Pietracamela, 2. I versi della “Gina”, la poetessa del “pretarolo”: amore per il paese, devozione,umanità

di Romano Maria Levante

Abbiamo dato conto in precedenza dell’accurata analisi linguistica sul “pretarolo”, l’idioma di Pietracamela – il borgo montano a 1005 metri di altitudine alle falde del Gran Sasso d’Italia, dal 2008 nel Club dei “borghi più belli d’Italia”, contenuta nel libro dal titolo evocativo “La lingua degna” , a cura di Giovanni Agresti (direttore della ricerca), Graziano Mirichigni, Silvia Pallini. La ricerca, condotta con criteri scientifici, è basata soprattutto sulla raccolta dei versi in “pretarolo” di una paesana, Ginevra Bartolomei, “la Gina”, di indubbio talento e forte vitalità, che esprime l’anima popolare in vicende e situazioni ambientali anche estreme, nell’arco del secolo scorso in cui è vissuta tra il duro lavoro per la sopravvivenza e le stagioni inclementi, con una parentesi quinquennale di emigrazione in Canada dove, meno impegnata rispetto a com’era in paese, ha cominciato ad esprimersi in versi poetici all’età di quasi 50 anni e non ha smesso fino alla sua scomparsa nel 2007 all’età di 98 anni. Ricordiamo che le sue poesie, dal valore popolare e identitario, hanno ispirato l’artista Mara Di Giammatteo per i suoi lavori e allestimenti di arte conteporanea attraverso l’antica arte della tessitura e del ricamo presentati nella mostra “Rapsodikòs” inaugurata a Bruxelles, nella sede della Regione Abruzzo, il 4 giugno 2024; insieme alla mostra è stato presentato il libro citato con l’intervento del sindaco di Pietracamela Antonio Villani e degli autori. Lo abbiamo scritto nel primo articolo pubblicato il 3 giugno u. s. , ma ci sembra opportuno ripeterlo per inquadrare compiutamente i riflessi che ha l’opera della poetessa, come premessa a una sommaria antologia delle sue espressioni poetiche: queste non solo rievocano i costumi di una volta nel borgo montano isolato tra mille difficoltà e le situazioni cui si doveva far fronte con tanta determinazione – con la parentesi canadese – ma rappresentano anche una introspezione sulla intemerata e incrollabile devozione religiosa  e i pensieri dell’età avanzata, vissuta con serena, disincantata accettazione.

“Ginevra Bartolomei”, 2004

Il commento letterario di Silvia Pallini si apre evidenziando  otto raggruppamenti tematici delle  poesie della “Gina”,  da quelle sul paese natio, isolando i componimenti sul lavoro in campagna e gli eventi atmosferici inattesi, la mancanza dell’acqua e gli aneddoti, fino al periodo canadese, alle poesie sulla devozione religiosa e sull’età avanzata: quindi i costumi e le difficoltà da un lato, le interiorità religiose e umane dall’altro, come sopra accennato. E compie una carrellata sui contenuti dei versi valorizzando l’importanza di una testimone così sensibile e attenta nel cogliere tanti aspetti significativi della vita di una volta nell’intrecciarsi con la modernità che suscitano riflessioni spontanee da filosofia popolare provenienti dalla sensibilità della poetessa la quale  non le considera riservate a se stessa, le offre a chi si sente di condividerle, e lo fa spesso in apertura o chiusura dei suoi componimenti.

“La Madonnina del Gran Sasso, In dialetto.
Manoscritto di Ginevra Bartolomei”

Nelle conclusioni la Pallini evidenzia la presenza nelle poesie spontanee e apparentemente semplici di figure retoriche come la “metonimia”, il “tropo”, l'”apostrofe”, di alterazioni morfologiche come l'”apocope”, la ricerca delle rime, “baciate” o “alternate” ma spesso “imperfette”, con “assonanze e consonanze” , l’attenzione alla “cadenza ritmica del verso”, fino all’invito finale a leggere i suoi componimenti. Per questo, oltre che di vitalità e sensibilità si deve parlare di talento di una testimone che diventa anche una “icona” popolare da ammirare e non dimenticare.

“Sempre poesie”, LXXIV poesia della “Gina” in “pretarolo”con testo in italiano a fronte di Silvia Pallini

Per parte nostra intendiamo spigolare “fior da fiore” nelle sue poesie, la cui continuità fa rivivere un periodo molto lungo caratterizzato da cambiamenti vistosi in condizioni difficili come quelle in cui si è svolta la sua vita. Rivivere e rievocare il secolo scorso con i versi della poetessa è non solo istruttivo, ma anche quanto mai emozionante. I due terzi  delle poesie sono in italiano, per lo più  in quartine, salvo alcune in distici, un terzo  in “pretarolo”, che riporteremo nella versione italiana operata nel libro, per ovvi motivi di comprensione e trascrizione. Sceglieremo una serie di poesie significative come le tante nel “corpus” delle 105 contenute nel libro, riportandole in qualche caso integralmente senza stralci od omissioni di versi per non interferire nell’espressione poetica della “Gina”, negli altri casi per brevità abbiamo “saltato” alcune parti evidenziandolo con i puntini di sospensione.

, “Pietracamela, Prati di Tivo
e Massiccio del Gran Sasso d’Italia (settembre 2008)

Il paese, Pietracamela, con i Prati di Tivo

Iniziamo riportando integralmente la poesia più lunga, circa 100 versi in 26 quartine:, un affresco della vita nel suo paese tra i ricordi di una vita difficile e i radicali cambiamenti nel tempo con il rovescio della medaglia: “Come in un riassunto ho voluto fare/ Di Pietracamela un po’ voglio parlare/ Del nostro bel paesello natìo/ Vi dirò tutto ciò che ricordo io. // Chi ha più anni certo lo sa meglio/ Io ricordo questo in tutto il tempo/ Com’era prima e com’è diventato/ Case e strade tutte accomodate// Ora incomincio subito a raccontare/ Tutto quello che s’è dovuto penare/ Per andare  a Montorio a fare la spesa/ Diciotto chilometri tutti a piedi.// Diciotto solo con l’andata/ Altrettanti se ne facevano al ritorno/ In testa si portava un gran peso/ Erano strapazzi nessuno lo crede.” Segue il confronto con il progresso. “Quando ci fecero la strada maestra/ Oh che bella comodità è questa/ A tale cosa non ci si pensava/ Con la macchina dappertutto puoi andare// La strada a Intermesoli, a Collepiano/ Da Pietracamela ai Prati di Tivo/ Non dobbiamo mai cessare / Nostro Signore di ringraziare”. 

