di Romano Maria Levante
Sabato 15 ottobre 2022, alle ore 17, si è tenuto a Foligno, all’Oratorio del Crocifisso, un incontro celebrativo del centenario dalla nascita: “Luciano Radi, il suo messaggio politico e umano”. E’ stato un omaggio all’uomo politico, allo studioso, all’intellettuale e scrittore molto stimato e amato non solo nella sua terra, ma a livello nazionale nel quale ha operato con una milizia politica, un impegno civile e un’attività letteraria in un modo appassionato che ha segnato tutta la sua vita.
E ‘ trascorso un mese dall’incontro, ricordiamo oggi Luciano Radi nel trigesimo non di una scomparsa ma di una ricomparsa, una apparizione sia pure solo virtuale. La consideriamo tale perché sono state così intense le espressioni usate da coloro che lo hanno ricordato ai molti amici ed estimatori che hanno affollato l’Oratorio del Crocifisso, che la sua figura è apparsa viva e presente.
Si è trattato di una vera e propria cerimonia per il livello istituzionale di alcuni illustri intervenuti, e per la sede sacrale dell’Oratorio del Crocifisso, ma nulla di formale e rituale, tale la spontaneità e l’immediatezza con cui si è svolta, con gli sguardi commossi della figlia Maria Chiara e dei nipoti Tommaso e Sebastiano; a loro si deve l’aureo libretto-ricordo dato ai partecipanti oltre alla perfetta organizzazione nata da un amore e una dedizione senza fine.
Se non avesse avuto questo carattere ci sarebbe triste rievocare la manifestazione, per il nostro rapporto con lui durato più di un quarantennio, in un sodalizio intellettuale profondo. Invece proviamo dolcezza – mista a malinconia e nostalgia per il tempo passato in stretta intesa con lui – sentendo rivivere la sua nobile figura nei molteplici aspetti, politico, culturale e umano attraverso le parole non astrattamente elogiative ma legate a precisi ricordi di una vita spesa nell’impegno civile da un protagonista del nostro tempo, il quale ne è stato anche testimone nei suoi libri che hanno lasciato una traccia imperitura per le nuove generazioni con il suo messaggio politico e umano.
I messaggi e gli interventi celebrativi
L’ambasciatore Paolo Foresti, che ha condotto l’incontro con garbo e immedesimazione, ha iniziato sottolineando la comune visione dell’Europa e un rapporto personale con lui che lo faceva intrattenere “a parlare del mondo”, dei personaggi di comune conoscenza e di altri eventi che li vedevano insieme. E ha confidato : ”La profonda cultura e umanità di Luciano mi affascinavano ogni volta che mi recavo a fargli visita nella sua casa di campagna appena sopra Foligno”. Ha concluso il suo ricordo citando un messaggio di grande valore ricavato dal libro “La macchina planetaria. Quale regole per la corsa alla globalizzazione”, del 2000, quando ancora tale termine non era entrato nell’economia e nella società. Questa la citazione testuale dal libro: “Una convergenza di segni indica che l’umanità va verso un cambiamento e questo cambiamento è forse molto vicino. Non siamo alla fine dei tempi ma alla fine di un tempo. Anche la globalizzazione, così come oggi si realizza, è solo una stagione, non l’approdo definitivo del nostro approdo sul pianeta”.
Il commento di Foresti: “Ecco chi era veramente Luciano Radi, un uomo che attraverso il passato in tutte le sue manifestazioni esplorava ed individuava il futuro”.
Dei molteplici aspetti della sua personalità poliedrica – in una vita fortemente impegnata in campo politico, sociale e culturale, e nell’interrogarsi dentro in una introspezione struggente, per poi condividere le proprie emozioni attraverso i suoi libri – hanno parlato gli intervenuti, dopo la lettura di messaggi molto significativi.
Iniziamo con gli interventi provenienti dall’istituzione religiosa e da quella civile, legati a ricordi personali del suo impegno nella comunità, mentre il nobile e sentito messaggio del massimo livello della nostra Repubblica lo citeremo in conclusione.
Il cardinale Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze, in tempi passati a Foligno, in un ampio messaggio ha rievocato gli anni della “formazione del giovane Luciano, fortemente segnata dalla sua esperienza nell’Istituto San Carlo, in specie nell’attività teatrale, in quel tempo ampiamente caratterizzante la proposta di presenza cattolica nella città. Nell’Istituto vivevano i valori di quella connessione tra fede e cittadinanza che ne avevano animato le origini come testimonianza del Vangelo di fronte a una società segnata da forti vene anticlericali, poi nel far fronte all’egemonia educativa del fascismo, quindi nel motivare i giovani partigiani nella resistenza al nazi-fascismo, infine, proprio negli anni della presenza di Luciano nel San Carlo, nell’offrire principi e riferimenti valoriali in grado di orientare le nuove generazioni nella ricostruzione della società italiana nel dopoguerra”. Una importante testimonianza che disvela le radici profonde dei valori ispiratori della sua condotta a livello politico e umano rimasti esemplari, nelle parole del Cardinale; il quale ricorda quando, all’inizio degli anni ’80, si impegnò nel ridare vita all’esperienza san carlista: “Missione che fui lieto di assumere, sostenuto da validi laici e avendo come riferimento immediato proprio la generazione dei sancarlisti di cui era parte Luciano Radi”.
Dalla formazione giovanile all’esperienza politica: “Essa si svolse in forte appartenenza a quel filone del cattolicesimo politico che legava insieme una visione dell’uomo e della società saldamente ancorata alla visione cristiana del mondo e la declinava con una particolare accentuazione rivolta alle attese dei poveri e alla giustizia sociale. Al centro di quel mondo si collocava la figura del sindaco santo fiorentino, il venerabile prof. Giorgio La Pira”. E il Cardinale ricorda la “comunione ideale”che aveva Luciano Radi con il sindaco santo a cui ha dedicato un libro e una citazione in “Buonanotte onorevole‘: “Da questa comunione ideale scaturisce anche il suo modo di fare politica molto attento alla dimensione del servizio e sempre attento alle ragioni dei ceti più umili, in particolare il mondo dei lavoratori della terra”.
Dalla vita politica all’attività di scrittore con “l’attenzione che Luciano Radi ha rivolto alla realtà della Chiesa, in specie dei suoi preti, una realtà colta nella sua quotidianità, anche fragile, ma con un occhio e un cuore di figlio che tutto avvolgeva nell’affetto e nella misericordia. Con gli occhi ben aperti sulle debolezze della vita ecclesiale e sacerdotale, ma mai per condannare con spirito di antagonismo e di rivalsa, bensì con attenzione, comprensione, desiderio di contribuire a quella continua conversione di cui la Chiesa ha bisogno”. In questo era in sintonia con il Santo Papa Giovanni XXIII che con il Concilio volle “manifestare il volto materno e misericordioso della Chiesa” e lo è anche con Papa Francesco “che della misericordia ha fatto la chiave di ingresso nel suo pontificato”. E aggiunge: “Lo si vede dai suoi scritti sulle figure dei santi, in particolare umbri, dai quali era attratto, lasciando trasparire nelle pagine agiografiche la profondità della spiritualità che lo animava, ed era la ragione di tutto”.
L’intenso messaggio del Cardinale si conclude con un sentito “grazie a Luciano Radi, per come ha seminato di bene il cammino della nostra città, della vita politica e della Chiesa”.
