di Romano Maria Levante
La mostra di “Raul Dufy, ll pittore della gioia”, in corso a Roma dal 14 ottobre 2022 al 26 febbraio 2023 a Palazzo Cipolla, espone circa 100 dipinti e una sessantina di disegni, bozzetti e modelli, in 13 sezioni che ne documentano l’estrema versatilità nei contenuti all’interno di una rigorosa ricerca su luce e colore. La mostra è promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro Internazionale, presidente Emmanuele F. M. Emanuele , realizzata da “Poema” con il supporto organizzativo di “Comediarting” e Arthemisia. A cura di Sophie Krebs curatore generale del Musée d’Art moderne di Parigi, con Nadia Chalbi, responsabile delle mostre, hanno curato anche il Catalogo Skira.
La vastissima esposizione di opere di Dufy è spettacolare: si passano in rassegna dipinti a forte impatto per la loro vivacità cromatica, uniti a disegni variamente colorati di decorazioni quanto mai raffinate ed elaborate fino a modelli di costumi variegati e rifiniti, a colori o in bianco e nero, nelle tecniche più diverse, olio e acquerello, xilografie e gouache, su carta e tessuto.“Il pittore della gioia” è stato chiamato, si arriva a tale definizione da questo caleidoscopio di colori e forme.
Torna a Roma dopo 40 anni dalla mostra che ci fu a Villa Medici, una delle tante “riscoperte” di Emmanuele F. M. Emanuele, citiamo tra gli altri, nell’ultimo decennio, per l’Italia Corrado Cagli ed Ennio Calabria, per l’Europa i CoBrA, per l’Est sovietico i Realismi Socialisti e Deineka. Ha promosso la mostra con il suo entusiasmo e la sua lungimiranza e ci dà subito segnali molto interessanti sui criteri artistici alla base di un itinerario pittorico così invitante. Intanto, anche per spiegare l’insufficiente considerazione per questo grande artista, osserva: “Spesso non compreso a fondo, a causa dell’apparente semplicità del suo tratto pittorico, che gli ha fatto non di rado attribuire la patente di superficialità e mondanità, Raoul Dufy in realtà ebbe una formazione articolata e complessa: fu inizialmente influenzato dall’impressionismo. Successivamente si accostò al fauvismo”.
Ed ecco il risultato: “La particolarità di Dufy consiste nel dissociare gradualmente nel corso della sua maturazione artistica il colore dal disegno, semplificando il più possibile: egli eludeva il soggetto dell’opera per una specie di propensione al principio dell’indeterminatezza, facendo sì che il segno si posasse sul colore con disinvoltura, mosso dalla pura gioia del dipingere”. Ancora più addentro alla sua espressione artistica: “Si può affermare che nell’estetica dell’artista francese la forma venisse prima del contenuto, e questa caratteristica probabilmente lo relegò a un ruolo di secondo piano in un periodo in cui l’impegno dichiarato … era un imperativo”. Con questa importante precisazione: “In realtà, sotto l’apparente semplicità delle forme di Dufy, vi erano un’elaborazione minuziosa, un’attenzione e una sensibilità fuori del comune, soprattutto la sua teoria che il colore servisse ai pittori per captare la luce”.
L’”estetica nuova” dell’artista “moderno-classico”
Nella sua ricerca artistica Dufy si trova nel bel mezzo della contrapposizione tra roubenisti e poussinisti, come ricorda la curatrice della mostra Sophie Krebs: per i primi – che si rifacevano a Roubens. Tiziano e Veronese – “il colore era altrettanto importante del disegno e della composizione in quanto capace di conferire verità ed emozione al soggetto rappresentato”; mentre i secondi, legati all’Accademia, “rivendicavano il primato del disegno e della composizione alla base dell’insegnamento accademico e ritenevano il contributo del colore puramente decorativo”. Un conflitto acceso, con implicazioni non solo tecniche ma anche filosofiche e sociologiche.
Dufy risolve il conflitto tra colore da un lato e disegno-composizione dall’altro in modo pragmatico, basandosi sull’esperienza oltre le enunciazioni teoriche. Ecco le sue parole: “Quando parlo del colore, non parlo del colore della natura, ma dei colori della pittura, che sono le parole con cui formiamo il nostro linguaggio di pittori … Non pensiate che io confonda il colore con la pittura, ma dato che faccio del colore l’elemento creatore della luce, cosa che non va mai dimenticata, esso è, insieme al disegno, il grande fondatore della pittura, l’elemento chiave”.
