Il generale libico Almasri, arrestato e scarcerato, espulso e rimpatriato: dal “pasticcio” al capolavoro

di Romano Maria Levante

Non è “ultroneo”, come dicono i giuristi, tornare in un sito culturale come questo – oggi 26 marzo, nel giorno del voto sulla mozione di sfiducia al ministro della Giustziz Carlo Nordio – sull’evento che ha scosso la politica italiana: l’”affaire” del generale  Osama Elmasry, noto come Almasri,  Capo della polizia giudiziaria e al comando di due “milizie di sicurezza” in un paese come la Libia, verso il quale l’Italia è esposta per i nostri concittadini che vi lavorano, per gli impianti di idrocarburi dell’ENI  che ci riforniscono di energia e per essere una delle basi più utilizzate dai migranti che con barconi fatiscenti cercano di raggiungere le nostre coste.

Su questi “fronti”,  per l’Italia molto delicati,  operano le milizie comandate dal generale Almasri, adibite appunto alla sicurezza, in particolare quella delle carceri. Nelle  carceri libiche, considerati veri e propri lager, sarebbero stati compiuti per molti anni  in modo continuato  gravi reati,  per i quali  è stato richiesto dalla Corte penale internazionale con sede all’Aja, l’arresto provvisorio del generale Almasri che le controlla, per processarlo delle  torture, stupri, violenze efferate,  fino agli assassinii a lui imputati. Sono reati orribili per i quali finora, va precisato, viene accusato sulla base di precise testimonianze delle vittime, ma non ha avuto condanne.

ll generale libico Osama Almasri, Capo della Polizia giudiziaria,
comanda due “milizie di sicurezza”, arrestato e scarcerato, espulso e rimpatriato

A tal fine, la Corte penale int.le ha emesso un mandato di arresto appena Almasri è giunto in Italia, arresto subito eseguito a Torino, ma poi vi è stata la scarcerazione per una serie di complicazioni del normale iter, definito un “pasticcio”, e infine la sua espulsione e rimpatrio con un aereo di Stato dei nostri Servizi segreti.

Su tutto questo si è scatenata l’opposizione – con la  stampa e le televisioni ostili al Governo –  che, insoddisfatta delle spiegazioni  fornite nell’apposita informativa parlamentare dai ministri competenti, Carlo Nordio della Giustizia e Matteo Piantedosi degli Interni, ha presentato al Parlamento una mozione di sfiducia verso il ministro Nordio considerato  responsabile di aver sottratto alla Corte penale int.le, riportandolo per di più al suo paese con un aereo di Stato speciale recante il tricolore in bell’evidenza, un soggetto chiamato sempre “torturatore, stupratore, assassino, ecc.”, anche dai garantisti sebbene – va ripetuto – i reati di cui è accusato siano gravissimi, con testimonianze molto serie, ma non ancora processato né condannato.

I cartelli dei senatori del PD con foto del carcere libico, al centro il capogruppo sen. Francesco Boccia

Introdotta molto sommariamente l’intricata questione, diciamo intanto il motivo per cui consideriamo appropriato che il nostro sito culturale se ne occupi. Perché al di là degli aspetti strettamente giuridici nei quali rientrano anche le garanzie che il sistema assicura sul piano della libertà personale, sono in gioco valori morali e interessi nazionali, in un intreccio che suscita profonde riflessioni se si vuol fare una valutazione serena.

La serenità finora è mancata, dinanzi alla più faziosa prevenzione, tanto è vero che è stata trasmessa al Tribunale dei Ministri una denuncia a seguito della quale i due ministri competenti, della Giustizia e degli Interni, il sottosegretario alla Presidenza con delega ai Servizi segreti e la Presidente del Consiglio, sono stati accusati di favoreggiamento, peculato e omissione di atti di ufficio; seguita da un’altra denuncia di un migrante ugualmente inoltrata subito al Tribunale dei Ministri. Oltre alla denuncia dinanzi al Parlamento europeo, in una  polemica politica quanto mai aspra e violenta, nella quale sono volati insulti indegni da parte dei leader dell’opposizione. Che un atto di governo con ripercussioni internazionali possa subire un simile “trattamento” in Parlamento appare perlomeno singolare, come la strumentalizzazione che ne è stata fatta a fini meramente partitici.

I ministri della Giustizia Nordio e dell’Interno Piantedosi nell’informativa in Parlamento

La precisa sequenza dei fatti  di quello che è stato definito un “pasticcio”

Iniziamo  con i  dati forniti nella informativa parlamentare, dal Ministro della giustizia Nordio, con assoluta precisione, citando date ed ore, in una sequenza incalzante. Mandato di arresto emesso dalla Corte penale int.le sabato 18 gennaio, eseguito a Torino domenica 19 gennaio alle ore 9,30;  notizia informale dell’arresto trasmessa al Ministero della giustizia  via e mail nella stessa domenica 19 alle ore 12,37 da un funzionario dell’Interpol, comunicazione considerata “assolutamente informale, priva dei dati identificativi e priva del provvedimento in oggetto e delle ragioni sottese. Non era nemmeno allegata la richiesta di estradizione”.

Lunedì 20 gennaio, alle ore 11,40, il Procuratore della Corte d’Appello di Roma, come organo competente, ha trasmesso  al Ministero della giustizia l’atto definito “complesso carteggio”, sembra di circa 40 pagine in inglese con allegati in lingua araba, ed è restato in attesa.  Non avendo ricevuto risposta, la mattina di martedì 21 gennaio, il Procuratore ha chiesto la scarcerazione del soggetto avendo ritenuto “irrituale” il suo arresto mancando l’impulso in tal senso del Ministro della Giustizia, scarcerazione decisa dalla Corte d’appello di Roma;  ne è seguita l’espulsione disposta dal Ministro dell’Interno, per interesse nazionale e motivi di ordine pubblico, eseguita in giornata con il rimpatrio per mezzo di aereo di Stato, in particolare dei nostri Servizi segreti.  

