di Romano Maria Levante
“Notte magica” questa dell’11 luglio 2021 per la strepitosa vittoria dell’Italia agli Europei di calcio a Londra, che ci riporta per intensità emotiva e per significati reconditi alla “notte magica” dell’11 luglio 1982 allorché l’Italia tutta festeggiò, come fa ora, l’altrettanto strepitosa vittoria ai Mondiali di calcio a Madrid. Manca un anno al quarantennale, sarà nel 2022 e speriamo di celebrarlo con un risultato altrettanto prestigioso al prossimo mondiale; intanto lo anticipiamo, per così dire, con una “licenza” speculare a quella che, a causa della pandemia, ha posticipato di un anno la manifestazione, che pure mantiene il titolo di “Europei 2020”. E cosa c’è di meglio di un evento esaltante come quello che abbiamo vissuto per celebrare, insieme alla splendida realtà odierna, il ricordo di un momento di esultanza popolare, ripetuto solo con la nuova vittoria ai mondiali del 2006?
“Per aspera ad astra”
Dei tanti motivi alla base della strepitosa vittoria agli Europei di calcio alcuni sono diversi dai successi del passato, sono stati superati difficili ostacoli, per di più del tutto inediti.
Il primo motivo di difficoltà è stata la “ricostruzione” dalle “macerie” dell’eliminazione dalla fase eliminatoria dei Mondiali del 2018, che neppure il più smodato ottimista avrebbe immaginato sfociasse, soltanto tre anni dopo, nel trionfo in un Europeo che quanto a livello, difficoltà e prestigio si avvicina al Mondiale, in cui si aggiungono, a parità di valore calcistico, le squadre sud-americane; un trofeo, quello dell’Europeo che – a differenza del Mondiale, vinto 4 volte, anche nel 2006 – l’Italia non conquistava da ben 53 anni, con l’unico successo nel 1968!
L’altra principale difficoltà è stata dover giocare la finale decisiva in trasferta mentre l’avversario giocava in casa, nello stadio di Wembley a Londra con 59.000 inglesi dei 70.000 spettatori nel grande catino gremito nonostamte la pandemia, in delirio per la squadra di casa; e questo per di più dopo oltre un anno di partite a porte chiuse, o con pochi spettatori come negli ultimi incontri degli Europei, il che significa un impatto emotivo ben superiore alla normale “trasferta”, pur essa sempre incidente sul risultato.
Nella fase cruciale dell’eliminazione diretta, si è aggiunto il grave infortunio al calciatore segnalatosi nel girone iniziale come determinante negli affondi sulla fascia sinistra, che aveva privato la squadra italiana di un elemento fondamentale. Il difensore-attaccante Spinazzola ha assistito alla finale tra i compagni in panchina con la maglia n. 4 e le stampelle che hanno fatto pensare a un Enrico Toti redivivo mentre le protendeva in alto nell’unirsi alla festa dei compagni. All’inizio della partita, il goal a freddo dopo 2 minuti creava un handicap che la rendeva più in salita, una missione ancora più… impossibile.
Il protagonista, con la “sua” squadra, Roberto Mancini
Come è stato possibile raggiungere il massimo risultato in un situazione così svantaggiata? Da profani non azzardiamo una risposta ma indichiamo dei fatti: la ricostruzione dalle “macerie” ha un nome, Roberto Mancini, che ha portato al successo la “missione impossibile”. E lo ha fatto, a parte la sperimentata maestria tecnica, facendo leva sullo spirito di squadra di un gruppo che ha ricostituito dalle fondamenta con anziani fidati e giovani motivati, i quali lo hanno seguito in una coesione ottenuta anche facendo ruotare i componenti nelle partite in modo che tutti si sentissero titolari e nessuno riserva, e caricadoli anche a dovere. A tal fine ha chiamato il suo partner calcistico di una vita, Gianluca Vialli, il quale al carisma sportivo ha aggiunto l’esempio della sua vicenda umana, un ritratto del coraggio che insegna come si deve lottare; e lo slancio con cui si sono stretti in un lungo abbraccio con le lacrime che rigavano i loro volti in un pianto liberatorio è stato il sigillo più alto della nobiltà dei valori condivisi. Un pianto di gioia nella commozione, che li ha ripagati della cocente delusione di 29 anni prima, proprio a Wembley, allorchè la loro squadra, la Sampdoria, fu sconfitta nella finale di Coppa dei Campioni, allora il pianto fu di delusione e rabbia per il sogno svanito.
