di Romano Maria Levante
Si è svolta a Pietracamela, il borgo montano in provincia di Teramo alle falde del Gran Sasso, l’annuale festa di fine estate “Borgo in Arte”, organizzata dalla Pro Loco, presidente Paolo di Giosia, in collaborazione con “Weekend’Arte”, il giorno 17 venerdì, con inizio alle ore 17, quasi a voler scrollare di dosso dai “montanari” i luoghi comuni sulle superstizioni. . Grande partecipazione popolare, sembrava che il numero dei residenti, pur molto ridotto, dei locali tornati in paese per le vacanze dalle loro residenze e dei turisti si fosse moltiplicato, al punto da affollare lo svolgimento contemporaneo dei vari momenti in luoghi diversi: nei due Belvedere, “Guido Montauti”, “Bruno Bartolomei”, e nella chiesa di San Rocco collegati dalle stradine del centro storico dove si svolgeva altresì la “street art” di dipinti esposti a cielo aperto con la dimostrazione di lavori tradizionali pretaroli e l’esposizione di prodotti artigianali. Con gli “Aquilotti del Gran Sasso” al centro della festa.
Anche quest’anno la festa di fine estate di Pietracamela ha riservato una sorpresa. Lo scorso anno c’è stata la cerimonia di consegna delle targhe ai Vigili del Fuoco di Bellinzona per ringraziarli dell’aiuto fornito per superare l’emergenza della grande nevicata dell’inverno 2016; quest’anno la cerimonia di rilancio dello storico gruppo di scalatori locali, gli “Aquilotti del Gran Sasso”.
La festa del Borgo in Arte
Sia nell’agosto 2017 che nell’agosto 2018 questi due momenti particolari sono stati incastonati in una festa con delle belle sorprese al suo interno. La “performance” di una ballerina rimasta negli occhi di tutti lo scorso anno; quella dei “clerici vagantes” nei “Carmina burana” di quest’anno, il cui canto, anche se profano, si attagliava alla disadorna chiesetta di San Rocco, per opera di un complesso con strumenti d’epoca, che ci ha ricordato gli “Avion Travel”, ma portati al Medioevo.
E poi il moderno complesso musicale “Le Galassie” nel Belvedere Guido Montauti e la mostra d’arte nelle stradine del centro storico, illuminate in modo suggestivo e con nastri rossi cui sono state appese fotografie dei luoghi, dell’ambiente montano e non solo. Perchè, sorpresa nella sorpresa, ci sono state due gallerie fotografiche in più rispetto allo scorso anno.
La prima con la straordinanza sequenza ripresa quarant’anni fa del paesano Aligi Bonaduce al pittore Guido Montauti, la gloria del paese di cui. in questa stessa intensa estate pretarola, viene celebrato il centenario della nascita con delle mostre nella provincia e il recupero delle pitture rupestri di Pietracamela sopravvissute al crollo del 2011 del Grottone nel quale l’artista fu ritratto allora.
Proseguendo sulla stessa stradina, un’altra preziosa galleria di immagini che ricostruiscono la storia degli “Aquilotti del Gran Sasso” nei suoi componenti dalla fondazione nel 1923 alle generazioni successive attraverso Antonio Panza e Bruno Marsilii, fino a Claudio Intini cui l’ultimo alfiere, Lino D’Angelo, consegnò il gagliardetto nella cerimonia del 18 agosto 2013 alla presenza del sindaco di Pietracamela Antonio Di Giustino e del presidente del C.A:I. dell’Aquila Salvatore Perinetti, in occasione della presentazione della ristampa del libro di Ernesto Sivitilli sul Gran Sasso. Ricordiamo che si è trattato del gagliardetto donato dalla madre dell’alpinista romano Cambi – morto con il compagno Cichetti durante una bufera di neve in occasione di una loro escursione alpinistica invernale sul Gran Sasso – a D’Angelo 40 anni dopo la tragedia, e da lui conservato gelosamente per 42 anni fino a passare a Intini tale “testimone” carico di valori e di simboli.
E’ la storia degli “Aquilotti” che vogliamo rievocare, non prima di aver dato il merito al presidente della Pro Loco di Pietracamela, Paolo di Giosia, di tenere alto, in queste annuali manifestazioni di fine estate, il livello culturale, differenziandosi dalle sagre paesane basate esclusivamente sulle tradizioni enogastronomiche. Non è che la gastronomia sia assente – i panini con la porchetta non sono mancati neppure quest’anno – ma il centro dell’attenzione sono sempre momenti di alta qualità culturale, come le pitture esposte , e le foto di testimonianza e artistiche, seminate per le stradine del centro storico in una coinvolgente “street art” .
