di Romano Maria Levante
La mostra “Manuel Felisi. Presente del passato” espone alla Galleria Russo, dal 25 ottobre al 15 novembre 2018, opere che raffigurano “Alberi” visti svettare nel cielo dal basso in un mare di luce. Ritroviamo l’artista e i suoi “Alberi” che avevamo conosciuto al Museo Bilotti nel 2015 alla mostra “Linea di confine. La natura, il corpo, le città” e nella stessa Galleria Russo nel 2016 alla mostra “Shakespeare in Rome”, celebrativa del quarto centenario della morte del grande drammaturgo.
Introduzione all’artista e ai suoi “Alberi”
Dopo la formazione al Liceo artistico e all’Accademia delle Belle Arti di Brera, ha esposto le sue opere – per lo più pitture, “collage” e fotografie, m anche sculture e installazioni con accompagnamento musicale – in mostre d’arte dal 2002, con la prima personale “Biografie” seguita da molte altre per lo più a Milano, da “Felisi” nel 2006 a “Nato a Milano Lambrate”, “Cuoriquadrifiori” e “Visioni urbane”nel 2008, da “Flowers” e “Letteralmente” del 2010 a “Menoventi” nel 2013 e “Di – Vento” nel 2015. Alla Galleria Russo, la personale “Griglie” nel 2014 a Roma e “Su – Acqua” ad Istanbul. Inoltre abbiamo contato la partecipazione a una quarantina di mostre collettive e a più di venti fiere d’arte nazionali e internazionali.
Dopo questa sommaria presentazione dell’artista a prima vista sembra ci sia poco da dire riguardo all’oggetto monotematico presentato nella mostra, “Alberi”, perché è difficile esprimere a parole il fascino esercitato dalle molteplici figurazioni dell’elemento naturale che si eleva verso il cielo esprimendo forza e vitalità.
Ricordiamo ancora le parole di ammirazione per il grande albero sotto il quale sostava con la donna verso la quale stava nascendo l’amore, del protagonista della “Battaglia di Alamo”, John Wayne, la sera prima della morte certa dato il numero soverchiante di messicani che circondavano il forte assediato. E la carrellata di alberi che scorrevano veloci, le betulle di un vecchio film russo, quelli della steppa innevata nel Dottor Zivago, e tanti altri, come dei veri protagonisti.
Per questo siamo stati fortemente colpiti dalle tante visioni, alcune particolarmente spettacolari per gli effetti di luce che portano in alto, in un moto ascensionale che va ben oltre l’aspetto materiale.
Ma il titolo della mostra fa pensare a qualcosa di più, al tempo e non solo allo spazio, anzi ad un tempo virtuale e intrigante, “il presente del passato”, incorporato proprio negli alberi. E come?
Il tempo, passato e futuro nel presente
Ne parla diffusamente Maurizio Valli nel Catalogo della mostra, precisando innanzitutto che si tratta di una visione diversa da quella consueta per gli artisti, che sono testimoni del proprio tempo. Per Manuel Felisi “le testimonianze che ci sta lasciando non intendono essere sintesi in progress del qui e ora, piuttosto narrazioni di un presente che trova nel passato le chiavi per scoprire il futuro”.
Il concetto di tempo è più complesso di come sembra, perché pur essendo la percezione temporale comune a tutti, è difficile darne spiegazioni altrettanto accessibili. Ma più che spiegarlo occorre viverlo nelle sue declinazioni – presente, passato, futuro – le quali appartengono all’essere umano, quindi hanno carattere soggettivo e non oggettivo. “Il tempo vive solo nell’uomo, manifestandosi, come scrive sant’Agostino, nel presente del passato, presente del futuro e presente del presente”.
Eccoci, dunque, al titolo della mostra, anche se per la piena comprensione occorrono dei passaggi successivi. Il presente del passato risiede nella memoria, che conserva le esperienze passate e le fa tornare alla mente nel presente; il presente del futuro corrisponde alle nostra attese e alle nostre speranze che portano il futuro nel presente; il presente del presente, che sembrerebbe il più evidente e indiscutibile, invece non esiste perché nel momento in cui si percepisce è già passato.
“Molti dei lavori di Felisi – è sempre Valli ad affermarlo – sono legati alla scelta di ciò che l’artista desidera riportare in superficie (presente del passato), ma il filtro sui propri ricordi collima con ciò che ritiene funzionale al presente del futuro per progettare la propria esistenza, manifestando il proprio essere attraverso il fare”. Ciò che riguarda il nostro futuro è condizionato dai ricordi del passato, le esperienze istruttive che tornano alla memoria, ritenuta fondamentale per la vita, per questo “senza passato non può esseri futuro”.
Ma torna la domanda, come può “il presente del passato” essere incorporato nei suoi alberi? Un modo in cui questo avviene è nei motivi fantasiosi e nei materiali usati, che appartengono al suo passato e vengono riportati al presente; un altro modo è nel suo progettare accumulando forme e materiali in un “caos quieto” che prende forma a poco a poco secondo un ordine ben preciso, quello che nella dimensione temporale traduce in azione del presente le memorie confuse del passato.
Per Valli, con le sovrapposizioni materiche, “la divisione del palinsesto in forme geometriche regolari, in tessere di un mosaico concluso, seppure aperto scandisce il ritmo del tempo come un vecchio metronomo”. E precisa, sulla dimensione temporale: ” Felisi ci suggerisce un tema esistenziale e soggettivo che trova nel passato e nel presente le orme del proprio passaggio”.
Non finisce qui l’azione del tempo, scandisce anche la realizzazione dell’opera in modo diverso dalla normale composizione artistica. Perché al tempo necessario per la preparazione si aggiunge “il tempo brevissimo, quasi immobilizzato, dello scatto fotografico”, un’ulteriore peculiarità su cui vogliamo soffermarci.
