di Romano Maria Levante
Si conclude la nostra rievocazione della mostra “Tota Italia. Alle origini di una nazione”, alle Scuderie del Quirinale nel 160° anniversario dell’Unità d’Italia dell’era moderna, e nel 150° di Roma capitale e 75° della Repubblica. Si è tenuta dal 14 maggio al 25 luglio 202, realizzata da Ales S.p.A. con il concorso di più di 30 Musei e Soprintendenze di Stato e il contributo dei Musei civici; curatori della mostra, e del Catalogo edito da “arte,m”, Massimo Osanna, direttore generale Musei del Ministero della Cultura, e Stéphane Verger, direttore del Museo Nazionale Romano. L’accurata ricostruzione della fasi più antiche della costruzione dell’Italia unita, dal IV al II sec. a. C., poi nel II-I sec., fino all’”età dell’oro” augustea, è testimoniata nelle 10 sezioni della mostra.
Abbiamo già dato conto delle prime 3 sezioni, ora nella 4^ sezione, dedicata ai “Culti”, si penetra sempre più nell’anima del “mosaico di popoli” unificati nel “Tota Italia” augusteo, nel I sec., prima e dopo Cristo, a coronamento di un processo molto antico, le cui tracce evidenti risalgono al IV sec. a. C. come ricostruito appositamente per la mostra e documentato con reperti arcaici di grande valore e interesse storico.
Dai Riti funerari e le Lingue passiamo alla Religione, e nella devozione verso le divinità troviamo notevoli differenze, come nei Riti funerari: sono evidenti nei Riti e nelle pratiche religiose, nei luoghi deputati che non sono solo i templi, ma i boschi sacri; e come per le Lingue, anche per le Divinità, quelle romane si affiancano fino a sostituire quelle radicate nelle tradizioni dei popoli italici.
Roma non usava cancellare i culti persistenti, divinità locali particolarmente radicate nei territori venivano identificate con le divinità romane in quella che veniva chiamata “interpretatio”: è il caso di Reitia, collegata alla dea Minerva. Il processo di omologazione dei culti fu in qualche caso reciproco, perché ci furono anche divinità allogene che entrarono nei culti di Roma, come l’etrusca Velove introdotta da Tito Tazio, re proveniente dalla Sabina con quella tradizione religiosa.
L’esposizione dei reperti è spettacolare, con statue e fregi di vario tipo, oggetti ex voto e altrettanti ex voto costituiti da statuette con teste femminili. Tra gli ex voto, “Ex voto da Ponte di Nona e da Gabi”, IV sec. a. C., oltre alle teste femminili 2 statuette di toro e cinghiale, e “Materiali del santuario della dea Mafite”, IV-III sec. a. C., 4 frutti votivi dal santuario di Rossano di Vaglio, 2 statuette femminili, una con velo e una con “polos”.
Abbiamo citato, nell’omologazione delle divinità italiche con quelle romane Retia, collegata a Minerva, è testimoniata dai reperti esposti in mostra, del IV sec. a. C., con guerrieri a cavallo, statue e stipsi votive; Velove, introdotto a Roma dalla Sabina, in una statua del I sec. a. C. ispirata al modello greco dell’Ercole in riposo di Lisippo del IV sec. a.C. E’ esposta anche una“Statua di divinità in trono. Angizia”, altra dea italica come Mefite, dal cui santuario di Rossano del Vaglio viene una foglia di vite e un rametto di alloro, del IV-III sec. a. C.
Risalgono a questi due secoli remoti la “Statua di Mater con 12 figli”, chiamata “Mater capuana”, rinvenuta nel 1875 nel santuario del Fondo Pattuelli nei pressi dell’etrusca Capua, dea madre protettrice della natività con i 12 neonati in fasce; e la “Statua di divinità in trono Angizia” dall’omonimo santuario di Luca dei Marsi, venerata per i poteri magici e taumaturgici che le sarebbero derivati dai legami con l’acqua, gli animali selvatici e i serpenti i cui veleni diventavano curativi; inoltre sono del III sec. a. C. la “Statua si Ercole con incisione osca” da Venafro, ed “Ercole in riposo con dedica M. Attius Peticius Marsus” dal santuario di Ercole Cerino di Sulmona, quest’ultimo dalla stupefacente modernità michelangiolesca.