Dopo l’autorità religiosa, l’autorità politica, ai massimi livelli comunale e regionale.
Il Sindaco di Foligno, Stefano Zuccarini, ha iniziato dicendo come “abbia davvero voluto lasciare il segno con la sua vita, nella vita degli altri: degli altri intesi anche come Comunità, proprio attraverso l’impegno nelle Istituzioni.
Un impegno civile, nel senso più alto del termine: quello del condividere il Bene Comune e di mettere se stessi e le proprie capacità al servizio degli altri, in un mondo in cui sempre più spesso si mettono i propri interessi prima di quelli degli altri e ci si serve delle Istituzioni invece di servirle, ecco che la figura di Luciano Radi rappresenta un punto di riferimento, sempre attuale e un modello da seguire ancora oggi” .
E questo “con la sua figura di Uomo, di Cristiano, di Politico con la P maiuscola, di Folignate che ha contribuito a far grande Foligno”.
Ne ha poi ricordato la carriera politica, iniziata nell’immediato dopoguerra come Consigliere comunale dal 1946, Deputato ininterrottamente dal 1958 al 1992, Senatore fino al 1994; ricoprendo ruoli importanti nel governo italiano, e ha parlato dell’attaccamento alla propria terra, dove ha sempre vissuto ed è stato fautore di importanti iniziative produttive, sociali, culturali: “Anche da questo possiamo dire che il segno lasciato da Luciano Radi è ancora vivo, ed è tra noi”.
Riguardo alla sua elevata caratura intellettuale lo ha definito “uomo consapevole che con il confronto si potevano cogliere spunti meritevoli di essere approfonditi per allargare, arricchire e perfezionare la propria visione” , e ha citato “la sua ricca produzione letteraria: opuscoli e libri di carattere politico, socio-economico, storico, agiografico e di costume”.
Questo il sindaco attuale, ma anche Manlio Marini, già sindaco di Foligno dal 1993 al1995 e dal 2004 al 2009 in un messaggio ha voluto “rievocare ed esaltare la figura di un uomo che oltre che marito e padre esemplare ha dimostrato onestà intellettuale, saggezza e coerenza nell’esercizio di una prestigiosa funzione di servizio per il bene della comunità nazionale e di quella regionale interpretando, nel migliore dei modi, il ruolo della politica”.
La Presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, nel suo intervento di saluto, ha ulteriormente sottolineato l’azione che come politico ha svolto per la sua terra, non solo per la città di Foligno – che con l’incontro odierno così partecipato ne ricambia l’amore – ma per l’intera regione. Per questo lo ha considerato “ancora tra noi, è stato ed è sempre tra noi”, costantemente vicino alla propria comunità, dalla quale è partito nella continua ricerca del bene pubblico a livello locale e nazionale. E non si è limitato ad operare nella sfera politica, ma “ha espresso i suoi mille interessi culturali in una serie rilevante di opere che ha pubblicato,diventate per tutti noi un motivo di apprendimento, di crescita, di guida”.
Ne ha ricordato le doti preclare di politico e uomo di cultura con parole che sono state un omaggio sentito e sincero a chi ha manifestato con la propria azione concreta e l’impegno appassionato il valore delle radici territoriali e insieme il riconoscimento del retaggio lasciato all’Umbria, che si collega ai riferimenti spirituali della regione da lui sentiti profondamente. Ha voluto infine rivelare che la sua emozione è ancora più intensa di quella che le viene dalla carica istituzionale nel ricordo degli stretti rapporti di Luciano Radi con suo padre, che svolgeva attività politica nel suo stesso partito a Montefalco.
Una nota personale dello stesso segno, ancora più profonda, nell’intervento di Alessandro Forlani, e non poteva essere altrimenti considerando quanto stretti fossero stati i rapporti di Radi con il padre, impossibilitato a venire per la fragilità dell’età molto avanzata ma partecipe con il suo saluto portato dal figlio che ha ricordato l’intesa tra loro, dagli anni della prima segreteria della DC di Arnaldo Forlani, nel 1969-73, alla Presidenza del Consiglio del 1980-81 con Radi suo sottosegretario. Del resto ne era considerato “il braccio destro”. Ha rievocato la loro “grande amicizia, amicizia profonda, frequentazione costante, continuativa, due percorsi politici fortemente intrecciati in una preziosa collaborazione e confidenza”.
Ha osservato come ce ne sia un’espressione nel profilo che Radi ne ha tracciato, con parole molto espressive dedicate a Forlani nell’aureo libretto dato ai presenti. Ne citiamo solo alcune: “Forlani ha la virtù’ della prudenza, della pazienza, della moderazione, dell’autocontrollo e l’arte di cogliere i tempi giusti; da lui non verranno mai appelli drammatici, alternative perentorie. Fa la politica in maniera elegante , sottilmente disincantata: ogni suo sforzo tende a rassicurare, a riportare le cose sui binari del buon senso…”. Sembra un autoritratto di Radi, aggiungiamo, e questo spiega la stretta intesa che c’è stata sul piano umano oltre che politico. Anche ricordi personali della fase iniziale della propria carriera politica nei giovani DC e come consigliere comunale, pur nel divario generazionale: ha voluto Radi relatore in un corso di formazione per i giovani da lui promosso a Fiuggi, e ne ricorda la lezione densa di cultura umanistica e di competenza economica e sociale.
Soprattutto ne ha fatto rivivere la figura con queste parole: “Di quella classe dirigente con punte di professionalità politica eccelsa Luciano Radi è stato tra i migliori: non solo per la raffinatissima cultura, la competenza, l’impegno nell’attività parlamentare unito a quello per la sua terra; ma anche per lo stile, l’approccio e il tratto sempre molto cortese e molto disponibile, sorridente, mai settario – pur in un periodo storico di contrapposizioni quanto mai accese – ma dialogante, ragionatore acuto con grande capacità di persuasione, pronto a farsi carico delle ragioni degli altri”.
Ha concluso dicendo che per gli insegnamenti che ha lasciato, il suo esempio può essere un utile riferimento ideale quando si affrontano gravi problemi in un momento così difficile per il paese.
Giuseppe De Rita, lo “storico” Presidente del Censis, il Centro Studi Investimenti Sociali da lui fondato, per dieci anni Presidente del CNEL, il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, nella sua testimonianza al centro della manifestazione ne ha rievocato la figura con toni sommessi e parole intensamente sentite, derivanti dalla sua lunga consuetudine con lui, in un rapporto iniziato quando “Luciano era giovane parlamentare con l’incarico nel partito delle ‘Aree depresse del Centro-Nord’, la cosiddetta ‘Cassetta’”: nel loro primo incontro a Villa Lubin gli chiese di andare il giorno dopo in Umbria per trattare di quei temi così importanti per il suo territorio.
Di lui ha ricordato la “cultura della mediazione” anche quando era molto difficile, ma non cedeva all’opportunismo, “era sempre se stesso”, non era costruito bensì “semplice e naturale, senza enfasi”. E aveva “una generosità spontanea”, come quando a scuola, molto bravo in matematica, passava i compiti ai compagni.
