una mia rievocazione dei contenuti del suo libro, nel quale la scienza e la fede portano a quella dimensione superiore che Dino ha raggiunto dopo aver cercato tanto di esplorarla. Nella mia rievocazione anche Francesco Belli troverà quello che nel suo ricordo altrettanto toccante chiama “qualche dritta su cosa fare al momento opportuno, insomma un altro dei tuoi suggerimenti”: di certo Dino glieli darà e ce li darà da lassù, ma intanto qualcosa di molto significativo c’è già nel suo libro, un vero testamento spirituale frutto di una ricerca inesausta che si conclude in una sublimazione al cospetto di Dio. E ci sembra già di sentire le note sempre più incalzanti della “Resurrezione” di Mahler evocate da Giuseppe Maria Sfligiotti nel suo ricordo.