“Pietracamela, in processione (anni ’40)”

Ma non è soltanto questo, con la modernità è cambiata la vita quotidiana: “Ora le comodità ne sono troppe/ Quant’era brutto a girar di notte/ Prima non c’era proprio niente/ Dovevi portar sempre la lanterna. // Quant’era brutto pure nella casa/ Si teneva un lampioncino acceso/ Nel fuoco si metteva la legna bianca/ Pur ci faceva luce la bella fiamma.// Quando ti occorreva l’acqua/ Si andava alla fontana con la conca/ Adesso acqua  e luce tutto in casa/ E più tutto il paese illuminato.// L’acqua ci rimaneva pur lontana/ Poi ogni tanto entro il paese fecero le fontane/ Anzi più di una se ne hanno or nelle case/ Le povere fontane fuori abbandonate. // A pochi passi dalla vecchia fontana/ C’era il lavatoio dove si lavava/ Tutti là, l’estate e l’inverno/ Adesso non si riconosce più niente.// A fianco a questa ancora c’è la bella chiesina/ Chiamata la Madonna del Col Mulino/ Tutta pericolante lesionata/ Ma della Vergine è intatto il quadro.” Ora è divenuta un rudere distrutto, ma il quadro della Vergine resta intatto. Nel ricordo la chiesetta torna a vivere: “Quando la campanella suonava/ Ciò che si stava facendo si lasciava/ Tutto correvano, uomini e donne/ Si ridice la messa alla Madonna.” E il pensiero si sposta più avanti, al vecchio mulino sul torrente del quale restano solo i ruderi di due arcate: “Quando si andava a macinare/ Il mulino era distante assai/ Ora il mulino non è più presente/ E nemmeno l’acqua correre si sente.”

“Le campane di San Giovanni (2000)”

E’ unodei danni collaterali della modernità, il prelievo dell’acqua dai torrenti per la centrale elettrica: “Tutta quella ch’era il rio Arno/ E pure tutto il Rio della piazza/ Gli era necessaria e fu levata/ Per comodità di luce  a noi data. // Passando in piazza alzavi in su gli occhi/ Vedevi le belle tre croci esposte/ Ora a che punto s’era arrivato/ Pure il Monte Calvario disprezzato.// E delle belle tre croci i pezzi/ Chi buttati a sinistra chi a destra/ Poi la fecero una grande di ferro/ Son parecchi anni giace ancora per terra.// Ed il buon padre Archimede/ Su tutto questo ebbe molta fede/ Chiamò i giovani al lavoro/ E rimisero le tre croci di nuovo.”

Centro storico, l’ingresso di via Roma, verso l’antica sede del Municipio

Quindi non manca di sottolineare le sue delusioni, pur nella soddisfazione per il progresso che ha trasformato le condizioni di vita si rende conto che chi non ha vissuto le difficoltà dei suoi tempi non può capire: “Quando si riparla del passato/ La gioventù si fa delle risate/Perché loro non ci si son trovati/ Credono sempre che così sia stato. //Loro nel nuovo mondo sono nati/ Mentre noi abbiamo tribolato/ La carne solo a Natale e a Pasqua/ Adesso è rifiutata pur da cani e gatti.// A quell’epoca tutti i capo famiglia/ Per sostenere la moglie ed i figli/ Partivano ed andavano lontano/ Per paesi e città cardando la lana.”  Un rapido sguardo alla nuova vita: “Qualche novità prima sul giornale/ Ma alle cose buone non gli si dice male/ Nel mondo che ci troviamo ora/ Si sa tutto per radio e per televisione.” L’osservazione si ferma su un fenomeno epocale che l’ha riguardata personalmente: “Quand’era tutto in buone condizioni/ Subito si sviluppò l’emigrazione/D’allora in poi quanti ne son partiti/ Ognuno ha voluto migliorar vita.” Con queste conseguenze che non sfuggono al suo sguardo attento: “Le vecchie case che hanno lasciate/ Tutti i forestieri l’han comprate/ Come palazzi son già accomodate/ Per venirci l’inverno, ma più l’estate.” Poi la riflessione amara, subito temperata dall’accettazione fatalista.  “Se ritornassero quei poveri vecchi / Ma come è avvenuto tutto questo?/ Pure un proverbio a tutti ce lo impara/ Ci dice campa se vuoi ricordare.” Infine la conclusione: “E ormai si deve far finita/ E’ stato troppo non più altro vi dico/ Già tutto quello che ho pensato l’ho detto/ Adesso basta mi fermo su questo.” 

“Parlando in strada (1996)”

Ha detto veramente tutto sulla vita nel suo paese, ma prima di fermarci anche noi , vogliamo citare altre riflessioni e ricordi altrettanto significativi sui Prati di Tivo, il vasto declivio erboso a 6 Km dal paese, 1450 metri di altitudine, congiunto in alto alla catena montuosa dl Gran Sasso: “Come già tutti sappiamo/ Si sono sviluppati in tal maniera/ Che tutto quello che c’è adesso/ Sicuro prima non c’era.// Io che ho l’età molto avanzata/ Perciò ricordo bene gli anni passati/ Solamente quando si falciava/ Delle persone ce n’erano assai.// E voglio ripeterlo di nuovo/ Mentre si falciavano i Prati di Tivo/ Allora la bella gioventù/ Faceva un po’ d’allegria.// Però si davano tutti da fare/ Chi aveva la bestia, chi in testa/ Si doveva trasportare il fieno/ E far viaggi da mattina a sera.// Finiti questi lavori, finito tutto/Non c’era più niente/ Soltanto noi donne/ Qualche volta per un fascio di legna.//  Poi se ci si andavano a pascolare/ Delle mucche e pecorelle/ Adesso per fortuna/ Son finite pure quelle.// A pascolar ci vanno/ Ora qualche pecoraio/ Ma dai Prati di Tivo/ Devono stare lontani assai” // … “Or le comodità ci sono tutte/ Divertimenti, ciò che vuoi fare/ D’inverno la sciovia per sciare/ Eppur la segiovia puoi volare.// C’è un gran traffico di macchine/ nei giorni feriali e più nei festivi/ Fanno come le formiche/ Chi riparte e chi arriva. // Da parecchie città lontane / Venivano dei gran signori/ Non siam stati più niente noi/ Son diventati padroni loro.”//….Perciò ci vanno i ricchi signori/ Vedendo quello gli si rallegra il cuore/ Ma ora sentite questo che vi dico/ E’ in terra, non più in cielo il Paradiso”.  Si riferisce al nuovo lussuoso grande albergo, anche se non manca di lamentarsi dei danni dell’affollamento: “Solo una cosa mi dispiace/ Tutti i prati l’hanno massacrati/ Non v’è posto dove non son passati/ Questo è un problema senza risultati.”