La galleria a cielo aperto è culminata nelle memorie dello storico gruppo in una prospettiva di rilancio, nella cui celebrazione ci sono state letture, da parte di Francesco Bernabei e di Aureliana Mazzarella, di brani particolarmente significativi del libro sugli “Aquilotti”, con le memorie che risalgono ai pionieri, fino alle toccanti espressioni di amore per la montagna tratte dal “vecchio zaino di ricordi”, il libro di uno degli ultimi alfieri del gruppo, il compianto Clorindo Narducci, Angelino, detto “pijtte”. Bernabei, che mette cuore e maestria comunicativa nelle sue letture da consumato “performer” come nelle sue poesie, nell’accommiatarsi dall’uditorio ha affermato che dalla sua Montorio guarda Pietracamela svettare dall’alto come espressione di un livello superiore, un’attestazione di stima per il borgo, da sottolineare al pari della sua passione, perché inconsueta nel campanilismo imperante.
Il livello culturale nella festa di chiusura dell’estate è ancora più encomiabile considerando le altre manifestazioni che l’hanno preceduta, dalla presentazione del recupero delle Pitture rupestri di Guido Montauti, al libro di Carla Tarquini sul dottor Dionisi, alla conversazione sul turismo sostenibile seguita dalla performance musicale di una brava solista cui si è aggiunto lo stesso conferenziere in un magistrale assolo al sassofono.
Anche la festa di San Rocco, del 16 agosto, è stata celebrata con contorno spettacolare, i tamburi della tradizione, musica, gastronomia. .Paolo di Giosia, al centro dell’organizzazione di queste manifestazioni, rende onore con il suo impegno nell’ideazione e organizzazione della festa – nel cartellone di quest’anno sono indicati circa 40 nomi di artisti, artigiani e operatori impegnati – alla caratura di un paese che dal 2005 è nel Club dell’Anci “I borghi più belli d’Italia”, è stato “Borgo dell’anno” 2007 con il livello di eccellenza delle “5 stelle alpine”. la festa è intitolata significativamente “Borgo in Arte” con due parole unite simbolicamente, Borgo ed Arte.
Con “Borgo” si evocano le tradizioni, rappresentate nella festa con l’esibizione di antichi mestieri, come la cardatura e la filatura, e con l’esposizione di delicati manufatti artigianali; con “Arte” ci si riferisce a quella cultura che è nel DNA della comunità locale, lo testimoniano i numerosi libri nei campi più diversi, oltre che in quello alpinistico, scritti dai suoi componenti, nel passato e nel presente, e i dipinti dei pittori locali oltre alla gloria del paese Guido Montauti. Si potrebbe valorizzare in modo adeguato tale patrimonio culturale proseguendo nella linea positivamente tracciata dal “Borgo in Arte”..
Pietracamela è Il borgo cui Gabriele d’Annunzio intitolò la sua novella “Come la marchesa di Pietracamela donò le sue belle mani alla principessa di Scurcola”, nella quale descrive un pittore nell’atto di completare un quadro con “le belle mani della marchesa di Pietracamela” presa a modella. Nel reiterare la “street Art” dei dipinti sparsi nelle stradine si rende omaggio anche a questa memoria dannunziana e chissà se sarà possibile vederla rappresentata dai bravi “artisti di strada” che ogni estate si esibiscono all’aperto in un festoso repertorio teatrale legato alla tradizione e alla cultura.
Ma è il momento di dare conto della storia del primo gruppo organizzato di scalatori sorto in Italia, del resto è “Via degli Aquilotti del Gran Sasso” la stradina dove è stata creata la galleria fotografica che abbiamo ricordato e dov’è il “Belvedere Bruno Bartolomei” dove si è svolta la celebrazione.