Ha sottolineato come ha attraversato anni di forti contrasti, nella politica e nella società, anche all’interno del suo partito, senza mai perdere la sua capacità di “stare dentro alle cose”, far emergere le soluzioni smussando le punte. E ha citato il giudizio di Andreotti, che non ne formulava mai ma eccezionalmente nei suoi confronti ha parlato “dell’amicizia per un collega del quale ammiro particolarmente la dedizione al lavoro, la serenità di spirito, la comunicativa umana” , aggiungendo che “la calma, tutta umbra, di Luciano Radi, contribuisce a distendere il nostro complesso mondo di lavoro”.
De Rita ha parlato dei 35 anni di attività parlamentare, nei quali la società italiana ha avuto i radicali cambiamenti che dall’osservatorio del Censis ha analizzato e penetrato costantemente con l’annuale Relazione sulla situazione sociale. Ha fatto dei riferimenti alle forti trasformazioni anche sul piano politico, ma dell’amico ha voluto tratteggiare essenzialmente gli aspetti umani.
E ha concluso evocando il rapporto che ha definito “fondamentale” nell’azione e nella vita di Radi tra esterno e interno: l’incessante attività nelle istituzioni, con l’altrettanto incessante impegno civile e culturale, che lo ha visto “convesso”, ha avuto una corrispondenza all’interno, è stato “cavo”, ripiegato nella riflessione e nell’introspezione. “Ha fatto i conti con se stesso”, e aprendosi nei suoi libri dell’anima ha fatto partecipi gli altri dei suoi sentimenti interiori nei quali emergono i temi che penetrano nel profondo, fino al tema della morte.
Così è stata delineata una parabola di vita che mentre esprimeva all’esterno l’assoluta dedizione nell’impegno civile e politico, all’interno diveniva meditazione accorata e spesso sofferta.
L’ unicità della sua figura
E’ un itinerario di vita, quello di Luciano Radi, che nell’aureo libretto dato come ricordo ai presenti viene rivissuto nei suoi molteplici aspetti: l’unicità della sua figura di politico e uomo di cultura; una vita nella politica, un impegno continuo e una testimonianza preziosa; in più la narrativa, con l’introspezione più intima e segreta; fino al suo messaggio politico e umano.
Ma va premessa la sua eccezionalità che supera i due stereotipi opposti quanto speculari, quello contro i “professionisti della politica” e l’altro contrapposto della “politica come servizio”. Non è stato un professionista della politica data la sua caratura professionale di docente universitario, mentre il suo servizio politico per il bene pubblico non è stato esclusivo data la vastità dei suoi interessi coltivati in campo culturale. Una vera lezione di cui fare tesoro il saper coniugare diverse vite al più alto livello intellettuale e culturale.
Una eccezionalità la sua che diventa unicità considerando che l’osservazione attenta della realtà del suo Paese e della sua terra alimentava non solo la sua azione politica ma anche gli approfondimenti dati alle stampe nei quali spicca saggezza unita a umanità. Ma c’è di più, la sua competenza di economista e statistico docente all’Università, forniva le basi per delle analisi alle quali seguiva la proposta e l’azione volta a realizzare quanto emergeva dalle sue riflessioni e studi approfonditi.
Come non definire unico chi, parlamentare in nove legislature per oltre 35 anni ha al suo attivo 35 pubblicazioni che spaziano dalla politica all’economia, dalla storia alla sociologia, fino ai bozzetti di costume non solo espressi in prosa, ma anche attraverso grafiche artistiche anch’esse del tutto peculiari? Tutto nasce dalla sua insaziabile curiosità di cogliere e interpretare i movimenti della società mobilitandosi per accompagnarli con adeguati interventi della politica; senza limitarsi a questa azione concreta e fattiva ma impegnandosi con i suoi libri per renderne partecipi tutti coloro che come lui avevano a cuore l’evoluzione visibile e quella nascosta della società.
L’identificazione dei bisogni dei più deboli era in cima ai suoi pensieri, mossi da una religiosità profondamente radicata nella sua terra, la terra di San Francesco, alla cui figura ha dedicato libri intensi e ispirati. Non si deve pensare che queste sue peculiarità lo rendessero distaccato, al contrario aveva una amabilità disarmante – come ha ricordato De Rita citando anche le parole di Andreotti – che non dava soggezione, bensì calma e serenità. Ma non si trattava soltanto di temperamento, bensì di istintiva apertura al dialogo, al confronto con le idee contrarie alle sue, che pur se erano solide e ben radicate potevano giovarsi della conseguente riflessione estendendo la visione con approfondimenti successivi in un arricchimento e perfezionamento altamente virtuosi.
L’impegno politico attraverso i suoi libri
Non ripercorriamo la sua lunga milizia politica nella Democrazia Cristiana, che risale al 1946 con l’elezione in Consiglio comunale di Foligno, a livello nazionale De Gasperi gli affidò giovanissimo la direzione del dipartimento “Aree depresse del Centro Nord ”. In Parlamento dal 1958 al 1994, ininterrottamente dalla III all’XI legislatura, 405 progetti di legge presentati, 104 atti di indirizzo e controllo, 256 interventi, 2 incarichi parlamentari e 8 incarichi di governo, ne ha parlato Giuseppe De Rita inquadrandone la presenza e azione politica nei profondi mutamenti avvenuti nella società.
Con riferimento alla nota “Luciano Radi. Protagonista e testimone del nostro tempo” che conclude, con “Il profumo della memoria”, l’aureo libretto celebrativo, accenniamo agli scritti nei quali ne ha dato testimonianza, a riprova della “unicità” che abbiamo visto nella sua figura e nella sua opera di protagonista politico nelle istituzioni e di scrittore quanto mai versatile nei contenuti e nelle forme.
Dalla prima pubblicazione che risale al 1957, “La crisi della pianificazione rigida e centralizzata” al saggio “I Mezzadri e le lotte contadine nell’Italia centrale dall’Unità al 1960”, del 1962, che riflette l’impegno politico sulle aree depresse, cui seguirà nel 1970 “Nati due volte”,una serie di bozzetti di vita contadina in una sua partecipazione così sentita da divenire immedesimazione.
Carlo Carretto ha scritto nella Presentazione: “Io dico che è un documento, un impressionante documento capace di far nascere romanzi e destare inchieste su una realtà che anche se non esiste più nel suo complesso, travolta dalle trasformazioni veloci del nostro tempo, è ancora attaccata a brandelli sulle nostre carni e ci fa soffrire quasi come se fossimo attori e responsabili”.
Nel 1969 aveva pubblicato “Potere democratico e forze economiche” – era sottosegretario alle Partecipazioni statali dopo esserlo stato all’Agricoltura, due dicasteri di natura economica, anzi produttiva – nel quale espone le sue idee per una moderna politica economica nazionale incentrate sulla posizione dell’uomo nella società contemporanea, visto come individuo, come cittadino e come lavoratore, in una visione valida ancora oggi dopo oltre mezzo secolo..
Come sono attuali le sue considerazioni conclusive secondo cui è essenziale che “il dialogo tra le forze politiche e gli apporti risultanti attengano ai contenuti specifici e concreti dell’azione politica e non alle impostazioni ideologiche… nè tanto meno alla ripartizione delle posizioni di potere”.