“Pietracamela dal Monte Calvario (2021)”

La vita in Canada, negli anni da emigrata

Dalla vita in paese con i suoi radicali cambiamenti alla vita del tutto diversa nella parentesi canadese, ecco le sue espressioni in una poesia molto gustosa e per molti versi sorprendente: “Mi dicono povera Gina senza lavoro/ Sta sempre dentro casa e fa le canzoni/ Sì, fo le canzoni e pure le storie/ E adopero tutta la mia memoria.// Quando sono a casa / E non devo far niente/ Scrivo un po’/ e mi passa il tempo.// Per trovare lavoro/  ho girato parecchio/ ma non prendono le giovani/ figuratevi una vecchia.// Così lo posso dire/ Con piena ragione/ Che son venuta in America/ E fo la signora.// In Italia/ Non avevo tempo/ Farmi la croce/ Mentre qua, dormo e mi riposo.// E ringrazio Iddio/ Di questa cuccagna/ Che benché non lavoro/ Si beve e si mangia// Lo dice pure il proverbio/ Ed è cosa vera/ Che chi lavora mangia/ E chi no, mangia  e beve.”

Il Monte Calvario, a dx, di cui parla in una poesia, a sin. il quartiere meno antico, “la Villa”,

Ma non è così per tutti la mancanza di lavoro, descrive l’altra faccia dell’emigrazione in un’altra poesia: “Da tutte le parti/ Non soltanto dall’Italia/ Per venir qua/ Fanno la voglia grande.// E nemmeno partire con la nave/ Per far più presto/ Preferiscono volare.// Vendono tutto/Case e poderi/Arrivati qua/ Non si trovano bene.// E neanche/ Il figlio al padre crede/ Ognuno vuole/ Metterci il piede.// Alcuni stavano/ Discretamente/ Ed ora riempiono/ Toronto di bestemmie.// Non solo  i vecchi/ Ma pure i giovani fan compassione/ Vedendoli sempre in giro/ In cerca di lavoro.// Non c’è persona / Che non si sente lamentare/ Che ogni giorno gli arrivano/ I billi da pagare.// Ma tutti e sempre tirano a venire/ E dopo dieci giorni/ Vorrebbero ripartire.// Somiglia alla favola/ Del nostro calderone/ Che tutti volevano/ Mangiare i maccheroni. //Qui soltanto/ Chi lavora sta bene/ Ma tanta povera gente/ Soffrono le pene.// Perciò, si chiama fortuna/ Ed è come un ruota questa/ C’è a chi gira a diritto/ E  chi al  rovescio.// Ma li mondo per il passato/ Sempre così è stato/ E ancor vi sarà/ Lo ricorda benissimo colui che vivrà.”

Centro storico, via Roma dopo l’arco di ingresso

In un’altra poesia insiste sulla difficoltà di trovare lavoro  e va oltre: … “Tutti hanno diritto/ un po’ di lavorare/ contentarsi pur di poco/ non se ne chiede assai.// Se in Italia delle volte/ succedeva di non aver niente/ andavi in bottega/ ti facevano credenza.//Credenza qua non si usa/ devi uscir sempre con i soldi in mano/ e non sia mai se mancassero/ ti puoi morir di fame. // Si dice che una donna/ andò a far la spesa/ poi non si poté pagare/ e glie se la ripresero // Sentire tale cosa/ fa proprio compassione/ forse simile a questa/ non v’è altra nazione.”

Centro storico, un angolo caratteristico

A parte le riflessioni amare sulla vita degli emigrati, non manca di criticare la vita dei canadesi con il suo spirito di osservazione penetrante e la sua sincerità disarmante: “Chi dice bella a questa terra/ forse gli manca un po’ di cervello/ La nostra Italia non ha paragone/ Solo a mirare i bei palazzoni. // Le case di qua sono belle solo dentro/ Che l’inverno ci fa caldo invece del freddo/ Sono tutte di legno sì, mandano calore/ Ma ogni momento ti trema il cuore. // A chiunque sembra al fronte stare/ Che da ogni parte si sente suonare/ I poveri pompieri non hanno pace/ Correndo notte e giorno, smorzando le case. // Mentre da noi una sola paura/ Pregando Sant’Emidio che ci regga le mura/ Un’altra cosa vi voglio notare/ Di tutta la gente che va a lavorare // La sera tornndo mezzo storpiati/ Se devono parlare non hanno il fiato/ Son come soldati che vanno alla guerra/ Ogni mattina gli suona la sveglia // Chi dice che questa è una menzogna/ Commette due cose, peccato e vergogna/ Perchè la persona si deve strapazzare/ Per tanto poco che ci resta da campare // Lavorano la Pasqua, ed il Natale/ Si credono di far bene mentre fanno male/ Non riguardano feste nè piccole, nè grandi/ Oh forse pernsano che gli altri muoiono loro campano //Se si seguita così/ Si campa davvero poco/ E nessuno si gode/ Un’ora di riposo.” Detto da lei – che come le altre donne del paese a Pietracamela portava più volte al giorno in testa fascine di legna dai Prati di Tivo e grossi pesi sempre in testa nella costruzione della strada da Ponte Arno, secondo il suo racconto – fa capire come senta molto diverso lo spirito nel lavoro libero all’aria aperta rispetto alla costrizione forzata che vede in Canada.