Il rilancio degli “Aquilotti del Gran Sasso”
Si può già chiamare storia, ha compiuto 90 anni che non sono molti considerando che la prima ascensione del Gran Sasso risale al XVI secolo, ad opera di Francesco De Marchi. Ci si potrebbe chiedere, anzi, come mai si è atteso tanto tempo a costituire un gruppo alpinistico. ma sarebbe una domanda inappropriata, tanto più che gli “Aquilotti del Gran Sasso” è stato il primo gruppo italiano: gli “Scoiattoli di Cortina” sono nati nel 1939, i “Ragni di Lecco” nel 1946, rispettivamente 16 e 23 anni dopo l’offerta di Sivitilli a Dionisi della presidenza onoraria degli “Aquilotti” di Pietracamela. E allora, come si spiega tale ritardo non solo negli Appennini, ma anche, e soprattutto, nelle Alpi?
Forse con il fatto che i locali facevano da accompagnatori a forestieri, spesso dal nome illustre e altolocati o comunque benestanti, i quali nelle arrampicate in montagna chiedevano l’assistenza di esperti del luogo, almeno nell’avvicinamento. Pensiamo, “mutatis mutandis”, agli sherpa himalayani, che non vanno mai da soli, per l’alpinismo sportivo non cìè tempo quando si lotta per la sopravvivenza in ambienti particolarmente difficili, come i luoghi di montagna a tutte le latitudini.
Ma anche a chi non era “accompagnatore” non sfuggivano i turisti scalatori che affrontavano Il Gran Sasso, e questo suscitava dei sentimenti espressi così, nel 1926, da un “Aquilotto”, Marino Trinetti: “Ogni volta che apprendevo qualche audacia di essi verificatasi su detto monte, mi sentivo prendere da un sentimento di temerarietà unito a un non so che di emulazione”. E non solo, tanto che confessa: “Mi sentivo un poco umiliato, perché mai fino allora nessuno di noi Pietracamelesi, che siamo quasi alle falde del Gran Sasso, s’era distinto, com’era dovere, in ardimenti”.
Così scattò la molla dell’alpinismo “in proprio”, ma ci voleva un’occasione, e la racconta Stanislao Pietrostefani nelle sue note di storia alpinistica: “L’impresa di Bonacossa nell’inverno del 1923 e quelle con Iannetta avevano suscitato stupore e ammirazione nel piccolo centro montano, sospeso tra le rocce, privo di strada, cinto dalla grande solitudine della montagna”. Il piccolo centro montano è Pietracamela, del quale un Aquilotto della prima generazione, Berardino Giardetti, detto “Kid”, e uno della penultima generazione, Clorindo Nsrducci, Angelino, detto “Pijtte”, hanno cercato di ricostruire la storia tra tante leggende.
“Sospeso tra le rocce”, scriveva Pietrostefani, “nido d’aquile” secondo la definizione del vescovo mons. Pensa nei ricordi di Giardetti che ne riporta l’impressione avuta in una visita pastorale: “Dopo un estenuante percorso in automobile, attraverso strade sconnesse e polverose, si arriva a Ponte Arno , dove la rotabile finisce e bisogna montare in sella ad un asino, e su su per una ripida ed interminabile mulattiera”. Con questa conclusione: “Ma ecco, ad un certo punto, dopo una svolta, uno scenario meraviglioso: il Monte Corno, che incombe su una verdeggiante vallata e, addossato a uno sperone roccioso, il paesino di Pietracamela: un nido di aquile!”.
Come si poteva pensare all’alpinismo sportivo in tale situazione? Ma, scattata la molla, per emulazione e orgoglio paesano fu costituito il gruppo alpinistico le cui finalità sono state così ricordate da Lino D’Angelo, l’ultimo alfiere del gruppo prima dell’attuale iniziativa di rilancio: “Sivitilli aspirava a diffondere l’alpinismo sportivo in tutte le sue manifestazioni spirituali e fisiche tra i giovani valligiani e dare ad essi il primato delle più ardue arrampicate sulle montagne natie”.
Il fondatore del gruppo, Ernesto Sivitilli, aveva una visione lungimirante, dunque, e l’ha espressa in modo suggestivo nel libro che dedicò a Corno Piccolo, nel Gran Sasso d’Italia. La molla scattò nell’estate del 1923, dopo l’ascensione di Bonacossa nell’inverno dello stesso anno, come risulta dalla lettera del 13 agosto con cui Antonio Dionisi, altro medico condotto del paese, accettava l’offerta della Presidenza onoraria del gruppo in via di formazione; l’attuale portabandiera del gruppo, Claudio Intini, tiene a sottolineare questo anticipo di due anni, documentato con certezza, rispetto alla data più nota del 1925, evidentemente frutto di un antico errore di trascrizione dell’anno di costituzione.