Una vera lezione, con un avvertimento: “Tutto ciò riflette l’essenza stessa della partecipazione ai vari livelli, che comporta l’apertura ad ogni corrente di pensiero sia perché soltanto così si attua appieno il metodo democratico, sia perché in caso contrario le forze escluse da una effettiva partecipazione esercitano una pressione rivendicativa che, nella misura in cui si esercita in forme violente, arriva a minacciare lo stesso sistema democratico”.
Tra i libri più strettamente politici ricordiamo Partiti e classi in Italia del 1975, seguito da Il voto dei giovani del 1977, e due analisi dei risultati elettorali del suo partito, Riflessioni su una sconfitta e Riflessioni su una vittoria. Fino a La talpa rossa del 1979, sulla penetrazione sotterranea del Partito comunista nel corpo del paese, al di là del suo ruolo di maggiore partito di opposizione, ritenuto per ciò stesso al di fuori delle stanze del potere, mentre era soltanto apparenza.
Nel libro ne denuncia la insidiosa azione egemonica: “Ma la meta di una società come la nostra sospinta dalla libera dialettica culturale, sociale, economica non è una meta indicata ‘organicamente’ dai capi,una volta per sempre con la forza di una egemonia totalizzante, è una meta sempre rinnovantesi che la società persegue in un dialogo tra tutti i soggetti della vita sociale”.
Con questo impulso: “ L’unico moto autenticamente rivoluzionario è suscitato dalla libertà. La libertà è la forza sempre nuova che con la scienza e la tecnica e la coscienza della crescente complessità delle relazioni sociali, trasforma la società fondata sul potere come dominio in una società consapevole fondata sul potere come servizio, come funzione dirigente”. Un forte messaggio politico che resta valido tuttora.
E poi, nel 1991, La grande maestra, la Tv tra politica e società, un viaggio all’interno del “grande fratello” che ne riflette l’azione come responsabile dei problemi radiotelevisivi del suo partito, l’anno dopo diventa presidente della “Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai” promuovendo importanti innovazioni. Nel 1980-81 è stato Direttore del quotidiano“Il Popolo”, organo della DC.
Non mancano i “ritratti” di personaggi politici, a partire da Tambroni, trent’anni dopo l’agitata quanto breve stagione della Presidenza del Consiglio culminata nei fatti di Genova, del 1990, fino a Gerardo Bruni e la questione cattolica, del 2005, e quelli a livello locale del 2006: Foligno 1946. Ricordo di Italo Fittaioli e Benedetto Pasquini in occasione del sessantesimo della prima elezione democratica al Consiglio comunale, 2006.
Spicca tra tutti Gli anni giovanili di Giorgio La Pira, del 2001, il “sindaco santo” nella fase della sua formazione,cui si è riferito anche il Cardinale Betori nel messaggio citato all’inizio. E poi La DC da De Gasperi a Fanfani,del 2005, 20 capitoli molto densi punteggiati di ricordi e di vive testimonianze personali che arricchiscono l’accurata ricostruzione storica.
Ha anche esteso lo sguardo oltre l’ambito nazionale con La macchina planetaria. Quali regole per la corsa alla globalizzazione, del 2000 – con la prefazione di Giuseppe De Rita, il testimone dell’incontro celebrativo del centenario – nel quale prevedeva la difficile conciliazione tra azione del mercato e valori individuali e collettivi, in presenza delle temute ondate inflazionistiche, delle crisi finanziarie e della difficoltà di introdurre regole condivise, che dovrebbero portare a un coordinamento globale, magari in sede ONU, anche se non pensava certo a un governo mondiale, utopistico e controproducente per una serie di motivi indicati con precisione.
Ecco il suo lungimirante messaggio: “Nelle condizioni attuali la scelta ci sembra inequivocabile: dare alla comunità internazionale le leggi e le istituzioni necessarie per la difesa della pace, della libertà, della stabilità e del benessere; favorire ovunque l’evoluzione culturale e le conoscenze scientifiche e tecnologiche; provvedere alla integrazione nel sistema delle vaste aree marginali destinate altrimenti a rimanere escluse; dare al mercato leggi planetarie per ciò che riguarda l’organizzazione del sistema bancario e i flussi finanziari. Si è in drammatico ritardo. Il futuro è già tra noi. Dare soluzioni efficaci all’insieme dei problemi che condizionano non solo la crescita, ma la stabilità del sistema globale e la sostenibilità ecologica dello sviluppo, è indifferibile”. Lo scriveva 22 anni fa.
“Se il sistema capitalistico non si orienterà in questa nuova direzione – erano le sue conclusioni -mettendo alla prova, ancora una volta, la sua capacità di adattamento e non favorirà il processo di coordinamento a livello globale, rischierà di generare pericolosi e sempre nuovi rischi di disgregazione del sistema planetario”.
La sua attualità è nei gravi problemi di oggi , di qui la lungimiranza sottolineata dall’ambasciatore Foresti nell’aprire l’incontro.
I libri con la sua testimonianza culturale e umana
Ma la sua testimonianza non è solo politica, bensì anche culturale e umana – come è stato ricordato da tutti – per questo intendiamo soffermarci ora sui libri in cui si è manifestata in una introspezione sempre intima, spesso accorata e qualche volta sofferta, un altro aspetto della sua unicità: disvelare così i propri sentimenti, tanto più di un uomo politico, è più unico che raro.
L’esordio nella saggistica risale addirittura al 1948, quando a 26 anni, nel 1948, pubblicò Il pendolo composto e le sue leggi, ristampato in anastatica nel 2010; poi lo vediamo impegnato nella ricostruzione storica con 20 giugno 1859: l’insurrezione e il sacrificio di Perugia, siamo nel 1998, e molti anni dopo con Il mantello di Garibaldi., nel 2011. Di qui alle vite dei Santi, aperte da Chiara di Assisi, del 1994, a lui molto cara, seguita da Angela da Foligno nel 1996, da Santa Veronica Giuliani nel 1997, e Umbria santa del 2001. Poi, San Nicola da Tolentino e Margherita da Cortona nel 2004.
In Francesco e il Sultano, del 2006, dopo una approfondita ricerca storica rivela il vero intento della missione del santo, “porre fine alle Crociate con il dialogo e con la conversione e non con l’uso delle armi” – che peraltro il santo esortava “a non usare ma non a deporre” – cioè “il metodo del dialogo e della testimonianza personale al posto della contrapposizione e dello scontro”, come sottolinea Franco Ferrari: il metodo usato nella sua azione politica e nell’intera sua vita.
Sul santo dall’incomparabile fascino religioso e umano troviamo anche San Francesco e gli animali del 1999, con episodi tratti dalla sua vita che fanno comprendere come sarà l’armonia rigenerata dall’Amore in tutto il creato: “Se gli uomini torneranno ad amare i fiori, gli animali, i fiumi, i mari, le montagne, i boschi, ameranno se stessi, gli uni e gli altri, e faranno della tecnologia un potente strumento di promozione di equilibri umani sempre più alti. Esalteranno la loro operosa presenza sulla terra, la loro dignità di persone, la loro libertà, e vivranno pacificamente insieme, in attesa del compimento dei tempi. Questa è la lezione che ci ha lasciato Francesco di Assisi”.
