Il Manifesto di Ventotene, dalla storia alla cronaca

di Romano Maria Levante

In merito al “Manifesto di Ventotene” – nome che è stato dato al documento-appello “Per un’Europa libera e unita” del 1941, tornato di grande attualità in questi giorni – sembra giusto evocare innanzitutto con rispetto, anzi ammirazione, l’ispirazione e l’impostazione di un fervente comunista come Altiero Spinelli, poi espulso dal PCI per le sue critiche degli eccessi sovietici. insieme a un liberale, come Ernesto Rossi, di ” Giustizia e libertà” – cui si unì Eugenio Colorni, che ne scrisse la Prefazione, poi vittima del regime. da onorare. Nel documento è evidente lo sforzo di moderare gli estremismi della rivoluzione bolscevica, ma si muove su quella linea ideale.

Il “Manifesto di Ventotene”, con il suo “padre”, con altri due, Altiero Spinelli

 Non viene ripetuta la totale abolizione della proprietà privata, lo si dice espressamente prima della frase secondo coi viene valutato ” caso per caso” se e quando ammetterla da parte degli “ottimati” rivoluzionari. Riecheggia il manifesto comunista nell’affermare la necessità imprescindibile dell’azione salvifica di una rivoluzione vittoriosa delle élite illuminate nella necessaria “dittatura rivoluzionaria” sul popolo definito ” immaturo” che deve essere educato, almeno in una prima fase di formazione necessaria, per cui la democrazia rappresenta solo ” un peso”.

In un testo che abbiamo consultato, sono 17 pagine di 40 righe e 70 battute a riga con le complesse argomentazioni, non sempre agevolmente decifrabili, tipiche degli intellettuali di sinistra alla base di tali conclusioni e con indicazioni operative sull’attuazione concreta del disegno ideale. .

Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni, con altri confinati a Ventotene

Alla radice di tutta la costruzione teorica e pratica – con la visione rivoluzionaria ed elitaria lontana dalla democrazia – c’è l’insopprimibile esigenza di superare gli Stati nazionali che animerebbero quel nazionalismo deleterio dal quale dipendono le sopraffazioni con la guerra davanti ai loro occhi ad opera delle dittature nazista e fascista: il primo dei quattro lunghi capitoli è tutto dedicato a questo assioma basilare.

Per superare gli Stati nazionali – unico modo di evitare il ripetersi della tragedia delle guerre tra i paesi europei, anche dopo che fosse cessata la guerra allora presente – occorreva una entità rivoluzionaria, l’unica in grado di rendere innocui tali Stati cosi pericolosi per creare un Superstato europeo che avrebbe lasciato spazi molto ridotti alle singole entità’ nazionali; con le integrazioni che poi sono state realizzate nel mercato, nella libertà di circolazione di merci e persone e nella moneta, non realizzate nella difesa europea e nella politica estera comune.

Una visione dall’alto dell’isola, seguiranno alternate ad altre, alcune immagini dei luoghi

Va sottolineato il grande merito di aver lanciato una idea allora utopistica, corredata di indicazioni concrete,- impensabile quando i paesi europei erano in conflitto tra di loro con dittature aggressive quanto inamovibili , mentre gli autori del “Manifesto” erano al confino a Ventotene, Spinelli è stato confinato nell’isola dal 1939 al 1943, quindi per altri due anni dopo il “Manifesto”, veniva da altri due anni di confino a Ponza, dal 1937 al 1939.

Il “sogno di prigioniero”

Come nel film “Sogno di prigioniero” la loro costruzione utopistica dell’ Europa unita li faceva sentire liberi di fantasticare un impossibile sogno di riscatto dei popoli nel liberarsi insieme dal morbo nazionalista che li avrebbe fatti ricadere nel baratro della guerra sanguinosa anche dopo una pace che sarebbe stata temporanea. Un sogno da intellettuali dalla forte passione politica, in cui domina su tutto, insieme al rigetto degli Stati nazionali, l’intervento salvifico della forza rivoluzionaria con a capo coloro che, come loro, sentivano questa esigenza impellente, non certo il popolo “immaturo” e quindi incapace, per cui la democrazia poteva essere vista come “un peso” . Tutto spiegabile e comprensibile nella loro situazione, magari  anche encomiabile.

Un folto numero di confinati a Ventotene

Il “Manifesto” fu diffuso in modo clandestino, affidato a una donna che ne assunse l’evidente rischio, poi ne fu in parte ridimensionato il contenuto pur senza modificarlo una volta usciti gli autori dalla condizione che aveva ispirato il loro utopistico sogno. Ma non lo considerarono utopistico, altro grande merito, tanto che  finita la guerra e ripristinata la normalità politica, nel 1943 Spinelli costitui’ il “Movimento Federalista Europeo” – poi fu cofondatore dell’ “Unione dei Federalisti Europei –  non un partito, ma un movimento interpartitico, nel quale si stemperava quella entità rivoluzionaria che aveva alimentato il ” sogno di prigioniero”.

Abbiamo citato il vecchissimo film in bianco e nero interpretato da Gary Cooper, un bel principe gettato in una buia fetida cella, tra topi e fango, che sognava di andare dalla sua bella con gli abiti principeschi di un tempo incontrandola in radiose giornate sotto l’albero dei loro convegni d’amore. Il “sogno” del bel principe di Ventotene…. fu raggiunto 16 anni dopo il “Manifesto” nel 1957 con il Trattato di Roma della Comunità economica europea , divenuta poi Unione europea con il Trattato di Maastricht del 1993 , ma con notevoli, radicali attenuazioni.