“In Canada, Ginevra Bartolomei e Pietro Mirichigni, a sinistra. e Giovanni Mirichigni, a destra nella foto (1957 o 1958)”

In questo c’è anche nostalgia, e quando il parroco di Pietracamela don Andrea andò a Toronto in visita ai paesani emigrati, gli dedicò una poesia con espressioni  di gioia: …“Appena dell’arrivo noi sapemmo/ Come valanga ci precipitammo…. // Bene accolto il prete e compagnia/ Si bevvero bicchieri in allegria. // Mentre noi allegri si cantava/ il Parroco di gioia lacrimava. // Il bello venne il giorno seguente/ Vedendo l’affluir di tanta gente. // In quella chiesa, da noi onorata,/ di S. Gabriele dell’Addolorata. // Per le parole che disse dall’altare,/ molti di noi dovemmo lacrimare. // Dal popolo lo ebbero gli onori/ I quattro o cinque organizzatori. // Che nella grande sala per rispetto/ Fu servito anche un buon banchetto. // Soddisfatti e con piena armonia/ Ognun di casa prese la via”….

“Vita pretarola (anni 1950-1960)”

La devozione religiosa

Dalle osservazioni esteriori, pur esse intense e appassionate,  sul paese e sull’emigrazione, con l’evocazione di S. Gabriele, passiamo ai suoi sentimenti interiori cominciando dalla devozione religiosa, per poi concludere con i pensieri nell’età avanzata,  attingendo, sempre “fior da fiore”, dalle poesie, quando sono  in “pretarolo” le citiamo  forzatamente nella versione italiana. Un quinto del suo “corpus” poetico è ispirato dalla religiosità, spicca l’invocazione a Gesù Cristo nella maggior parte delle poesie. E’ molto sentita la devozione per la Madonnina del Gran Sasso, la cui festa si celebra ogni anno la prima domenica di agosto, con il pellegrinaggio e la messa ai 2000 metri, la statua è in una nicchia all’inizio della salita verso il Rifugio Franchetti e poi Corno Grande.

” I De Luca verso la Madonnina in ‘cestovia’ (primissimi anni ’50).
Genitori: Luigina Panza e Salvatore De Luca; nelle ceste: Celestina e Antonio De Luca”

Ecco la  cronaca serena del pellegrinaggio del 5 agosto: “Alle nove del mattino/ partì la bella comnpagnia/ piano, piano, di buon passo/ sulla Madonnina del Gran Sasso.//….  “Il sacerdote andava avanti/ portava la croce/ e l’auto parlante/ per far sentir meglio la voce. // Quelli che aspettavamo/ tutti in allegria/ con un batter di mani/ gridam Viva Maria. // Loro senza sentir stanchezza/ tutti contenti  ed orgogliosi/ ringraziarono la Vergine/ e poi fecero  riposo. // Fu una bella giornata/ con messe, canti, e preghiere/  dalla mattina alla sera/ alla nostra madre del cielo. // Del Gran Sasso/ Vergine bella/ sei per noi/ fulgida stella.” La invoca  anche negli anni in  Canada come “la Bianca Castellana”. “Ai piedi del Gran Sasso/ Dentro una capannina/ C’è la Vergine Maria/ Col suo divin figliuol. // O bianca castellana/ Vergine santa e bella/ Sei la fulgida stella/ Che rallegri i nostri cuor. // Appena spunta il sole/ Indora le colline/ Ma la bellezza tua Maria/ Illumina terra e ciel.// Ogni anno in compagnia/ A visitarti venivamo/ Ed ora si troviam lontano/ Non si vedremo più. // Ma questa lontananza/ E’ soltanto di persona/ Però il nostro pensiero/ Non si allontana da te.// Nei nostri bisogni/ T’invochiamo  O Maria/ Madre nostra e di Dio/ Solo tu ci puoi salvar. // Sei la madre del cielo/ Miracolosa e vera/ E non vi è chi non spera/ Poter stare vicino a te. // Apriteci le porte/ Venire in paradiso/ Restar con te e con Gesù uniti/ Per tutta l’eternità”. In un’altra poesia in “pretarolo” si rivolge a lei chiedendole aiuto e non  per se stessa: “O Madonna del Gran Sasso/  aiutaci  tutti/ perché ci troviamo proprio/  in un mondo difficile. // Tra terremoti e guerre/ è davvero un disastro/ Vergine benedetta/ noi per tutti preghiamo. // Dinanzi a te, Madonna/ davvero di cuore/ mamma nostra del cielo/ abbi pietà del mondo intero.”

“La Madonnina del Gran Sasso (26 dicembre 2015)”

E poi  San Gabriele, il cui santuario in basso nella vallata che si domina da Cima Alta è meta di incessanti visite di pellegrini, anche qui il pensiero devoto negli anni in Canada con l’accorato appello  mosso dalla struggente nostalgia per il paese lontano: . “O S. Gabriele puro e sincero/ Facci ritornare a Pietracamela/ Facci tornare, facci tornare/ Per venirti a visitare. // Quand’eravamo al paese natìo/ La  contentezza mai finiva / Quand’eravamo al paese nostro/ A qualunque festa venivam di corsa // Durante il cammino si cantavano/ Per te O S. Gabriele le preci più care/ Si recitavano rosari e preghiere/ tutte in onore a te O S. Gabriele // Ed affrettando il passo/ Si giungeva ad Isola del Gran Sasso/ Arrivati al convento che meraviglia/ S. Gabriele sembrava un giglio //Ed a sinistra c’è il tesoro/ S. Gabriele più bello di un fiore/ Quelle nobil feste che si facevano/ Sembrava a tutti trovarsi sul cielo // Ora forse il destino così ha voluto/ Qui tutti in america ci siamo perduti/ Da che vi abbiam lasciato ci sembra tanto/ Mentre è poco più di un anno//  Datosi che ora qua ci troviamo/  S. Gabriele ci devi aiutar/  Nella mia famiglia d’amici e parenti/ S. Gabriele guardaci sempre //  E se il signore salute ci dà/ Speriamo un giorno poter ritornar/  Di cuore preghiamo te e Iddio/ Tornando al paese con tanta allegria // Di grazie e miracoli è pien terra e cielo/ Tutti ti onorano O S. Gabriele”.  Speranza esaudita, dopo quattro anni tornerà all’amato paese natìo.