Due libri con protagonisti gli animali, creature di Dio che trasmettono messaggi e comunicano tra loro e con noi, “Francesco ha intuito che il linguaggio di ogni specie è in verità un dialetto sotteso da una lingua madre, universale, che consente la comunicazione cosmica”: Diario di un cane del 1993 e Memorie di una lumaca del 2002. In una umanizzazione francescana parlano in prima persona, ed è straordinario come lui riesca a immedesimarsi fino a mettersi nella loro posizione guardando dal basso con curiosità o apprensione ciò che avviene intorno a loro e sopra di loro.
Si avverte, in questa personalizzazione del cane e della lumaca, anche una certa vena umoristica che non gli ha fatto mai difetto, del resto ha esordito nel teatro come attore, lo ha ricordato il Cardinale, e in ruoli comici in cui riusciva molto bene, e lo ebbe a ricordare con la battuta che “pure i politici fanno ridere” a chi gli chiedeva perché non aveva continuato a fare l’attore comico.
La vena umoristica pervade la “trilogia dell’onorevole” , da Buongiorno onorevole, del 1973 – 4 edizioni di successo – seguito, nel 1996, da Buonanotte, onorevole; tra loro, nel 1978, Gli scarabocchi dell’onorevole, Cento appunti grafici di Luciano Radi, cui si aggiunge Il taccuino dell’onorevole del 1985, note da osservatore attento. Antonello Trombadori ha scritto che “sia nell’ossequio che nella confidenza formicola sempre la medesima ironia folignate, pacata, ma, se è necessario, senza far male, pungente”.
Ma non soltanto ironia, il primo dei 45 bozzetti di “Buongiorno, onorevole”, dopo la descrizione dell’assiduità da parte dei concittadini nel suo collegio, con una infinità di attenzioni ma anche di fastidi, si conclude con queste parole: “Sento il desiderio di tornarmene tra la folla anonima della capitale, ma il mare dei visi sconosciuti, spogliati di ogni ricordo mi fa comprendere che sono me stesso solo nel rapporto con gli altri: sono la somma dei loro problemi, delle loro aspirazioni; sono il loro passato, sono il loro presente. Se fuggo brucio invano la mia angoscia. Debbo rimanere con loro come ingrediente di una misteriosa lega, gettato nel crogiolo della lotta civile per partorire nel dolore il futuro, per me e per gli altri”. Una introspezione accorata che anticipa i libri dell’anima.
Una vena garbatamente ironica pervade i suoi bozzetti, e si esprime poi compiutamente in forma grafica negli “Scarabocchi dell’onorevole”, ritratti arguti e schizzi che riflettono i momenti di evasione dalle lunghe sedute parlamentari.
Questo vale anche per Un grappolo di tonache, del 1981, grafiche gustose ed eloquenti, in qualche caso impertinenti anche se rispettose, questa volta sui religiosi.
Cambia tutto con la “trilogia dell’anima”, dall’ironia disincantata della “trilogia dell’onorevole” passa a un’introspezione accorata. E’ preceduta da Non sono solo, del 1984, 68 bozzetti come presi dal taccuino di un vecchio sacerdote che gli ha dato “un vero godimento spirituale” in totale coincidenza con i suoi sentimenti.
Il primo bozzetto, “Chi sono?” “Sono un uomo che ama, un uomo che offre la sua pena per la redenzione del suo popolo. Sono come la fonte che è al centro del paese, corrosa dal tempo, ma ricca di acqua pura per la sorgente che l’alimenta”. L’ultimo,”Ecco l’ora si avvicina”: “In questo momento conclusivo non sono solo: non potrei, non saprei indirizzare i miei nuovi passi. E’ con me, sin dall’inizio del tempo, il Figlio dell’Uomo, a consolarmi, a tenermi compagnia”; termina così: “Si può credere e non credere, ma ciò che non si può è sottrarsi a questo passaggio. Chi crede ha il dono di assaporare subito la letizia dell’Assoluto, chi è convinto di non credere, invece vedrà, quando avrà chiuso l’uscio alle sue spalle, Il figlio dell’Amore, credente e non credente, non muore, vive in eterno”.
Un bozzetto intermedio, “Il Sole”: “Il nostro fine è amare, amare l’Amore. Il tumulto delle nostre esplosioni interne, che è la ragione della nostra avventura umana, ha una risultante positiva solo se irradia amore. Ognuno di noi è un piccolo sole”; e in “Siamo come i fiori del campo”: “Se ti trovi chiuso in te stesso, costretto ad attraversare la notte dell’incomunicabilità, non disperare, ma attendi con pazienza che il sole risorga”.
In Sotto la brace,del novembre 1999, si inserisce nella “trilogia”: partendo dai ricordi d’infanzia – il primo giorno di scuola – si immerge sempre più nella vita trascorsa nella sua famiglia e nella sua terra, con tutte le scoperte e le paure, gli incontri e le sorprese, le rivelazioni e le riflessioni.
Ecco come in “Le mie ‘cotte’”, parla dei religiosi che hanno avuto una notevole importanza nella sua formazione, cui dedicherà gli scherzosi grafici ironici di “Un grappolo di tonache” di cui queste parole sembrano essere delle didascalie: “Benedetti sempre siano i preti miei! Se non ci fosse stato l’indice pungente di don Consalvo; se non avessi incontrato la bontà proverbiale di mons. Corbini, che affidava le sorti della diocesi più che ai suoi atti di governo, alla misericordia di Dio; se non avessi conosciuto la vis polemica e apologetica di padre Atanasio e di padre Bonaventura, chi lo sa dove sarei andato a finire. Avrei forse deragliato. Invece, anche grazie a loro sono qua a godermi il ribollire della mia inquieta coscienza, a guardare con trepidante speranza oltre l’orizzonte del tempo. Anche per chi non crede, come tante vicende mi hanno insegnato, il prete è pur sempre un rifugio, una difesa, talvolta l’unica ancora di salvezza”. Un orizzonte che nella conclusione dal titolo “Cadono le foglie” vede così : “La nostra vita appare capricciosa, con le sue contraddizioni, i suoi tradimenti, le sue incertezze. Ci sembra di precipitare, ma poi un soffio ci solleva fino alle vette più alte”. Come le “foglie esposte al vento che Altro governa. All’innalzamento può seguire il precipitare improvviso sul prato delle erbe morte per ridare vigore alla vita”.
Ed ora la trilogia, con i racconti di Anime e voci del 1990, in cui c’è il pensiero dominante della morte partendo dalla solitudine della vecchiaia, che ha fatto dire a Leone Piccioni: “Forse c’è in Radi una minore serenità forse dovuta ai fatti della vita, ma per noi lettori quanto successo a Radi è un bene, perché, appunto, la sua pagina ha preso un altro spessore, una diversa profondità, uno struggente attaccamento al paesaggio, una dimensione poetica più intensa”.
Nel 2005“Luci del tramonto” – 52 riflessioni su aspetti della quotidianità – 15 anni dopo, secondo lo stesso Piccioni allorché “Radi guarda alla vita e alla morte con più distacco ma certi dubbi risorgono e Radi non li nasconde anche se li risolve in una rinnovata fede”. Le energie spirituali assumono una nuova vitalità, la Fede penetra come non mai tutte le apparenze, attraversa il muro del dubbio, appare una vittoria della volontà”.