Il ministro Carlo Nordio, nella sua dettagliata esposizione

Un “ pasticcio”,   in primis  creato dalla Corte penale int.le che non ha fatto le notifiche giuste nei tempi giusti di un provvedimento anch’esso  “pasticciato”, con gli  effetti che ne sono derivati.-Cercheremo di spiegarlo evitando  giudizi spesso frutto di prevenzione mista e superficialità.  A parte il pur fondamentale vizio iniziale della trasmissione tardiva del mandato di arresto integrale al Ministero della Giustizia –  non sabato 18 ma lunedì 20 nella tarda mattinata –  dalla sequenza descritta è indubbio che il momento culminante è stata la scarcerazione alla quale è seguita l’espulsione  e il doveroso rimpatrio  con aereo di Stato, come avviene sempre nei casi di questo tipo, tanto più che viene definito “torturatore, stupratore, assassino, ecc.” di migranti nelle carceri libiche controllate da lui con la  “milizia di sicurezza” di cui è comandante.

La sua permanenza in Italia, una volta scarcerato,  avrebbe potuto comportare gravi problemi  di ordine pubblico  perché si rischiava che quei  migranti presenti nel nostro paese, i quali  dichiarano di aver subito torture nella permanenza nella famigerata  prigione  libica da lui controllata, potevano vendicarsi sul “torturatore” con azioni pericolose;  e ne abbiamo avuto conferma nella denuncia di uno di loro,  presentata contro gli  stessi Ministri e la Presidente del Consiglio, trasmessa al Tribunale dei Ministri, e nella  denuncia di un altro migrante alla Corte penale int.le contro l’Italia per non aver consegnato alla giustizia il suo “torturatore”.  

Il ministro Matteo Piantedosi, nella sua sintetica esposizione

La scarcerazione, secondo la  Corte d’appello di Roma che l’ha disposta, è stato un “atto dovuto” – per la “irritualità” dell’arresto in assenza dell’impulso iniziale a cui  avrebbe dovuto provvedere  il Ministro della Giustizia – che andava effettuato allorché è stata constatata  l’assenza dell’intervento richiesto al Ministro, il quale  avrebbe dovuto legittimare la detenzione sanando il vizio di origine;  intervento, però, mancato.  

Considerando la tempistica prima riportata, il Ministro nel solo pomeriggio di lunedì 20 che aveva a disposizione – dopo la   trasmissione alle 11,40 di tale giorno  al Ministero da parte della Corte d’Appello del “complesso carteggio”  che abbiamo citato – avrebbe dovuto  fare le valutazioni a lui spettanti in un tempo così ristretto, e al riguardo ha aperto l’intervento dicendo: “Non sono un passacarte”. E  martedì 21 alle 16 del pomeriggio ha risposto alla Procura che “considerato il complesso carteggio, il Ministro sta valutando la trasmissione formale della richiesta della CPI al Procuratore generale di Roma, ai sensi dell’articolo 4 della legge 237 del 2012”.

Il deputato di 5 Stelle on. Federico Cafiero De Raho, nell’intervento da ex magistrato, criticato nel testo

Ma già la Corte d’Appello di Roma competente, su richiesta della Procura con assenso della Procura generale, in mattinata  aveva deciso con ordinanza l’immediata scarcerazione di Almasri, con una rapidità che non può non sorprendere,  dato che era stata la Procura  stessa a trasmettere al Ministero il “complesso carteggio”di 40 pagine in inglese,  con allegati in arabo, nella tarda mattinata del giorno precedente.

E avendolo trasmesso integralmente, e non solo nel dispositivo, sembra evidente che lo abbia fatto perché fosse valutato, altrimenti sarebbe bastato fornirne soltanto gli estremi. E non poteva non rendersi conto del tempo necessario data la sua complessità che conosceva, e comunque avrebbe dovuto informare il Ministro che si stava per scarcerare Almasri perché  detenuto “irritualmente” se non provvedeva, cosa che sembra non sia stata fatta.

Cartelli in aula con i crimini nel carcere libico, del partito AVS, con i leader Fratoianni e Bonelli

La nullità del mandato di arresto, esaminato senza il tempo per contattare  la Corte penale int.le

Andiamo oltre queste pur evidenti e importanti anomalie nei tempi  e nei modi,  per il momento,  ed entriamo nella sostanza seguendo ancora l’informativa del Ministro Nordio al Parlamento con le spiegazioni da lui fornite.  Non avrebbe potuto dare l’impulso a lui  richiesto per regolarizzare l’arresto, e quindi evitare la possibile scarcerazione – peraltro a lui non segnalata –  perché nella valutazione che stava svolgendo in tempi pur così ristretti, aveva riscontrato gravi anomalie nell’atto trasmessogli dalla Corte d’Appello –  dal difetto di giurisdizione agli errori  negli anni dei reati, di per sé invalidanti –  che a suo avviso lo rendevano nullo.

E non ha potuto attivare l’interlocuzione con la Corte penale int.le perché, quando è giunto alle conclusioni cui si è ora accennato nelle sue valutazioni, la Corte d’Appello di Roma, su richiesta della Procura, con assenso della Procura generale, aveva già scarcerato il soggetto, che tornava in volo in Libia sull’aereo di Stato, dopo l’espulsione immediata disposta dal Ministro dell’interno, per cui non si poteva più sanare il vizio di origine per mantenerlo in stato di arresto.  

La leader del PD, on. Elly Schlein, nel suo intervento

Nei casi di libertà personale anche i vizi formali  sono decisivi, si pensi alle sentenze che la Corte di Cassazione ha annullato in passato vanificando maxi processi con molte diecine di  imputati e anni di udienze, rimettendo in libertà pericolosi capi mafiosi, magari per irregolarità della notifica agli imputati e difensori, o per mancanza del titolo di studio richiesto da componenti la giuria popolare. Quindi,  come poteva il Ministro, con la sua esperienza di magistrato procuratore per 40 anni, saggista su questioni processuali, quindi con un’alta competenza, tradire le sue onvinzioni giuridiche sul piano generale con forti perplessità sul piano specifico?

Su questo piano, tra l’altro, le perplessità sono state considerate fondate dalla stessa Corte penale int.le che circa cinque giorni dopo aver emesso l’atto di arresto la ha sostituito con un altro atto nel quale ha corretto gli errori  invalidanti riscontrati dal Ministro, ed è stato  approvato a maggioranza di 2 a 1 dai tre componenti la Corte, perché una componente ha continuato ad eccepire la carenza di giurisdizione. Questo non incide  sulla validità del provvedimento  preso a maggioranza, com’è assolutamente ovvio, ma  rende comprensibili e non infondate le perplessità del ministro  Nordio su tale aspetto, perché espresse e messe a verbale dalla stessa Corte.