“Padre Archimede celebra la prima messa sul Corno Piccolo (1946)”

Dedica una cronaca serena, con una notazione semplice e intrigante, alla festa del patrono san Leucio cui è intitolata la chiesa madre: “Domenica otto Luglio/  si fece la festicciola/ in onore di S. Leucio/ nostro Protettore. // Senza fuochi artificiali/ nemmeno la banda/ suonarono le campane/  a festa tutte quante. // La solenne messa/ la bella processione/ sia sempre ringraziato/ il nostro Protettore. // Se si chiamano i cantanti/ vogliono i milioni/ noi senza spendere niente/ cantammo tante canzoni. // Con il suon della chitarra/ e con il mandolino/ tutta la popolazione/ stemmo in allegria. // Finito tutto questo/ ci fu pure il rinfresco /offerto da don Marco/ e completammo la festa. // Con i ringraziamenti/ infiniti/ andammo tutti a casa/ contenti e felici.”

Centro storico, antico edificio con il tradizionale balcone in legno

Ed ecco come parla del nuovo parroco don Marco dopo il suo arrivo: “Oh miei cari paesani/ ringraziamo di vero cuore/ il Signore/ che ci ha mandato il nuovo pastore. // Noi siamo le sue pecorelle/ dobbiam cambiar pure/ non essere/ sempre quelle.// Quando predica/ la sua parola/ ci riempie il cuore/ di gioia. // Però non è/  da tutti ascoltarla/ chi rimane fuori/ chi in piazza, e chi dentro casa. // Se si vedono/ un po’ più persone/ la sera del Venerdì Santo/ e la festa del protettore. // Specie quando/ ci sono gli sposi/ non son soltanto io/ siamo tutti curiosi. // Chissà Don Marco/ se rimase contento/ sabato sera/ della nostra accoglienza. // Credo che  a tutti/ come a me/ fece bella impressione/ conoscemmo pure i suoi genitori. // Sono buone persone tutti lo dicono/ e che il Signore li benedica. Quando don Marco si assenta per una lunga missione  scrive un appello accorato: …. “Da chiunque si sente/ Don Marco nominare/ i nostri occhi/ cominciano a lacrimare. // Lo Spirito Santo ci ha messo/ in mente queste parole/ così noi tutti preghiamo/ con l’anima e con il  cuore. // Dio mio aiutalo/ durante la missione/ e fa che sano e salvo/ riviene in mezzo a noi. // Siam poche persone/ in chiesa la sera/ ma diciamo sempre/ questa breve preghiera. // Recitiamo insieme/ un pater ave  gloria/ ed aspettiamo con gioia/ il suo buon ritorno.”

Centro storico, uno scorcio caratteristico

Il parroco cambia ancora, arriva il giovane don Filippo Lanci, gli dedica subito due poesie in “pretarolo”, non più in quartine ma in distici: “Grazie di cuore, Signore/ che qui a Pietracamela abbiamo il nuovo pastore. // Saluta, è buono, bravo veramente/ quando predica rimaniamo tutti contenti. // Però, ci dispiace molto/ che deve servire quattro parrocchie. // Che Dio lo benedica/ gli auguriamo tanta salute e lunga vita”.  E dopo due anni:  “O Don Fili, ca volevi la poesia in dialetto/ eccola già sta scritta su questo foglietto. // Leggila credo che ti piace/ dico tutta la verità niente inventato. // Gesù Cristo lo sa, la gioia che provasti/ la prima volta che la santa messa cantasti. // In chiesa tutta la popolazione, il vescovo/ i preti, il fratello e i genitori. //Come passa il tempo – se Dio vuole/ il trenta Ottobre sono giusto due anni./ Sei giovane, bello, che Dio ti benedica/ qualsiasi persona che vedi subito la saluti. // Quando predichi quelle belle parole/ ci si rallegra a tutti il cuore. // Ma a servire quattro parrocchie/ il povero cervello lavora troppo. // Dicesti che pure la scuola fai/ o per una cosa, o per un’altra non ti fermi mai. // Penso, ripenso, ma da dire non so più niente/ la cosa, pensata e scritta, la poesia qui finisce.”

Centro storico, un altro scorcio caratteristico

La devozione le fa chiedere spesso aiuto al Signore, con espressioni anche ingenue ma fortemente sentite, per risolvere i suoi problemi personali e soprattutto familiari, oltre a quelli di tutti. “O Gesù Cristo/ sia tu benedetto/ da tutta questa neve/ liberaci il tetto. // Fa che ci cade/ come facciamo?/ tu lo sai/ come ci troviamo. //Graziano è studente/  Paola poco bene si sente/  a Giovannino duole il braccio/ io ho 83 anni, sono vecchia. // O Gesù Cristo/  aiutaci sempre/ dacci un po’ di salute/ non farci succedere niente”.  E la devozione la fa anche ringraziare: “Ringrazio infinitamente Dio/ la Madonna, e tutti i Santi/ per quanto ho camminato/ in questi ottantaquattro anni // La mia povera testa/ quanto peso ha portato!/ Le mie povere braccia/ quanto hanno lavorato! // (Un bel proverbio dice/ tutto ha fine) // Adesso m’è rimasta/ quella cosa che tutti dobbiamo fare/ è quella che si parte/ e non si può più ritornare.” L’età si fa sentire, ma non le dà apprensione, la affronta con fiducia affidandosi al Signore, anche le poesie su se stessa si chiudono quasi sempre con espressioni di intensa devozione religiosa.  

