Mangasia, diffusione e influenza dei fumetti asiatici, al Palazzo Esposizioni

di  Romano Maria Levante

Si conclude la nostra visita alla mostra  “Mangascia, wonderlands of Asian Comics” , al Palazzo Esposizioni di Roma dal 7 ottobre 2017 al 21 gennaio 2018 sul “manga”, il fumetto asiatico, del quale viene presentata una vastissima selezione estesa alla vasta area che va dal Giappone al Pakistan e alla Mongolia, e comprende più di 20 paesi,  articolata in sezioni tematiche riferite ai contenuti. La mostra è organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo,  e curata da Paul Gravett, come il monumentale catalogo di “Thames & Hudson”. molto ben documentato e illustrato.

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In precedenza, dopo aver ricordato le precedenti mostre del Palazzo Esposizioni su temi di attualità, dal “DNA”  ad “Astri e paricelle”, abbiamo inquadrato i “manga” nella tradizione giapponese e abbiamo accennato alla varietà di contenuti, ispirati non solo a temi quali le favole e la religione, gli esseri fantastici  e gli eroi, ma anche a temi storici nei quali vengono rievocate vicende cruciali nell’esistenza dei popoli dagli angoli di visuale propri di questa forma espressiva, in stretto collegamento con l’attualità. Abbiamo inoltre  accennato a come nascono i “manga”, e a qual è la condizione degli autori. Tutto questo in rapporto alle strisce e ai libri di fumetti esposti nelle prime sezioni della mostra.

Ora passiamo ai temi restanti, anche qui in collegamento con le ultime sezioni, in particolare sulla libertà di espressione e sulla diffusione per fasce di lettori dei contenuti per loro più adatti, fino alle trasposizioni dei personaggi resi famosi dai fumetti negli altri media, come il cinema e i “cartoons”, la televisione e  gli ultimi mezzi telematici

I “manga”  e la libertà di espressione

La forza dei fumetti è andata crescendo, anche in regimi  come quello cinese, al riguardo si citano i due gruppi, “Special Comics” a Nanchino e “Cult Youth” a Pechino, che pubblicano quasi clandestinamente antologie  di “manga” realizzati da autori indipendenti, di critica non solo al capitalismo ma anche al comunismo. In un paese che sul piano economico pratica il capitalismo di mercato e sul piano politico il comunismo autoritario, ciò vuol dire mettersi dichiaratamente contro il regime.

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Fumettisti “alternativi”  sono diffusi anche in altri paesi asiatici, dove soprattutto i giovani vengono incoraggiati a impegnarsi senza conformismo nella realizzazione dei “manga”, anche ricorrendo alla tradizione per recuperare i valori e l’identità.

Si possono evitare interferenze limitatrici della libertà di espressione se non si  dipende da un editore tradizionale e si  ricorre ad altri canali, e soprattutto se si ha successo di vendita nel qual caso anche opere innovative e “non ortodosse” passano senza problemi al vaglio della pubblicazione, vengono citati gli esempi di Jirò Taniguchi, con il suo inusuale  “camminatore solitario”  e Taiyò Matsumoto, con il suo “Sunny” fortemente autobiografico

Proprio per la loro destinazione a un  pubblico molto vasto, soprattutto giovanile, ma comunque diffuso, i fumetti si trovano sempre sottoposti all’osservazione attenta delle autorità e dei moralisti, come dell’industria editrice nel timore di alienarsi simpatie e benevolenze, perciò anche autori ed editori sono propensi ad autocensurarsi prima di subire eventuali censure.

Naturalmente gli atteggiamenti variano da paese a paese in funzione dei rispettivi regimi politici e dei leader, dei costumi e dei sistemi giuridici, dei poteri religiosi e degli stili di vita, comunque in generale si può dire che dal dopoguerra è stato sempre più difficile controllare i “manga”  nonostante i temi  scomodi affrontati sia nella politica sia nella morale come quelli sessuali, e i toni spesso violenti, secondo l’antica tradizione delle stampe giapponesi.

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Gli editori alla ricerca di nuovi talenti organizzano concorsi come il “Manga Open” dell’editore Kodansha per il settimanale “Morning”, che ha dato il successo al vincitore del 2011 Miki Yamamoto, creatore  di un’eroina determinata e indipendente;  oppure li assumono su segnalazione di un autore affermato come è stato per Ken Njimura, “raccomandato”  all’editore dall’affermato Taiyo Matsumoto; un altro giovane, Siu Hak, su “Touch Magazine”, dal 2004 al 2016 si è imposto con temi quali i grattacieli di Tokyo trasformati in robot, gli “Harbour Heroes”,  e la celebrazione del  leader studentesco Joshua Wong protagonista della “rivolta degli ombrelli” del 2014.