Ed ecco cosa ha detto Vialli alla squadra nella preparazione due giorni prima della partita decisiva, diversi siti nel riportarlo lo hanno definito “il discorso da brividi”. E’ una citazione di Franklin Delano Roosevelt, il presidente-coraggio degli USA in un momento decisivo: “Non è colui che critica a contare, né colui che indica quando gli altri inciampano o che commenta come una certa azione si sarebbe dovuta compiere meglio. L’onore spetta all’uomo nell’arena. L’uomo il cui viso è segnato dalla polvere, dal sudore e dal sangue. L’uomo che lotta con coraggio, che sbaglia ripetutamente, sapendo che non c’è impresa degna di questo nome che sia priva di errori e mancanze”; e non si è fermato qui, ha concluso: “L’uomo che dedica tutto se stesso al raggiungimento di un obiettivo, che sa entusiasmarsi e impegnarsi fino in fondo e che si spende per una causa giusta. L’uomo che, quando le cose vanno bene, conosce finalmente il trionfo delle grandi conquiste e che, quando le cose vanno male, cade sapendo di aver osato. Quest’uomo non avrà mai un posto accanto a quelle anime mediocri che non conoscono né la vittoria, né la sconfitta”. Dunque non è solo la loro rivincita rispetto a 29 anni prima – la Coppa Europa della Nazionale vinta rispetto alla Coppa dei Campioni della Sampdoria persa – a muovere un simile abbraccio, ma soprattutto la condivisione di un successo cui ha contribuito anche questo appello ai più alti valori umani ben al di là di quelli sportivi.
Per tornare al protagonista primo, Roberto Mancini, va sottolineato lo straordinario attaccamento ai colori nazionali non mostrato allo stesso modo da altri pur grandi allenatori. Basterebbe ricordare che festeggiò la prestigiosa vittoria nella Premier League da allenatore del Manchester City – ottenuta nei minuti finali dell’ultima partita del campionato britannico – unendosi all’esultanza con il giro del campo avendo al collo vistosamente il tricolore, incurante delle possibili reazioni scioviniste degli inglesi che gremivano gli spalti. E se fu un gesto simbolico, la prova pratica dell’attaccamento ai nostri colori si è avuta con la rinuncia ai molti milioni di euro che gli erano dovuti dalla squadra che allenava, lo Zenit di Mosca, per divenire Commissario tecnico della nostra nazionale: precisamente nel 2018 rinunciò a 24 milioni di euro lordi per i due anni di contratto rimanenti fino al 2020, e a 500 mila euro per la stagione allora in corso, mentre il compenso della FIGC al Commissario tecnico era di 2 milioni di euro. In un mondo di professionisti divenuti mercenari era già un esempio di una ben diversa scala di valori.
Si può capire quali e quante motivazioni ha saputo trasmettere ai suoi giocatori, e lo si è visto dal canto corale dell’inno nazionale, con l’intensità espressa negli occhi e nelle voci.
“Sono felice di avere dato una gioia e una speranza agli italiani dopo un periodo così difficile. Dedico la Coppa a tutti gli italiani, in particolare a quelli che risiedono all’estero. Ancora non siamo consapevoli di quello che abbiamo fatto”, ha detto lui stsso entrando al Quirinale: e non c’è nulla di rituale nell’omaggio, nasce dalla convinzione profonda che sente come una missione, tanto che ha rinnovato fino al 2026 senza lucrare i ben più remunerati incarichi di club, come del resto aveva fatto all’inizio. Si deve dare atto a Billy Costacurta, il superpremiato difensore del Milan, di aver visto giusto quando, incaricato dalla Federazione, è riuscito a portare alla guida della Nazionale, di cui è stato un punto di forza per tanti anni, il più meritevole perchè oltre ad essere vincente ha dimostrato l’attaccamento ai colori dell’Italia.
I vertici istituzionali agli azzurri: le parole di Mattarella e di Draghi
Anche l’accoglienza al Quirinale del presidente della Repubblica Sergio Mattarella non ha avuto nulla di rituale, con la gigantografia dell’arco di trionfo dell’esultanza a Wembley e le sue parole a nome di tutti gli italiani che hanno toccato i tasti del riconoscimento sportivo e del valore civile e umano; ha accomunato anche il tennista Berrettini pure se sconfitto – ma unico finalista italiano in 150 anni di storia del torneo di Wimbledon – con l’onore delle armi dal n. 1 del mondo.
“Complimenti – ha detto – siete stati accompagnati, in queste sette partite, dall’affetto degli italiani. Ne siete stati circondati. Li avete ricambiati rappresentando bene l’Italia e rendendo onore allo Sport”, e lo ha spiegato: “Anzitutto per il gioco che avete espresso. Non avete cercato soltanto di vincere, avete vinto esprimendo un magnifico gioco. Questo ha reso onore allo sport naturalmente. E questo è ciò che ha fatto divertire. Anzitutto voi, sicuramente, ma anche tutti quelli che vi guardavano, e non soltanto dall’Italia”.
Ha “espresso un ringraziamento a Roberto Mancini” spiegandone i motivi: “La fiducia che ha sempre manifestato sin dall’inizio del suo impegno alla guida della Nazionale; la rivoluzione che ha introdotto nell’impostazione del gioco; l’accurata preparazione di ogni partita, che si è vista per chi avesse un po’ di dimestichezza con il gioco del calcio”.