La 5^ sezione, relativa a “I contatti con il Mediteraneo”, pone in evidenza le ripercussioni sul piano culturale e dei costumi, del corso espansionistico sia a livello politico e militare sia a livello economico e finanziario, in una sorta di “mercato globale” nell’intero territorio italico. Ne furono investite città latine, Alatri e Palestrina, Segni e Tivoli, e città del centro-sud come Assisi e Chieti, nonché il Piceno in un rinnovamento alimentato dalla fitta rete di scambi, che portavano all’integrazione all’insegna dell’ellenismo, matrice greca con innesti italici e latini.
Le classi dirigenti locali costituivano la saldatura tra questa periferia in fermento e lo Stato romano secondo un processo di trasformazione che lasciò segni vistosi nell’architettura pubblica, nella quale le singole provincie si confrontavano tra loro e con Roma nella monumentalità degli edifici e nelle decorazioni che li adornavano.
Di queste ultime vediamo in mostra una serie di “Terracotte architettoniche di un edificio templare”, e “Sculture frontali di un edificio templare” II sec. a. C., mentre è del III sec. a. C. un “Rilievo con scena di battaglia tra un cavaliere greco e uno persiano”, rappresentazione dinamica nella drammaticità del cavaliere a terra mentre l’altro ritto sul cavallo ha il braccio alzato per il fendente decisivo. La “scultura frontale” citata rappresenta la testa forse di Ercole, le “terracotte architettoniche” due dei fregi e la terza un antefissa con la “signora degli animali” provengono tutte dal santuario di Monte Rinaldo, nei pressi di Fermo.
Il “clou” della sezione, preso come “testimonial” dell’intera mostra, è rappresentato dalla “Statua di pugile in riposo”, I sec. a. C., anch’essa ispirata a Lisippo, trovata nel 1885 nel colle del Quirinale ove era stata sepolta con le dovute protezioni per preservare il bronzo: sono rimasti anche intarsi rossi che simulano il sangue dalle ferite, con le tumefazioni, è seduto, la testa girata sulla destra mentre guarda lontano.
Così il presidente di Ales, Mario De Simoni, ne spiega significato e valore attuale: “E’ un uomo provato ma non vinto, che non ha paura di mostrare le sue ferite ma che mantiene intatta la consapevolezza della sua forza. Ci è parsa una metafora adatta a questi giorni, onesta e fortemente fiduciosa”.
Abbiamo parlato degli aspetti pacifici dei “contatti con il Mediterraneo” tra “Roma e gli Italici”. ma – come abbiamo visto nella ricostruzione storica – un ruolo preminente lo hanno avuto “Le guerre” , alle quali si riferiscono i reperti esposti nella 6^ sezione della mostra.
Sono del III sec. a. C. delle “Architetture in frammenti”, una greca e 3 da Policoro, che evocano la potenza distruttiva dei “proiettili lapidei” utilizzati con macchine da lancio negli assedi degli eserciti ellenistici, fin dal IV sec. a. C; è del III sec., trovato ai primi del ‘900 nella necropoli di Capena, anche un “Piatto votivo con raffigurato un elefante da guerra”, forse celebrativo della vittoria su Pirro, in groppa una torretta con soldati, segue un elefantino che sembra seminasse lo scompiglio perchè imprevedibile. E’ della parte finale del I sec. a. C. un “Rilievo con navi da guerra”, da Cuma, due navi a remi cariche di soldati che si preparano alla battaglia, stilizzati ma realistici.
Ricordiamo che il III sec. a. C. fu teatro delle guerre contro Pirro, dotato appunto di elefanti, e contro Cartagine, con battaglie navali i cui armamenti e metodi venivano adattati alle diverse situazioni; poi ci furono le guerre civili per il controllo di Roma, Silla, Pompeo e Cesare furono i grandi condottieri fino alla vittoria di Ottaviano su Antonio e Cleopatra che aprì l’era di Augusto, Intanto da Mario, vincitore dei Cimbri e Teutoni, erano stati tolti i limiti di censo per il servizio militare, così ci furono i legionari e anche i mercenari nelle legioni di Roma egemone nel Mediterraneo.
La sua espansione comportò l’esigenza di dare alle terre conquistate un assetto interno compatibile con il proprio dominio, la 7^ sezione della mostra, “Colonia e Municipia. L’organizzazione del territorio” documenta questo aspetto che riguarda anche i rapporti di Roma con le città sconfitte e le comunità alleate. La forma utilizzata fu quella delle “colonie”, ma con profonde innovazioni rispetto alle colonie fenice e della Magna Grecia: nelle “coloniae civium romanorum” o “marittime” -fondate fino al termine del II sec. a. C., le prime Ostia e Anzio – veniva mandato un presidio militare di 300 romani; nelle “coloniae latinae” – fondate fino al I sec., le prime Cori e Segni nel Lazio – venivano imposti obblighi militari e vincoli riguardanti i rapporti con Roma e gli altri territori, ma potevano conservare le proprie leggi e avere una certa autonomia.