La conferenza stampa con i migranti dalla Libia che hanno denunciato i crimini del generale Almasri

Andiamo ora al momento culminante e alla decisione chiave, cioè la scarcerazione, per poi approfondire le questioni sollevate con un provvidenziale ausilio; in conclusione, considerazioni che vanno oltre il campo giuridico e processuale e si pongono  nella visione complessiva anche culturale che maggiormente interessa.

La frettolosa scarcerazione, decisione chiave. Era  obbligata? I primi dubbi.

Si pone subito un interrogativo. Era necessario scarcerarlo così presto, come ha dichiarato la Corte d’Appello di Roma nell’Ordinanza emessa  su richiesta della Procura, d’intesa con la Procura generale? Non ci permettiamo con le nostre modeste  e molto lontane conoscenze giuridiche di giudicare tale pronuncia, occorrono specialisti. Pur rinunciando ad esprimerci in via personale, ci sentiamo di dire che siamo stati colpiti dalla motivazione non riferita a una regola specifica, ma all’assenza di normativa, dove afferma che “la  procedura di applicazione della misura cautelare… deve  inequivocabilmente accedersi al principio ubi lex voluit dixit, in virtù del quale l’arresto d’iniziativa della polizia giudiziaria nella procedura di consegna su mandato della Corte p.i. deve ritenersi escluso in quanto non espressamente previsto dalla normativa speciale “.

Una prima immagine delle carceri-lager libiche, in primo piano un sorvegliante

Ben sapendo che vige l’analogia e altri modi, anche sotterfugi, adottabili per evitare la frettolosa immissione in libertà di soggetti arrestati perché pericolosi, ci chiediamo come mai si è operato così rapidamente con un soggetto accusato di reati gravi e numerosi motivando la decisione con il “broccardo” latino citato? Proprio questa nostra percezione, pur se superficiale, ci ha fatto venire dei dubbi e indotto a cercare qualche conferma.

E questo dopo aver considerato anche altre  parole della motivazione della Corte d’Appello conforme al giudizio della Procura generale secondo cui “la restrizione della libertà personale operata dalla Digos in via precautelare non sarebbe prevista dalla legge 237/2012, essendo preclusivo il silenzio del Ministro della Giustizia, debitamente e prontamente informato del fermo”;  di qui la scarcerazione,  considerata atto dovuto.

Il leader di “5 Stelle”, on. Giuseppe Conte, nel suo intervento

Si deve “inequivocabilmente” accedere al “broccardo”, pardon, al principio, in base al quale la scarcerazione era inevitabile per il silenzio “preclusivo” del Ministro pur informato “debitamente e prontamente”? Se le cose stessero così sarebbe comprensibile che a Nordio vemisse attribuita la colpa del ritorno in libertà del “torturatore, stupratore, assassino, ecc.” , per di più riportato con aereo di Stato in Libia dove potrebbe continuare  a commettere i suoi efferati  crimini contro vittime inermi, come viene lamentato all’infinito. Noi abbiamo già convenuto che il Ministro non poteva avallare un atto la cui valutazione rientrava nelle sue facoltà, avendolo  ritenuto nullo senza interloquire con la Corte penale int.le mancandone il tempo non per sua inerzia.  

Ma questa nostra convinzione  conterebbe poco se non avessimo trovato un’ analisi giuridica approfondita, dal titolo”La scarcerazione del generale libico Elmasry. nota critica alla interpretazione resa dalla Corte di appello di Roma sull’art. 11 della legge di cooperazione tra l’Italia e la Corte penale internazionale”, pubblicata il  27 gennaio 2025 sul sito molto qualificato “Sistema penale”.

Uno dei due migranti dalla Libia che ha testimoniato i crimini del generale Almasri nel carcere

E’ chiamata “scheda”,  ma sono ben 10  pagine molto fitte, di 45 righi l’una con 100 battute a rigo, la metà circa con l’analisi giuridica, l’altra metà con le norme specifiche, in particolare su “Applicazione della misura cautelare ai fini della consegna” e  “Attribuzioni del Ministro della Giustizia”,  “Procedure per la consegna” e “Norme applicabili”, infine “Arresto da parte della polizia giudiziaria”: un ausilio notevole per chi volesse farsi una propria idea indipendentemente dal testo con le valutazioni dell’esperto.

Si tratta di un saggio molto ampio, uno studio approfondito il cui autore, Giulio Vanacore, si chiede se l’orientamento espresso in modo netto dalla Corte d’Appello di Roma e dalla Procura con la Procura generale – che ha portato a scarcerare l’accusato – fosse “l’unico ammissibile alla stregua degli ordinari canoni ermeneutici”. E lo nega con argomentazioni precise, dimostrando la propria contrarietà con riferimenti appropriati alla normativa. Si tratta di un magistrato particolarmente esperto, con dottorato in materia internazionale e diversi saggi pubblicati proprio su Statuto e regole della Corte penale int.le e della Corte di giustizia sull’ex Jugoslavia   Abbiamo attinto alla sua analisi riportando diversi passaggi testualmente per non rischiare equivoci, ma è molto più penetrante  e circostanziata di quanto possa risultare dalla nostra sintesi estrema  che può sembrare lunga e pedante, ma trae l’essenziale da un testo notevolmente più ampio e accuratamente argomentato.

Una seconda immagine delle carceri-lager libiche

Le conclusioni sorprendenti di un magistrato, grande esperto della Corte penale int.le

Già dal titolo sopra riportato del saggio la grande sorpresa, ma la critica riguarda oltre alla Corte d’appello di Roma, anche la semplicistica “vulgata”  dell’opposizione che dà al Ministro della Giustizia colpe inesistenti, con annesso insulti vergognosi. Per cominciare, si afferma che la norma tanto citata, legge 237/2012, “non prevede, nel tenore letterale della disposizione, alcun potere di impulso o di iniziativa in capo al Ministro della Giustizia in tema di esecuzione di un ordine di carcerazione (preventiva a seguito di mandato o definitiva a seguito di condanna). Il legislatore del 2012 pare invece aver voluto concepire una procedura completamente ‘giurisdizionalizzata’, senza un’autentica facoltà di veto paralizzante o di impulso inevitabile in capo all’autorità governativa”.