Poi l’incontro degli azzurri a Palazzo Chigi con il presidente del Consiglio Mario Draghi che ha rivolto loro parole semplici e intense, parole vere. Ha detto “ci avete fatto emozionare, commuovere. gioire, abbracciare”, fotografando così l’interno delle case di tutti gli italiani, essendo preclusi per precauzione rispetto alla pandemia i maxischermi all’aperto. Parlava anche di sè, infatti ha aggiunto: “Io sono stato sempre molto orgoglioso di essere italiano, ma questa volta abbiamo festeggiato insieme la vostra vittoria, e quello di cui ci avete reso orgogliosi è di essere uniti in questa celebrazione in nome dell’Italia”. Non si poteva rendere meglio il passaggio dal piano personale al livello collettivo, anzi al livello nazionale – non della nazionale di calcio ma della Nazione – sensazione che abbiamo provato anche noi come, crediamo, tutti gli italiani.
Draghi lo ha motivato così: “Lo sport segna la storia delle nazioni, ogni generazione ha i suoi ricordi, ed oggi siete voi ad essere entrati nella Storia”. Ma alla storia si aggiunge la stretta attualità: “Ci avete messo al centro dell’Europa”, e significa tanto, ma tanto, anche in termini molto concreti, sul piano politico, economico e sociale, per oggi e per domani.
Gaber, Battiato e Cotugno, non sono solo canzonette...
Draghi con la sua confessione aperta e sincera ha risposto alla domanda che poneva Giorgio Gaber nel suo teatro-canzone. Sulla Patria: “Mi scusi presidente/ non è colpa mia/ se quando sento Patria/ non so che cosa sia/… sull’appartenenza : “Mi scusi presidente, se arrivo all’impudenza/ di dire che non sento/ alcuna appartenenza,/ e tranne Garibaldi/ e altri eroi gloriosi/ non vedo alcun motivo/ per essereorgogliosi”… finanche sul calcio: “Mi scusi presidente,/ lo so che non gioite/ se il grido Italia, Italia/ c’è solo alle partite” .
Nelle parole di Draghi la gioia di “questa” partita che ha fatto sentire la Patria, l’appartenenza, il perchè essere orgogliosi. Motivi espressi con passione da Gaber, che concludeva così la sua riflessione accorata: “Io non mi sento italiano/ ma per fortuna o purtroppo/ per fortuna o purtroppo/ per fortuna/ per fortuna lo sono”.
E gli ha fatto eco Franco Battiato nel finale di “Povera Patria/schiacciata dagli abusi del potere..” con la ripresa volitiva: “non cambierà, non cambierà/ sì che cambierà/ vedrai che cambierà”. Fino all’orgogliosa appertenenza di Toto Cotugno: “Lasciatemi cantare/ perchè ne sono fiero/ sono un italiano/ un italiano vero”.
Qualcuno potrebbe dire con Bennato “sono solo canzonette”, come dell’Europeo “sono solo calci al pallone”, ma Draghi ha già risposto che “lo sport segna la storia delle Nazioni”.
E sull’appartenenza proviamo lo stesso sentimento che fece dire a Fabrizio Quattrocchi, mentre cercava di toglieva la benda con uno scatto di ribellione prima di essere barbaramente giustiziato da parte dei terroristi iracheni nel 2004: “Adesso vi faccio vedere come muore un italiano”. Abbiamo visto da ogni azzurro “come lotta un italiano” con lo spirito di squadra e la motivazione giusta – “tutti volevano tirare i rigori” ha rivelato Evani, vice di Mancini, “e allora ho capito che avremmo vinto” – e la competizione sportiva è lo specchio della vita, il riferimento obbligato di tante metafore. Quattrocchi ha avuto meritatamente la Medaglia d’oro al valor civile, sugli azzurri sono piovute le giuste onorificenze: di Grand’Ufficiale al presidente della FIGC Gravina e al Commissario tecnico Mancini, di Commendatore al Team manager Oriali e al Capo delegazione Vialli, di Ufficiale al capitano Chiellini, di Cavaliere a tutti gli altri senza eccezioni. Un en plein!
Il bagno di folla degli azzurri
Il bagno di folla nel Bus scoperto non poteva che essere la conclusione trionfale di un percorso di impegno e sofferenza, di ansie e di speranze, nella “missione impossibile” di vincere gli Europei di calcio, andata a buon fine, e anche quest’ultimo passaggio non è stato scontato. All’inizio il tragitto per Quirinale e Campidoglio è avvenuto su un pullman chiuso, banale nella sua normalità a parte una piccola fascia tricolore, e ciononostante ci sono voluti i motociclisti per aprire il varco tra la folla, 2 chilometri percorsi in mezz’ora.
A questo punto le restrizioni agli assembramenti hanno dovuto cedere, a Palazzo Chigi è stato accolto il pressante appello di Chiellini e Bonucci, i “leader” dei calciatori, per un apposito Bus scoperto, “lo dobbiamo ai tifosi” ha detto Bonucci. E ha fatto bene la Federcalcio a rispondere piccata all’accusa del Prefetto di aver disatteso il rifiuto dell’autorizzazione chiesto ma non concesso. I giocatori e la delegazione non sarebbero venuti a Roma senza l’invito dei presidenti della Repubblica e del Consiglio, ma essendo stata comunicata l’ora si era creato inevitabilmente l’assembramento, tanto che il pullman ccperto e chiuso alla vista, facilmente identificato, aveva impiegato mezz’ora a percorrere due chilometri, quindi la frittata era già fatta, coperto o scoperto creava assembramenti nè le forze dell’ordine li potevano impedire; come non avevano impedito gli assembramenti nella notte della vittoria nelle città d’Italia e a Roma, e dov’era il Prefetto? Impegnato a respingere la richiesta della parata sull’apposito Bus scoperto non aveva evitato affatto gli altri assembramenti ugualmente a rischio contagio, ed era inevitabile accogliere la richiesta degli azzurri perchè comunque la gente che aveva invaso il centro nella loro attesa – e non solo i tifosi – si sarebbe stretta ancora intorno al pullman chiuso, come prima delle due cerimonie con i Presidenti , al Quirinale e a Palazzo Chigi, percorso anch’esso ineludibile.