Non un Superstato che supera gli Stati nazionali, ma una comunità economica e commerciale, poi unione, con libertà di mercato, di movimento e di stabilimento, solidarietà per le aree arretrate,  ma senza la difesa e l’esercito,  la politica europea ed estera comune  indicati nel “Manifesto” insieme alla noneta comune, attuata soolo in parte, l’euro è solo in 20 paesi dei 27 dell’Unione; e soprattutto con la direzione di una Commissione e un Parlamento senza poteri decisionali , lasciati, si badi bene, agli Stati nazionali, con il Consiglio europeo dei Capi di stato e di governo per di più avente l’obbligo dell’unanimità per le decisioni importanti. Siamo molto lontani dal ” sogno di prigioniero” di Altiero Spinelli, anche a parte gli eccessi rivoluzionari e collettiviti, l’utopistica costruzione sua e di ErnestoRossi è realizzata nella pur fondamentale integrazione europea economico-commerciale e in parte monetaria e non molto altro, nessun vero federalismo, quindi con i limiti indicati.

Ciò non toglie che a Spinelli e Rossi, con Colorni, vada dato il grande merito della ispirazione a unire i paesi europei, espressa nel momento della massima divisione nel conflitto lacerante; per cui e’ giusto aver dedicato ad Altiero Spinelli una delle due ali dell’edificio del Parlamento europeo a Bruxelles, chiamato ASP – la prima lettera del nome e le prime due del cognome – l’altra ala è intitolata ad Henry Spaak, altro grande europeista – nel riconoscerne il notevole valore simbolico con la riconoscenza dovuta per l’impegno profuso all’insegna dell’unione europea. Ma i veri padri dell’attuale costruzione europea si possono identificare in Adenauer, De Gasperi e Schuman, centristi e non estremisti, che l”hanno realizzata in modo radicalmente difforme rispetto alla  “dittatura rivoluzionaria” e collettivista che doveva sostituirsi agli aborriti Stati nazionali, che restano in primo piano. Con il rispetto della democrazia e del ruolo fondamentale dei popoli – che eleggono con il voto i capi di Governo decisivi nell’Unione invece delle élite preconizzate – e con la valorizzazione della proprietà privata. Da essa nasce il necessario incentivo per la crescita, fonte ineludibile dell’auspicato benessere di tutti, pur con le distorsioni che il sistema capitalistico cerca di eliminare senza riuscirci appieno, limite da superare con interventi adeguati spesso finora mancati, ma è un sistema che cerca sempre di adattarsi con una certa flessibilità alle mutevoli esigenze.

Altiero Spinelli

L’evocazione del “Manifesto” in termini propositivi nella piazza e in Parlamento 

Ricordato tutto ciò, veniamo alla attualità,  dalla storia  passiamo alla cronaca. . Perché si e’ rievocato in termini cosi intensi divenuti conflittuali il “Manifesto di Ventotene”, descritto finora, pur essendo un fatto storico di 84 anni fa su cui possono esserci, come avviene sempre – e meno male! –  diverse interpretazioni, ma riservate  alla Storia? Il motivo sta nel fatto che siamo in un momento cruciale per l’Europa, dovuto alla guerra in Ucraina, con la Russia che l’ha aggredita vista come minaccia incombente per l’intera Unione europea, tale da imporre il “Rearm Europe” urgente e massiccio con 800 miliardi di euro per riarmare i 27 Stati membri in assenza dell’esercito europeo, ma in presenza della Nato – cui aderiscono 32 paesi – già uno scudo reso molto forte dalla partecipazione massiccia degli Usa che potrà diminuire, ma intanto c’e. Riarmo quanto mai massiccio anche della Germania – cancellati i limiti impostile nel dopoguerra e quelli del tetto al debito eliminati con una repentina riforma costituzionale – per cui si richiede una maggiore impegno europeo per la difesa, contro il sostanziale disimpegno dimostrato finora, che crea debolezza a scapito della necessaria sicurezza.

Un momento cruciale dunque, che ha portato all’affollata manifestazione a Roma a Piazza del Popolo con 50 mila persone accorse sabato 15 marzo su iniziativa del giornalista Michele Serra di “La Repubblica” all”insegna del motto “Tante città. Una piazza per l’Europa” che spiccava sul palco con tanti sindaci in fascia tricolore schierati. Tra loro il sindaco di Roma, che si è accollato il costo di 350 mila euro facendo gravare il totale delle spese organizzative, di varia natura, sui cittadini romani considerando di interesse pubblico una manifestazione per l’Europa, sebbene il marchio di Roma capitale non figurasse affatto e non ne fosse stata annunciata la sponsorizzazione; la circostanza è stata scoperta da un giornalista intraprendente creando un certo imbarazzo. L’altro motto “L’Europa siamo noi” – lo ha ricordato argutamente la trasmissione televisiva “Propaganda Live ” su “La 7”- è stata una sigla cantata da Cristina D’Avena, nel 1999, oltre un quarto di secolo fa: chissà se riproporla è stata una scelta per sottolinarne la persistenza, oppure una casualità. E’ stato distribuito,  e sbandierato, il “Manifesto di Ventotene”, allegato al quotidiano del giornalista promotore, “La Repubblica” nello stesso giorno, per farne il fattore unificante di posizioni tanto diverse e divaricate, quasi una guida da seguire.

Nella discussione parlamentare sulla linea dell’Italia da portare nel Consiglio europeo dei giorni successivi da parte della premier Giorgia Meloni, il “Manifesto di Ventotene” e’ stato parimente evocato dall’opposizione. La presidente del Consiglio, che aveva sottoposto al voto del Parlamento la linea del governo nella Comunicazione iniziale, doveva ignorare nlla replica dopo il dibattito il Manifesto dopo che era stato dato tanto rilievo al documento? Non lo ha fatto, ed è stata la scelta giusta, data l’importanza attribuitagli dalle opposizioni; se lo avesse ignorato magari sarebbe stata rimproverata di sfuggire al confronto anche su questo. aspetto.