Premette una riflessione accorata: “Alla mia età tutto sembra precario, si ha l’impressione di vivere una vita aggiunta. La tentazione è di scomparire, di nascondersi; lo sguardo non si posa su orizzonti lontani, si rivolge alle cose più vicine che sono diretta proiezione di sé. I bisogni si riducono all’essenziale, la preoccupazione è di non turbare il fragile equilibrio metabolico. A mano a mano che il corpo perde elasticità ed efficienza e si trasforma in un cumulo di acciacchi, l’anima che ne è prigioniera scalpita per conquistare l’arcano”.
Ed ecco, a risollevarlo, la ripresa volitiva: “Le energie spirituali assumono una nuova vitalità, la Fede penetra, come non mai, tutte le apparenze, attraversa il muro del dubbio, appare una vittoria della volontà”.
In primo piano torna l’amore: “L’amore è un mistero che nessuno riuscirà mai a svelare; lo cerco, lo possiedo, ma non so proprio cosa sia… Noi uomini sentiamo che tutti i suoi gradi non sono sufficienti per saziarci; che siamo chiamati ad un amore più alto, a partecipare all’amore increato. Un amore che inizia quaggiù e si compie al di là del tempo”. E poi: “La vita non è il dipanarsi di un rimpianto. ‘Il tempo che passa è Dio che viene’”.
La “trilogia”, vent’anni dopo “Anime e voci”, si conclude con I giorni del silenzio, del 2010, in cui dà conto del suo ritiro spirituale in un monastero: è il più accorato e insieme il più sereno, perché “l’anima ha bisogno del silenzio, del raccoglimento, per ritrovare se stessa dopo la dispersione provocata dal dinamismo, spesso convulso ma inevitabile, che caratterizza i giorni nostri” e per “essere sottoposta a un esame severo”.
Nei giorni del silenzio riesce a superare le angosce, a rinnovare le speranze che sembravano svanite, a sentire di nuovo l’amore vero, non quello fallace che ci rende “vittime di una fata morgana nello sconfinato deserto dell’anima nostra”.
Cita le parole di Padre Iacopo che lo invita ad aprirsi per essere compreso ed aiutato: “L’anima umana nasconde degli abissi inesplorati: le ragioni ultime del male nessuno le conosce, solo Lui è in grado di individuarle e di estirparle. Anche quando ci sembra di aver toccato il fondo in verità dentro di noi si presenta ancora un abisso: esiste un infinito negativo come esiste un infinito positivo.”. E la sua reazione nel sentirsi sollevato: “Ripresi allora coraggio. Io che da qualche tempo non sapevo più dove attingere conforto, io che avevo l’animo sconvolto, inquieto, sino a soffrirne, provai un singolare refrigerio”. Finché può esclamare: “Mi sembrò che una ignota mano avesse aperto una breccia nel muro della mia inquietudine. Sia pur teso, avvertivo di aver ritrovato me stesso”.
Così lo giudica Attilio Turrioni: “Un libro di rara composizione che, mentre puntualizza momenti significativi del cammino umano e spirituale dell’autore, sollecita nel lettore una risposta personale altrettanto perentoria di fronte ai problemi dell’esistenza, alle ragioni ultime della fede, all’esperienza storica che ciascuno è chiamato a percorrere hic et nunc nel rapporto con gli altri, nel contributo, offerto o omesso, alla costruzione di una società più umana”.
Per questo ci siamo soffermati maggiormente su questo e sugli altri “libri dell’anima” riportando testualmente le sue intime, accorate e intense conclusioni.
Il suo messaggio politico e umano
E’ una finalità superiore, mossa da un autentico sentimento religioso, quella a cui guarda nell’introspezione di se stesso, la medesima finalità alla quale è stata rivolta l’attività politica di una vita nelle istituzioni.
Pensa che la costruzione di una società più umana possa avvenire rifiutando ogni egemonia totalizzante, perché ”l’unico moto autenticamente rivoluzionario è suscitato dalla libertà. La libertà è la forza sempre nuova che, con la scienza e la tecnica e la coscienza della crescente complessità delle relazioni sociali, trasforma la società fondata sul potere come dominio in una società consapevole fondata sul potere come servizio, come funzione dirigente”.
Le stesse azioni per realizzare ciò “hanno un limite nell’autonomia e nella libertà stessa. Come la libertà ha un limite nel coordinamento per perseguire un fine di interesse generale, è un delicato, difficile equilibrio che è facile compromettere”.
E aggiunge: “Per questo la collettività e i singoli cittadini non possono fare a meno di un preciso sistema di garanzie, ed una delle conquiste fondamentali dell’esperienza liberaldemocratica è lo Stato di diritto al quale non possiamo rinunciare e che la nostra Costituzione ha definito in un complesso sistema di autonomie, di articolazione e divisione di poteri, anche per salvaguardare la società civile da possibili arbitri della società politica”.
Nel messaggio per la “costruzione di una società più umana”, con i suoi profondi risvolti spirituali e religiosi, si trova condensata l’azione politica e l’impegno civile anche a livello culturale e umano, in una tensione morale che lo ha spinto nella sua instancabile, inesausta e incessante attività di tutta una vita da protagonista e testimone del nostro tempo, ci piace tornare a sottolinearlo.
Commozione, sorriso, fino alla spettacolare e intensa “Elegia per Luciano”
Nell’incontro tutto questo aleggiava nell’aria, evocato dalle parole degli intervenuti, intervallato dal ricordo degli spunti umoristici nei quali si è rivisto il Luciano Radi che ha sempre saputo esprimere anche una straordinaria capacità di ritrattista arguto con uno stile tutto personale, fatto di intensi addensamenti grafici che aprivano e hanno aperto al sorriso per la loro benevola forza espressiva, fino a una satira benigna, in particolare verso gli “onorevoli colleghi” e il “grappolo di tonache”.
Abbiamo detto che “hanno aperto al sorriso” perché un numero ridotto ma significativo dei suoi bozzetti arguti ha dato corpo all’aureo libretto donato ai partecipanti dalla figlia Maria Chiara, che si apre con la dedica dei nipoti Tommaso e Sebastiano, “Ciao, nonno”, due pagine intrise di commozione, nei ricordi del tempo passato con lui, e di gratitudine.
I ricordi: “Quanti momenti di svago e di gioia, il divertimento e la gioia di stare insieme sono impressi nei nostri cuori! La tua casa era un posto magico, dove si trascorrevano ore fantastiche ascoltando le tue storie entusiasmanti e istruttive, quasi sempre divertenti! Quante risate quando imitavi il verso degli animali: la gallina era perfetta, vera. E quanta dolcezza nei piccoli libriccini che preparavi per noi piccoli per spiegarci i vulcani, i dinosauri e altri fenomeni della fisica, Alternavi i tuoi ‘scarabocchi’ a brevi, sintetiche, chiare paginette scritte! E che nostalgia per le partitelle di pallone nel campetto che avevi predisposto per noi con delle porte gigantesche dove ci era così facile fare goal!”.
La gratitudine: “Ci hai esortato a seguire i nostri sogni, e a non scoraggiarci di fronte alle difficoltà, a mantenere sempre un sano equilibrio, a coltivare con passione i nostri interessi, ad essere aperti alle novità e impegnati a progredire, cose che tu hai fatto fino a quando ci hai lasciato. I tuoi consigli sono oggi un vero patrimonio morale e affettivo, i tuoi valori e insegnamenti, con la tua esperienza di vita, illuminano il nostro cammino”.