Così c’è stato il finale in bellezza, per le vie del centro di Roma con il gruppo di calciatori, Commissario tecnico e staff – c’era anche il tennista Berrerttini – a rispondere alla folla brandendo la coppa e partecipando dall’alto del veicolo all’esultanza collettiva. Finale in bellezza, del resto il presidente della Federazione Italiana Gioco Calcio, Gabriele Gravina, aveva detto intervenendo al Quirinale: “Siete la grande bellezza, non solo nel gioco, ma nei valori”, citando la coesione e lo spirito di squadra, che è un valore a livello nazionale.
Ci fermiamo a questi pochi accenni senza entrare minimamente nei valori di fondo, se non con due rapide sottolineature: la prima è che risulta confermata la capacità italica di moltiplicare le energie nelle situazioni di emergenza, ne abbiamo citato alcune sportive, aggiungiamo il contesto generale tormentato dalla pandemia che ha richiesto energie aggiuntive di tutti i tipi; la seconda è che speriamo sia confermata anche l’incidenza del fenomeno calcistico nella vita della nazione, vita economica compresa, per cui questo risultato potrebbe essere la molla per risalire la china e risorgere anche a livello generale, come si è riusciti a fare per il calcio che rappresenta una stimolante metafora della vita.
La metafora del calcio
E come metafora il calcio non scherza: dalle piccole vicende dei rigori con i campioni che li sbagliano e, anche quando ne segnano uno decisivo, come Jorginho nella semifinale, sbagliano il secondo altrettanto decisivo nella finale; e con lui Belotti, altro specialista, stessa micidiale alternanza, ed è stato il primo a saltare al collo per gratitudine al portiere Donnarumma che ha rimediato; per non parlare dei due inglesi fatti entrare in modo rocambolesco all’ultimo istante dei supplementari proprio per tirare i rigori e li sbagliano entrambi. Per essere poi investiti da un’ondata di insulti razzisti dei tifosi inglesi sui “social” in contraddizione con l’inginocchiarsi della loro squadra, imitata da quella italiana per “solidarietà”, come nella partita con il Belgio, mentre in quella con la Spagna no, ma c’è stata ugualmente una condivisione, pur se di altro tipo, ” A far l’amore comincia tu…”, musica in omaggio a Raffaella Carrà, intonata durante il riscaldamento prima della partita.
Si è vista anche la presunzione arrogante degli inglesi che in modo antisportivo si sono tolti la medaglia d’argento dopo che il “loro” pubblico, 59.000 spettatori, aveva lasciato lo stadio in modo miserevole per non assistere alla premiazione con le medaglie d’oro e la Coppa date alla squadra che con umiltà e compattezza li aveva dominati pur con la doccia fredda del goal al 2°minuto. La loro “curva”, dove sono stati battuti i rigori, non è riuscita a intimidire con i fischi assordanti tre azzurri che hanno fatto centro e Gigio Donnarumma, il portiere assurto ad eroe della serata, con le due grandi parate in orizzontale che hanno contribuito al premio di “Migliore giocatore del torneo”, raranente dato a un portiere.
Fischiare l’inno nazionale italiano da parte del pubblico di ultras inglesi è stato un pessimo inizio, come l’assenza del principe William alla premiazione una pessima conclusione. A caldo tutto si può capire anche se non giustificare, ma in questo caso anche a mente lucida si è scesi nell’irragionevolzza più eclatante: una petizione volta a ripetere la partita per presunti inesistenti favori arbitrali da chi li aveva avuti per il rigore decisivo, anch’esso inesistente, nella semifinale con la Danimarca; e ancora più – data l’autorevolezza della fonte, “The Economist” – la pretesa di annullare la vittoria perchè la squadra italiana è “l’unica tra le concorrenti che non include un solo giocatore di colore”: quasi ci fossero le “quote” etniche nel calcio, e non fosse stato per entrare nel gruppo il giovanissimo Kean, e un certo Balotelli non avesse deciso con due goal la semifinale degli Europei contro la Germania il 28 giugno 2012 togliendosi poi la maglia per mostrare i muscoli da culturista.