E, dato che abbiamo citato Claudio Intini, dalla storia passiamo alla cronaca della serata in cui il “Borgo nell’Arte” ha festeggiato il ritorno degli “Aquilotti! con un programma che lui stesso ha esposto alla comunità riunita nel “Belvedere Bruno Bartolomei”, tra gli ingrandimenti fotografici delle imprese degli “Aquilotti” e lo straordinario scenario naturale aperto verso l’orizzonte.
Non è facile rilanciare il gruppo alpinistico, considerando lo spopolamento della montagna che ha colpito in modo particolare Pietracamela, come del resto la gran parte dei borghi montani. Gli “Stati generali della Montagna” annunciati di recente dal Ministro degli affari regionali e della coesione territoriale dovranno affrontare soprattutto questo annoso problema, senza limitarsi alle enunciazioni non seguite da misure adeguate. Il 2017 venne proclamato “Anno dei borghi” e si sperava in misure concrete, così non è stato, tutto si è risolto in un mese di presenze essenzialmente folcloristiche alle Terme di Diocleziano” di Roma con un fondale recante il profilo di borghi, peraltro rinascimentali e non montani, e poco più.
Un”occasione perduta, ci si deve mobilitare per la nuova occasione, finalmente specifica per la montagna e non più generica per i borghi. E il gruppo degli “Aquilotti del Gran Sasso” , con le sue guide e accompagnatori, è uno dei “servizi pubblici” da garantire nel borgo a rischio di estinzione se non si sostengono adeguatamente le strutture essenziali per la permanenza dei locali e per l’accoglienza dei turisti e non si promuovono con adeguate facilitazioni le iniziative in grado di animare la vita in località con tante bellezze naturali ma poca popolazione.
Anche gli “Aquilotti del Gran Sasso” vanno considerati un presidio della montagna, insieme alle pochissime unità locali di carattere familiare o individuale, la cui presenza è vitale per la comunità residente e per i turisti. E quanto più lo spopolamento riduce le possibilità reddituali di queste unità economiche, tanto più diventa indispensabile la loro utilizzazione prioritaria “in loco”, se competitive e a parità di capacità operativa. Gli “Stati generali della Montagna” saranno l’occasione per definire gli interventi necessari e le eventuali modifiche di regole inadeguate, per l’obiettivo primario di preservare i servizi essenziali, considerandolo interesse delle istituzioni, soprattutto locali e anche nazionali.
Il programma che Claudio Intini sta elaborando per il rilancio del Gruppo formando un nuovo nucleo di “Aquilotti del Gran Sasso” inizia con le incombenze formali a partire dallo Statuto che verrà proposto in linea con lo statuto precedente ma con la possibile apertura ad alpinisti appassionati anche esterni alla comunità locale, non solo per la naturale carenza di giovani per lo spopolamento, ma anche per estendere il raggio di interesse in proporzione diretta con il valore alpinistico, oltre che paesaggistico della montagna appenninica con spiccati caratteri dolomitici.
D’altra parte gli “Aquilotti” si sono segnalati anche per le loro ascensioni nelle Alpi – Lino D’Angelo ha ricordato le sue sul Monte Bianco e sul Cervino – mentre Bruno Marsilii ha fatto parte delle spedizioni hymalaiane.. Per ricordare gli “Aquilotti” del passato, Intini sta pensando a una manifestazione annuale viva e vitale in loro memoria, nello spirito originario del gruppo sorto anche per suscitare l’interesse dei giovani alla montagna e a far penetrare in loro i suoi alti valori: una giornata nel mese di agosto in cui gli “Aquilotto” attuali guideranno i giovani appassionati di alpinismo nell’ascensione a Corno Piccolo, su percorsi adeguati, cos’ il ricordo dei pionieri avrò una proiezione nel futuro perpetuandone le imprese ardimentose.
Sarebbe presuntuoso pensare di ricostruirne i successi alpinistici, ci limitiamo a qualche flash sulle primissime ascensioni delle quali sono state date testimonianza quanto mai efficaci, alcune delle quali sono state rievocate nella manifestazione al “Belvedere Bruno Bartolomei” dalle letture ispirate di Aureliana Mazzarella, professoressa di lettere colta e sensibile, e Francesco Bernabei, il poeta e “performer” citato all’inizio, che già lo scorso anno si era esibito in letture coinvolgenti.