La cirazione testuale di passaggi non condivisi, nella replica della presidente del Consiglio

Il “Manifesto”, quindi, non è stato ignorato, anzi la Meloni ha introdotto i suoi riferimenti sottolineando che gli è stata data ampia diffusione nella grande manifestazione europeista  di Roma ed è stato molto citato anche in aula dall’opposizione. Ma il testo del “Manifesto” non comprendeva soltanto l’esercito comune e la politica estera comune sostenuti tuttora dagli europeisti e mancanti, tra le funzioni dello Superstato europeo vagheggiato sono indicati soltanto, perciò sarebbe bastata la semplice citazione senza il lunghissimo testo.  Evocare l’intero Manifesto con tanta enfasi, quasi fosse il “libretto rosso” di Mao, come qualcuno lo ha definito in modo irriverente, e farlo anche in Parlamento poteva sembrare non per rendere omaggio al suo valore simbolico, ma come guida per una diversa costruzione europea; anche se in parte alquanto ridimensionato dagli stessi autori, e quindi non poteva mancare una risposta, a scanso di equivoci, proprio in sede di replica nella discussione dibattito sulle linee da portare al Consiglio europeo.

Ernesto Rossi

La presidente Meloni ha espresso il rispetto per le manifestazioni e le iniziative, e poi ha citato in modo testuale con forza i passaggi maggiormente espressivi del tipo di Europa vagheggiata dal “Manifesto” stesso Poche frasi, ma fondamentali, sulla necessità’ di una “dittatura rivoluzionaria.”, sulla richiesta della necessaria “abolizione caso per caso della proprietà privata” , sulla scarsa considerazione per il popolo “immaturo” e la democrazia, vista come “un peso” . La Meloni  ha concluso con le semplici parole rivolte all’opposizione, che se questa è l’Europa nella quale si riconosce, non è di certo la sua Europa. E si e seduta, aveva terminato la sua replica. .

Riportiamo il testo stenografico di questa parte del suo intervento, appena sommariamente riassunto, corsivi, ripetizioni e e interruzioni compresi, come fa il cronista scrupoloso impegnato a documentare con precisione: è la parte conclusiva della replica, viene dopo circa 40 minuti di risposte agli intervenuti sulle sue Comunicazioni.

GIORGIA MELONI, Presidente del Consiglio dei Ministri:: … Dopodichè non mi è chiarissima neanche l’idea di Europa alla quale si fa riferimento perchè, ovviamente, io sono sempre contenta e ho grande rispetto per la partecipazione, per le manifestazioni, per le iniziative. Nella manifestazione che è stata fatta, sabato, a piazza del Popolo, anche in quest’Aula, è stato richiamato da moltissimi partecipanti Il Manifesto di Ventotene. Ora, io spero che tutte queste persone , in realtà, non abbiano mai letto Il Manifesto di Ventotene., perchè l’alternativa sarebbe francamente spaventosa.

Però, a beneficio di chi ci guarda da casa e di chi non dovesse averlo mai letto, io sono contenta di citare testualmente alcuni passi salienti de Il Manifesto di Ventotene.

Cito. Primo: “La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista”. E fino a qui, va bene. “La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso, , anzi dogmaticamente (…)”, caso per caso. “Nelle epoche rivoluzionarie in cui le istituzioni non devono già essere, la prassi democratica fallisce clamorosamente (…)”.

Eugenio Colorni

“Nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia, i democratici si sentono smarriti, non avendo dietro uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultuare di passioni. La metodologia politica sarà… (Proteste dei deputati del gruppo Partito Democratico Italia Democratica e Progressista) .

PRESIDENTE: Potete commentare dopo, onorevole Fornaro e onorevole Provenzano, fate finire la Presidente del Consiglio.

FEDERICO FORNARO (PD-DP): Deve avere rispetto della storia!

PRESIDENTE: Avete la possibilità di parlare più tardi, e lo sapete, quindi eventualmente lo fate con modo più tardi! Per cortesia, facciamo finire la Presidente del Consiglio!

GIORGIA MELONI, Presidente del Consiglio dei Ministri: “La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria”. E conclude che “esso” – il partito rivoluzionario – “attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto non da una preventiva consacrazione da parte dell’ancora inesistente volontà popolare, ma dalla – sua – coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. Dà, in tal modo, le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle nuove masse. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato e, attorno ad esso, la nuova democrazia”.

Non so se questa è la vostra Europa, ma certamente non è la mia.

(Applausi prolungati dei gruppi di FDI, Lega, FI, Noi Moderati, proteste dei deputati del gruppo PD. Il deputato Fornero: “Vergognati, studia!”).

PRESIDENTE: Colleghi, colleghi, andiamo avanti. Colleghi, per cortesia……….

Le possibili risposte in una corretta dialettica politica, per di più parlamentare

A questo punto si aspetavamo interventi in replica dei parlamentari dell’opposizione, nella normale dialettica politica, in cui si sarebbe potuto criticare l’aggettivo “spaventoso” pronunciato dalla Meloni nell’introdurre le sue citazioni del “Manifesto”; ma il termine particolarmente forte era stato usato dieci anni prima nello stesso senso da Luca Ricolfi non certo di destra, anzi piuttosto orientato a sinistra.

Si poteva stigmatizzare il rilievo critico della Meloni alle frasi citate testualmente come espressive di un sistema non democratico e contro la libertà economica per la compressione dalla proprietà privata a discrezione dei dittatori rivoluzionari, ma la stessa interpretazione, oltre ad essere di Ricolfi, era stata espressa da Gianni della Loggia e confermata, appena nate le polemiche, dal giornalista neutrale Antonio Polito e soprattutto da Massino Cacciari, che con la sua veemenza ha lasciato di stucco Lilli Gruber, schierata al punto di chiedergli cosa ne pensava della Meloni che aveva voluto “demolire” il “Manifesto”, tutti da posizioni lontanissime dalla destra.