Forse i tifosi inglesi non conoscono la canzome “Bisogna saper perdere”, eppure chi l’ha cantata al Festival di San Remo del 1967 funestato dalla morte di Luigi Tenco, con i Rokes, Shel Shapiro, è nato proprio a Londra….Tutto questo aumenta i meriti degli azzurri e accresce la soddisfazione per l’esito vittorioso che ci fa irridere a queste miserie non solo sul piano sportivo. Evocare la “perfida Albione” andrebbe censurato con sdegno, se qualcuno si azzardasse a farlo, ma viene la tentazione di definirla “perfida Brexit”!
“Per aspera ad astra”, dunque, è anche e soprattutto il tragitto che deve compiere la comunità nazionale con la pandemia non ancora esaurita, sull’esempio e lo stimolo di quanto è avvenuto mirabilmente su un campo così difficile come quello di Wembley. Ed è questo che tutti hanno avvertito riprendendo speranza e fiducia, sentendosi di nuovo comunità e non più le monadi isolate nei forzati “lockdown”: da individui a squadra, da frustrati a vincenti. Con l’orgoglio di aver rappresentato l’Europa, anzi l’Unione Europea, contro… la Brexit e avere prevalso nelle più avverse circostanze ambientali e sportive, sorretti da una determinazione e una fiducia inimmaginabile che tutti hanno sentito trasmettersi lungo i canali misteriosi che legano lo sport, e in particolare quello così popolare come il calcio, alla vita delle nazioni, come ha ricordato lo stesso Draghi.
Le premesse ci sono perchè questo avvenga, dalla guida sicura del governo di Mario Draghi, alla diversa sensibilità dell’Unione Europea passata finalmente dal patto per l’austerità a un lungimirante patto per la crescita mobilitando risorse ingenti con rigide condizioni perchè non vengano disperse, ma siano destinate a risolvere annosi problemi del Paese in modo da ridare slancio alla nostra economia, competitività alle imprese, sicurezza e migliori prospettive di benessere ai lavoratori e alle famiglie.
La macchina dei sogni
A questo punto la coincidenza della data 11 luglio, ci fa tornare a quasi quarant’anni fa in un “come eravamo” emozionante quanto eloquente. “Italia facci sognare” si leggeva in uno striscione che dagli spalti accompagnò tutte le partite della nostra nazionale nel mondiale spagnolo del 1982, fino alla vittoria. Particolarmente esaltante perché veniva dopo un digiuno di 44 anni dal Mondiale – 9 anni in meno del “digiuno” attuale dall’Europeo di 53 anni – e portava a tre le vittorie mondiali dopo quelle del 1934 e 1938. Si aggiunse l’interesse per il calcio della “strana coppia” costituita da Pertini presidente della Repubblica, e Spadolini presidente del Consiglio, abbiamo visto l’altra “strana coppia”, altrettanto interessata al calcio, dei presidenti al vertice dello Stato, Mattarella e Draghi.
Le emozioni e i ricordi della lontana vittoria del 1982 sono stati così intensi che non sono sbiaditi: sul campo l’urlo di Tardelli e la riabilitazione di Paolo Rossi, capocannoniere e trionfatore dopo una penosa squalifica. In tribuna Pertini che non trattiene il tifo pur avendo vicino il re Juan Carlos e non si fa frenare dall’etichetta; brandisce la pipa come una bandiera, e la brandirà nella partita a scopone del volo di ritorno con Enzo Bearzot l’allenatore modesto e vittorioso, e Zoff , dalle mani che innalzavano la coppa immortalate nel francobollo celebrativo e Causio, un “barone” nel momento della felicità sportiva.
Le amarezze e le miserie della politica dimenticate, e ce n’erano, una crisi di governo evitata dal “decalogo istituzionale” di Spadolini, dove si affrontavano i ridotti poteri del presidente del Consiglio da potenziare per dare efficacia all’azione di governo, la riforma della presidenza e dei ministeri, il voto segreto, le norme sul referendum e l’inquirente, l’adeguamento dei regolamenti parlamentari alle limitazioni della legge finanziaria e di bilancio, la responsabilità disciplinare e civile dei giudici irrisolti; i problemi pur altrettanto sentiti del bicameralismo e del sistema elettorale non furono compresi nel “decalogo” , e non furono sciolti quelli che chiamammo i “nodi della matassa”. Molti dei quali restano tutora e impedicono di trovare il bandolo della matassa tanto aggrovigliata.
Il Rebus in vignette enigmistiche della “calda”’estate 1982
Dopo la parentesi “bartaliana” del mondiale 1982 le leggi della malapolitica ripresero il sopravvento Ma oggi, pur tra scontri e divisioni, speriamo nel nuovo effetto “bartaliano”, anche se l’estate 2021 sul piano politico non ripeterà la lunga estate 1982: nessuno si sente di intralciare seriamente il governo di unità nazionale di Draghi, pur tra inevitabili schermaglie. Del resto è imminente il “semestre bianco” che toglierà la spada di Damocle delle pur altamente improbabili elezioni anticipate, e al termine dei sei mesi la nomina del nuovo Presidente della Repubblica, che resta un’incognita per la posizione di Draghi, il più qualificato successore di Mattarella, ma nel contempo impegnato a “finire il lavoro” fino alle elezioni del 2023? Accetterà Mattarella di prolungare il proprio mandato?