Il ruolo attribuito al Ministero della Giustizia riguarderebbe soltanto la ‘ricezione degli atti’ da parte della Procura Generale di Roma, “unico organo competente a richiedere la custodia cautelare di un soggetto ricercato dall’autorità giudiziaria internazionale. E tuttavia non è prescritto che tale ricezione, in favore della Procura Generale, debba necessariamente provenire dal Ministero”, ma può venire, “come è stato nel caso di specie”, da altre fonti, dall’Interpol all’Ambasciata.”In  definitiva – ribadisce Vanacore – la norma non impone letteralmente né un potere di impulso, né una possibilità di veto, e nemmeno una formale ed indispensabile previa interlocuzione tra la Procura italiana ed il Ministero della Giustizia, al fine di provvedere alla custodia dell’indagato internazionale”.

Il leader della “Sinistra italiana” on. Nicola Fratoianni, alla sua sin. il leader dei Verdi on. Bonelli, di AVS

Sempre secondo l’autore citato – cui continuiamo a fare riferimento essendo specializzato  nella materia –   non deve sviare il fatto che la legge sopra ricordata nelle disposizioni generali all’art. 2 indica “un generale diritto-dovere di costante dialogo e di cura esclusiva dei rapporti con la Corte da parte del Ministro della Giustizia. Egli è colui che tiene le fila delle relazioni con la Corte Penale Internazionale”. Questo riguarda rogatorie e citazioni, assunzione di prove ed altri atti, “e  tuttavia tale norma non appare incidere sul diverso meccanismo, d’altronde disciplinato da una norma ad hoc in un capo distinto della legge (il Capo II denominato proprio ‘Consegna’) che, in via appunto di previsione speciale, regola l’arresto di un ricercato o la carcerazione di un condannato. L’art. 11 non ripete la designazione, propria dell’art. 2 (disposizione nemmeno richiamata dall’art. 11), in capo al Ministro quale soggetto unico legittimato al dialogo con la Corte”.

E ribadisce  così quanto possa essere poco chiaro nel riferimento ai due diversi articoli della normativa: “Quando è in gioco il fermo dell’indiziato, destinatario di un mandato di arresto internazionale, ovvero del condannato in via definitiva dai giudici dell’Aja, la Procura Generale… può chiedere, una volta acquisiti (da qualsiasi fonte) gli atti, la custodia del ricercato, in attesa di procedere alla materiale consegna in favore della Corte Penale Internazionale”.E gli atti, nel caso in specie, la Procura li aveva al punto di trasmetterli essa stessa al Ministero della Giustizia nella tarda mattinata di lunedì 20 gennaio.

L’altro migrante dalla Libia che ha testimoniato i crimini del generale Almasri, con successiva denuncia

Ma non finisce qui: “Solo nella fase successiva al perfezionamento della custodia, a seguito anche di eventuale impugnazione innanzi alla Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 11 comma 2, e in questo ultimo caso dopo il negativo esperimento del ricorso, riemerge un ruolo del Ministro, che deve adottare, ai sensi dell’art. 13 comma 7, il decreto di definitiva consegna dell’arrestato in favore dei giudici dell’Aja”.Siamo ben al di là dei due giorni di detenzione del generale libico cui è seguita la fulminea scarcerazione: “Trattasi però di un segmento procedurale successivo al consolidamento della custodia e non paiono comunque residuare margini di discrezionalità politica nella scelta di adozione di detto decreto da parte dell’autorità governativa, che si atteggia dunque, secondo la complessiva impostazione legislativa del 2012, quale mero esecutore, in guisa ‘notarile’, di deliberazioni giurisdizionali”. Ma solo in questa fase finale, la Cassazione, di un procedimento estremamente lungo.

Per concludere: “Prima di questo stadio, evidentemente conclusivo ed inerente al trasferimento personale del fermato, l’art. 11, si ribadisce, scolpisce una procedura che coinvolge unicamente la Procura Generale quale polo istante e la Corte di Appello quale terminale decisionale della custodia”. E ancora: “Non pare corretto coinvolgere, nella disciplina ‘chiusa’ dell’art. 11, una norma, quella di cui all’art. 2, che, seppur si intenda definire ‘generale’, non può costituire l’oggetto di un anomalo rinvio recettizio nella disposizione speciale che regola la procedura in materia di custodia personale e consegna”.

il leader di “Azione”, on. Carlo Calenda

Più chiaro di così, anche nel riferimento normativo!   Lo “stadio” che viene citato, non riguarda lo stadio di Torino dove Almasri ha assistito alla partita Juventus-Milan, da tifoso juventino prima di essere arrestato in albergo il mattino  successivo, ci sia consentita questa banale battuta di alleggerimento da una pesantezza però inevitabile…. A parte la battuta, le conclusioni dell’autore contrastano con  l’interpretazione della Corte d’Appello di Roma anche sulla presunta “irritualità” dell’arresto da parte della polizia attivata dalla Digos, su mandato proveniente dalla Corte penale int.le, che ha portato alla rapida scarcerazione. 

Infatti viene sottolineato l’assurdo che gli organi di polizia, pur informati come nel nostro caso della presenza del ricercato su mandato della Corte penale int.le, “non avrebbero alcuna facoltà (o dovere) di arresto precautelare, dovendo sul punto attendere l’istanza di custodia della Procura Generale di Roma”; la quale, a sua volta, dovrebbe sempre essere “preceduta da un qualche atto di iniziativa del Ministro della Giustizia, del quale però dovrebbero esser tracciati i termini di forma e contenuto minimi”-

Una terza immagine delle carceri-lager libiche

Ne deriva che non sarebbe possibile trattenere in via coattiva l’indagato o il condannato senza un provvedimento, proveniente dalla Corte di Appello di Roma, che dovrebbe essere attivato dal Ministro della Giustizia con pericolo di fuga dei soggetti ricercati pur ben individuati. La Corte d’Appello non ritiene che “il vuoto di disciplina possa esser colmato dal generale rinvio che la l. 237/2012 compie in favore della normativa codicistica in punto di estradizione. In particolare non reputa possa applicarsi, in virtù del richiamo alle disposizioni del codice di procedura penale dettato dall’art. 3[ per quanto non specificamente previsto dalla legge sulla cooperazione, l’art. 716 c.p.p., in punto proprio di applicazione della misura precautelare anche ai ricercati della Corte dell’Aja”.