La lapide commemorativa a Ventotene

Oppure si poteva rivendicare la validità dell’intera impostazione del “Manifesto” – come ha fatto Ilaria Salis – affermando la piena adesione ideologica, o, al contrario, considerando le espressioni estreme comprensibili – anche se non accettabili oggi – in quanto frutto della situazione d’emergenza nel 1941, con l’Europa squassata dalle dittature nazista, fascista, franchista e, possiamo aggiungere, comunista anzi bolscevica; per cui l’unica salvezza di poteva trovare, tanto più dalla condizione di confinati, nella palingenesi rivoluzionaria forzatamente ispirata dall’esperienza bolscevica, necessaria quanto transitoria, come del resto hanno ammesso implicitamente gli autori a normalità ripristinata rinunciando a riproporre tali eccessi.

E si poteva rivendicare il valore del “Manifesto” che – al di là del disegno rivoluzionario e collettivista legato al momento contingente – ha lanciato 84 anni fa la grande idea della Federazione dei paesi europei, per gli Stati Uniti d’Europa a somiglianza degli Stati Uniti d’America, faro di democrazia e presidio di libertà. Questa intuizione allora visionaria, legata al suo titolo originario, “Per un’Europa unita e libera”, è stata realizzata nei suoi contenuti non estremisti solo in parte, nell’assenza della difesa comune, fu bocciata la CED, Comunità europea di difesa, e nell’assenza di una unione politica con una politica estera comune, fu bocciata la Costituzione europea alla quale pure si era lavorato.

Perchè negli inteventi in risposta alla presidente del Consiglio da parte dell’opposiizone non la si è incalzata sull’esigenza di rilamciare il disegno federalista, espunto dagli eccessi rivoluzionari e collettivisti, sul quale si erano impegnati gli autori del “Manifesto”, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi , nel dopoguerra con il Movimento federalista europeo che Spinelli fondò nel 1943 non come partito tanto meno rivoluzionario, ma come soggetto interpartitico, e fu eletto due volte al Parlamento europeo dove rimase per dieci anni? E questo ben sapendo che – a quanto si può rilevare – la Meloni è per il rafforzamento degli Stati nazionali con le loro identità, quindi non sarebbe favorevole a un federalismo che nella visione nazionale porterebbe a sacrificarle per un Superstato europeo non accettato dai sovranisti.

Le opposizioni avrebbero potuto e dovuto esplicitare le proprie scelte politiche sul tema dell’europeismo, cruciale in vista del Consiglio europeo per il quale la presidente del Consiglio chiedeva il mandato da portare a nome dell’Italia. Rispondendo alla sua lunga replica, seguita alla sua lunga comunicazione iniziale, chiedendo una scelta chiara. Nulla di quanto sopra ipotizzato è stato detto e tanto meno fatto, si è buttato tutto “in casciara”, per usare un termine che riferito al Parlamento sembrerebbe irrispettoso, mentre è soltanto un eufemismo.

Altiero Spinelli. al centro, con Ernesto Rossi e Luigi Einaudi mei primi anni del dopoguerra

La cronaca di una gazzarra in Parlamento invereconda quanto del tutto immotivata

E’ avvenuto il contrario. Si e’ scatenata una bagarre invereconda  con insulti forsennati alla presidente Meloni che aveva espresso una legittima quanto prevedibile opinione, manifestando rispetto per le iniziative con protagonista il “Manifesto”, senza neppure criticarne il contenuto, con le sole parole di non riconoscersi in quella Europa delineata dai brevi passi che aveva citato, impostazione del documento attenuata nei suoi aspetti estremi dagli stessi autori, la cui posizione, cessata l’emergenza del confino e la guerra, le ha dato ragione……. Il parlamentare del P D citato nel verbale per una interruzione, nell’intervento successivo dopo forti accuse, ha esclamato con voce vibrante ” lei si deve inginocchiare dinanzi a questi uomini e queste donne, altro che dileggiarle, vergogna, vergogna, vergogna”, con voce strozzata sciolta poi in un pianto accorato, mentre si accasciava stremato sul seggio, subito circondato dai parlamentari del suo gruppo intenti a confortarlo.  

Nè possiamo omettere di ricordare il parlamentare il quale non ha sopportato che l’oggetto delle sue violenti accuse – la presidente Meloni appena rientrata e sedutasi al banco del governo – lo ascoltasse con attenzione senza indignarsi ma con un leggero sorriso appena affiorato sul viso tranquillo; si è scatenato proprio contro quell’atteggiamento sereno che esprimeva una attenzione evidentemente mal riposta, neppure scuoteva il capo nel dissenso, con una vera aggressioone verbale, forse sperava che lei cadesse nella provocazione per farne un “caso”, oppure è stato un attacco di maschilismo becero, con Draghi e gli altri presidenti non avrebbe dileggiato un sorriso appena accennato. A questi ed altri eccessi negli interventi vanno aggiunte le urla scomposte di tanti altri parlamentari di sinistra, non intervenuti nel dibattito, con le braccia protese nelle invettive verbali, quasi per evocare lo scontro fisico, neppure fossero fondamentalisti islamici dinanzi al vilipendio del Corano. Qui neppure una critica al testo evidentemente considerato “sacro” più della Bibbia e dei Vangeli, soltanto la non condivisione del tipo di Europa risultante; avendolo fatto dopo alcuni anni gli autori, secondo gli scalmanati di oggi sarebbero da condannare!. .

