Hiroshige, 2. Le stazioni di posta di Tokaido e Kisokaido, alle Scuderie

di Romano Maria Levante

Inizia la  visita alla mostra “Hiroshige. Visioni dal Giappone”, che dal 1° marzo al 29 luglio 2018 espone alle Scuderie del Quirinale  230 opere, xilografie policrome e dipinti su rotolo,  di Utagawa Hiroshige e si inserisce nelle iniziative per il 150° anniversario dei rapporti bilaterali Italia- Giappone. Patrocinata dall’Agenzia per  gli Affari Culturali del Giappone, dall’Ambasciata del Giappone in Italia e dall’Università degli Studi di Milano, realizzazione di Ales S.p.A, presidente e A.D. Mario De Simoni,  edi MondoMostre Skira, con il Museum of Fine Arts di Boston e curata da Rossella Menegazzo con Sarah E. Thompson. Catalogo Skira a cura della Menegazzo.

Abbiamo delineato le principali caratteristiche della maestria paesaggistica di Hiroshige, inquadrando la sua opera nel contesto storico e socio-economico della prima metà del 1800, anche nei rapporti con l’altro grande paesaggista Hokusai, dal quale si differenziava per la sua “natura calma” e il suo senso poetico rispetto alla drammaticità delle raffigurazioni del precursore estroso e imprevedibile. Furono capifila del genere artistico in voga all’epoca, l’Okiyo-e che trasformava  le opere pittoriche in multipli attraverso xilografie cromatiche ottenute mediante l’incisione su legno e l’inchiostratura con matrici colorate fino alla stampa in migliaia di copie per la vasta diffusione richiesta da un mercato in continua espansione.

I traffici tra le due capitali – quella tradizionale Kyoto e quella amministrativa Edo, l’odierna Tokio – erano in forte sviluppo, sia per i movimenti dei dignitari delle provincie con il loro seguito dovuti alle “residenze alternative”  ad Edo richieste loro dall’imperatore per controllarne e coordinarne l’attività, sia per la crescita degli scambi commerciali e il forte incremento degli spostamenti turistici conseguente al maggiore benessere della borghesia emergente, fino ai pellegrinaggi religiosi in continua espansione. Tutto questo fece moltiplicare le locande, i punti di sosta e ristoro, per cui ai motivi di attrazione ambientali si aggiunsero quelli derivanti dall’impetuoso sviluppo che trasformò Edo da villaggio di pescatori a metropoli e le due vie di collegamento in arterie punteggiate in tutto il percorso da stazioni di posta pittoresche e piene di vita.  

Le stampe artistiche dell’Okiyo-e – multipli con caratteristiche di esemplari unici per le diverse sfumature nell’inchiostrazione cromatica – erano molto richieste come souvenir dai viaggiatori e come modo per conoscere le attrazioni dei luoghi per chi non poteva visitarli. Ebbero forte eco anche in Occidente, tanto che sia Monet e altri impressionisti, sia soprattutto Van Gogh ne trassero ispirazione nelle loro opere inserendovi citazioni esplicite negli sfondi e facendone vere e proprie copie e “d’aprés”.  

Tra le serie artistiche di Hiroshige spiccano quelle sui due grandi itinerari che collegavano le due capitali, il percorso costiero e quello più movimentato nell’interno tra i monti, e quella sulla nuova capitale Edo, ma oltre al genere paesaggistico, nel quale è stato un maestro indiscusso, si è segnalato anche negli altri generi dell’arte giapponese, con la raffigurazione della beltà femminile e degli attori,  di fiori, uccelli e pesci, e nelle forme espressive diverse dall’Okiyo-e, i dipinti tradizionali sui rotoli di carta e di seta.

Questa produzione, quanto mai vasta e diversificata, trova nella mostra una rappresentazione fedele ed esauriente, nelle oltre 200 opere esposte ci sono quasi interamente le principali serie. Le passeremo in rassegna, cominciando dalle opere dell’esordio, soffermandoci poi sulle serie di Okiyo-e, per finire nella produzione pittorica tradizionale, con la beltà femminile, i fiori, uccelli e pesci e le ultime opere.  