“Ginevra Bartolomei e il nipote Graziano Mirichigni (1971)”

La vita personale, i pensieri nell’età avanzata 

Riflette serenamente sulla vita, in particolare  nell’età avanzata,  ed esprime poeticamente i propri sentimenti interiori in almeno venti poesie, ne citeremo soltanto alcune. Eccone una  nella quale fa un primo bilancio della sua vita: “Quando avevo quarantotto anni/ sulla mezza età, né giovane, né vecchia ero/ ma soltanto su cose necessarie/ qualche lettera scrivevo. // Mai, e poi mai, chi c’avrebbe pensato/ che in Canada sarei andata/ partimmo tutti insieme, la famiglia/ noi genitori e i due figli. // Con cinque anni di emigrazione/ neppure uno ne feci di lavori/ pochi giorni in fabbrica, un po’ più nella campagna/ ma risultava pochissimo guadagno.//  Su qualsiasi parte mi presentavo/ mi dicevan che ero troppo anziana/ Per passare il tempo, come facevo?/ Prendevo penna e carta, e scrivevo. // Parecchie poesie feci in Canada/ e di tutte le specie le ho fatte qua/ e chiunque le poesie sente/ ci rimane assai contento. // Sto per compiere settantasette anni/ mi dicon son pochi, a me sembrano tanti/ vi dico questo: ho cominciato  a pensare/ che m’è rimasto poco da campare.  // Ho trascorso tutti quest’anni/ in buona salute e pochi malanni/ di vero cuore ringrazio Iddio/ e qui finisce la mia poesia”. 

Centro storico, una dell poche vie pianeggianti verso Porta Fontana

Dopo otto anni  scrive. “Grazie a Dio/ non mi lamento/ perché fin’ora/ nessun dolore mi sento. // Solo quando cammino/ le ginocchia sembrano legate/ forse quand’ero giovane / con il troppo peso furono sforzate. // Portando in testa/ mezzo quintale/ credo non era tanto facile/ poter bene camminare. // Ottantacinque anni già compiuti/ è l’età molto avanzata/ dunque questo non è proprio niente/ ringrazio Iddio infinitamente”.  In un’altra poesia in “pretarolo” si rivolge direttamente alle gambe: “Ieri mattina/mentre andavo a messa/ alle gambe volli dire questo. // Ma che siate/ benedette le gambe/ perché non camminate come nel passato/ pure adesso nel presente? // Veloce, veloce/ mi diedi la risposta/ ci siamo fatte vecchie e/ non abbiamo più la forza. // E se tu hai ancora da campare/ piano, piano vai camminando/ con un bel bastone/ invece di due ne sono tre di gambe. // Ne vuoi mettere tre e / ne vuoi mettere due/ si cammina sempre meglio/ con una in più.”

Il Belvedere Guido Montauti

Sembra una battuta consolatoria, comunque la sua visione seppur consapevole dei problemi dell’età, è serena, e la esprime in “pretarolo”in questa e in altre poesie: “O Gesù Cristo tu sia benedetto/  la vecchiaia quant’è brutta/ l’età migliore è la gioventù/ ma passa in fretta e non torna più. // Ma quando sui venti/ e trent’anni che ti ci trovi/  ovunque vuoi andare, puoi andare/ e puoi fare quello che ti pare. // Ma adesso, non puoi andare,/ e più niente puoi fare/ perché manca la forza/  e ti devi stare. // O Gesù Cristo/ che tu sia benedetto/ non farmi succedere niente / se campo un altro pochetto.”

Centro storico, un angolo con antichi edifici

Non manca di osservare anche il suo aspetto e sottolineare in modo impietoso  gli altri inconvenienti dell’età avanzata, ma sempre con un’accettazione devoita che li rende sopportabili: “O Gesù Cristo/ che tu sia benedetto/ mi serve il bastone/ non cammino più dritta // Se me l’avessero detto/ chi lo sa se gli avrei creduto/ che a tutti questi anni/ sarei arrivata // Avevo i capelli belli neri/ adesso mi rimangono curiosi/ a vedermi la testa bianca/ ma più curiosa la bocca senza i denti // E questo/ è un problema grande/ che faccio schifo da me stessa/  a vedermi mentre mangio // Vuoi col coltello/ vuoi con la mano/ qualunque cosa devo sminuzzare/ e sennò non posso mangiare // Ho provato/ un dispiacere grande/ che [mi] si sono morti fratelli e sorelle giovani/ e io ancora campo. //Ma qualsiasi persona/ su questo non può fare niente/ Gesù Cristo ci ha creati/ e lui comanda.”

“La roccia sul pagliaio. Sulla sfondo, Pizzo Intermesoli
(aprile 2008)”

E’ una filosofia esistenziale più profonda di quanto possa sembrare a prima vista, non si nasconde la realtà  ma senza deprimersi, anche perché si affida sempre e comunque al Signore: “O Gesù Cristo tu sia benedetto/ ho ottantanove anni, sono parecchi // Ma vorrei vivere un altro poco/ per godermi questa casetta così carina // Quello che successe a noi non è successo a nessuno/ senza la casa venticinque anni a ramengo // Io Gesù Cristo ti ringrazio tanto/ a quest’età i dolori non me li sento./ Questi figli ti raccomando/ dà loro la salute e non gli far succedere niente.” 

“Annina, la nonna di Aligi, con la conca, d’inverno (verso 1965)”

Sette anni dopo, il 15 maggio 2005, due brevi distici con una nuova speranza: “A più di 96 anni una donna/ ed è madre  e nonna // Prega Dio che la faccia campare/ che pure bisnonna vorrebbe diventare”.  Segue una poesia altrettanto breve: “O Gesù Cristo,  tu sia benedetto/ fammi campare un altro pochetto // E ti raccomando/ non mi far succedere niente // vorrei vedere il bel bambino/ poi muoio contenta. Gesù Cristo che tu sia benedetto.”  La sua accorata supplica viene accolta, è nato il pronipotino al quale il 2 luglio dello stesso anno si rivolge con questi versi:   “Coccolino, Coccolino/ vorrei tenerti qui vicino. // Vorrei tenerti qui accanto/ per baciarti ogni tanto  // Ma stai così lontano / con 7 ore di treno si giunge a Milano. // Contenti, e felici la bella famiglia/ padre, madre e figlio. //Che Dio vi benedica/ e vi auguro tanta salute  e lunga vita, / Nonna e bisnonna Gina. Ciao.”