Stanno venendo sempre più allo scoperto le fibrillazioni all’interno dei partiti e tra loro in vista delle elezioni politiche del 2023, ma saranno transitorie, mentre dall’economia ci si attende un forte rimbalzo dopo la falcidia dell’ultimo anno e soprattutto una nuova più solida base competitiva con l’impiego oculato delle risorse del “Recovery Found”, pur se l’indebitamento a livelli stratosferici non fa stare tranquilli. Si dovrà dare al nostro debito accresciuto la qualifica di “debito buono” invocata da Draghi con il virtuoso impiego dei capitali a prestito in progetti che lo ripaghino a dovere trasformando il maggiore debito in una “leva finanziaria” in grado di imprimere uno slancio propulsivo all’economia.
A parte questo accenno all’oggi, ciò che avvenne dopo il trionfo di Madrid l’11 luglio 1982 lo raccontammo in un articolo su un austero mensile di politica, economia e cultura con al termine la traduzione dell’intreccio tra politica e sport in quella calda estate postmondiale in “Il Rebus dell’estate ‘82” . Riproporremo commento e Rebus domani dopo l’esaltante ’11 luglio 2021. E’ un “come eravamo” nel quale trovammo dei prestigiosi “compagni di squadra”: il grande cartellonista cinematografico e pittore di vaglia (Averardo) Renato Ciriello che, giocandoci con il figlio Stefano, tradusse i nostri elementari schizzi del Rebus sportivo-politico in vignette d’artista; e Guido Macera, l’indimenticabile colto e appassionato direttore della rivista mensile “Realtà del Mezzgiorno” il quale volle ospitare l’insolito, stravagante fuor d’opera sportivo-enigmistico del suo collaboratore fisso sui temi economici, con la piena disponibilità di uno spirito aperto alle novità, disse proprio così.
L’articolo con il Rebus uscì nel numero di settembre 1982, ovviamente a stampa, poi lo abbiamo ripubblicato “on line” su “cultura.inabruzzo.it” nel 2010 invitando i lettori a risolvere il Rebus di cui non indicammo la soluzione. Non la indicheremo neppure ora, rivolgendo questa volta l’invito di “postare”, nello spazio dei “commenti”, oltre alle eventuali considerazioni sul testo, l’eventuale soluzione per chi intenda cimentarsi in una sfida politico-enigmistica, sulle ali della memoria e, perchè no, anche della nostalgia.
Il Rebus enigmistico che concludeva allora l’articolo – nel quale ci sono tutti gli elementi tradotti poi in linguaggio enigmistico – con 78 vignette in 5 pagine, era di una frase da 68 parole sull’intreccio sportivo–politico dell’estate 1982. Divertì il presidente Pertini, come ci scrisse il Segretario della Presidenza, e interessò l’on. Gerardo Bianco, che era capogruppo DC e si dichiarò lettore degli articoli di economia dell’autore sulla Rivista, entrambi sono riconoscibili nell’apparato enigmistico e vignettistico del Rebus. E’ un “divertissement” unito all’articolo di approfondimento e di riflessione, e speriamo diverta anche oggi, quasi 40 anni dopo… A domani, dunque, con “Il Rebus dell’estate 1982”!
Info
L’articolo rievocativo della “notte magica” dell’11 luglio 1982, nel quasi-quarantennale, sarà pubblicato domani 19 luglio 2021, su questo sito, con il Rebus enigmistico di 68 parole con 78 vignette in 5 pagine, dell’artista Renato Ciriello con il figlio Stefano.
Photo
Le immagini sono state tratte dai siti “on line” – indicati al termine – di cui si ringraziano i titolari per l’opportunità offerta. Si precisa che non vi è alcuna finalità di tipo economico nè di natura pubblicitaria, ma un intento meramente illustrativo; qualora, tuttavia, la pubblicazione non fosse gradita, basterà una richiesta del titolare non consenziente – comunicata nella parte dei commenti o in altro modo – e si provvederà subito alla rimozione dell’immagine che verrà indicata. Le prime 8 immagini presentano momenti “clou” della vittoria e le 4 successive la visita al Quirinale e a Palazzo Chigi; le 20 che seguono mostrano alternate, in ciascuno dei 5 blocchi in sequenza, immagini dei calciatori esultanti, dei vincitori con la Coppa, dei festeggiamenti popolari, della sfilata sul Bus scoperto. In un crescendo con l’ultima immagine dei calciatori nella esultanza conclusiva preceduta da quella che li vede in una piramide… di esultanza che ricorda l’alzabandiera a Iwo Jima, della Coppa a letto con Chiellini e Bonucci in un appagante rapporto “a trois”, preceduta da quella con la Coppa e il tricolore nelle mani del “maggior” vincitore, il Commissario tecnico Roberto Mancini, dei festeggiamenti con bandiere sempre più inarrestabili, del primo piano sul Bus trionfale preceduta da una simile ripresa laterale, ma nel bagno di folla; fino alle 4 immagini finali con la formazione in campo, il gruppo al completo nella foto ufficiale e in divisa con la Coppa, in chiusura, un’altra foto del festeggiamento della Coppa nel momento “clou” di Wembley. Ecco i siti fonte delle immagini, ai cui titolari si rinnova la gratitudine e la disponibilità a eliminare quelle la cui pubblicazione non fosse gradita, nell’ordine in cui le immagini sono inserite nel testo: genteditalia.org, giornaleditalia.it, leggo.it, ilmessaggero.it, repubblica.it, ilgiornale.it, repubblica.it, vetrinatv.it, adnkronos.it, buttanissima.it, ageparl.eu, tgcom.24.mediaset.it, ilfattoquotidiano.it, dilei.it, corrieredicomo.it, ilgiornaleditalia.it, linkiesta.it, repubblica.it, agi.it, bigodino.it, today.it, corrieredellumbria.it, ciaocomo.it, ilgazzettino.it, corrieredellosport.it, corrieredellosport.it, quitidiano,it, today.it, notizie.it, adnkronos.it, fanpage.it, timgare.it, varesenews.it, ilfattoquotidiano.it, lapiazzaweb.it.