Le reazioni fuori dal Parlamento, dai talk show televisivi a Prodi e Benigni, con Bertinotti

Inutile citare le tante reazioni ostili anche fuori dal Parlamento, nella stampa e nei talk show in Tv, vogliamo solo dare una precisazione rispetto all’insinuazione avanzata con energia anche dalla leader del PD Schneil, di aver voluto creare scientemente un diversivo per non affrontare i problemi concreti della posizione in Europa che la troverebbe in grande difficoltà. Legittimo fantasticare, ma noi vogliamo documentare la realtà, citando soltanto alcuni dati. Sempre nel testo stenografico la comunicazione iniziale alla Camera della presidente Meloni è costituita da 20 colonne di 50 righe ciascuna, la replica da 15 colonne di cui soltanto 1 colonna per la citazione conclusiva del “Manifesto di Ventotene” nel quale il commento ha preso solo pochissime righe all’iniizo e alla fine. Quindi 35 colonne rispetto ad una colonna, meno del 3%, se è un diversivo questo…… A meno che non lo si intenda come provocazione, allora la colpa è dei parlamentari che ci sono caduti, facendo la parte del toro al quale va il sangue agli occhi quando gli viene sventolato un “panno rosso”, come tanti deputati di sinistra alla Camera. Scambiando le citazioni della Meloni per una “muleta”, e l’aula di Momtecitorio per “Plaza de toros”.

Ma la … corrida non è finita, questa volta protagonista è Romano Prodi, già presidente del Consiglio e della Commissione europea, impegnato come professore a livello internazionale, fuori dall’impegno politico diiretto ma riferimento costante di una parte del centro-sinistra. Ebbene, una esperta giornalista di Mediaset, Lavinia Orefici, al margine di un convegno, per “Quarta Repubblica” di Rete 4, gli ha chiesto in modo garbato cosa pensasse del passaggio del “Manifesto di Ventotene” sulla proprietà privata che dovrebbe essere abolita, regolata, ammessa caso per caso, tema attuale perchè, come so è visto, la Meloni ha citato testualmente la frase del documento. A questo punto l’inattesa reazione stizzita del sempre cortese e disponibile professore, che non solo le ha risposto in modo molto sgarbato – per lui inusuale data la sua proverbiale pacatezza – ma ha proteso le mani in modo ostile, come molti parlamentari del PD nella loro protesta alla replica della Meloni.

La lapide della firma a Roma del Trattato europeo a 60 anni dalla pubblicazione del “Manifesto”

Ecco cosa ha lamentato la giornalista sabato 22 marzo: “Ho sentito la sua mano fra i miei capelli, per me è stato scioccante. Lavoro per Mediaset da 10 anni, inviata all’estero su vari fronti e non ho mai vissuto una situazione del genere. Mi sono sentita offesa come giornalista e come donna”. Poi, nel dichiararsi “dispiaciuta perchè il presidente Prodi non si sia semplicemente scusato per il gesto”, ha aggiunto: “Le cose più gravi sono le inaccettabili parole, inappropriate e paternalistiche contro un giornalista che pacatamente ha chiesto un commento su ciò che ha detto la premier Giorgia Meloni in aula”. Prodi ha smentito di averle tirato i capelli, dicendo di averle messo soltanto per un attimo la mano sulla spalla mentre le rispondeva, quasi per attirarne l’attenzione,. Vedremo la scena nel filmato trasmesso nella puntata di stasera 24 marzo nella trasmissione “Quarta Repubblica” su Rete 4 in prima serata, condotta da Nicola Porro che ha denunciato con molta enfasi l’episodio. Ma è stato già annunciato un fotogramma inequivocabile che conferma la denuncia della giornalista.

Non è questo che ci interessa, può esserci stato un fraintendimento, comunque nulla di rilevante, Prodi continuiamo a considerato pacato e disponibile verso i giornalisti di qualsiasi testata. Per noi conta la risposta che ha dato, sia pure con malagrazia, alla giornalista: “Era nel 1941, gente messa in prigione dai fascisti. A cosa pensavano secondo lei, al trattato dell’articolo secondo della Costituzione? Dico, ma il senso della storia ce l’ha lei, o no?”. Per concludere con un paragone illuminante replicando alla precisazione della giornalsta che la sua domanda nasceva dal fatto che quel passaggio era stato citato nella replica in Parlamento della presidente del Consiglio: “Vabé, ma io allora le cito un verso di Maometto, e lei mi dice ‘Cosa ne pensa di Maometto?’. Su, questo è far politica in un modo volgare, scusi”. Lo “scusi” finale potrebbe riferirsi al tono sgarbato e potrebbe esimerlo dal chiedere scusa….. sarà sfuggito alla giornalista che si è lamentata dell’assenza di scuse, quindi il caso si può considerare chiuso. Semmai può scandalizzre la levata di scudi a favore di Prodi, indifendibile, con l’autorevole Massimo Giannini di Repubblica, che è arrivato ad elogiare “la lezione di Prodi ai poveri sicari del giornalismo di regime”, quasi che essere di Mediaset voglia dire non essere giornalisti a pieno titolo…..

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni mentre nella replica legge alcuni passaggi del “Manifesto”

A parte questi deplorevoli eccessi, tornando a Prodi, ci sembra inesatto riferire il parallelo fa lui accennato alla Meloni, che con quella citazione e le altre non intendeva riferirsi alle persone, gli estensori del “Manifesto”, ma al tipo di Europa che ne derivava, nella quale lei legittimamente non si riconosceva. Soprattutto, però, il “verso di Maometto” si riferisce al Corano, quindi il “Manifesto di Ventotene” , per il quale Prodi lo ha evocato, sembra venga equiparato a un testo sacro. Di qui la reazione incontrollata che richiama quella dei fondamentalisti islamici se si tocca il Corano; come la citazione rispettosa della Meloni in Parlamento, così la domanda garbata della giornalista a Prodi in margine a un convegno, sono state viste, anzi “sentite”, al pari del “drappo rosso” davanti agli occhi del toro.