“Ginevra Bartolomei (1994)”

Segue una poesia in cui chiama il pronipotino per nome: “Maicol Mirichigni/ il giorno 30 del 5-2025/  Nacque a Vimercate il 27 agosto / qui alla chiesa di Pietracamela il primo battezzato // figlio di genitori Laureati/  il padre Ingegnere la madre Avvocato / Possa essere un bella giornata/ felici noi e i parenti invitati // Auguro buona salute  a tutti/ non più altro vi dico la poesia è già finita // Tanti baci da bisnonna Gina/ Dio ti benedica ciao.”  I problemi dell’età avanzata sono dimenticati, si sente tutto l’orgoglio per il nipote Graziano e la moglie Lorena cui aveva dedicato poesie in occasione della loro laurea e del matrimonio invocando la protezione del Signore.

Verso Pietracamela, la prima automobile (1940)”

Ed ecco l’ultima poesia, dell’8 settembre 2005”: “Maicol caro tesorino/ 21  giorni ci sei stato qui vicino // Il 27 Agosto fosti battezzato/ e poi ripartiste a Vimercate // Quando si ritorna tutti contenti/ quando si riparte  si rimane dispiacenti // Quando Paola telefona a Lorena/ domando come sta Maicol? Sta bene. // Che Dio lo benedica/ parecchie volte al giorno così dico // La mattina mi diceste nonna mantieniti forte/ se Dio vuole a Natale ritorniamo un’altra volta // Va bene ma ancora c’è tempo per Natale/ quattro mesi devono passare // Ne vorrei ricordare tanto/ ma c’è il Signore che comanda // Sono la più anziana del paese/ ho compiuto 96 anni e 7 mesi //Ho detto tutto, che bella poesia // e son vostra nonna e bisnonna Gina. Ciao.” 

“Don Andrea” , agosto 1955

I quattro mesi passarono, e ci sarà un altro Natale l’anno successivo, il 2006,  con il “coccolino” Michael e gli amati genitori, Graziano e Lorena, fino al 22 febbraio 2007 quando la Gina ha raggiunto il Signore da lei tanto invocato. Il giorno prima il parroco di Pietracamela don Filippo Lanci – al quale aveva dedicato poesie colme di ammirazione – che le era stato molto vicino anche negli ultimi momenti mandò questo messaggio: “Gina è in agonia e la montagna da stamattina è coperta di nebbia, perché sempre ci si vela il volto quando muore un poeta”.

“Da Pietracamela (2021)”

Commiato

E ‘ una nebbia che torna velando di malinconia il sole sfolgorante  di questa giornata di giugno. Abbiamo ripercorso momenti che ci sono sembrati particolarmente significativi del percorso poetico della “Gina”, un percorso umano individuale  divenuto anche collettivo. Le poesie che abbiamo riportato riguardano il  suo paese e la vita da emigrata,  la devozione religiosa, la vita personale e l’età avanzata; ma non esauriscono il suo “corpus “ poetico, nel quale troviamo una vasta quanto gustosa serie di aneddoti, sulla vita nel paese e il suo spopolamento, il censimento spiritoso delle famiglie rimaste, fino ad episodi curiosi nei quali  può manifestare tutta la sua “verve”. Del resto, anche nelle poesie più intense e accorate troviamo passaggi che ne attenuano  l’impatto emotivo, nel segno di una filosofia esistenziale che non è fatalismo ma fiducia incrollabile  nella volontà dell’essere superiore che va accettata perchè protegge e dispone secondo fini imperscrutabili

La casa natale di Ginevra Bartolomei, la poetessa ‘Gina

Il migliore commiato è quello che ha lasciato lei stessa, non c’è altro da aggiungere se non riportare le due quartine nelle quali c’è tutto il suo spirito semplice  e profondo: “Dei miei nipoti/ Graziano è il primo/ gli consegno questo quaderno/ con tante poesie // E chiunque le leggerà/ O mio caro buon Gesù/ Si ricorderà di me/ Quando non ci sarò più.”  

Hai ragione, “Gina” carissima, abbiamo letto le tue poesie e ci ricorderemo sempre di te, siamo certi che non sarai mai dimenticata da coloro che leggeranno quelle riportate nella  nostra rievocazione  mossa da sentimenti di immedesimazione: come te siamo figli del “nido delle aquile”, il nostro “natio borgo selvaggio”  e ci sentiamo vicini e partecipi di tante tue osservazioni esteriori e riflessioni interiori. E così sarà per tutti, non solo per i paesani! che ti hanno conosciuta.

“Ginevra Bartolomei (2004)”

Info

Le poesie di Ginevra Bartolomei, “la Gina”, sono tratte dal libro “La lingua ‘degna’. Pietracamela e il pretarolo nei testi di Ginevra Bartolomei. Profilo linguistico, norme di lettura, antologia poetica”, a cura di Giovanni Agresti (dir.), Graziano Mirichigni, Silvia Pallini, Territori della parola. Una collana di Odellum , Observatori de les lingues d’Ruropa i de la Mediterrania (Universitat de la Girona) – Iker (CNRS Université Bordeaux Montaigne – Université de Pau et desPays de L’Adour) – Associazione LEM Italia, Lingue d’Europa e del Mediterraneo, dicembre 2020 pp. 396. Introduzione trilingue, in italiano, catalano e francese, testo in italiano.. Nel libro le 102 poesie – riportate a stampa da pag. 125 a pag. 325, tratte da due quadernetti e da fogli sparsi tutti manoscritti dall’autrice – sono pecedute da un’approfondita analisi linguistica del “pretarolo”; a questa analisi abbiamo dedicato il primo articolo pubblicato in questo sito il 3 agosto 2024. Molte poesie in tale idioma sono riportate con il testo in “pretarolo” a fronte e la versione in italiano di Silvia Pallini a cui si deve anche il “Commento letterario” a conclusione del libro. Le poesie riportate, integralmente o parzialmente, sono le seguenti, nell’ordine in cui sono nel testo (tra parentesi le pagine del libro da cui sono state tratte): Il suo Paese, Pietracamela, con i Prati di Tivo: “Riassunto di Pietracamela” (pp. 125-28), “Poesia dei Prati di Tivo” (129-32), La vita in Canada, negli anni da emigrata: “Questa poesia fatta in Canada” (132-33), “Per gli emigranti in Canada” (141-43), “Poesia fatta in Canada pr motivo di lavoro” (162-63), “Le case che vanno a fuoco in Canada” (140-41), “A Don Andrea” (320-21). La devozione religiosa: “5 agosto. La Madonnina del Gran Sasso” (164-65), “La Bianca Castellana (scritta in Canada)” (135-36), “La Madonnina del Gran Sasso” (158-159), “Questa è di San Gabriele pure in Canada” (137-38), “Festa di San Leucio” (156), “Questa è l’accoglienza di Don Marco” !160-61), “Mancanza del sacerdote” (190-91), “Pietracamela 24-9-2000. Volevo scrivere queste poche parole sul nostro parroco Don Filippo proprio ora” (295), “Poesia su Don Filippo Lanci” (296-97), “Poesia sulla nostra casa” (246-47), “Mia piccola poesia” (249). La vita personale, i pensieri nell’età avanzata: “Poesia sulla mia età'” (182-83), “Un’altra piccola poesia” (255), “Poesia sulle gambe” (256-57), “Piccola poesia sulla mia vecchiaia” (272-73), “Non trovo mai fine alle poesie” (282-85), “Sentite questo 1998” (280-81), “Poesia di poche parole” (307), “Piccola poesia 15 maggio 2005″ (308-09), “Voglio scrivere pure questa piccola poesia sul mio pronipotino 2 luglio 2005″(309), “Poesia sul bimbo Michael” (310), “Pietracamela 8 settembre 2005″ (311).