Il Levante non si è fatta sfuggire l’occasione di rendere un servizio sul trionfo dell’Italia agli Europei di calcio a Londra e lo ha fatto a suo modo, con una attenta descrizione dei fatti dall’11 luglio 1982 con una importante foto “UEFA EURO 2020” .
Sono stati superati difficoltà e ostacoli e ne ha indicato, al primo posto, quella della “ricostruzione” dalla eliminazione dell’Italia dal Mondiale del 2018 con, solo dopo tre anni, un trionfo all’Europeo di vero prestigio.
Seguono due foto del nostro Presidente della Repubblica che applaude e che, in gioia per la vittoria, ci riporta al Pertini.
Bella anche la foto successiva con il difensore-attaccante Spinazzola, colpito da infortunio, dopo tante prestazioni brillanti che colpiscono anche emotivamente.
Seguono foto con momenti di gioia e di abbracci di Roberto Mancini, artefice della ricostruzione dalle “macerie”, con il suo staff e i giocatori in vari atteggiamenti in felicità.
Ovviamente, tante riflessioni e emozioni, sull’argomento che resta di gioia anche per chi legge del protagonista e della squadra, delle parole di Mattarella e Draghi con giuste onorificenze al Commissario tecnico Mancini Grande Ufficiale, a Vialli e Oriali Commendatori, a Chiellini Ufficiale e ai giocatori Cavalieri, dei riferimenti a Gaber, Battiato e Cotugno, del bagno di folla per gli azzurri nelle vie di Roma, delle vicende dei rigori e per concludere la foto di Spinazzola e quelle di Mancini, di Bonucci e Chiellini e di tutti i convocati: I NOSTRI EROI!
Questo servizio del Levante di grande valore per l’Italia, e i tanti altri scritti da lui, sono storia, cultura, vita, che restano nel tempo per tutti e che, sicuramente rileggerò.
L’affezionato lettore Francesco ha colto il principale intento del mio articolo, con una sensibilità e un acume che lo portano spesso a individuare i motivi reconditi dei miei scritti, ormai li conosce bene, riservando loro la sua attenzione sempre vigile. L’intento è stato far rivivere quelle fasi esaltanti da tutti seguite in Tv in momenti diversi, riportate in sequenza, come nel montaggio di un documentario, le immmagini hanno questo scopo, essendo più incisive delle parole e Francesco lo ha sottolineato con le sue citazioni. Ma anche le parole servono, per questo non ignora le riflessioni e le nobili espressioni di Mattarella e Draghi, insieme alle quali cita anche giustamente le onorificenze, un segno concreto quanto prestigioso ben meritato. La mia cronaca invece non merita il suo apprezzamento come sempre generoso per il suo modesto contenuto, ma mi gratifica perchè Francesco conferma di saper cogliere, questa volta su un piano generale, il mio impegno appassionato in un volontariato culturale che trova nelle sue parole motivi di rassicurazione e soprattutto di stimolo, e di questo lo ringrazio.
Romano, da par suo, ci offre un montaggio superbo del diluvio di parole e immagini scatenate dalla vittoria della nazionale italiana di calcio, oggi campione di Europa.
E va oltre alla sua ormai storica maestria di cronista e commentatore. Con una ottava degna della grande Mina ci lancia un salvagente per uscire dalle acque della pandemia nelle quali rischiavamo ed ancora rischiamo di affogare: lo sport per risorgere e ritornare a vivere. Un rigore sbagliato, due parate riuscite, un rigore centrato ed ecco il grande ritorno ai fasti del 1982 che Romano richiama e ci fa rivivere.
Il messaggio che Romano lancia richiamando le parole di Draghi. Non dobbiamo sbagliare i rigori delle risorse che l’Europa ci mette a disposizione per vincere la partita del Recovery Plan. I primi segnali ci incoraggiano: l’Italia è in testa rispetto agli altri Paesi europei per crescita del PIL; il diffuso tessuto industriale che vede nelle piccole e medie imprese il collante regge nonostante tutto e ci consente di ripartire; la litigiosità permanente dei giocatori della politica sembra cedere alla forza della coesione, quella che Mancini – giustamente elogiato nell’articolo di Romano – ha ottenuto nella nostra nazionale di calcio.