Questo convincimento della Corte d’Appello di Roma – che lo motiva in modo perlomeno astruso – viene contestato su tutta la linea: “Invece la disciplina sull’arresto precauzionale è una regola di sistema tanto più suffragata dalle norme per  l’estradizione e non vi è nessun silenzio della legge che nel nostro caso legittimi la scarcerazione quale polo istante e la Corte di Appello quale terminale decisionale della custodia”.  Il riferimento corretto viene ribadito essere alla “disciplina ‘chiusa’ dell’art. 11”, come norma “speciale” che si applica nel caso di “custodia”, al posto dell’art. 2 che è norma “generale” non applicabile esistendo la suddetta norma “speciale”.

Il leader di “Italia Viva”, sen. Matteo Renzi, nel suo intervento

E comunque taglia la testa al toro la conclusione secondo cui “pur a fronte di un arresto di polizia ritenuto illegittimo, la custodia possa comunque esser richiesta e ammessa, così in sostanza assicurando il trattenimento in attesa della consegna alla Corte Penale Internazionale, così scongiurando il concreto pericolo di fuga dell’indiziato, e persino del condannato in via definitiva, di genocidio, crimini contro l’umanità o crimini di guerra”. Si resta senza parole, chiarissimo! La reiterazione di “così” due volte da parte dell’autore, sembra volerne sottolineare la conclusione.

Dopo l’autorevole conclusione del magistrato specialista,  le nostre modeste considerazioni

Siamo tornati così allo stupore che ci aveva suscitato il broccardo “ubi lex voluit dixit” – con il correlativo sottinteso, “ubi non dixit, non voluit” – dal quale è nato l’approfondimento per il quale ci siamo riferiti al saggio di Vanacore su “Sistema penale”. Ma non intendiamo sostenere  che questa è l’unica interpretazione valida, non siamo in condizione di dirlo, possiamo soltanto fare qualche considerazione di buon senso che ci fa apparire sensato quanto osservato dal giurista. Infatti,  se fosse “atto dovuto”  la trasmissione automatica dell’ordine di arresto della Corte penale int.le, perché farlo attraverso il Ministro della Giustizia che è organo politico, e non attraverso l’Interpol, la magistratura o la polizia?

ll leader di “+ Europa”, on. Riccardo Magi, nel suo intervento

E se il Ministro, pur essendo organo politico, non può entrare nel merito del provvedimento, ma solo far eseguire l’arresto, perché trasmettergli invece del semplice dispositivo, il “complesso carteggio” , allegati compresi, se non per farglielo esaminare? Domanda che abbiamo già avanzato, ma ci sentiamo di doverla ripetere. E allora dovevano dare al Ministro il tempo occorrente, anche per poter interloquire con la Corte penale int.le, se necessario, cosa impossibile dati i tempi così ristretti per una scarcerazione che poteva non avvenire, anzi non doveva avvenire seconda le conclusioni dell’autore del saggio giuridico cui abbiamo fatto riferimento.  

Non abbiamo la presunzione  di dire ciò che andava e non andava fatto, ma possiamo rilevare che  il Ministro della Giustizia, con il Ministro dell’Interno, ha ricostruito i fatti e spiegato le motivazioni dei comportamenti, e così ha fatto la Corte d’Appello di Roma competente dei rapporti con la Corte penale int.le. Tutte le istituzioni  hanno operato in buona fede in base alle proprie valutazioni, di cui hanno assunto la responsabilità, in un campo controverso, aperto a diverse, legittime  interpretazioni, come avviene nel diritto; e noi abbiamo riportato una interpretazione affidabile perché ben motivata  da un giurista specializzato nella materia.  Non si possono sputare sentenze superficiali, neppure dai politici che si sono arrogati giudizi apodittici in un campo opinabile.

L”esibizione all’esterno, dopo la seduta in Parlamento, di cartelli dei leader AVS, Fratoianni e Bonell

La “requisitoria” apodittica del parlamentare di 5 stelle, l’ex magistrato De Raho

Non vale la pena di considerare le accuse al Governo su questo caso da parte dei leader politici dell’opposizione, precostituite e infarcite di insulti, ripetiamo vergognosi, gravemente offensivi per Istituzioni e Parlamento; inseriamo nel testo solo le immagini dei loro interventi e dei cartelli esibiti quasi fossero allo stadio, che si qualificano da soli. Ci ha sorpreso, però – data la sua caratura personale e il non essere “politico di professione” – la “requisitoria” in Parlamento del deputato di 5 Stelle, on. Federico Cafiero De Raho, già Procuratore nazionale antimafia, che ha accusato il ministro Nordio di aver mancato al suo dovere istituzionale di intervenire in via automatica sull’ordine di arresto, non rispondendo alla richiesta della Procura di Roma che in assenza del suo impulso ha dovuto forzatamente procedere subito alla scarcerazione.

Abbiamo visto che, oltre all’impostazione del Ministro, considerata di parte, ne abbiamo trovato una del magistrato Vanacore specialista nella materia, che esclude qualsiasi sua responsabilità nella liberazione del generale libico accusato di gravi reati; e indirettamente la fa ricadere semmai sulla  Corte d’Appello di Roma che ha proceduto subito alla scarcerazione in base a una interpretazione perlomeno  opinabile,  dalle quale è venuto un effetto ritenuto così grave da portare addirittura alla denuncia al Tribunale dei Ministri a alla mozione di sfiducia per il Ministro ritenuto responsabile di un fatto inammissibile.

Una quarta mmagine delle carceri-lager libiche, alcuni detenuti incappucciati

Sorprende come un ex magistrato di alto livello – già Procuratore generale antimafia dal 2017 al 2022 – si sia fatto trascinare nella faziosità politica per un intervento  apparso a noi molto superficiale nel contenuto,  con riferimenti vaghi e immotivati a normative ben più complesse, come ha dimostrato l’analisi cui ci siamo riferiti; e questo accusando in modo apodittico di non aver compiuto un “atto dovuto” il Ministro della Giustizia, mentre semmai l’appunto  potrebbe essere rivolto alla Corte d’Appello di Roma per una scarcerazione forse evitabile, come abbiamo visto.