Le opere iniziali

Molto diverse dai celebri cicli degli anni successivi le prime opere esposte, che risalgono al 1820, aveva 23 anni essendo nato nel 1797, e dall’età di 15 anni era nell’atelier del maestro Utagawa Toyohiro dove, dopo 5 anni di apprendistato, iniziò la carriera artistica nel 1817, a 20 anni esatti; viene citato come fatto eloquente che il suo primo disegno lo fece a 10 anni di età, quindi ci fu in lui una lungo noviziato.

Sono molto diversi dalle opere successive i due trittici affollati di soggetti, con caratteristiche peculiari che li differenziano nettamente tra loro.

Il primo rappresenta una scena di tipo teatrale in ambiente domestico,  “Parodia di uno spettacolo privato di kyogen” 1821-22,  rivela il gusto per la scenografia e la cura quasi topografica nel rappresentare le stanze viste dall’alto in prospettiva con le scene che si svolgono all’interno in ambienti nettamente separati, una scena è quella principale con una serie di figure molto ben delineate, la maestria figurativa è del tutto evidente. D’altra parte è il periodo in cui era avviato a raffigurare gli attori e le beltà femminili, periodo protrattosi per un decennio, dal 1817 al 1828 quando, alla scomparsa del caposcuola Toyohiro prese il suo posto nella rappresentazione dei paesaggi ed ebbe subito un successo strepitoso.

L’altro trittico, “La vita di Minamoto Yorimitsu” 1825, dedicato alla leggenda del guerriero del XII secolo che combatté il clan dei Taira, è invece una composizione con soggetti fantastici, divini e spettrali, scene cruente  e molto agitate, spesso poco distinguibili tanto è fitto l’addensarsi di soggetti ed elementi con significati allegorici tutti da decifrare. Nel magma molto intricato, quasi inestricabile, sono ben visibili i volti dei protagonisti, sembrano maschere di attori drammatici, il tema che allora gli era affidato.

Precede nel tempo queste opere la  “Lavorazione delle conchiglie nel cortile interno del tempio  di Asakusa” 1820, con un’immagine femminile al centro di tipo occidentale, ben diversa dalle rappresentazioni delle beltà giapponesi, sotto un albero tra animali allegorici di vario tipo, piante e arabeschi, non c’è traccia di conchiglie in questo foglio, forse erano nelle altre due parti del trittico che non sono visibili.

Invece è tipicamente giapponese la figura femminile in primo piano in Pioggia notturna sullo steccato” 1821-22, che si sporge verso la staccionata nella caratteristica posizione “a schiena di gatto” con le stecche nei capelli, una lunga pipa in mano, indossa un kimono la cui parte inferiore è molto elaborata, non appartiene alle beltà della scuola di Toyohiro bensì richiama fedelmente le figure femminili di Eisen, l’artista con il quale ebbe un confronto diretto trovandosi a succedere a lui in una celebre serie paesaggistica, come vedremo. C’è in alto un tondo, come una finestra sull’esterno, si vedono due piccole figure femminili, una sembra riprodurre in piccolo quella alla staccionata, l’altra si ripara con un ombrello dalla pioggia. 

Calligrafico con 3 figure in basso  e una panoramica sui tetti dell’abitato in alto “Il Kannon di questo tempio” 1827, è  un’istantanea di vita quotidiana ripresa in un negozio dove la venditrice forse di profumi e incensi si rivolge verso una figura che porta una scatola sulle spalle mentre un’altra è seduta di spalle accigliata tenendo le mani sulle ginocchia davanti a un tavolino con sopra  due vasi fioriti.