Draghi come Mancini? Questo è l’auspicio che si coglie dal finale dell’articolo di Romano Levante.
Lo sport, in questa estate calda, è il traino del morale dei nostri concittadini per costringere la politica a superare gli egoismi individuali e le sirene elettorali per vincere la sfida delle riforme attese da oltre mezzo secolo: la Giustizia (che sia finalmente con la G maiuscola); la burocrazia, che da freno a mano si trasformi in virtuoso adattatore della spinta propulsiva che il PNRR darà al motore della ripresa economica e quant’altro auspichiamo per mettere il pallone in rete.
Grazie Romano di averci indotti a riflettere come una grande vittoria sportiva possa essere lo spartiacque tra ciò che ci lasciamo alle spalle: recessione, scoramento e contagio e ciò che abbiamo davanti a noi: sviluppo, entusiasmo e ritorno alla libertà covid-free.
Ho letto l’appassionato commento dell’amico Peppino Benevolo – che in generosità nei miei riguardi fa concorrenza al commento del caro lettore Francesco Ascani – poco prima di esaltarmi alla storica vittoria, alle Olimpiadi di Tokyo, della staffetta 4 x 100 azzurra, ottenuta anch’essa, come quella degli azzurri di calcio, nelle condizioni più sfavorevoli: in 8^ corsia senza punti di riferimento con la squalifica dei giapponesi, unici davanti a loro, e dopo gli ignobili tentativi di mettere in dubbio la genuinità dell’altrettanto storica vittoria nei 100 metri piani della punta più attesa, che poteva risentirne, genuinità confermata dagli innumerevoli controlli antidoping, con gli inglesi denigratori ancora una volta battuti e beffati, rimontati con un centesimo di secondo, come ai rigori…. I 100 metri piani e la staffetta 4 x 100 sono discipline cardine dell’atletica insieme al salto in alto, e anche alla marcia, altri 3 ori, in aggiunta ai 2 che passano alla storia imperitura di atletica e sport. E nella spinta impressa al mio essere da questo evento, ho trovato un altro “salvagente” – come Peppino lo definisce – per riemergere con lo sport che ci aiuta a “risorgere e ritornare a vivere”, a livello personale e collettivo.
Dal mio articolo del 18 luglio sono trascorse tre settimane, nelle quali si è avuta la notizia che la ripresa economica post Covid è decollata più che nella possente Germania, e fa bene Peppino a evocarlo allargando lo sguardo a un campo ben più vasto anche dell’economia, dato che cita la visione miope della politica, l’inadeguatezza – un eufemismo che usiamo per carità di patria – della giustizia e della burocrazia. Ma li cita non con il troppo diffuso intento denigratorio quanto come possibili fonti, una volta rigenerati, delle spinte propulsive alla ripresa economica e alla crescita civile.
Non sono io, caro Peppino, che possa indurre a riflettere sulla forza che possono avere questi eventi, la loro forza è evidente nell’accorrere in massa ai festeggiamenti al ritorno dei protagonisti, accolti giustamente come eroi al pari dei trionfi dell’antica Roma al ritorno dei consoli e dei generali vittoriosi. E’ avvenuto per il successo agli Europei di calcio, dovrà avvenire anche per i successi altrettanto grandi alle Olimpiadi: che si sono aggiunti nel creare lo spartiacque tra “recessione, scoramento e contagio”, e “sviluppo, entusiasmo e ritorno alla libertà”.
Ho sentito tutto questo sulla mia pelle e dentro di me alcuni giorni fa e oggi come l’11 luglio, come una spinta irrefrenabile, e come me lo avranno sentito tutti. Dunque insieme, nella coesione ritrovata sull’esempio della squadra di calcio, e della staffetta dell’atletica – riconfermata come l’origine dei successi nelle interviste dopo le rispettive vittorie – potremo anche noi “mettere il pallone in rete” e tagliare per primi il nastro dell’arrivo: come individui e come comunità nazionale. A livello produttivo la ritroviamo nelle piccole e medie imprese già scattate nella ripresa, a livello civile nelle tante associazioni e organizzazioni impegnate nell’economia e nel sociale pronte anche loro a “ripartire”.
I “generali” vittoriosi ci sono, al pari del commissario tecnico della nazionale di calcio e degli allenatori di atletica e degli altri sport, come dei dirigenti del CONI, che hanno ottenuto il record epocale del maggior numero di medaglie dell’Italia nell’intera storia delle Olimpiadi: si chiamano Mattarella e Draghi, indubbiamente capaci e anche fortunati, e non conta chiedersi se è “post hoc” oppure “propter hoc”, la fortuna dei generali è una dote pari alla loro bravura non solo nel pensiero di Napoleone, ma anche nella nostra felice realtà odierna che ci risparmia persino dalle alluvioni mentre devastano l’organizzatissima Germania e altri paesi europei, il che è tutto dire… E grazie, caro Peppino, di avermi portato, con il tuo commento, a questa nuova confessione emotiva sulle ali del rinnovato entusiasmo.