Ci sembra sia avvenuto questo in tanti parlamentari della sinistra, la reazione di Prodi la vediamo come la cartina di tornasole che lo conferma. Del resto, Fausto Bertinotti, l’ex presidente della Camera, ha considerato “imusuale” la sua reazione. aggiungendo: “Nemmeno io sono riuscito farlo arrabbiare così. Capisco la reazione, ma non sono d’accordo sulla sostanza”. E si tratta del leader dei “Rifondazione comunista” che fece cadere il governo Prodi nel 1998 ritirando la fiducia. Questa volta, c’era qualcosa di più urticante, forse fideistico…

Un momento delle veementi ptoteste dei deputati dell’opposizione nell’aula della Camera

Un qualcosa che ha irritato, anzi esasperato, lo stesso Bertinotti, fino a farlo esplodere, il 22 marzo, con queste parole che superano le stesse espressioni molto violente ascoltate in Parlamento: “Se tu stai parlando di un atto che fino all’altro ieri è stato considerato fondativo della Repubblica italiana, tu irrompi contro. Di fronte a questa aggessione io, che sono un non violento, avrei lanciato un oggetto contundente contro la presidente del Consiglio, facendomi espellere”.

E se poi ha cercato di ridimensionare dicendo che l'”oggetto contundente” sarebbe stato un libro – come Prodi che avrebbe appoggiato una mano sulla spalla della giornalista e non le avrebbe tirato i capelli – ha fatto bene il noto giornalista Giuseppe Cruciani a irriderlo replicando che non solo il “Manifesto” non è stato “fondativo” di nulla, ma che anche un grosso libro dalla rigida rilegatura può spaccare la testa, e altrettanto bene Nicola Porro a chiedergli dove voleva colpirla, se alla testa e se voleva vedere il sangue.

Il deputato del PD Federico Fornaro nel suo violemto intervento, culminato nel pianto finale

Anche questa smodata esasperazione di uno cone Bertinotti, “non violento” come Prodi, fa pensare a quel qualcosa di più sul piano ideologico che diventa fideistico con ececssi fondamentalisti. Qualcosa di fideistico c’era già stato nel “sogno” di Roberto Benigni, la trasmissione in onda su Rai 1, la rete ammiraglia della Rai, la stessa sera della replica della presidente Meloni alla Camera dei deputati con la sua famigerata citazione del “Manifesto” . Non un “sogno di prigioniero” – anche se era nella TV… meloniana – ma una evocazione ammirata del “Manifesto” lanciandosi nell’equiparazione a un altro testo sacro – ben prima di Prodi che ha citato il Corano, come abbiamo visto – freudianamente equiparandolo alla Bibbia, lui che aveva dedicato diversi anni fa ai “Dieci comandamenti”, oltre che alla Costituziione, memorabili trasmissioni.

Ha detto con il suo tono travolgente che negare il valore del “Manifesto” sarebbe come dire che “la Bibbia non vale niente perchè bisogna lapidare chi lavora il sabato e che il sole gira intorno alla terra, bisogna buttarla per questo?”. Dimenticando di aver affermato poco prima che l’idea fondamentale dell’unificazione dell’Europa era stata già evocata in precedenza da Einaudi ed altri, ma solo loro avevano trasformato un’inruizione in un programma politico, un vero progetto concreto. E proprio nel progetto concreto la Meloni ha affermato di non riconoscersi precisando anche il perchè con le famigerate citazioni delle parti da lei non condivise del “Manifesto” . Ma non è tanto questo che vogliamo sottolineare quanto l’equiparazione a un testo sacro, la Bibbia per Benigni, oltre al Corano per Prodi; mancano solo il Talmud e la Torah dgli ebrei e il Tripitaka dei buddisti!

Il prof. Romano Prodi nella sua reazione stizzita alla domanda della giornalista di Mediaset, per Rete 4

“Il Manifesto di Ventotene dalla storia alla cronaca” è il tema di questo nostro scritto, e della cronaca fa parte anche l’episodio che ha coinvolto il sempre pacato e riflessivo prof. Prodi, come le enfatiche evocazioni di Benigni. Come della cronaca fa parte l’iniziativa di una delegazione dei parlamentari del PD e AVS, “Italia viva”, e “+ Europa”, di recarsi a Ventotene sabato 22 marzo a deporre una corona sulla tomba del padre del “Manifesto”, Altiero Spinelli; iniziativa di per sè encomiabile se non fosse stata intrapresa per rimediare a quella che sembra sia stata considerata una profanazione nella conclusione della replica della Meloni, considerazione del tutto infondata, e non ripetiamo per l’ennesima volta il perchè, siamo anche qui nella sacralità….

Chiude la nostra cronaca la riproposizione di ieri, domenica 23 marzo, da parte di  “La Repubblica” , del “Manifesto di Ventotene” in allegato al quotidiano, facendo seguito a quanto fatto sabato 15 mrzo per la manifestazione romana a Piazza del Popolo lanciata dal suo Michele Serra cui Giorgia  Meloni si e’ riferita. Ecomiabile anche questa iniziativa, se non finalizzata a riproporre “quella Europa” nella quale la Meloni ha detto di non riconoscersi, e nella quale, negli aspetti estremi da lei richiamati, non si è poi riconosciuto neppure Spinelli, che non va strumentalizzato da epigoni prevenuti. Ed è stato pretestuoso rispolverare le poche righe di un suo tweet del 2016, nel quale attribuiva agli autori del “Manifesto” una maggiore conoscenza dell’Europa, per denunciarne l’incoerenza, 9 anni fa si riferiva al titolo e alla fama, ora ha dovuto verificarne il contenuto perchè esibito sulla piazza e in Parlamento quasi come programma da attuare nel rilancio dell’Europa. Nessuna incoerenza, ma consapevolezza.

Fausto Bertinotti, nel suo commento da “non violento”, immotivatamente esasperato

Considerazioni sul comportamento delle opposizioni senza logica oltre che fuori misura

La presidente, dunque, si è limitata ad esprimere la propria ferma opinione di non riconoscersi nell’Europa vagheggiata dal “Manifesto d Ventotene”, citandone i passi non condivosi con una posizione personale e politica senza alcuna condanna esplicita, mentre le parti estreme da lei lette furono sconfessate al ritorno alla normalità dagli stessi autori. E la Premier lo ha fatto dovendo dare una risposta dopo che il “Manifesto” e’ stato evocato quasi come guida attuale proponendolo nella sua interezza e non solo per il “sogno” europeista vagheggiato con ammirevole preveggenza 84 anni fa in una situazione drammatica.