Sui rapporti con l’arte, possiamo dire che che la Pop Art si è molto avvicinata al fumetto,  tanto che l’americano Roy Lichtenstein ha preso il fumetto americano come modello per le sue celebri raffigurazioni. In Asia abbiamo lo stile postmoderno del  “superflat giapponese”, naturalmente contiguo del fumetto, in comune c’è sempre una narrazione.

Detto questo,  c’è stata nel tempo un’evoluzione che ne ha esteso sempre più la destinazione e aumentato quindi la diffusione.

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La diffusione dei “manga” per fasce di lettori e relativi contenuti

Per restare nell’epoca più recente si nota che mentre nel dopoguerra i “manga” erano rivolti soprattutto ai giovani, già con gli anni ’50 hanno cominciato ad interessare un pubblico più adulto, con immagini realistiche ispirate ai film “noir” e dell’orrore, noti come “gekiga” che sta per “immagini drammatiche”, tra i più noti autori Yoshiro Tatsumi e Tadeo Tsuga

Il genere  si è esteso sempre più negli anni ’70  con i fumetti definiti “seinen”, tra quelli di maggior successo la serie “Dokudami Tenement”, con un giovane disadattato rispetto alla vita che conduce, riflesso  delle frustrazioni dell’autore,      Takashi Fukutami.

Nel 1980 abbiamo il fumetto “underground” come quello di Takoshi Nemoto,  provocatorio, si definisce “ottimista-pessimista”,  il personaggio  ricorrente è un derelitto  in stile punk  definito “capace-incapace”. Trasgressivo il fumetto per adulti di  Gengoroh Tegane,  sul dramma familiare dei rapporti gay in una società omofobica come quella giapponese, in “My Brother’s Husband”,  titolo quanto mai eloquente. 

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 Come ci sono i fumetti “noir”, ci sono quelli  “rosé” e “lady comics”,  opera delle fumettiste, molto ricercate dagli editori  negli anni ’80 per  interessare di più il pubblico femminile, rispettivamente le adolescenti per i “rosè” e le adulte per i “lady comics”.  In questo ambito, Mariko Kusumoto dal 2009 è la più coraggiosa nello sfidare  molte convenzioni  tradizionali radicate nella società giapponese, in particolare sul sesso e sull’emancipazione femminile.

Ma ci sono anche i “boys’ love” creati “dalle donne per le donne”, si tratta del genere omoerotico detto dello “yagi” che si diffuse dalla fine degli anni ‘’80, definito “senza climax, senza conclusione, senza significato”, ad opera di epigone delle donne che all’inizio del decennio avevano introdotto nei fumetti l’amore tra ragazzi, lo “scenen”, come Keiko Takemya e Moto Hagio. Si tratta di opere, spesso autopubblicate nelle riviste commerciali, su amori omosessuali femminili, storie antiche  e moderne, dalla mitologia alla quotidianità,  in vari stile e generi, che hanno conquistato un mercato vastissimo (2,2 miliardi di yen nel 2010), e sono penetrate anche in paesi mussulmani, quindi di grande rigore su questi temi, come Indonesia e Malesia.   

Nell’apposita sezione della mostra c’è un “separè” per isolare i fumetti più “osè”, ma possiamo dire che non sono vistosi; molto più espliciti, pur nella loro raffinatezza,  certi dipinti di Hokusai ed Eisen del genere “shunga”, che vuol dire “pittura della primavera” ma anche atto sessuale.

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Erano xilografie per uso privato pubblicate in fogli singoli o libretti di 12 pagine,  diffuse prima del 1868 allorché con l’apertura verso l’esterno del Giappone, cui abbiamo già accennato, nei contatti con l’Occidente furono acquisite anche riserve morali e tabù, come quello sessuale, tanto che fu inserito nel codice il reato di “oscenità”, prima assente; poi, con la Costituzione del 1947 fu vietata espressamente la raffigurazione esplicita di tutto ciò che aveva diretta attinenza con l’atto sessuale. I “manga” per adulti succedono dunque ai più antichi “shunga”, xilografie senza veli per così dire.