La testimonianza iniziale che riportiamo è di Bruno Marsilii, anch’egli medico del paese come il fondatore Ernesto Sivitilli e Antonio Dionisi – da lui insignito della presidenza onoraria – come Antonio Panza, detto “Pallino”, pure del primo nucleo di “Aquilotti”; con loro, i maestri di scuola Osvaldo Trinetti e Berardino Giardetti, che diventerà Direttore didattico, Venturino Franchi, che sarà Ispettore del lavoro e altri di varia estrazione, accomunati dall’amore per la montagna e per l’avventura alpinistica: tra loro si segnalarono, per essere stati protagonisti delle prime ascensioni, Marino Trinetti e Armando Trentini, Antonio Giancola, Terigi Gizzoni e Angelantonio Giancola, detto “Gingitto”.
Marsilii raccontò della “prima vera arrampicata su roccia degli Aquilotti del Gran Sasso” allorché dubitavano che qualcuno li avesse preceduti sulla vetta di Corno Piccolo: “Delusione; un cumulo di pietre accatastate l’una sull’altra, un ometto, segnava la punta estrema. Febbrilmente le togliemmo e sotto di esse apparve un barattolo entro il quale erano i biglietti dei primi salitori”. La delusione passò subito: “Fu ugualmente per noi una indimenticabile giornata, eravamo i primi del nostro paese a raggiungere quella cima con una vera arrampicata sfatando l’antica credenza che la montagna non lasciava tanto facilmente tornare chi osava violarla”.
E pensare che Marsilii, nel segnalare l’insufficienza dell'”equipaggiamento primordiale”, afferma che “in compenso ci erano di grande aiuto i ‘paponi’ scarpe i panno trapunto dalle nostre madri, che aderivano perfettamente anche alle più impercettibili rugosità della roccia”. Ebbene, parecchi decenni dopo, nella copertina di un “Bollettino del CAI, Club Alpino Italiano”, c’era l’immagine in primo piano di un “papone” di Marsilii attaccato alla roccia nel corso di una sua arrampicata nell’epoca eroica.
Del resto, l'”Inno degli Aquilotti del Gran Sasso di Pietracamela”, le cui parole furono coniate dal fondatore Sivitilli – autore anche di sonetti sul tema – fa capire quanto fossero primitivi i mezzi e quanto forte la passione e il coraggio: “Spingendoci sui picchi/ con animo e fierezza/ la nostra giovinezza/ sorride e freme in cor/… Con l’ugne e con la corda/ pareti fascinose/ o balze paurose/ noi vi conquisterem”.
Sivitilli, oltre ai puntuali resoconti sulle vie aperte con minuziosa indicazione dei singoli passaggi, ha lasciato un racconto esilarante: l’inaugurazione del Picco Pio XI il giorno di ferragosto 1929, con un “concerto asinino” e non solo. Altri quadrupedi “risposero ai primi ragli, quasi a gara, e in breve, con un crescendo rossiniano, la valle fu sommersa da un’onda sonora di tale intensità che il Vescovo dovette far pausa al suo dire” finché quando “finalmente l’euforia asinina si calmò completamente, con gran sollievo di tutti”, il Vescovo “potè riprendere il suo dire esordendo: ‘Anch’essi, in questo giorno solenne, hanno unito la loro voce alla nostra per lodare il Signore!”.
Un anno dopo, il 19 agosto 1930, lo stesso Sivitilli descriverà la prima ascensione su Corno grande, Vetta Orientale, con Antonio Giancola e Armando Trentini, concludendo così: “Dopo breve riposo scendiamo nel ghiacciaio e con cuore di innamorati salutiamo queste vette a cui ci legano ricordi incancellabili di lotte e di vittorie. Verso le ore 22 rientriamo nella nostra Pietracamela”.
Di Bruno Marsilii questa descrizione delle difficoltà della scalata nella prima ascensione al Torrione Mario Cambi dalla parete Nord, sembra di rivivere quei momenti: “Un verticalissimo camino solca nel suo mezzo l’imponente parete. L’attacco è sbarrato da massi franosi. cerco di evitarli seguendo verso destra una stretta fessura ma sono costretto ad indietreggiare perché anche qui gli appigli cedono sotto il peso e le gambe annaspano invano e penosamente nel vuoto… Ancora salti con massi sbarranti, per superare i quali il corpo pende paurosamente nel vuoto e ci si arrampica puntellandosi con le braccia o strisciando sulla roccia e mantenendosi col solo attrito delle mani su superficiali sporgenze”.