Nel I sec. a. C,. a modificare questo quadro, intervennero le politiche coloniali a favore dei veterani iniziate da Mario e Silla, poste in atto anche da Cesare e Augusto; e soprattutto, per effetto della guerra sociale, la “promozione” allo status dei “municipi” di molte colonie con i “socii”, alleati indipendenti e federati a Roma in un “foedus” privilegiato: avevano la stessa organizzazione amministrativa di Roma a cui erano integrati, pur mantenendo l’autonomia richiesta dalla distanza dal centro egemone, formula adottata nel lontano 381 a. C. all’assoggettamento di Tusculum.
Documentano questo i reperti in mostra: il più antico una “”Statua di Marsia con ceppi da schiavo” del III sec. a. C., da Paestum, il sileno che sfidò Apollo nel flauto, celebrato da Ovidio, assunto come simbolo di libertà e per questo collocato spesso nei fori di colonie e municipi, seguito da due testi in lingua osca: la “Tabula con una legge latina, riutilizzata per una legge in lingua osca”, del II-I sec. a. C. , dall’antica Bantia, con nel lato anteriore una legge latina sui processi criminali, sul lato posteriore il più lungo testo in lingua osca con caratteri latini e brani dello statuto di Bantia su norme romane; e l’”Iscrizione in lingua osca con riferimenti alla viabilità di Pompei”, II sec. a C., da Pompei, con indicata la precisa delimitazione di una strada.
Materialmente venivano posti dei “Cippi di delimitazione del territorio”, come i 3 in mostra del 130 a.C., i 2 da Celenza Valfortone, e quallo da Atena Lucana. Del I sec. a.C. anche il “Fregio con scena di rito di fondazione (sulcus prmigenius)” e una “Iscrizione funeraria con rappresentazione di uno strumento agrimensore”, un geoma, a cavallo tra I sec. a.C. e I sec. d. C.
Con l’8^ sezione, “Colonia e Municipia. Religio e lusso”, all’interesse storico e archeologico si aggiunge la spettacolarità dei molti reperti esposti nella mostra. Il “lusso”, “luxuria”, si diffuse con l’irruzione di nuovi modelli culturali e comportamentali a seguito della cospicua disponibilità di risorse economiche – provenienti dai bottini di guerra e dalla tassazione, da metalli preziosi come oro e argento e da materiali pregiati come marmi e altre pietre di valore disponibili in Grecia, Asia Minore ed Africa – dell’impetuoso sviluppo degli scambi commerciali anche su nuove rotte e del forte afflusso di schiavi come “manodopera servile”.
La trasformazione nel I sec. a. C. dopo la guerra sociale aveva riguardato Roma, passata da austera città “etrusca” alla raffinatezza greca di “polis hellenis”, poi si diffuse nei “municipi” delle zone di conquista del Mediterraneo . Si manifestò, in particolare, nell’architettura pubblica e privata che rivoluzionò l’assetto urbanistico e i singoli edifici con innovazioni edilizie ed elementi ornamentali come rilievi e statue: si manifestò nei templi e nei fori, nelle mura cittadine e nei complessi funerari, nei santuari e nelle ville private.
In mostra sono esposti reperti con 5 tipi di testimonianze, per lo più del I sec. a. C., di cui ne citiamo alcuni.
Gli affreschi: la ”Rappresentazione di Iside Fortuna e di un giovane nudo con incisione graffita” e “Affresco con anatre appese e antilopi”.
I rilievi: “con processione funeraria” e “con suonatrice di cetra da un monumento funebre, e i rilievi votivi ” con il recupero dal mare di una statua di Ercole”e “con figura femminile stante (Arianna o Proserpina) e giovane eroe seduto appoggiato a una clava (Teseo)”.
Le lastre e le are: 2 lastre di rivestimento “con la contesa di Ercole e Apollo per il tripode delfico” e “con Perseo che offre ad Atena la testa di medusa”, 2 oggetti “colpiti da un fulmine e seppelliti ritualmente”, antico rito di origine etrusca in risposta al segno divino rappresentato dalla caduta del fulmine con il seppellimento, da parte dei sacerdoti, di tutto ciò che ne era stato colpito, e del fulmine stesso identificato in una pietra segnata, con un piccolo tumulo, cerimonia accompagnata da canti funebri, preghiere e dal sacrificio di una pecora”; un’ara “circolare decorata con i Dodici Dei”, al centro Zeus, derivata dal “dodekatheon” di Prassitele per il tempio greco di Artemide Soteira a Megara, e per questo espressione della grande statuaria greca del IV sec. a. C.