Il colore, “insieme al disegno”, dunque: , così viene superata la contrapposizione tra due “elementi chiave” della pittura, e lo dimostra praticamente con una evoluzione che parte dall’impressionismo di Monet lasciato dopo l’emozione suscitata in lui da un quadro di Matisse, passando per le opere di Lorrain, fino a far suo l’insegnamento di Cèzanne: “il colore-luce costruisce la forma”; e “quando la ricchezza del colore è massima, la forma è al massimo della pienezza”.
Da Cézanne prende la “pennellata direzionale” che collega gli oggetti con il colore in modo da tenere insieme il soggetto principale del quadro e ciò che lo circonda: “Abbiamo l’albero, la panchina, la casa, ma ciò che mi interessa, la cosa più difficile, è ciò che sta intorno a questi oggetti. Come riuscire a tenere tutto insieme”. In altre parole la composizione che si aggiunge al colore e al disegno.
E’ un percorso il suo che, come Cézanne, lo ha visto ritrarre dal vero i soggetti ma non più come impressionista che coglie l’attimo fuggente bensì come osservatore attento che interpreta le forme rendendole geometriche e i colori riducendo la gamma cromatica, ricercando la sintesi tra colore e disegno in un estremo rigore compositivo.
Non è solo – anche Braque dopo il cubismo si muove in questa direzione – ma soprrttutto si ispira agli antichi maestri, da Tiziano a Botticelli, a Renoir; e anche all’arte antica che conosce direttamente nel suo viaggio in Italia. “La cultura classica si insinuerà a poco a poco nella sua pittura – commenta la Krebs – I suoi ‘Omaggi a Lorrain’, una vasta serie inaugurata nel 1926, riuniscono diversi elementi : l’antichità, l’arte classica e la questione del colore-luce”, abbinamento che nasce dalla forte impressione suscitata in lui dalla luce mediterranea, che diventa la vera luce, “cruda e violenta”.
Ma Dufy, pur avendo queste fonti di ispirazione, mantiene una spiccata personalità e una peculiarità nell’associare disegno, colore e composizione, con un’ulteriore singolarità. E’ stato definito “cacciatore di immagini” per essersi dedicato alla rappresentazione delle più disparate situazioni, come specchio dei tempi da lui vissuti, dalle scene di vita alle decorazioni, dai paesaggi alle corse ippiche, dai bozzetti ai costumi teatrali, dalle bagnanti alle modelle. Ma non in una pedissequa riproduzione del reale, sia pure con l’associazione disegno-colore-composizione, bensì con forme spesso abbozzate e sproporzionate, lontane dalla prospettiva classica.
La sua viene definita “esplorazione lirica del mondo” da Brigitte Léal secondo la quale “in tutti i suoi quadri si ritrova invariabilmente un certo ritmo cadenzato , che struttura con dolcezza le composizioni. Abile arrangiatore, Dufy si preoccupa di bilanciare le linee rigorose della natura e delle strutture destinate allo svago … con il gioco abbagliante dei riflessi nell’acqua e nel cielo … Il talento gli permette di mettere insieme intere serie di vedute urbane e paesaggi brillantemente eseguiti, utilizzando inquadrature sempre più sofisticate in cui l’influenza della fotografia e del cinema gioca probabilmente un ruolo importante”.
In che modo avviene tutto questo? Seguendo le fonti di ispirazione pur in un approccio del tutto personale: “Nella grande tradizione della pittura en plein air praticata dagli artisti dell’Ottocento , esse gli permettono di coniugare l’occhio e la mano, il lavoro dal vero destinato a definire l’ambientazione topografica e quello realizzato in studio sul colore … ormai affrancato dai codici impressionisti il colore si distende in ampie campiture opache dalle tinte vivide e uniformi che donano alla tela l’aspetto di un affresco”. Ci si riferisce ad opere del 1906 quando “l’estetica fauve, che attiva le funzioni spaziali e decorative del colore, inizia a corrodere la granitica adesione di Dufy alla trascrizione figurativa della realtà”, comunque deformata. Successivamente le “apparenze figurative” restano limitate alla parte costruttiva della composizione, seguendo anche in questo Cézanne, verso una sempre maggiore astrazione basata sulla geometria.