Parole che presentano l’altra vita, quella di nonno, di Luciano, a coloro che lo hanno conosciuto ma non nel privato, e ai tanti che ne scoprono ora il luminoso esempio.
La commozione alla lettura di queste parole lascia il posto al sorriso alla vista dei ritratti e schizzi grafici – oltre a onorevoli e preti anche animali e piante – veramente gustosi tanto più perché accompagnati da pagine scelte fior da fiore tra i tanti libri che ha scritto.
Si tratta di una bibliografia vasta e variegata – che abbiamo sommariamente ripercorso – dai saggi socio-politici ed economici, e anche di costume come quello sulla Televisione, ai libri di ambiente parlamentare e non solo, fino alle introspezioni più sentite e sofferte, passando per le vite dei Santi, primi tra tutti i molto amati Chiara d’Assisi e San Francesco. Quattro filoni – saggistici, narrativi, bozzettistici, storici – che si susseguono alternandosi nella sua vita di politico molto impegnato e docente universitario, quasi un “tetra farmaco” letterario che lo sosteneva e stimolava.
Le pagine del libretto sono tratte da Umbria santa. Il segreto di san Francesco d’Assisi e Nati due volte, Buongiorno onorevole e Non sono solo, Il taccuino dell’onorevole e Anime e voci, Diario di un cane e Sotto la brace, Luci del tramonto e Le voci del silenzio, che insieme agli altri pubblicati segnano un itinerario coerente nello stile e nei contenuti. Ne prendiamo due brani, sempre quanto mai eloquenti della sua straordinaria sensibilità in un’anima profondamente religiosa.
Da “Umbria santa”: “Sul paesaggio soffia un alito di infinito. Lo spirito viene rapito, ci si sente sospesi, si avverte di essere nel vestibolo dell’Eterno. L’Umbria non è dunque un paese di rimembranze, un grande museo di reperti che evocano emozioni di cose morte; non è la memoria di un mondo che fu. l’Umbria è viva. I suoi ulivi sussurrano, suscitando misteriosamente la facoltà di tradurre in pensieri silenzi e vibrazioni, L’Umbria, dalla profondità dei secoli, ancora insegna come elevarsi per lambire il divino. E’ davvero il paese dell’anima: consente di sottrarsi al disagio del convulso andare del tempo e di gustare il senso sapido della vita”.
Da “Non sono solo”: con il titolo “A Sua immagine”: “Siamo a Sua immagine non per il nostro corpo, ma per la nostra capacità di amare, di comprendere l’amore, di amare l’Amore. E gli uomini amano perché in essi Dio ha messo il principio di Se stesso, la Sua vita. Siamo stati creati ad immagine di Dio perché in noi Egli si specchia, Egli abita. E ciò è vero per un cristiano, ma anche per un buddista, un musulmano, un miscredente. Egli è amore: se sei capace di amare , anche se lo ignori, Egli abita in te, Egli è con te”.
Alcune sue pagine, unite alla musica, hanno dato vita alla parte spettacolare della manifestazione, nella quale ha assunto speciale risalto la sede, l’Oratorio del Crocifisso, situato nella zona della corporazione degli artigiani delle funi, per cui la chiesa era detta “delli Funari”. Una storia alle spalle in un gioiello architettonico e artistico cinquecentesco con molti interventi nel ‘600 e ‘700, il culmine nella volta affrescata, è chiamato “La Sistina del Barocco”.
L’”Elegia per Luciano” è stata recitata da Carlo Dalla Costa, del Teatro Stabile dell’Umbria, quasi a voler rievocare i suoi inizi teatrali: ha letto brani dai suoi libri. Una voce narrante intensa, che ha reso con sobrietà e immedesimazione le volute verbali di testi ispirati, citiamo solo l’inizio delle quattro suggestive evocazioni.
Umbria Santa:“In Umbria ogni colore si fonde in un azzurro e in un verde, dimessi e velati: un annuncio di umiltà e di mistero. Le colline si stringono l’una sull’altra, consegnando al cielo ricamati profili e alla campagna, tenui giochi d’ombra…”.
Sotto la brace: “Sono belle le foglie che cadono ai primi annunci dell’autunno, sembrano farfalle ubriache di vento: le loro volute disegnano nell’aria geroglifici capricciosi dettati dalle folate che scendono dalle colline. La natura, contrariamente a quanto facciamo noi, all’approssimarsi del freddo si spoglia e gli alberi perdono rapidamente i loro multicolori mantelli. Gli alberi nudi mettono nell’anima un senso di melanconia…”.
Non sono solo: “Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza. Non avevo mai pensato al vero significato di questa sorprendente affermazione biblica. Abituati come siamo a vedere rappresentato il Padreterno come un vecchio barbuto, ho sempre ritenuto, senza rifletterci, che il Creatore avesse barba e capelli come me. Oggi questa immagine mi dà fastidio. Lui, infinito, onnipotente, onnisciente, non può essere pensato come un Superuomo”.
Luci del tramonto:“E’ una bella giornata di sole che mi regala splendidi colori e un paesaggio che solo l’Umbria può offrire… mi attraggono sempre più le luci dei tramonti … Certo la parabola della vita si svolge inesorabilmente dalla nascita alla morte, dalla giovinezza alla vecchiaia. La giovinezza è un soffio di entusiasmo e di illusioni, la maturità non si sa che cosa sia, la vecchiaia è una corsa verso il traguardo con una insostenibile somma di omissioni e di tradimenti. C’è però un’altra parabola che segue il cammino opposto: dalla vecchiaia alla giovinezza, dalla morte alla vita.”
Tra una evocazione letteraria e l’altra – nella sua maestria descrittiva unita alla profondità di contenuti – le volute musicali del Quartetto d’archi UmbriaEnsemble” – con i due violini, Angelo Cicillini e Cecilia Rossi, la viola e il violoncello, Luca Ranieri e Maria Cecilia Berioli – che ha suonato musiche di Samuel Barber, Wolfgang Amedeus Mozart e Pietro Mascagni.
Il finale è stato l’Intermezzo dalla “Cavalleria rusticana”, in un insieme di emozioni musicali che ha dato corpo alla definizione di Platone, citata nel programma del Quartetto:”La Musica dà anima all’universo, ali al pensiero, slancio all’immaginazione, fascino alla tristezza, impulso alla Vita e gioia a tutte le cose… Ma potremmo aggiungere che la Musica dà voce ai messaggi chiusi nelle metaforiche bottiglie della memoria che attraversano l’oceano del tempo più o meno remoto”.
Ebbene, proprio questo si è “sentito” profondamente durante l’”Elegia per Luciano”, ed è rimasto nel cuore di tutti: dalle “bottiglie della memoria” è riemersa la nobile figura di Luciano Radi, e l’”oceano del tempo” si è dissolto in una presenza viva e vitale, virtuale ma quanto mai vicina.
La conclusione con due nobili messaggi
Il nostro racconto dell’incontro celebrativo del centenario, con un approfondimento dell’unicità della sua figura a livello politico, culturale e umano, si conclude riportando due messaggi dai contenuti e dai toni di alta nobiltà.