I vasi: 2 coppe, di cui una decorata con tralcio vegetale, , un cratere, a calice con anse a volute, un’anfora, una brocca e un’urna con coperchio, un vaso decorativo a forma di leogrifo.
Le statue: dalla “”Triade capitolina” alla “Statua di Apollo lampadoforo”, dalle 6 “Statuette di divinità domestiche ed elementi decorativi da un larario”, alle 2 “Teste ornate di Atena ed Esculapio”.
Solo teste scolpite figurano nella 9^ sezione della mostra, “Nos sumus Romani. I volti dell’Italia romana”: un diecina di busti che testimoniano la tendenza, nel I sec. a. C., da parte dei ceti dirigenti locali e della classe libertina, a farsi immortalare con il ritratto scultoreo per eternare la propria immagine e trasmettere attraverso questa i valori propri e della famiglia. Oltre ai ritratti “privati” ebbero sviluppo quelli pubblici, di sovrani, filosofi e altri personaggi del mondo ellenistico.
Un busto è personalizzato: il “Ritratto di filosofo su erma iscritta, Parmenide”, prima metà del I sec. d. C, il personaggio viene raffigurato dall’espressione ferma e autorevole, il busto è stato rinvenuto in una colonia greca sorta nel 540-53 con il nome di Elea, patria di Parmenide, in un vasto complesso monumentale, la “Scuola dei medici eleati” di Velia, complesso monumentale dove oltre a queste erma ne furono trovate altre senza testa ma attribuite a dei medici associati nel rito ad Apollo guaritore, lo stesso Parmenide era chiamato “medico e guaritore” simbolo della memoria collettiva evocata dal “sapere antichissimo” di cui era portatore.
Gli altri busti scultorei che citiamo sono 2 “Ritratti maschili”, 4 “Ritratti femminili” e 1 “Ritratto di intellettuale”.
La 10^ e ultima sezione della mostra approda a “Tota Italia. L’Italia unita nel nome di Augusto”, è l’apoteosi della potenza del “princeps”, che si riassume nel giuramento di “Tota Italia” riportato nelle “Res Gestae”, il testamento politico e l’esaltazione delle imprese dell’imperatore. Siamo nel 32 a. C., così gli Italici si schierarono con Ottaviano nel suo scontro vittorioso contro Marco Antonio e Cleopatra tacciati di immoralità e corruzione laddove Augusto in una Italia a lui alleata diventava il simbolo delle virtù tradizionali: ed effettivamente la sua azione fu improntata a una severità e austerità di costumi che lo portò a esiliare a Ventotene la figlia Giulia in una villa solitaria che ha preso il suo nome, per punirla di comportamenti contrastanti con i rigorosi principi morali.
Lo stesso nome di Augusto richiamava una spiritualità al confine con la divinità, e un sistema di valori che trovava nelle espressioni culturali non solo una chiara testimonianza, ma anche un potente veicolo di propaganda e di diffusione. Così si arrivò all’omologazione culturale di “Tota Italia” in un processo nel quale venivano mantenute le tradizioni locali in quanto confluite nel più vasto alveo della romanità, che si tradusse nella divisione dell’Italia in “Regiones”.
Fu questa la riforma amministrativa varata da Augusto nel 7 d. C., all’apertura del nuovo secolo così significativo allorché il processo poteva dirsi compiuto anche a livello delle istituzioni territoriali. Mentre a Roma, centro dell’Italia unificata, il principe, pur assommando in sé poteri imperiali, formalmente rese omaggio al Senato e al popolo romano di cui esaltava le origini antiche.
Viene definita “nuova età dell’oro” perché la diffusione del benessere e dei nuovi modelli di vita seguiva un interminabile periodo di guerre che avevano fiaccato la resistenza di tutti; il nuovo sistema di valori, esaltato anche a livello culturale dalla propaganda augustea, si manifestava in tanti campi, fino al livello architettonico e decorativo interessando fasce sempre più vaste di popolazione.