L’evoluzione pittorica, mantenendo precisi riferimenti a Cézanne e non solo, è evidente. Per le opere del 1909-10 la Lèal osserva a conclusione del suo commento: “In quell’epoca, in coincidenza con l’avvento del cubismo di Braque e Picasso, Dufy ritorna ad un’estetica più decorativa ed elegante, satura di colore, che preannuncia il suo lavoro sui tessuti.”. Con questo spirito: “Senza mai rinunciare alla propria libertà, esplorerà fino in fondo l’estetica nuova, animato dal puro piacere di dipingere”. Tutto questo non solo in quadri con paesaggi e scene di vita rutilanti di colori, ma anche in decorazioni – specialmente quelle su tessuti – e illustrazioni di libri che rappresentano altre espressioni quanto mai spettacolari della sua intensa attività artistica.
La galleria espositiva: i dipinti di paesaggi e scene di vita
Ripercorriamo l’itinerario dell’artista attingendo, per le notizie e le citazioni, ai saggi e alle schede del ricco Catalogo da cui sono tratte anche le citazioni precedenti. Facciamo la sua conoscenza attraverso 4 “Autoritratti”, che lo ritraggono nel corso della vita, dalla giovinezza dei 21 anni, alla maturità di 43 e 58 anni, all’età anziana di 71 anni, a 5 anni dalla morte: sono immagini di un viso sempre pensoso, assorto, che non esprimono gioia ma riflessione. La gioia la troveremo nei suoi dipinti paesaggistici e ambientali, oltre che in quelli ornamentali. Intanto ecco i suoi omaggi ai Maestri del passato, da Claude Lorrain nel “Porto con veliero” 1935, a Toulouse Lautrec con il “Ballo del Moulin de la Galette” 1939, fino a Botticelli con “La nascita di Venere” 1940, aveva dai 58 ai 63 anni, a riprova di quanto continuasse ad essere profonda la loro influenza su di lui.
Ma immergiamoci nello speciale cromatismo dei suoi dipinti iniziando da quelli della sezione “Sulle orme di Cézanne¸ soprattutto paesaggi che iniziano con il “Paesaggio provenzale” 1905 – ancora linee morbide; con influsso impressionista – e si sviluppano nei paesaggi successivi alla morte di Cézanne, il grande maestro “padre di tutti noi” secondo cui si doveva “trattare la natura attraverso il cilindro e la sfera, il cono”, di qui le forme e i volumi diventano palesemente geometrici. Seguendo questo criterio dipinse gli stessi suoi soggetti, alberi dalle linee spezzate, case dalle forme cubiche e fabbriche stilizzate; e da aprile a novembre 2008, due anni dopo la morte di Cézanne, soggiornò anche lui nell’Estaque, analogamente a Braque che vi stette 4 mesi, da giugno a settembre.
Vediamo “Funivia all’Estaque” , “Alberi, case, statua”, “Battelli ormeggiati nel porto di Marsiglia”, tutti del 1908. Successivamente “Paesaggio dell’Estaque”e “L’Estaque” , del 1910, con lo stesso scorcio panoramico; un cromatismo molto più intenso nei due colori ocra e verde in “Veduta da una finestra aperta” 1908 e “Paesaggio a Hyéres” 1913. Invece unica dominante verde cupo con figurazioni geometrico-architettoniche bianche in “Il giardino abbandonato” 1913 e “”Case e giardino”1915, con tendenza all’astrazione. Alcuni anni dopo più figurativi e con cromatismo variegato, come “Vence” 1919-20 . Tornano i volumi geometrici nelle “Nature morte”, altro genere caro a Cézanne, questa volta tondeggianti, con forti contrasti cromatici pur nell’armonizzazione di colori molto intensi.
Dalle nature morte passiamo alle scene di vita, nella “Terrazza nella spiaggia” 1907 e “Al caffe’” 1908, figure appena delineate ma che sprizzano vivacità in una atmosfera coinvolgente; diversa “La Jetée promenade a Nizza ” 1924-26, dove le figure viste da lontano sono composte in un ambiente austero. Ma la figura umana in primo piano è “La grande bagnante” 1914, un corpo statuario con forme che richiamano quelle cubiste ma sono alquanto arrotondate.
Ritroviamo le “Bagnanti” – tra le quali rientra di diritto “la grande bagnante” del 1914 – quasi venti anni dopo nel “Nudo con conchiglia” 1933, una figura con linee morbide in una sorta di monocromia ocra, a parte la conchiglia che tiene sollevata con la mano destra e il lenzuolo su cui è seduta di colore bianco-nero.