Le ultime due opere dell’esordio appartengono al genere dei “surinomo”,  le stampe raffinate per impieghi particolari, come biglietti augurali o inviti per incontri speciali, ricorrenze e festività  riservati alle categorie più elevate, ne vediamo 2 distanziati di oltre un decennio, ““La danza delle gru” 1821, e “Carte di poesie in scatole laccate”  1833, periodo in cui esplose lo straordinario fervore paesaggistico dell’artista. Il primo mostra 7 figure di danzatori in pose differenti, molto dinamiche e vivaci,  con motivi floreali appena accennati, il secondo raffigura delle scatole, variamente istoriate, con intorno delle carte poetiche per un gioco, allora in voga per il primo giorno dell’anno negli ambienti colti, che consisteva nell’indovinare il seguito di una poesia di cui venivano recitati i primi  tre versi, andavano completati con i due successivi, il pensiero torna, “mutatis mutandis”,  al “gioco delle perle di vetro” di Herman Hesse.

Queste prime opere sono state solo un assaggio, la scena muta radicalmente con le spettacolari e suggestive immagini di viaggio nei due itinerari molto frequentati da Kyoto ad Edo, il cuore della sua produzione artistica molto diffusa con la tecnica dell’Okino-e, di cui si è detto in precedenza.

Le 55 immagini della principale serie sulle stazioni di posta del Tokaido

Immediato innalzamento di tono con la serie delle “Cinquantatre stazioni di posta del Tokaido”, interamente presentata dalla mostra nell’edizione “Tokaido Hoeido” con l’aggiunta delle due stazioni di partenza e di arrivo.  Ha il pregio ulteriore di essere l’edizione originaria ed originale, quella del 1833-34, cui seguirono ripubblicazioni e ritorno sugli stessi temi  fino al 1855 per il successo travolgente della prima serie che fece mobilitare gli editori in iniziative successive.  

E’ una ricca esposizione di 55 opere nelle quali si esprimono le caratteristiche dell’arte paesaggistica di Hiroshige, la “natura calma” e il senso poetico, l’atmosfera creata nell’ambiente dalle diverse condizioni meteorologiche e la presenza umana, in un insieme integrato e compenetrato nei suoi molteplici elementi, all’interno di una visione cosmica molto suggestiva.

I soggetti rappresentati sono le località di sosta, ristoro e pernottamento che si trovavano sulla “strada del mare Orientale”, la principale arteria costiera tra le due capitali, Kyoto, quella storica, Edo, quella amministrativa emergente in un impetuoso sviluppo per i motivi di cui si è già detto. Erano 500 chilometri pianeggianti percorsi a piedi, a cavallo o in carrozza, a seconda del censo, e si può comprendere l’importanza delle stazioni di posta che ogni 10 chilometri si sforzavano di offrire al viaggiatore ciò di cui aveva bisogno e l’immagine più attraente del territorio attraversato. Il romanzo di Jippensha Ikku, “A piedi lungo il Tokaido” del 1802, con le avventure di percorso di due simpatici imbroglioni, e la guida di cinque anni precedente, “Tokaido meisho zue” del 1797, avevano  diffuso la conoscenza dell’itinerario,  alle illustrazioni della guida si ispirarono Hiroshige e il predecessore Hokusai, almeno per i siti che non riuscirono a visitare per una conoscenza diretta.  

La maestria di Hiroshige fu di non limitarsi a rendere le attrazioni esteriori dei luoghi presentati, ma lo stato d‘animo del viaggiatore cui concorrevano circostanze ambientali, come le condizioni meteorologiche, e la presenza umana, ben diversa da quella che compariva nelle immagini classiche, dove figuravano letterati e poeti, filosofi e religiosi, ora invece è la gente comune impegnata nelle occupazioni quotidiane in un clima di operosità e dinamismo, segno di energia e vitalità.  

Al centro della rappresentazione così animata c’è l’elemento di maggiore attrazione del luogo, che ne sarebbe diventato il “testimonial” da tutti riconosciuto, uno scorcio paesaggistico con un ponte o una costruzione, una prospettiva ravvicinata con scene di vita, di qui la delicatezza della scelta e della resa spettacolare con un impatto visivo di effetto immediato.