Altre xilografie “estreme” sono  le “muzan-e”, “stampe insanguinate”, diffuse soprattutto dopo il 1860, con scene di omicidi ispirati alla vita reale oppure a storie narrate dalla letteratura; tra gli esponenti antichi del genere spicca Tsukioka Yoshitoshi, il cui stile violento lo ritroviamo, tra gli altri,  nei moderni Suahiro Maruo e Kazuichi Hanawa.  Tra la violenza e l’orrore la serie “Asura” di George Akiyama con scene di un cannibalismo materno ben più orripilante di quello del dantesco conte Ugolino, che portarono a proibire la rivista. Sono i “manga” amorali e traumatici , pubblicati dalla rivista Garo, viene commentato, “ci  mostrano gli aspetti più  oscuri dell’animo umano senza offrirci alcuna morale consolatoria né possibilità di redenzione”.

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I “manga” e i “mass media”, cartoni animati e cinema, radio-Tv e video giochi,

La mostra termina con un excursus spettacolare sui “mass media” collegati ai fumetti,  o che ne subiscono l’influenza, anche con una serie di  video che trasmettono in continuazioni immagini e altre visualizzazioni spettacolari, fino a una gigantesca bambola gonfiabile che arriva al soffitto.  

Viene documentato come i “manga” con i loro personaggi siano stati fonte di ispirazione per i cartoni animati e il cinema, la radio e la televisione, fino ai video giochi e gli smartphone; non solo, anche la musica e la moda ne sono state influenzate.

Sui cartoni animati viene ricordato che furono i fumettisti un secolo fa a compiere in Asia i primi esperimenti di animazione con cui diedero movimento, suono e colore ai “manga” statici, muti e per lo più in bianco e nero. I primi esperimenti risalgono  al 1916-17 quando la casa cinematografica Tanksatu fece realizzare cinque cartoni animati basati sui fumetti a Oten Shimokawa, il “cartoon” iniziale intitolato “Il Portinaio”, la striscia era uscita su “Tokyo Puck”.  Lo seguirono nel passaggio all’animazione altri noti “mangaka”, come Osamu Tezuka, Hayao Miyazaki e Katsuro Osaka.

Per le altre forme di spettacolo il passaggio dei fumetti alla “live action” avviene naturalmente nei film, nei programmi radiofonici e televisivi, e anche nelle rappresentazioni teatrali, basta che il personaggio sia diventato popolare perché si trasmetta dal media in cui si è affermato agli altri canali di diffusione.

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Sul cinema va sottolineata la frequenza con cui vi sono state trasposizioni dei fumetti, per storie dinamiche e movimentate; vengono citati i “manga” dello scrittore Kazuko Kasulka divenuti film solo tre mesi dopo la fine della serie su “Weekly Playboy”. Rapido anche il passaggio ai cartoni animati, come per le opere fantascientifiche di Laila Matismoto. L’autore di fumetti Jiro Taniguchi ha collaborato alla trasposizione in film delle due serie, disegnate con molta precisione,  “La vetta degli dei”, sulla scomparsa dello scalatore Mallory in una spedizione sull’Everest del 1934  e “Quartieri lontani”, dove compare anche in un “cammeo”.

Uno dei maggiori registi indiani vissuto fino al 1992, Satyajit Ray, il cui linguaggio cinematografico è coerente con quello  da illustratore, ha realizzato  il suo primo film “Il lamento sul sentiero” del 1955 basandosi su un blocco di schizzi di 58 pagine – vere “strisce di fumetti” ha detto lui stesso – che aveva utilizzato per le illustrazioni e poi ha usato di nuovo  per il film; è tornato ai fumetti nel 1970-71 con 4 copertine.

Non si tratta di iniziative sporadiche, e anche i tempi della trasposizione sono significativi. Viene citato il caso degli anni ’50 nelle Filippine, dove molte serie di fumetti divenute popolari venivano adattate a film di azione; ebbene, si giunse a tradurre le sceneggiature dei film in fumetti da pubblicare prima di ultimare il film in modo che alla sua uscita, al termine delle serie oppure appena aveva successo,  il film potesse contare su un pubblico fidelizzato alla storia o al personaggio,  Ciò è avvenuto anche con le “graphic novel” di Carlo Vergara,  in cui la protagonista gay si trasforma in un’eroina tutte curve: nel 2005 diviene un film, nel 2006 un musical.  