Dopo altri dieci anni la figura sembra addirittura sciogliersi nel mare verde con accennate onde bianche in cui le “Due bagnanti” 1943-45 fluttuano, per poi ricomporsi nei “Due nudi”, dello stesso anno, chiari su fondo scuro, di cui è sia pur vagamente ben definita la forma. Con “Nuotatrice rossa” 1925 e “Naiade” 1926 le forme femminili tornano tra le onde, meglio definite e addirittura leggiadre. Immagini dello stesso tipo nei “Vasi con bagnanti”, rispettivamente “su fondo giallo” nel 1926 e “su sfondo rosa” nel 1935, fino a “La coppa blu” del 1935.
Dopo le bagnanti troviamo altre figure femminili conturbanti nella sezione “Atelier e modelle”, allorché dalla pittura in “open air” era passato a prediligere la pittura in studio, nell’’intimità, come del resto è quella “rubata” alle bagnanti.
Sono figure a se stanti, come “Nudo su sfondo azzurro” e “Nudo disteso”, entrambi del 1930, dai contorni ben delineati, oppure inserite nell’ambiente come “La modella” 1933, seduta su un divano con mobili e quadri alle pareti. In “Atelier di Perpignan, rue Jeanne d’Arc” 1942, la modella è al centro dello studio del pittore con i cavalletti per le tele, mentre in ’”Atelier di Perpignan, ‘La freddolosa’” 1942, è evocata da una figura statuaria sulla sinistra; in altri 3 dipinti sono in grande evidenza le finestre, “Atelier con finestra” e “Atelier con torso”, entrambi del 1942 e con un manichino acefalo su un tavolo, mentre in “La consolle gialla con due finestre” queste sono addirittura il soggetto, siamo nel 1948, dello stesso anno “Coppa di frutta” su fondo rosso: l’artista ha 71 anni, morirà cinque anni dopo.
Le scene di vita collettiva tornano nei “Paesaggi marittimi”, a partire da “Festa nautica a Le Havre” 1925, in cui si distinguono appena le minuscole figure umane allineate in basso a destra in una composizione dominata dalla tante barche dei tipi più diversi che affollano il vasto mare. Invece spiccano in “Il molo di Honfleur” 1928, e “Case a Trouville”1932, nella tranquillità con cui passeggiano.
Molto diversa la presenza di figure umane in due dipinti sulle regate: in “Regata con gabbiani” 1930 e “Henley, Regata a bandiere” 1935-52 si intravvedono appena sulle barche, a vela nel primo, a remi nel fondale imbandierato nel secondo, mentre in “Regata a Henley. I vogatori” sono in primo piano e occupano quasi l’intero dipinto 11 grandi figure nerborute ognuna con un remo in mano poggiato a terra, dietro di loro molto in piccolo si intravede una barca con i rematori. Vediamo anche solo le barche nel mare,“Velieri nel porto di Le Havre” 1925 e “Regate” 1935, mentre per l’ambiente a terra sono esposti “”Honfleur. Il molo o il faro” 1935 e “La spiaggia a Saint Adresse”, entrambi senza figure umane, ma si immaginano popolare rispettivamente la struttura portuale e quella balneare.
La sezione “Corse e cavalli” conferma l’interesse alle scene di vita nei vari ambienti pur nella specificità dei luoghi rappresentati: frequentava gli ippodromi interessato all’umanità di chi li affollava più che alle corse che vi si svolgevano. E non solo gli ippodromi francesi, che vediamo rappresentati nel suoi dipinti del 1923-24, ma anche quelli inglesi nei periodi in cui soggiornò in Gran Bretagna dal 1930 al 1932. Vi fu introdotto dallo stilista Paul Poiret perché erano frequentati dall’élite, quindi si potevano trarre spunti interessanti dal pubblico in tribuna oltre che dall’animazione dell’insieme. E non solo, vi trovò l’ambiente ideale per i suoi esperimenti sul rapporto colore-luce. e colore, tanto che trovò il modo di illuminare i soggetti da entrambi i lati perché, affermò, “ogni oggetto ha il suo centro di luce”. In tal modo, precisava, “mi libero dal vincolo dell’imitazione e lascio campo libero all’immaginazione del colore”.