La diffusione tra il 1830 e il 1832, con travolgente successo, delle “Trentasei vedute del monte Fuji” del grande Hokusai, il maestro indiscusso del paesaggio, avrebbe potuto scoraggiare ad affrontare una simile  concorrenza, ma così non fu, e nel 1933-34  un successo altrettanto travolgente arrise alla prima edizione presentata in mostra delle “Cinquantatre stazioni di poste del Tokaido” di Hiroshige cui seguirono, come vedremo, le varianti e le nuove serie sullo stesso itinerario.

E’ giocoforza non poterne dare una descrizione puntuale come abbiamo fatto per le prime opere, ora siamo costretti a sottolineare soltanto alcuni aspetti comuni che ci hanno maggiormente colpito, totalmente diversi, lo ripetiamo, dalle prime opere in una mutazione quasi incredibile ma vera. 

Non più affollamento e intrico di immagini, ma scansione molto netta come se le singole componenti fossero scolpite, la xilografia si prestava con le incisioni su legno come bassorilievi. C’è sempre un elemento dominante della composizione, spesso evidenziato anche in senso prospettico e comunque con il suo volume prevalente, in una netta evidenza della forma come espressione del contenuto.

Oltre al nome della stazione, nel titolo è indicata chiaramente la scena che viene rappresenta, il “testimonial” scelto che si dovrà imprimere nella memoria dei viaggiatori e degli altri interessati. Piuttosto che citare le stazioni, che dicono poco a chi non conosce quei luoghi, crediamo più interessante richiamare alcuni di questi titoli per evocare le scene che sono rappresentate.  

I soggetti spiccano nel clima di “natura calma” tipico di Hiroshige, con l’acqua del mare e i contorni del territorio. Vediamo nei titoli i molti “Fiumi” e i molti “Ponti”, il “Lago” e  la “Riva”, il “Monte” e il “Promontorio”, l’“Altopiano” e l’“Area di confine”, il “Traghetto” e la “Banchina”, la “Strada” e il “Crocevia”, il “Villaggio” e  il “Santuario”

L’atmosfera è ripresa in diverse ore del giorno, “Veduta mattutina” e “Nebbia mattutina”, “Alba” e “Scena al crepuscolo”, e nei vari fattori climatici “Scroscio improvviso” e “Pioggia di primavera”, “Pioggia delle lacrime di Tora” e “Desolazione dell’inverno”, “Neve di sera”  e  “Sereno dopo  una nevicata”. Poi,  “Bancarella da tè” e “Negozio da tè”, “Celebri tessuti” e “Celebri strisce di zucca essiccate”, “Casa da tè” e “Fiera dei cavalli di inizio estate” rendono il colore locale, mentre “Cambio di uomini e cavalli” e “Partenza all’alba” danno il senso del movimento di viaggiatori nella stazione di posta. L’accoglienza è personalizzata in “Inserviente di una locanda” e “Donne che intrattengono i viaggiatori”,ma tutte le composizioni intendono mostrare un clima accogliente. 

Scorrendo la galleria delle 53 stazioni più 2, vediamo tutto questo rappresentato con una straordinaria maestria, mediante tonalità delicate che smorzano i volumi imponenti, in uno straordinario equilibrio compositivo con i primi piani e le prospettive che creano un clima da favola. Si resta senza fiato nel vedere le casette allineate, la fuga dei tetti e gli alberi, i ponti e le barche, quasi sempre la presenza umana varia e pittoresca che anima la scena offrendo lo spettacolo quotidiano tipico del luogo. Sono tante tessere di un mosaico fantastico, combinandole si ricompone il “puzzle” del fascino dell’Oriente in un itinerario così carico di motivi storici e valori artistici.