La stirpe augustea viene evocata con le teste scolpite quasi tutte del I sec. d. C. di Livia, Agrippina Maggiore e Ottavia Minore, manca la testa della figlia Giulia, evidentemente non immortalata avendo disatteso la severità dei costumi del nuovo corso, come si è sopra ricordato; ci sono, invece, le teste di Germanico, Tiberio e Giulio Cesare. Ma non sono le sole espressioni simboliche: a parte la “Meridiana con rappresentazione dei segni zodiacali”, e la “Meridiana tascabile”, troviamo il “Rilievo con la rappresentazione di un tempio” e due opere che inneggiano ai trionfi di Augusto: il “Rilievo con Vittoria e trofeo” e “L’ala di Vittoria”, sempre del I sec, il primo a.C,, il secondo d. C.. E, per concludere, il “Ritratto di Augusto con il capo velato” , l’immagine del romano devoto intento a officiare un sacrifico, con il velo della toga, l’abito tradizionale da lui valorizzato, simbolo di purezza morale.
“Tota Italia” andò a compimento con lui, perciò con questa immagine edificante ci piace chiudere la rievocazione, attraverso la ricostruzione storica e i preziosi reperti in mostra, del lungo processo che portò il “mosaico di popoli” alla romanizzazione valorizzando tradizioni e simboli fusi nel crogiolo della romanità.
Info
Scuderie del Quirinale, Roma, Via XXIV maggio n. 16. info@scuderiequirinale.it, tel. 02.92897722. Nel periodo di apertura della mostra visita da lunedì a domenica ore 10-20 (ingresso fino alle 19), entrate contingentate con obbligo di “Green Pass”, e protocollo di sicurezza, su mascherine, distanza di 2 metri, igienizzazione, biglietto euro 17,50, ridotti over 65, giovani e altre categorie. Catalogo “Tota Italia. Alle origini di una nazione”, con sottotitolo IV secolo a. C. – I secolo d. C., a cura di Massimo Osanna, Stéphane Verger, pp. 168, formato 16 x 24; dal Catalogo sono tratte le citazioni e le notizie del testo, nonchè le immagini dei reperti esposti in mostra. Cfr. i nostri articoli, in www.arteculturaoggi.com sulla mostra di Ovidio 1, 6, 11 gennaio 2019 per la punizione a Marsia da parte di Apollo nella musica, la mostra di Augusto 9 gennaio 2014, e in www.archeorivista.it “Villa Giulia a Ventotene, la capacità umana di far soffrire anche in Paradiso” 24 ottobre 2010, per la punizione a Giulia, la figlia di Augusto. (quest’ultimo sito non è più raggiungibile, gli articoli, disponibili, saranno trasferiti su altro sito).
Photo
Le immagini sono tratte dal Catalogo, si ringrazia l’Editore e la Presidenza delle Scuderie del Quirinale, che lo ha messo a disposizione, e i titolari dei diritti per l’opportunità offerta. E’ inserita la sequenza di una immagine per ciascuna delle 10 sezioni, poi un’altra sequenza con qualche eccezione. In apertura, inizia la sequenza quasi completa delle 10 sezioni – manca la 1^ – con la 10^, oltre che al termine della sequenza anche all’inizio per dare subito l’immagine-simbolo, “Ritratto di Augusto con il capo velato” fine I sec. a. C.; seguono, “Corredo della ‘tomba dei due guerrieri’- Bacino rituale, podoripter, a figure rosse” III sec. a. C., e “Spada ripiegata con iscrizione in latino arcaico” IV-III sec. a. C.; poi, “Statuetta femminile con velo” IV-III sec. a. C., e “Rilievo con scena di battaglia tra un cavaliere greco e un persiano” III sec. a. C.; quindi, “Architetture greche in frammenti” III sec. a. C., e “Fregio con scena di rito di fondazione (sulcus primigenius) “ I sec. a. C.; inoltre, “Rilievo votivo con figura femminile stante (Arianna o Proserpina) e giovane eroe seduto appoggiato a una clava (Teseo)” metà I sec. a. C., e “Ritratto di donna con il capo velato” fine I sec. a. C. – inizio I sec. d. C., età augustea; ancora, “Rilievo con Vittoria e trofeo” I sec. a. C, e continua con la seconda sequenza mancante della 1^ e 3^, “Corredo della “tomba dei due guerrieri – Vaso listato’” III sec. a. C, , e “Stipe votiva della dea Reitia” IV sec. a. C.; prosegue, “Sculture frontali da un edificio templare – Frammento di testa maschile (Ercole)” II sec. a. C., e “Architetture greche in frammenti” III sec. a. C.; poi, “Iscrizione funeraria con rappresentazione di uno strumento agrimensore (gnoma)” I sec. a. C.- I sec. d. C., e “Ara circolare decorata con dodici dei” seconda metà I sec. a. C.; infine, “Ritratto maschile” seconda metà I sec. d. C. e, in chiusura,“L’ala della Vittoria” I sec. d. C.
appositamente