Non sarebbe servito diffondere e sbandierare il lungo testo, ma solo il titolo e citarlo per sostenere l’esigenza di una politica comune con una difesa europea e una politica estera comune, indicate senza precisazioni nel documento, e non realizzate in una Unione europea oggi limitata alla integrazione economico-commerciale, solo parzialmente monetaria, e alla libera circolazione con interventi di solidarietà e riequilibrio resi minimi da un bilancio estremamente ridotto. Si sarebbe evitata la comtestazione degli elementi “rivoluzionari” e collettivisti dai quali è così lontana, felicemnte, l’attuale Unione europea.

Roberto Benigni nella trasmissione “Il sogno” su Rai 1, in cui ha ervocato con forza il “Manifesto”

Semmai andava considerata allarmante la demonizzazione della Russia come minaccia incombente da portare l’Unione europea al riarmo, da cui è nata  l’iniziativa della Commissione dell’Unione, ” Rearm Europe”,  oggetto della seduta parlamentare prima dell’incontro del Consiglio europeo. Sulla linea del “Manifesto di Ventotene” si dovrebbe allora pensare a farla entrare, nel tempo anche lungo necessario, nella Unione europea –  per impedire l’inevitabile guerra di una Stato sovrano non imbrigliato dal Superstato comunitario –  riproponendo, a crisi Ucraina conclusa e per favorirne la conclusione nella pace, l’inserimento nel G7 divenuto G8 quasi venti anni fa.

E questo per la lungimiranza dell’allora nostro premier Berlusconi; e soprattutto non ostacolando – come avviene colpevolmente oggi – i tentativi di giungere alla pace messi in atto dal presidente americano Trump per il pregiudizio politico ed ideologico che porta ad enfatizzare strumentalmente le sue “sparate” verbali, scambiandole per minacce omcomtenibili, invece di pensare a facilitarne l’azione meritoria quanto mai difficile, anche se svolta con i suoi metodi che possono sembrare discutibili, per usare un eufemismo.  Si risponderebbe così allo spirito più elevato del “Manifesto”, in una analoga utopia non irrealizzabile –  come è stata quella realizzata pur se con radicali correzioni – nel quale veniva  vagheggiata con forza l’Inione europea,  pur senza citarle, anche della Germania allora nazista, dell’Italia  allora fascista, della Spagna allora franchista..

La manifestazione per l’Europa a piazza del Popolo a Roma,, con al centro il “Manifesto”

Un interrogativo ai lettori, a chi attribuire la qualifica di “fascista” rivolta alla Meloni

Detto questo, in via del tutto ipotetica, torniamo con i piedi per terra e ci  avviamo a una semplice conclusione, Si è defiinita, in alcuni interventi dell’opposizione, ” fascista” la presidente Meloni accusandola di aver calpestato la ” Costituzione antifascista” con la sua citazione di alcuni brani del “Manifesto”, peraltro testuale con il solo commento che quella ivi delineata , non e’ la sua Europa.

E la gazzarra indecorosa in Parlamento,  sempre dell’opposizione,  ha impedito quasi fisicamente di proseguire la seduta. Ricordiamo che la sempre citata, on sempre a proposito, ” Costituzione antifascista” tutela come massimo valore, proprio in reazione al fascismo e ad ogni altro autoristarismo, l’ assoluta libertà di esprimere il proprio pensiero assicurata a tutti senza discriminazioni, tanto meno, non servirebbe precisarlo, per il Capo del governo nella sede istituzionale più sacra.

A piazza del Popolo il palco con il promotore Michele Serra, dietro lo slogan “L’Europa siamo noi”

La  leader del PD . Elly Schneil, nella sua invettiva, ha accusato la presidente del Consiglio di fare una cosa molto grave sviando l’attenzione, quando la Meloni ha parlato del “Manifesto di Ventotene” Ventotene nei pochissimi minuti finali dopo quaranta minuti dedicati ai temi europei; mentre chi ha realmente… sviato l’attenzione addirittura impedendo di proseguire la discussione in Aula, sono stati i parlamentari del suo gruppo e il resto dell’opposizione con l’indegna gazzarra che hanno inscenato. Non solo, ma ha anche detto che la presidente del Consiglio non poteva permettersi di parlare così dei personaggi sacrificati al confino che hanno scritto la nostra Costituzione – forse, commentiamo, in senso figurato, non essendo stati tra i Costituenti –   aggiungendo che colpevolmente non vuole dichiararsi “antifascista”.

Mentre il capogruppo del suo partito al Senato, Francesco Boccia, sulla sua stessa linea,  ha così sentenziato: “La destra parlando in questo modo di Ventotene non si riconosce nella nostra Costituzione”  Parlando in questo modo vuol dire dichiarando di non riconoscersi nell’Europa prefigurata in quel documento di oltre 80 anni fa, su cui non hanno insistito neppure i suoi autori, per gli aspetti illiberali e antidemocratici, quando la proprietà privata è garantita eccome dalla nostra Costituzione, non certo da abolire o ammettere “caso per caso” come è scritto nel “Manifesto”, per fermarci qui senza citare gli altri passaggi visibilmente antidemocratici.

I sindaci accorsi a piazza del Popolo, sul palco con lo slogan “Tante città, una piazza per l’Europa”

Allora   è fuori dalla Costituzione chi esprime liberamente il proprio pensiero, tanto più nelle aule parlamentari? Oppure chi contesta questo diritto anche impedendo fisicamente la discussione? A questo punto,  per quanto avvenuto, si pone l’interrogativo su chi ha calpestato la “Costituzione antifascista” .  Perché  coloro  che lo hanno fatto sono, loro si, ” fascisti”. Poniamo l’interrogativo al termine  della nostra  ricostruzione – che abbiamo cercato di fare senza pregiudizi, stando ai fatti e alle motivazioni – di un evento molto particolare, e intrigante perché molto significativo, che ha agitato il mondo politico e l’informazione in questa settimana così  tesa e inquieta su tanti fronti,  dalle guerre in Ucraina e nel Medio Oriente, al timore per i dazi che verrebbero imposti dagli Sttai Uniti di Trump dal 2 aprile se non verranno scongiurati, a emergenze climatiche e difficoltà economiche.