Il processo alchemico dell’artista
Ed ecco come agisce in pratica l’artista nella preparazione delle sue opere. Prima sceglie i materiali con cura, e si tratta di tessuti colorati e di seta grezza, perfino di resina e di cenere, poi procede alle sovrapposizioni e ai “collage” con strisce su pannelli di legno, al termine interviene la fotografia. il colore, la cenere e non solo, agiscono come catalizzatori in un processo alchemico che trasmuta i materiali iniziali dando una nobiltà in un processo alchemico paragonato a quello che porta all’oro.
La fotografia conclusiva “è come un sigillo in grado di Racchiudere dentro l’opera tutti i ‘tempi’ che è in grado di raccontare; un foto che cessa così di essere un semplice scatto a persone, luoghi, oggetti, e diventa memoria collettiva”. Scopriamo così un altro modo di vedere la fotografia, dopo Rodcenko e Doisneau, Cartier Bresson e Berengo Gardin, Abate e Giacomelli, Lagerfield e Ghergo, Lachapelle e Mc Curry fino alla fotografia astratta di De Antoniis. L’ effetto è sorprendente, quasi intraducibile, i suoi alberi protesi nell’infinito hanno una forza e insieme un’armonia date dalla combinazione della luce sui rami che sembrano ruotare nell’aria. Si avvertono sensazioni impressioniste nella visione dell’insieme, mentre il gioco delle prospettive conferisce un dinamismo tutto particolare. Tutto ciò crea nell’osservatore uno stato di abbandono onirico, per l’emozione che si prova dinanzi a immagini che portano in alto, sempre più su. Anche nelle sue installazioni la dimensione temporale sovrasta quella spaziale.
Utilizza l’acqua come elemento vitale sorgente di rigenerazione, svolge la funzione che nelle altre opere esercitano la cenere e i colori. “Per l’artista milanese, il luogo diventa una dimensione temporale da indagare, un’apertura dimensionale che, al di fuori del concetto tradizionale di tempo, deve trovare un legame esteriore ed interiore con l’opera che nasce site-specific”. Il tutto viene visto in chiave simbolica.
Valli conclude così: “”Il più delle volte non è l’artista milanese a creare il simbolo, ma è il simbolo, tramandato di generazione in generazione, che gli s’impone. Lui non fa altro che convertire la materia in forma che incontra il colore e la superficie per poi unirsi alla luce e alla raffinatezza suprema dello scatto fotografico, raggiungendo l’obiettivo di trasformare la realtà nella sua espressione più alta”. Lo vediamo nell’altezza vertiginosa dei suoi alberi, e nell’altezza includiamo anche e soprattutto quella non misurata dai metri svettanti, ma nell’intensità emotiva suscitata.Al titolo “Alberi” che torna invariato nella gran parte delle opere, pur se sono rappresentati nelle forme più diverse, in qualche caso è aggiunta una qualificazione: “Alberi vertigine” e “Alberi vertigine nera”, “Latitudine 45,7397” e “Longitudine 8,6278”. Sono visioni dal basso, in cui la luce ha un ruolo fondamentale, abbiamo la divisione nelle forme geometriche regolari cui si è accennato, fino a 40 rettangoli ricomposti in una visione unitaria come erano i grandi schermi televisivi per esterno del passato.
La maggior parte degli “Alberi” , compresi quelli con la “vertigine” sono recentissimi, realizzati nel 2018 nel quale troviamo anche dei “Ritratti di Maura”, il volto ripreso frontalmente e di profilo, destro e sinistro, con motivi vegetali sia tutt’intorno, sia sulla fronte, il mento e le guance, ci sembra di sentire l’eco della immedesimazione panica della “Pioggia nel pineto” di Gabriele d’Annunzio, “piove sui nostri volti silvani”:ebbene, l’artista è riuscito a rappresentarli.
Info
Galleria Russo, via Alibert 20, Roma. Aperta il lunedì dalle ore 16,30 alle 19,30, dal martedì al sabato dalle ore 10 alle 19,30, domenica chiuso. Tel. 06.6789949, 06.60020692 www.galleriaarusso.com, Catalogo “Manuel Felisi. Presente del passato”, a cura di Maurizio Vanni, Manfredi Edizioni, ottobre 2018, pp. 98, formato 22,5 x 22; 5, dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. Cfr., i nostri articoli, in questo sito: per le due mostre citate con Felisi, “Shakespeare in Rome” 25 aprile 2016, “Linea di confine” 11 maggio 2015; per i fotografi citati, su De Antonis 19 e 29 dicembre2016, Lachapelle 12 luglio 2015, Abate 2 gennaio 2013, Gardin-Giacomelli 7 novembre 2912, Doisneau 2 novembre 2012; inoltre cfr. i nostri articoli in fotografia.guidaconsumatore.it, su Berengo Gardin 10 maggio 2012, Ghergo 11 aprile 2012, Cartier Bresson 24 gennaio 2012, McCurry 2 articoli il 7 gennaio 2012 e uno il 17 marzo, Rodcenko 27 novembre 2011, Lagerfeld 27 aprile 2011 (tale sito non è più raggiungibile, gli articoli saranno trasferiti su altro sito). .
Foto
Le immagini sono state tratte dal sito galleriarusso.it che si ringrazia, con i titolari dei diritti. Sono intitolate “Alberi”, a
parte l’immagine n. 3, “Vertigine”, tutte tra il 2016 e il 2018, e quella di chiusura, “Gabriele e Medea” , 2015.
“Gabriele e Medea”, 2015