Un’ultima osservazione, con la tecnologia digitale i fumetti più avanzati non sono compresi nella pagina ma si muovono in verticale e cade così il vincolo dell’impaginazione, quindi si superano anche i problemi di compatibilità tra il fumetto asiatico che si legge da destra a sinistra e quello occidentale che va da sinistra a destra, con i conseguenti problemi in sede di traduzione. Fin dal 2003 i  sud coreani hanno realizzato serie digitali di fumetti impaginate come una striscia verticale. l “webcomics”  raggiungono altissime audience, come fu per i fumetti sul terremoto di Sicghuon del 2008.

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La sinfonia di civiltà

Al termine della visita alla mostra  resta negli occhi la spettacolare varietà e originalità delle rappresentazioni grafiche, lo scintillio dei colori, le immagini affascinanti di quegli occhioni spalancati come quelle tenebrose di abissi che si aprono, le gestualità brusche e movimentate come le pose delicate e graziose, l’intero campionario fumettistico nella visione orientale che ha tanto influenzato anche la vignettistica occidentale.

Le ricerche approfondite contenute nel catalogo consentono di inserire questo caleidoscopio di immagini nel contesto storico e culturale del mondo asiatico, così variegato nelle tante nazioni che lo compongono; uno spettacolo questo impresso nella mente dopo quello rimasto negli occhi.

Si pensa all’incontro di culture, lo abbiamo visto con altre mostre su diverse manifestazioni dell’arte giapponese, dai rotoli pittorici tradizionali e dalle sculture rituali sacre alle forme più moderne, spesso l’incontro diviene incrocio con le influenze e gli  apporti reciproci, dalla prospettiva occidentale all’arabesco orientale. I fumetti, con la loro diffusione così pervasiva,   fanno parte di quella che è stata chiamata “sinfonia di civiltà”, e la mostra ha saputo dimostrarlo.

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Info

Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194, Roma. Tel. 06.39967500, www.palazzoesposizioni.it. Orari. da domenica a giovedì, tranne il lunedì chiuso, dalle 10,00 alle 20,00, venerdì e sabato dalle 10,00 alle 22,30, la biglietteria chiude 1 ora prima. Ingresso,  intero euro 13,50, ridotto euro 10,00.  Catalogo “Mangasia. Wonderlands of Asian Comics” , a cura di Paul Gravett,  Thames & Hudson Editore, pp. 320,  formato 21 x 27, dal catalogo sono tratte le citazioni del testo. Il primo articolo sulla mostra è uscito in questo sito il 1° novembre u. s., con altre 11 immagini  Per la citazioni nel testo di precedenti mostre su temi di  attualità cfr. i nostri articoli: in questo sito, su “DNA”  29 marzo 2017, “Caravaggio Experience”  27 maggio 2016,  “Numeri”  23, 26 aprile 2015,   “Cibo” 1° febbraio 2015, “Meteoriti” 5 ottobre 2014, il ; in cultura.inbruzzo,it su “Astri e particelle” 12 febbraio 2010 (tale sito non è più raggiungibile, gli articoli saranno trasferiti su altro sito).Inoltre cfr. i nostri articoli in questo sito sull’arte giapponese: per la scultura sacra antica 24 agosto 2016, la pittura contemporanea 27 maggio 2016, 70 anni pittura “nionga” 25 aprile2013, la pittura moderna “oltre la  tradizione”  15 aprile 2013; sull’arte cinese, le tombe di Awangui 17 gennaio 2015, la pittura di Visual China 17 settembre 2013,  lo scultore moderno  Weishan 24 novembre 2012, la “Via della Seta” 19, 21, 23 febbraio 2014; in www.antika.it, “L’Aquila e il Dragone” 4, 7 febbraio 2011, e in cultura.inabruzzo.it  la Settimana del Tibet 21 luglio 2011, l’anno culturale della Cina in Italia 26 ottobre 2010  (questi ultimi due siti non sono più raggiungibili, gli articoli saranno trasferiti su altro sito).   Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante alla presentazione della mostra nel Palazzo Esposizioni, si ringrazia l’Azienda Speciale Palaexpo, con i titolari dei diritti, per l’opportunità offerta. Forniscono soltanto un’idea quanto mai parziale e sommaria della sterminata esposizione della mostra, resa integralmente nel monumentale catalogo, e dato il loro carettere non cerchiamo di identificarle per corredarle del titolo, come eccezione motivata alla nostra regola.

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