Le altre serie sul Tokaido e la serie del Kisokaido

Alle 55 immagini della serie ora presentata se ne aggiungono, sempre per il Tokaido,  8 della stessa serie pubblicate dal 1841-44 al 1847-52 fino al 1855, a riprova della loro longevità, tra loro “Il palazzo imperiale”,La riva distante del fiume”, e il “Portale di accesso al santuario di Atsuta”.

In più 2 immagini dalle “Celebri vedute delle cinquantatre stazioni” del 1855, in formato verticale, “Lo spaventoso passo di Satta” e “Viaggiatori che si fermano alla locanda”, e 2 immagini dalle “Cinquantatre accoppiate sul Tokaido” del 1845-46 che aggiungono al paesaggio un riquadro con un fumetto dedicato a un protagonista del luogo, la “Storia di un tagliabambù” e “Il monaco Ikkuy e la cortigiana Jigoku”. Seguono 4 immagini dalle “Cinquantatre illustrazioni del Tokaido”, al luogo è riservato un riquadro-finestra mentre il primo piano è della beltà femminile, come in Eisen, sono “L’approdo” e “Il ponte”, “Il Fuji” e “Clienti che si fermano alla locanda”, con 4 disegni per la serie non tradotti in xilografie, interessanti perché c’è integralmente la mano del maestro senza l’incisione e stampa dell’Okiyo-e, dai titoli: “Ragazza di città in pellegrinaggio” e “Viaggiatori che soggiornano durante una nevicata”, “I celebri prodotti locali” e “Via vai di gente di ogni classe dentro la capitale”.Infine 2 “Immagini ritagliate del Tokaido”,  particolsri isolati di vedute con i nomi come dei collage, ci sono 5 comparti con figure umane e di paesaggi.

Siamo giunti così alle opere dedicate all’itinerario alternativo rispetto al Tokaido, meno frequentato perché più accidentato dato che non si snodava sulla costa ma tra le montagne, quindi offriva la possibilità di inquadrature alternative, anche per questo percorso c’era una guida, “Le illustrazioni dei luoghi famosi del Kisokaido” del 1895, altra fonte preziosa di immagini.   

Laserie “Tra le sessantanove stazioni di posta del Kisokaido”  fu pubblicata tra il 1837 e il 1843 e proseguì quella iniziata nel 1835 da Eisen che aveva raffigurato 24 stazioni in uno stile fortemente influenzato da Hokusai. Eisen era specializzato sulla beltà femminile, in cui ha lasciato opere memorabili, piuttosto che sul paesaggio, forse per questo non ebbe successo e gli editori a un certo punto gli affiancarono  Hiroshige che lo sostituì quando fu costretto a rinunciare.

Durò sei anni il lavoro su questa serie, in cui perfezionò la visione cosmica con gli elementi ambientali e meteorologici, naturali e umani in un clima poetico e in un’atmosfera soffusa; e introdusse delle innovazioni sia nella stesura del colore sempre discreto nei suoi accostamenti, sia nei contorni e nelle linee direttrici, compresa la ricerca di un certo astrattismo.

Non ebbe lo stesso successo delle serie precedenti anche perché il Giappone in quegli anni fu colpito da una crisi che produsse miseria e drammi sociali e personali, una situazione quindi opposta al boom economico in cui lo sviluppo degli scambi, con le altre motivazioni amministrative e religiose, aveva dato un forte impulso alla mobilità e al turismo e quindi alle vendite delle stampe.

Della crisi, aggravatasi nel 1836-38, soffrì direttamente anche Hiroshige che al pari di Hokusai cadde nell’indigenza pur se mitigata dalle residue disponibilità ereditarie; in aggiunta, l’anno dopo la punta più acuta della crisi, nel 1839,  si aggiunse la perdita della prima moglie, passeranno otto anni prima che si sposasse di nuovo, mentre la sua arte subiva gli inevitabili contraccolpi di questa situazione esistenziale.