Antonio Baldassarre, Presidente emerito della Corte Costituzionale, dopo l’incontro del 15 ottobre a cui ha partecipato, ha trasmesso queste parole alla figlia Maria Chiara: “Ti ringrazio della bella giornata dedicata alla memoria del tuo splendido papà, che ho avuto la fortuna di conoscere e di averlo amico. E’ stato bello perché è stato un ricordo a tutto tondo: il grande mediatore politico, lo scrittore attento ai mutamenti del costume e il sensibile narratore dell’intimità dell’uomo. Il tutto con la struggente melanconia della musica camerale. Una bella esperienza spirituale”.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo messaggio, letto dall’ambasciatore Foresti in apertura dell’incontro, ha usato parole e soprattutto espresso sentimenti che danno la misura del ricordo, dell’alta considerazione per la sua figura e della gratitudine per la sua opera.
“Uomo di grande umanità e cultura, con una grande passione per la politica, con un forte legame con il territorio, Luciano Radi, in tanti anni di attività, ha espresso una idea di progresso nella libertà, portando avanti le sue idee con determinazione, assumendo sempre come obiettivo gli interessi della comunità. Esponente politico di rilievo, uomo delle istituzioni, ha attraversato la storia della nostra Repubblica con coerenza e correttezza, sia nei numerosi incarichi di governo, sia all’interno dell’esperienza del suo partito, la Democrazia Cristiana. Intellettuale, scrittore, autore sia di saggi politici e socioeconomici sia di scritti di vita sociale e religiosa, Radi ha interpretato, a partire dall’Umbria, il divenire di un Paese.
Invio a tutti i presenti i migliori auguri di buon lavoro, nella convinzione che il suo messaggio permanga quanto mai prezioso”.
Meglio non si poteva dire, per suggellare questa celebrazione.
Il nostro commosso saluto
Aggiungiamo soltanto poche parole nel ricordo di più di un quarantennio di feconda condivisione e sodalizio intellettuale. Dei nostri continui contatti ci sono rimasti impressi due aspetti, che ci sembrano molto significativi. Il primo è la totale apertura nel condividere con noi – cercando anche un proficuo confronto – le nuove tematiche che stava approfondendo per trasmettere poi i risultati delle sue ricerche pubblicandoli, sempre nell’ottica di risolvere i problemi per il bene comune e far conoscere le soluzioni che cercava con lo scrupolo del ricercatore portandole poi avanti con la volontà realizzatrice del politico. Il secondo aspetto, speculare al primo, è invece l’assoluta riservatezza nei nostri riguardi sulle sue riflessioni interiori, i “libri dell’anima” ce li ha donati con dedica, a sorpresa, sempre dopo la pubblicazione, neppure un benchè minimo accenno prima, ulteriore prova della loro struggente autenticità nel riserbo assoluto quando si ripiegava su se stesso.
Con l’ammirazione dopo la rievocazione compiuta, nella forte emozione per questa sua interiorità così riposta e sofferta, ci accommiatiamo commossi con un nostalgico, memore, “Ciao, Luciano”.
Info
L’incontro in omaggio a “Luciano Radi, il suo messaggio politico e umano”, si è svolto a Foligno, nell’Oratorio del Crocifisso, largo Frezzi, il 15 ottobre 2015 alle ore 17. Cfr. i nostri precedenti articoli pubblicati in questo sito nel 2019, a cinque anni dalla sua scomparsa: “Luciano Radi ricordato con una sua opera, l’incontro tra ‘Francesco e il Sultano 800 anni fa” 6 giugno; “Luciano Radi, ‘Potere democratico e forze economiche’” 9 giugno; “Luciano Radi, ‘’i libri dell’anima’, l’umanità e la fede di una ‘personalità limpida’” 11 giugno; “Luciano Radi, protagonista e testimone del nostro tempo”, 13 giugno, “Luciano Radi, il mio ricordo” 15 giugno.
Foto
In apertura, Luciano Radi, poi L’invito, con l’aureo libretto-ricordo per i partecipanti. Seguono 5 immagini sulla manifestazione, 3 foto dell‘Oratorio del Crocifisso, “la Sistina del Barocco”, dove si è svolta, una visione generale e due particolari – lo spettacolare affresco nel soffitto e un angolo suggestivo – tratte dal sito web dell’Oratorio; 2 foto sull’incontro, una con Giuseppe De Rita nel corso della sua testimonianza al centro della rievocazione, alla sua dx l’ambasciatore Paolo Foresti, l’altra uno scorcio della sala con i partecipanti, tratte dal sito web perugiatoday, che si ringrazia, come l’altro sito citato. Nelle immagini successive sono alternate le copertine di alcuni suoi libri, inserite in ordine cronologico, con momenti della sua vita politica, l’alternanza dell’intera sua esistenza: due libri, entrambi del 2005, marzo e dicembre, su un tema politico e uno interiore, dopo il libro del 2004 sulla storia di un santo, sono posti in successione ad evidenziare l’alternanza anche delle tematiche dei suoi libri, a partire dal 1969 e 1970. I libri, di cui sono riprodotte le copertine, sono Potere democratico e forze economiche 1969 e Nati due volte 1970, Buongiorno, onorevole 1973 e La talpa rossa 1979, Non sono solo 1984 e Il Taccuino dell’onorevole 1985, Anime e voci 1990 e Diario di un cane 1993, San Francesco e gli animali ottobre1999 e Sotto la brace novembre 1999, Umbria santa 2001 e San Nicola da Tolentino 2004, La DC da De Gasperi a Fanfani marzo 2005 e Luci del tramonto dicembre 2005, Francesco e il Sultano 2006 e I giorni del silenzio 2010, infine Il mantello di Garibaldi 2011. Le immagini della sua vita politica, meno due, sono riprese dai nostri articoli del giugno 2019 sopra citati, a cui si rinvia per i siti web da cui sono tratte, si ringraziano di nuovo i titolari per l’opportunità offerta; le due aggiunte – quella alla Camera Italiana di Alta Moda e quella con Guido Carli – sono tratte dal sito del Quirinale e da MSN, a cui si estende il nostro ringraziamento. Non vi è alcun intento pubblicitario o economico nel loro inserimento a mero scopo illustrativo, pronti a eliminare subito, su semplice richiesta, le immagini di cui i titolari non gradiscano la pubblicazione. Le immagini della vita politica sono: Con Scelba, Fanfani e Rumor e Con Fanfani, in visita a Dottori;poi, Con Gava e Scalfaro e Da Presidente della Camera Italiana di Alta Moda, a dx Giovanni Leone; Con Fanfani e Pertini a una cerimonia sulla CEE e Con Pertini all’inaugurazione della mostra per il centenario di Garibaldi; Con Guido Carli e Con la presidente della Camera Nilde Iotti nella cerimonia del ‘ventaglio’; Alla visita del presidente del Senato australiano e Con una delegazione tedesca da Questore della Camera; Un altro momento di vita parlamentare e Con Forlani e Malfatti, Spitella e De Poi; Con Francesco Cossiga e La cordialità dei suoi incontri ufficiali; Alla presentazione di un suo libro el’ultima Alla presentazione al Parlamento del governo Forlani di cui è sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Infine una sua opera grafica, tratta dall’aureo libretto dato ai partecipanti,Luciano Radi, A Sua immagine, di grande intensità, a differenza delle altre scherzose nel libretto e nei libri di grafiche, e la sua foto sorridente, Luciano Radi, commiato; in chiusura, Piazza della Repubblica nella sua Foligno, i due edifici-simbolo.