 Non rispondiamo, noi che siamo i cronisti, all’interrogativo che abbiamo posto, lasciamo la risposta  ai lettori interessati che hanno avuto la pazienza di arrivare fino in fondo a questo lungo scritto. Chiudiamo con le quattro parole che abbiamo posto alla fine di recenti nostri commenti  su posizioni e fatti politici contigui a questo che abbiamo commentato oggi, parole che ci sembra calzino veramente a pennello: “Il mondo alla  rovescia”.

La demonizzazione della presidente Giorgia Meloni per la sua libera opinione

Info

Gli scenari di fondo della rievocazione storica e del resoconto della cronaca sono l’isola di Ventotene, l’Aula della Camera dei deputati, piazza del Popolo a Roma, con cenni ad interventi esterni, le immagini faranno ambientare nel viaggio appassionato del testo. Fuori da questo contesto, citiamo i nostri precedenti articoli sull’isola di Ventotene e su quella vicinissima di Santo Stefano, pubblicati alcuni anni fa in occasione di viaggi sulla barca di un caro amico, con la descrizione dei luoghi nelle circostanze speciali dei visggi stessi e, per Santo Stefano, con la ricostruzione della storia del penitenziario ora in via di trasformazione in una sede di studi europeo ititolata a David Sassoli, presidente del Parlamento europeo prematuramente scomparso; li abbiamo ripubblicati nel 2022 e 2023, in memoria dell’amico Ciro Soria che mi aveva ospitato nella sua barca, anch’egli scomparso. Cfr., dunque, gli articoli in questo sito: per Ventotene, Villa Giulia a Ventotene, la capacità umana di far soffrire anche in Paradiso 4 giugno 2022, “Sul mare”, il film di D’Alatri su Ventotene, un’emozione senza fine 4 maggio 2023, e Ischia, festa di Sant’Anna, il Palio dei carri di Tespi 2009, 22 aprile 2023; sulla vicina isola di Santo Stefano: Santo Stefano, 1. Archeologia carceraria del penitenziario-teatro, 2 giugno 2022, e Santo Stefano, 2. Le storie dei reclusi nel penitenziario-teatro 3 giugno 2022. Aggiungo – tale è stato il legame con l’amico Ciro,al quale collego le mie visite a Ventotene, di cui agli articoli sopra ricordati – la citazione dei due articoli rivolti alla sua memoria: “Ciro Soria, buona navigazione Lassù, nellalto dei cieli!” 21 aprile 2023, e “Ciro Soria, 40 anni di matrimonio con il sostegno a Ibby” 23 aprile 2023.

Photo

Le immagini seguono la successione dei temi del testo, prima la rievocazione del “Manifesto di Ventotene”, che viene resa visivamente con le immagini dei protagonisti al confino – Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorno, e altri confinati, alcuni con loro, altri in folto numero – alternate a immagini dei luoghi, sia pure nello stato attuale e non quello di allora, per dare una idea dell’ambiente, con i due autori principali del “Manifesto” anche nel dopoguerra insieme con Einaudi, e due Lapidi che ne celebrano la lungfimirante visione europea. Poi la scena si sposta in Parlamento, alla Camera con la presidente Meloni ripresa mentre cita in modo critico alcuni passi del “Manifesto” suscitando forti proteste dell’opposizione evidenziate da una immagine con alcuni parlamentari che inveiscono protendendo le braccia, l’altra con il deputato Fornaro nella sua invettiva conclusa nel pianto; a queste sono collegate le immagini di due personaggi che hanno citato entrambi polemicamente dei testi sacri, Prodi e Benigni, tra loro Bertinotti per il suo commento, inatteso nella sua violenza Quindi si cambia di nuovo scena, tre immagini sulla manifestazione a Piazza del Popolo a Roma, la prima dall’alto sulla piazza stracolma, le altre due recano bene in vista le grandi scritte con gli slogan, una con il promotore Michele Serra, l’altra con i molti sindaci in fascia tricolore. Infine una immagine evocativa della demonizzazione della presidente Meloni e, in chiusura, l’omaggio di tre partiti di opposizione PD, AVS e “+ Europa” alla tomba di Altiero Spinelli a Ventotene, quasi per una riparazione. Le immagini sono state tratte dai siti di seguito citati , i cui titolari si ringraziano dell’opportunità offerta. Si precisa che sono inserite a mero scopo illustrativo, senza alcun intento di natura pubblicitaria e nessun riflesso di natura economica, aggiungendo che qualora la pubblicazione della foto non fosse gradita a qualche titolare del sito, basterà farlo presente mediante un post “on line” nello spazio dei commenti e verrà immediatamente eliminata. I siti sono i seguenti, nell’ordine di inserimento delle immagini nel testo: patria indipendente, il manifesto, turismo pontino, il manifesto, latina 24 or, lanterna, l’isola di dante, CMLC, vedi lazio, rivoluzione, etruria news, il giornale, think, patria indipendente, avvenire, il sole 24 ore, corriere romano, bubino blog altervista, la repubblica, rai play, la repubblica, la repubblica, il quotidiano news, la voce del serchio, rai news. Di nuovo, grazie a tutti.

L’omaggio ad Altiero Spinell con la deposizione di una corona sulla sua tomba a Ventotene, da parte del PD, con AVS e “+ Europa”, in fondo gli on. del PD, , a sin. Zingaretti, a dx Provenzano,