I Prati di Tivo, cui è dedicata una poesia, in primo piano

Photo

Nel testo sono inserite, ad esclusione di grafici e tabelle, tutte le 21 immagini contenute nel libro citato in un diverso ordine di successione – con le relative didascalie in corsivo e virgolettate – sulla poestessa e su Pietracamela dove si è svolta gran parte della sua vita; in più, sono riportate 11 immagini del centro storico e dei panorami – con le didascalie in tondo e non virgolettate – che si aggiungono alle 19 immagini, la maggior parte sulle caratteristiche “scalinate” del paese, contenute nel primo articolo. Questo per rendere con l’evidenza visiva l’ambientazione alla quale va riferita idealmente l’ispirazione genuina e l’espressione spontanea della poetessa. Viene indicata di seguito l’attribuzione delle singole immagini fotografiche, iniziando con le 21 tratte dal libro citate espressamente, mentre per le altre 19 immagini l’attribuzione è unica, con la precisazione che il numero identificativo per l’attribuzione si riferisce all’ordine di successione nell’articolo. Le immagini tratte dal libro sono di: Graziano Mirichigni: Foto n. 1, 16, 27; Fondo n. 2, 13, 21. Aligi Bonaduce: Foto n. 4, 6, 25, 26, Fondo n. 5, 14, 15, 17, 28, 29 ( su quest’ultima, intitolata nel libro “Don Andrea (1935)”, va precisato che è stata scattata da Salvatore Levante con Romano Maria Levante nell’agosto 1955 usando camera Ferrania Condor, e presentata nello stesso anno con altre 4 foto tipiche di Pietracamela, al 1° Concorso fotografico dell’Università di Bologna). Michael Mirichigni: Foto n. 9, 30. Emilio De Rogatis Foto n. 8. Gianfraco Spitilli Foto n. 32. Le altre immagini del centro storico e dei panorami sono tutte del 2018 di Romano Maria Levante, n. (3), 7, 10, 11,12, 18, 19, 20, 22, 31,33, salvo l’ultima tratta dal sito del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, si ringrazia l’Ente titolare per l’opportunità offerta. In apertura, “Ginevra Bartolomei”, seguono, “La Madonnina del Gran Sasso, In dialetto. Manoscritto di Ginevra Bartolomei”, e “Sempre poesie”, LXXIV poesia della “Gina” in “pretarolo”con testo in italiano a fronte di Silvia Pallini; poi, “Pietracamela, Prati di Tivo e Massiccio del Gran Sasso d’Italia (settembre 2008″), e “Pietracamela, in processione (anni ’40)”; quindi, “Le campane di San Giovanni (2000)”, e Centro storico, l’ingresso di via Roma, verso l’antica sede del Municipio; inoltre, “Parlando in strada (1996)”, e “Pietracamela dal Monte Calvario (2021)”; ancora, Il Monte Calvario, a dx, di cui parla in una poesia, a sin. il qurtiere meno antico, “la Villa”, e Centro storico, via Roma dopo l’arco di ingresso; continua, Centro storico, un angolo caratteristico, e “In Canada, Ginevra Bartolomei e Pietro Mirichigni, a sinistra. e Giovanni Mirichigni, a destra nella foto (1957 o 1958″; prosegue, Vita pretarola (anni 1950-1960)”, e ” I De Luca verso la Madonnina in ‘cestovia’ (primissimi anni ’50). Genitori: Luigina Panza e Salvatore De Luca; nelle ceste: Celestina e Antonio De Luca”; poi. “La Madonnina del Gran Sasso (26 dicembre 2015)”, e “Padre Archimede celebra la prima messa sul Corno Piccolo (1946″); quindi, Centro storico, antico edificio con il tradizionale balcone in legno, e Centro storico, uno scorcio caratteristico; inoltre, Centro storico, un altro scorcio caratteristico, e “Ginevra Bartolomei e il nipote Graziano Mirichigni (1971)”, ancora, Centro storico, una delle poche vie pianeggianti verso Porta Fontana, e Il Belvedere Guido Montauti; continua, Centro storico, un angolo con antichi edifici”, e “La roccia sul pagliaio. Sullo sfondo, Pizzo Intermesoli (aprile 2008″); prosegue, “Annina, la nonna di Aligi, con la conca, d’inverno (verso 1965)”, e“Ginevra Bartolomei (1994); poi, “Verso Pietracamela, la prima automobile (1940)”, e “Don Andrea,” agosto 1955; quindi, “Da Pietracamela (2021)”, e La casa natale di Ginevra Bartolomei, la poetessa “Gina” ; inoltre, “Ginevra Bartolomei (2004)”, e I Prati di Tivo, cui è dedicata una poesia, in primo piano; in chiusura, Pietracamela alla falde del Gran Sasso dì’Italia , il “nido delle aquile” della poetessa “Gina”.

Pietracamela alla falde del Gran Sasso dì’Itallia , il “nido delle aquile” della poetessa “Gina”