Un salto nel tempo, siamo al 7 novembre 1956, Lino D’Angelo sulla parete est di Corno Piccolo. Ricorda quando “gli ‘Aquilotti’ studiavano il Gran Sasso da ogni parte, aprivano vie su ogni parete, e per loro esisteva solo la arrampicata libera, senza uso di chiodi e salivano con i ‘paponi’, proprio perché al contrario, mai come quel giorno avevo avuto tanta roba attaccata a dosso: cordini, staffe, chiodi e due corde”: la utilizza nella difficile scalata fino all’ “ultima tirata e, poco dopo, io baciavo al Madonnina cementata tra le rocce della vetta e mi sembrò di riavere tra le braccia la mia figlioletta Annamaria lì ove due mesi prima l’avevo baciata”.
Sentimenti anche nelle parole di Clorindo Narducci, il Gran Sasso ha ispirato due libri, “Un vecchio zaino di ricordi” e “Pietracamela tra storia e leggenda”: sulla prima ascensione alle “Fiamme di Pietra” premette che “l’onore più grande, per un alpinista, è quello di legare il proprio nome ad una via, un passo, una parete, una piccola parte di quell’infinito che con tutto se stesso ama e nel quale s’immerge.. E’ un invincibile fatto di fede ed amore con la montagna, con la natura, che per la prima volta ci svela qualcosa mai visto prima da altri, come la sposa che per la prima volta ci schiude il suo cuore”.
Ecco come si condivide l’emozione della scalata con il compagno: “Due uomini legati da una corda, ma in verità stretti da un ben più saldo legame, una specie di cordone ombelicale nel quale scorreva il fluido della vera amicizia, salivano. Non un’esitazione, non un cedimento: un caparbio orgoglio che l’entusiasmo giovanile può dare, non valgono gli spasimi, solo la vista della vetta può cancellare dai nostri volti la fatica. Eccola, che brilla nel sole: un abbraccio, una stretta di mano, una foto e via, in discesa, dalla via ‘D’Angelo-Narducci’ verso Pietracamela a raccontare e a progettare nuove salite”.
Uno dei “due uomini legati da una corda” è Lino D’Angelo, di cui così ha scritto Enrico De Luca, la guida alpina “Aquilotto” della generazione di Intini, da poco scomparso prematuramente: “Ricordo che noi ragazzi pieni di passione ed entusiasmo, ma all’oscuro di qualsiasi tecnica, ci arrampicavamo lungo le rocce che sovrastano Pietracamela. Lino ci vide e da allora ci seguì con amore ed entusiasmo; ci insegnò a rispettare la montagna e portandoci passo dopo passo, consiglio dopo consiglio, a essere dei veri alpinisti. Con l’aiuto di Lino realizzammo, sempre a Pietracamela, una palestra di roccia, dove oggi le nuove leve dell’alpinismo locale muovono i primi passi”. E proseguiva: “Scopo degli ‘Aquilotti’ è di portare a conoscenza dei giovani il fascino, la bellezza e la tecnica della montagna e dell’alpinismo”. Non sono affermazioni astratte: “Con questo spirito Lino, Dario Nibid ed io abbiamo chiamato ‘Aquilotti del Gran Sasso’ la nuova via aperta sul monolito di Corno Piccolo”. Scriveva queste parole nel 1976, è lo stesso spirito che animava Enrico Sivitilli nel 1923 e lo spinse a fondare il gruppo, è lo spirito che anima Claudio Intini nell’impegnarsi a rilanciare gli “Aquilotti del Gran Sasso” nel 2018.
C’è tutto l’amore per la montagna con i suoi valori e i sentimenti che suscita. Perciò merita di essere seguita con grande attanzione, e di essere accompagnata dagli auspici e dagli auguri più sinceri, la rifondazione del gruppo degli “Aquilotti del Gran Sasso”, che terranno alto un nome onorato così degnamente dai protagonisti di imprese indimenticabili. Abbiamo voluto ricordarli con un excursus rapido ma espressivo delle migliori qualità e tradizioni dell’Abruzzo “forte e gentile”.