L’opinabilità la fa da padrona, e se il ministro Nordio, nella sua responsabilità istituzionale e nella sua indiscussa competenza personale, ha adottato un certo comportamento nella sua legittima interpretazione, anche se opinabile e difforme da altre, va valutato politicamente, e censurato anche in modo aspro soltanto se dal suo comportamento sono derivati  danni al Paese. Ma  non vi è alcun danno di immagine, perché il “pasticcio” lo ha compiuto la Corte penale int.le e semmai i danni al Paese possono arrecarli le opposizioni con le loro smodate accuse al Ministro della Giustizia, di liberare un “torturatore, stupratore, assassino, ecc.”.

Cartelli di protesta esibiti dopo l’intervento della leader on. Elly Schlein, da parte dei deputati del PD

Non ci sono stati danni, anzi insperati vantaggi per il nostro Paese

Vediamo se ci sono stati danni per il nostro Paese nella sostanza, e sarebbe molto grave se fosse avvenuto, ma è l’opposto. Perchè anche se – per assurdo data la valutazione competente che abbiamo visto – il Ministro della Giustizia avesse sbagliato  nell’interpretazione che lo ha portato a non dare attuazione automatica al mandato di arresto venendo meno  a un inesistente “atto dovuto”, sarebbe stato un “felix error “ a vantaggio del Paese.

Lo attesta il fatto che molti critici facenti parte delle opposizioni, rimproverano al ministro Nordio e al Governo, compresa la  presidente Meloni, non di aver riportato in Libia il “torturatore, stupratore, assassino, ecc..”; ma di non aver invocato la Ragion  di Stato per giustificarne la scarcerazione e l’immediato rimpatrio, invece di fare quello che hanno chiamato “pasticcio” impresentabile: E questo per  tutelare i nostri interessi con la Libia che sarebbero stati sottoposti a gravi rischi perdurando il suo arresto, essendo oltre che “torturatore, stupratore, assassino. ecc. “,  il potente Capo della polizia giudiziaria alla testa di due famigerate “milizie di sicurezza” che avrebbero potuto compiere ritorsioni inenarrabili.

L’arrivo all’Aeroporto di Tripoli, di Almasri, arrestato, scarcerato, espulso, rimpatriato con aereo di Stato

Ma non ci si rende conto del rischio insito nell’invocare l’interesse nazionale perché avremmo rivelato di essere pronti a cedere ad ogni ricatto su quel fronte,.esponendoci a chissà quali e quanti successivi eventi dello stesso genere con altri ricercati dalla Corte speciale int.le e non solo, sembra che ce ne siano una ottantina in Libia. . Mentre l’Italia, negli “anni di piombo” non dimenticati, ha saputo resistere, non cedendo al ricatto delle Brigate Rosse nel sequestro Moro, un comportamento sofferto che tutti ricordano, comunque si valuti quella “politica della fermezza”.

Nn solo, ma il nostro Paese sarebbe stato esposto al discredito in Italia e all’estero, perché lo avrebbero accusato di anteporre i propri interessi ed egoismi nazionali ai valori morali della nostra civiltà che impongono di non dare tregua ai responsabili di crimini così gravi contro la vita dei singoli che per le loro dimensioni diventano crimini contro l’umanità. E non è un timore ma una certezza, considerando che – come abbiamo accennato – la stessa opposizione si è spaccata tra quelli che ammettono, anzi affermano con forza, che fosse necessaria la scarcerazione del generale libico per Ragion di Stato ma dichiarandola, condannando i presunti “cavilli” del Governo come indegni e degradanti per il Paese; e quelli che invocano indignati la doverosa consegna alla Corte penale int.le per la giusta punizione senza anteporre impresentabili interessi ai valori supremi della nostra civiltà.

Il rimpatriato Almasri portato in trionfo dai suoi, appena sceso dall’aereo italiano in Libia

.Le condizioni nelle carceri-lager libiche e chi deve intervenire, non l’Italia

Non vogliamo minimamente sottovalutare la gravità delle condizioni disumane nelle carceri libiche, veri e propri  lager in cui sono detenuti, sottoposti a ricatti e violenze, i migranti che giungono in Libia dopo estenuanti traversate da paesi più lontani, per essere poi taglieggiati dai trafficanti di uomini che lucrano sulla loro speranza di arrivare in Italia, porta dell’Europa, con rischiose traversate su barconi stracarichi che spesso affondano seminando il Mediterraneo di cadaveri. Con le “milizie di sicurezza”, spesso autrici o complici dei taglieggiamenti e degli imbarchi di clandestini con grave rischio della vita su barconi fatiscnti.

Le immagini delle carceri-lager, inserite nel testo, con quelle dei testimoni dei reati, sono eloquenti. Questo dipende dal sistema criminale che dicono essere in atto in quel paese, non solo da parte di chi imperversa sulle carceri affidate al suo controllo; per cui,  anche se il generale Almasri non fosse tornato in Libia, le sevizie e i crimini sarebbero continuati, anzi le sue milizie si sarebbero accanite maggiormente sugli sventurati rinchiusi,  oltre che sugli italiani, per vendicare il loro comandante.  

Un’immagine di massa degli internati nel carcere-lager, nella speranza di potersi imbarcare per l’Italia

Ne è un prova ciò che avvenne nel giugno 2020 quando fu arrestato dalla Procura libica il Capo della “milizia di sicurezza” della zona di Zuwara, accusato di traffici illeciti dai magistrati del suo paese. I miliziani suoi seguaci, “infuriati” come fu scritto, bloccarono, stringendolo in un assedio, il complesso petrolifero di Mellitah, il più grande del paese, gestito dall’ENI e dalla società libica NOC, dal quale parte il gasdotto Greenstream che collega l’Africa alla Sicilia; questo perchè videro l’arresto del capo come un “rapimento”. Nel 2015 le milizie entrarono in tale complesso con le arni in pugno e sequestrarono due lavoratori italiani, altre azioni analoghe si sono avute negli anni successivi, anche per reclamare il “prezzo della protezione”.

Ed erano questioni interne al paese, arresti temporanei e per figure minori, oppure taglieggiamenti; non si può neppure immaginare cosa avrebbero fatto le “milizie di sicurezza” per far liberare il loro Comandante, destinato per “colpa” dell’Italia alla massima pena in carceri straniere dalla condanna quasi certa della Corte penale int.le, o per vendicarlo se la liberazione non fosse stata più possibile!