Sono 6 le opere di questa serie esposte in mostra, a differenza di quelle sul Tokaido il titolo non contiene la descrizione della scena ma soltanto il nome della stazione di posta. Presentano tutte forme e  volumi che si stagliano nettamente pur nel cromatismo delicato, in tutte ci sono delle persone integrate con le loro attività nell’ambiente, in 3 di esse si vede un ponte con degli alberi, l’acqua è presente in tutte tranne nella stazione ripresa sotto una nevicata che cade su alcune figure a cavallo, l’elemento umano sempre presente fuso con gli elementi naturali. C’e anche una vivacissima scena di un interno su due piani con gli abitanti sorpresi nell’intimità come dall’irruzione di un fotografo, veramente magistrale come viene resa la vita nella stazione di posta.

La curatrice Rossella Menegazzo conclude la presentazione di questa sezione della mostra affermando che Hiroshige “seppe ottenere una levità e un senso quasi religioso nelle sue rappresentazioni della natura che non hanno eguali” – anche rispetto ad Hukosai con il quale si è confrontato direttamente sulle stazioni del Tokaido per il quale il maestro più anziano aveva realizzato ben 7 edizioni – “utilizzando da una parte la tecnica di sfumatura del bokashi, dall’altra elementi innovativi della pittura occidentale , spostandosi poco alla volta verso il formato verticale che caratterizzò la sua produzione degli anni cinquanta, con primissimi piani esagerati e secondi piani lontanissimi che anticipano la fotografia”.

Di questo sviluppo parleremo prossimamente nel commentare le restanti 5 sezioni della mostra, che comprendono altri soggetti come “fiori, uccelli e pesci”, “parodie umoristiche”, oltre alla “produzione pittorica”, e si concludono in bellezza con altre visioni paesaggistiche dei “luoghi lontani” e della “capitale orientale”.  


Info

Scuderie del Quirinale,via XXIV Maggio 16, Roma. Da domenica a giovedì,  ore 10,00-20,00, venerdì e sabato ore 10,00-22,30, ingresso consentito  fino a un’ora dalla chiusura. Ingresso e audioguida inclusa: intero euro 15, ridotto euro 13 per under 26, insegnanti, gruppi, forze dell’ordine, invalidi parziali, euro 2 per under 18, guide, tessera ICOM, dipendenti MiBAC, gratuito per under 6, invalidi totali. Tel.  06.81100256. www.scuderie.it.  Catalogo “Hiroshige. Visioni dal Giappone”, a cura di Rossella Menegazzo,  Skira 2018, pp. 290, formato  28,5 x 24,5; dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. Il primo articolo sulla mostra  è uscito, in questo sito, il  14 giugno 2018, il terzo e ultimo uscirà il 5 luglio, con altre 10 immagini ciascuno.  Cfr. inoltre i nostri articoli, in questo sito,  su Hokusai  2, 8, 27 dicembre 2017, su Monet 9 gennaio 2018, su Turner 17 giugno, 4, 7 luglio 2018, sull’arte giapponese,“Giappone, la spiritualità buddhista nelle sculture liignee alle Scuderie del Quirinale”  24 agosto 2016, e “Giappone, 70 anni di pittura e decori ‘nihonga’ alla Gnam”  25 aprile 2013.

Foto

Le immagini sono state in parte fornite dall’organizzazione, in parte tratte dal Catalogo, si ringrazia Ales S.p.A. e l’Editore,  con i titolari dei diritti, per l’opportunità offerta. In apertura, “Il mare di Satta nella provincia di Suruga” 1858; seguono, “Hakone: vista dal lago” 1833-34, e “Niekawa” 1835-38;  poi, “Veduta del traghetto (Arai Watashibune no zu)” 1833-34, e “Odawara. Il fiume Sakawa” 1833-34; quindi, “Agamatsu” 1838-42, e “Nihanbashi. Veduta delle nuvole all’alba” 1855;  inoltre, “Shono. Scroscio improvviso” 1833-34, e “Nagakubo”  1836-38; in chiusura, “Shinmachi” 1835-38.