Info
La manifestazione si è svolta nel centro storico del borgo, tra largo Cola di Rienzo e Via V. Veneto con il Belvedere Guido Montauti, Via Roma e Via Aquilotti del Gran Sasso con il Belvedere Bruno Bartolomei, fino alla chiesa di San Rocco. Le citazioni sul primo gruppo alpinistico italiano nato a Pietracamela in fase di rilancio sono state tratte: dal libro “Aquilotti del Gran Sasso” , Pietracamela 1925-75, edito dalla Pro Loco nel 50° anniversario, pp. 142; volendo limitarci ai pionieri e immediati epigoni ci siamo riferiti all’originale del 1975, nel 2006 è stata pubblicata la “ristampa anastatica con integrazioni” di pp. 176, a cura di Lino D’Angelo e Filippo Di Donato; Lino D’Angelo è autore di “Le alte vie di una vita”, Verdone Editore, 2009, pp. 160; le citazioni sulla montana sono state tratte dal libro di Clorindo Narducci, “Un vecchio zaino di ricordi“, Andromeda Editrice, 2008, pp. 212, autore anche di “Pietracamela, tra storia e leggenda” , Damian Editore, 2014, pp. 80: su questi due libri v. i nostri articoli in questo sito il 3 e 7 luglio 2016.Cfr. inoltre i nostri articoli: per le precedenti feste di fine stagione estiva a Pietracamela, “Borgo in Arte”, in questo sito il 25 settembre e 1° ottobre 2017, in “cultura.inabruzzo.it” il 9 settembre 2013; per i riferimenti al pittore Guido Montauti, in questo sito sulla celebrazione del centenario il 13, 23 e 29 luglio, l’8, 11 e 19 agosto 2018, in “abruzzo.world it” gli articoli sulla mostra fotografica con l’artista nel “Grottone” in relazione alle sue pitture rupestri il 3 e 14 settembre 2012, sullo stesso tema in “guidaconsumatore.fotografia.it” il 10 settembre 2012. Altri articoli su Pietracamela: in questo sito 2, 4, 9 settembre, 14 agosto, 14 e 17 luglio 2014, 9 e 27 agosto 2013; in “abruzzo.world.it” 22 giugno e 8 gennaio 2009. (i siti “abruzzo.world.it” e “guidaconsumatore.fotografia.it” non sono più raggiungibili, gli articoli saranno trasferiti su altro sito).
Foto
Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante a Pietracamela alla festa di fine stagione estiva (a parte la 16^ scattata nella Sala comunale nel 2014), tranne la 13^di Aligi Bonaduce e le 17^ e 18^ tratte dal libro di Clorindo Narducci citato. In apertura, la “locandina” della manifestazione; seguono la mappa con i luoghi delle esibizioni e un momento del concerto “carmina burana” dei “clerici vagantes” nella chiesa di San Rocco; poi, 8 immagini di opere pittoriche esposte nelle stradine del centro storico, a fianco della prima l’autore; inoltre, un set di fotografie del Gran Sasso e il pittore Guido Montauti nel “Grottone”, immagine presa dalla galleria fotografica di Aligi Bonaduce di 40 anni fa; avanti, 2 immagini della parte dedicata al rilancio del gruppo “Gli “Aquilotti del Gran Sasso” nel Belvedere Bruno Bartolomei, nella prima parla Claudio Intini, il 1° a sinistra davanti al leggio, nella 2^ Francesco Bernabei legge alcuni passi degli antichi pionieri del Gran Sasso;ancora sugli “Aquilotti”, la foto scattata il 18 aagosto 2013 al passaggio del “testimone” a Claudio Intini, in piedi a sin. con la consegna a lui da parte di Lino D’Angelo, in piedi a dx,del gagliardetto con piccozza simbolo del gruppo, seduti l’allora sindaco di Pietracamela Antonio Di Giustino, al centro, e il presidente del C.A.I. dell’Aquila Salvatore Perinetti, a dx; e due immagini di Clorindo Narducci in vetta, con Bruno Marsilii, il precursore, e con Lino D’Angelo, compagno fisso di cordata per l’apertura di nuove vie; infine, esibizione degli antichi lavori, la filatura, seminascosta a sinistra avviene la cardatura, e il complesso “Le Galassie” nell’intrattenimento musicale della serata al Belvedere Guido Montauti; in chiusura, la “locandina” degli eventi a Pietracamela dell’estate 2018, fino alla festa che chiude la stagione.