Un barcone stracarico, in navigazione dalla Libia verso le coste italiane, forse Lampedusa

Sulle condizioni disumane delle carceri o centri di detenzione libici trasformati in lager, ci si deve chiedere cosa fanno le agenzie dell’ONU, in particolare la ben nota agenzia UNHCR destinata proprio ai rifugiati; e gli internati in quelle carceri o centri di detenzione lo sono. Perché non interviene sottoponendoli a controlli e facendo cessare gli abusi? Non può di certo farsene carico il nostro Paese. Il generale Almasri, anche se fosse certa la sua colpevolezza, non sarebbe comunque un “torturatore, stupratore, assassino, ecc.”  solitario  che se viene eliminato cessa ogni violenza;  é l’alto esponente di un  sistema che lo sostituirebbe con uno simile  a lui, se non peggiore, come molto spesso è avvenuto.  

Il capolavoro del ministro Nordio dinanzi alla “patata bollente”, poi “polpetta avvelenata”

Aver fatto leva su aspetti formali, dove la forma è sostanza, è stato il capolavoro che pensiamo abbia compiuto il ministro Nordio –  anche se non artatamente ma per convinzione –  seguito dal ministro  Piantedosi per la parte di sua competenza. E dobbiamo riconoscere che ha risparmiato ai nostri connazionali in Libia e al nostro Paese, rischi potenzialmente inenarrabili; la trionfale accoglienza che  il generale Almasri ha avuto dai suoi sostenitori e miliziani in delirio appena l’aereo che lo ha riportato in Libia è atterrato,  fa capire cosa avrebbero potuto fare per vendicarsi ai nostri connazionali e ai nostri interessi petroliferi e migratori se ci fosse stato l‘esito opposto.

Un primo piano dell’affollamento sui barconi fatiscenti, dalla Libia verso le coste italiane

Del resto, si è trattato  di una “patata bollente” divenuta per noi vera “polpetta avvelenata”, anche se involontaria, frutto di una inspiegabile procedura della Corte penale int.le la quale aveva trasmesso un “bollino blu” ai paesi che Almasri stava percorrendo in due settimane di “tour” europeo, perché fosse informata dei suoi movimenti con la singolare raccomandazione di “non arrestarlo”:  in Germania fu fermato dalla polizia sulla sua auto prima che entrasse in Italia e fu lasciato proseguire dopo essere stato identificato e avesse comunicato la sua intenzione. 

A questo punto la sua posizione e  l’intenzione di andare a Torino fu comunicata  alla Corte penale int.le che immediatamente emise il mandato di arresto fino ad allora rinviato omettendo di avvertire le autorità italiane della sua presenza in viaggio per l’Europa come aveva fatto per gli altri paesi. Prendiamola come combinazione accidentale, senza citare il celebre detto di Andreotti, ma la “patata bollente” che sarebbe diventata “polpetta avvelenata” l’abbiamo avuta noi con i nostri  interessi in Libia messi a rischio, maggiori di quelli della Germania che pure ne ha, e sono ben noti.

Nel barcone dalla Libia verso le coste italiane, in piedi spicca lo scafista trafficante di uomini

Conclusioni, con i ringraziamenti  e lo stupore per l’assurdo accanimento dell’opposizione

Per quanto abbiano scritto finora, ci sentiamo di ringraziare in primo luogo il ministro Nordio, per aver fatto, lo ripetiamo ancora,  un capolavoro, perché anche se avesse commesso un errore nella sua interpretazione delle norme – cosa estremamente improbabile come abbiamo visto – sarebbe stato un “felix error” di enorme valore per il nostro Paese. E ringraziamo anche  la Corte d’Appello di Roma e la Procura generale per la scarcerazione, pur se non dovuta: possono aver compiuto un altro “felix error”  provvidenziale di cui essere grati  

Il ministro Nordio con il vertice del governo  deve affrontare il Tribunale dei Ministri per l’atto considerato “dovuto”, mentre è solo “voluto” anzi inappropriato, della Procura di Roma che ha trasmesso una denuncia visibilmente inammissibile – ritagli di giornale di fatti noti perseguibili d’ufficio  con poche righe generiche di accompagnamento  – dopo soli due-tre  giorni, addirittura il giorno prima dell’informativa dei “denunciati” sul tema al Parlamento, mentre aveva 15 giorni di tempo. Ma questa è un’altra storia, che accresce ancora i meriti del Governo verso il nostro Paese.    

Una panoramica del grande complesso in Libia di Mellitah per petrolio e gas dell’ENI con la società llbica NAOC

L’atteggiamento dell’opposizione e di tutti coloro che si accaniscono contro il modo in cui è stata risolta la questione – senza considerare il quadro giuridico e la realtà concreta  – con le denunce  in Italia e all’estero e la mozione di sfiducia al ministro Nordio,  va visto  in una  luce “sinistra”, sono  iniziative che vanno contro l’interesse nazionale in modo scomposto per mera faziosità politica.

Non è stato così per la scarcerazione, espulsione e rimpatrio in Iran con aereo di Stato dell’ingegnere-imprenditore iraniano Abedine, arrestato su mandato degli Stati Uniti per terrorismo,  dopo la liberazione della giornalista Cecilia Sala presa come ostaggio e rinchiusa in carcere in Iran senza accuse in condizioni disumane.

Lo stesso ministro Nordio ha fatto revocare la carcerazione  dell’iraniano dopo aver valutato il contenuto del mandato di arresto  e avervi trovato vizi a suo avviso inammissibili; come ha fatto dopo aver esaminato il mandato di arresto del generale libico Almasri. In quel caso, pur vicinissimo nel tempo, l’opposizione ha dichiarato di non creare ostacoli, ed è rimasta silente, non ha fatto alcuna richiesta neppure di informative parlamentari nè sollevato polemiche; qui invece ha scatenato l’apocalisse, pur essendo la minaccia incombente ancora più vasta e incalcolabile. Comportamento incomprensibile, per usare un eufemismo.