Dei 6 quadri esposti, 3 rappresentano l’insieme: in “La pesa” 1930, si vede e si sente l’animazione febbrile per tale operazione, “Corse a Epson” 1934, è una panoramica da molta distanza dell’intero complesso sportivo-mondano, “Ippodromo di Ascot” 1937-38 mostra in primo piano anche se quasi in dissolvenza, la società che lo frequentava. Altre 3 quadri rappresentano in primo piano i cavalli: “Il paddok” 1913, una sorta di scuderia con due cavalli, del 1930 “Cavalli da corsa” con 5 cavalli, di cui 3 visti di fronte e 2 di lato con in groppa i cavalieri, come se si preparassero ad allinearsi per la partenza, e infine “Cavalli al galoppo” con 2 cavalli lanciati in corsa sfrenata.
Stephane Krebs racconta che questi quadri ebbero tanto successo tra i collezionisti che smise di produrli perché, diceva “non conta la storia ma il modo con cui viene raccontata”, cioè “la meccanica del mio metodo e la finalità della mia pittura piuttosto che l’aneddoto da cui traggono spunto i miei dipinti”. Nulla di semplicistico e di improvvisato, dunque, in Dufy, ma di molto elaborato e sentito.
La nostra carrellata delle sue opere è a metà strada, descriveremo prossimamente le opere decorative, quelle per la moda e le illustrazioni di libri, i quadri sulla Sicilia e sui campi di grano, infine i fiori. Sempre nella “gioia” di dipingere.
Info
Palazzo Cipolla, Fondazione Terzo Pilastro Internazionale, via del Corso 320, Roma. Orario, tutti i giorni, tranne il lunedì chiuso, dalle ore 10 alle 20, la biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso euro 10, ridotti euro 8 per under 26, over 65 e le categorie agevolate. Tel. 06.9837051, e mail: biglietteriapalazzocipolla@gmail.com. Catalogo “Dufy. Il pittore della gioia”, a cura di Sophie Krebs con Nadia Chalbi, Skira, ottobre 2022, pp. 250, bilingue italiano-inglese, formato 24,5 x 28,5. Il secondo articolo uscirà in questo sito il 22 febbraio 2023. Cfr. i nostri articoli in questo sito: per le mostre citate, su Corrado Cagli 5, 7, 9 dicembre 2019, Ennio Calabria 31 dicembre 2018, 4 e 10 gennaio 2019, CoBrA 17 e 24 marzo 2016, “Realismi socialisti” 25, 28, 31 dicembre 2011, Deineka, 26 novembre, 1° e 16 dicembre 2012; per gli artisti citati, su Matisse 23, 26 maggio 2015. Cézanne 22, 31 dicembre 2013, Tiziano 10, 15 maggio 2013, Impressionisti 5 febbraio 2016, Impressionisti e moderni 12, 18, 27 gennaio 2016, Cubisti 16 maggio 2013, Da Corot a Monet 27, 29 giugno 2010.
Photo
Le immagini delle opere di Dufy sono inserite nell’ordine in cui vengono commentate nel testo le sezioni della mostra che le espongono; esse sono tratte dal Catalogo della mostra, si ringrazia l’Editore Skira con i titolari dei diritti. Alle 16 immagini riportate in questo articolo relative alle sezioni in esso commentate seguiranno nel prossimo articolo altre 16 immagini delle sezioni che vi saranno commentate. In apertura, “Auroritratto” 1898; segue DUFY E I MAESTRI: “Ballo del Moulin de la Galette” 1939; poi, SULLE ORME DI CEZANNE: “Le reegate” 1907-08 e “La terrazza sulla spiaggia” 1907; quindi, “Paesaggio a Hyéres” 1913 e “La Jetée promenade a Nizza” 1924-26; inoltre, BAGNANTI: “La grande bagnante” 1914 e “Due bagnanti” 1943-45; ancora, ATELIER E MODELLE: “La modella” 1933 e “Atelier di Perpignan, rue Jeanne d’Arc” 1942; continua, PAESAGGI MARITTIMI: “Festa nautica a Le Havre” 1925 e “Il molo di Honfleur” 1928; prosegue, “Regata con gabbiani” 1930 e “La spiaggia a Saint Adresse, Le Havre” s.d; infine, CORSE E CAVALLI: “Cavalli da corsa” 1930 e, in chiusura, : “Due cavalli al galoppo” 1930.