Il particolare di un impianto petrolifero del complesso di Mellitah per petrolio e gas dell’ENI e della NAOC

E se i nostri connazionali in Libia – pur in numero limitato essendo in gran parte rientrati in Italia dopo le gravi turbolenze degli ultimi anni – possono sentirsi  più tranquilli, le nostre attrezzature petrolifere in quel paese più sicure e le nostre coste meno minacciate da massicce invasioni di barconi partiti dalla Libia, abbiamo indicato chi dobbiamo ringraziare, e chi dobbiamo deplorare perché antepone meschini interessi di partito agli interessi del Paese. Ma il nostro Paese non è stato indebolito dal loro insensato accanimento, né all’interno né all’estero e tanto meno in Libia, anzi ne è risultato rafforzato e non serve spiegarne il perché, tanto è evidente.

Per questo motivo,  il ringraziamento viene spontaneo e appare doveroso verso chi ha operato in modo così corretto ed efficace nella sua responsabilità assolvendo positivamente ai propri compiti.  E’ spinto a ringraziare  chi non è preso dalla prevenzione alimentata dalla faziosità politica, e cerca di approfondire tematiche opinabili senza unirsi a un accanimento irragionevole e senza fondamento, smodato e dannoso per il Paese; e soprattutto chi sente gli interessi nazionali superiori che dovrebbero far considerare con favore anche un eventuale “felix error” compiuto in buona fede perché  risultato provvidenziale.

Una delle famigerate “milizie di sicurezza” libiche, due milizie sono comandate dal generale Almasri

Photo

In apertura, l’immagine del generale libico Osama Almasri, Capo della polizia giudiziaria che controlla le carceri e comanda “milizie di sicurezza”, la cui vicenda è oggetto del dibattito; segue, l’esibizione in Parlamento di cartelli di protesta dei senatori del PD con immagini raccapriccianti delle carceri-lager libiche. Poi, 3 immagini con il Ministro della Giustizia Carlo Nordio e il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, la 1^ insieme, la 2^ e 3^ mentre intervengono nella loro informativa al Parlamento sulla vicenda Almasri. Quindi, la sequenza degli interventi in Parlamento dei rappresentanti dell’opposizione, a cominciare da Federico Alfiero De Raho di “5 Stelle”, perchè nel testo si criticano le sue affermazioni da autorevole ex magistrato; seguono i leader del “Partito Democratico” Elly Schlein e di “5 Stelle” Giuseppe Conte, di “AVS – Alleanza verdi-sinistra” Nicola Fratoianni e di “Azione” Carlo Calenda, di “Italia viva” Matteo Renzi e di “+ Europa” Riccardo Magi , conclusi dall’immagine dei due leader dell’Alleanza Verdi-Sinistra, Fratoianni e Bonelli, all’esterno del Parlamento con cartelli di protesta. Tutte queste immagini sono alternate a 4 immagini degli internati nelle carceri-lager libiche, a 3 immagini su migranti dalla Libia che hanno testimoniato torture di cui sono stati vittime in una conferenza stampa in Parlamento, e ad altre 2 immagini di cartelli esposti per protesta dai parlamentari duramte l’informativa, oltre quella inserita subito dopo l’apertura, e una successiva. Terminata la sequenza parlamentare con in più immagini delle carceri-lager libiche e dei migranti denuncianti le torture, 2 immagini, la 1^ ancora delle carceri-lager, la 2^ dei cartelli di protesta dei deputati PD, per poi passare ad immagini che fanno entare nel cuore della vicenda trattata nella seduta parlamentare. Si inizia con immagini del personaggio al centro dell’informativa, dopo quella di apertura, il generale libico Almasri, arrestato e scarcerato, espulso e rimpatriato, la 1^ con il suo arrivo in Libia sull’aereo di Stato italiano, la 2^ con l’accoglienza dei suoi seguaci mentre lo portano in trionfo. Seguono 6 immagini esplicative riferite ai nostri interessi nazionali messi a rischio. Per l’emigrazione clandestina dalla Libia verso le nostre coste, 4 immagini, la 1^ con la massa degli internati nel carcere-lager che vorrebbero imbarcarsi per l’Italia e la 2^ con un barcone stracarico in navigazione verso le nostre coste, forse Lampedusa; la 3^ con un primo piano dell’affollamento del barcone fatiscente, la 4^ con un barcone in navigazione, lo scafisca trafficante bene in vista mentre domina i migranti che vi sono stipati. Per le nostre attività economiche in Libia, 2 immagini, la 1^ con una visione d’insieme del grande complesso per il petrolio e il gas di Mellitah dell’ENI con la società libica NAOC, la 2^ con il particolare di un impianto petrolifero. In chiusura, 2 immagini sul potere libico, che sovrasta le nostre attività economiche nel paese e i nostri problemi migratori, la 1^ sulle famigerate “milizie di sicurezza” che spesso taglieggiano ed entrano in armi anche nel complesso petrolifero dell’ENI, e lo bloccano., a volte autrici e complici di taglieggiamenti e imbarco di clandestini sui barconi; la 2^, in chiusura, con l’attuale vertice in Libia, il presidente Al Manfi a sin, e il premier Dbeibeh a dx, al centro il presidente precedente Serray, dietro un quadro con l’arco di Marc’Aurelio in Libia. Le immagini sono inserite a mero titolo illustrativo senza alcun intento di natura economica, sono state tratte dai siti web riportati di seguito nell’ordine di inserimento nel testo; qualora la pubblicazione di alcune di esse non fosse gradita, saranno prontamente eliminate su semplice richiesta inserita “on line” come commento all’articolo; si ringraziano i titolari dei siti web di normale accesso per l’opportunità offerta. Ecco i siti nell’ordine di inserimento delle immagini nel testo: Progetto melting pot Europa, Città nuova, TgLa7, Prima press, Ministero dell’Interno, Agenzia Italia news, Virgilio notizie, Rai news, La Stampa, Fondazione migrantes, Rai news, Euronews, Avvenire, Virgilio notizie, La Stampa, La Repubblica, Avvenire, Rai news, Agenzia vista, Avvenire, La Stampa, Fanpage, La Repubblica, Rai news, Progetto melting pot Europa, Il Giornale, Globalist, Euronics, La Repubblica, Il Sole 24 ore, Ispi, La Repubblica. Ancora grazie ai titolari dei siti!

L’attuale vertice in Libia, il presidente Al Manfi a sin., e il premier Dbeibeh a dx,
al centro il presidente precedente Serray