di Romano Maria Levante
Il rilancio della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma ha visto intanto le prime due mostre che abbiamo commentato in precedenza, “Il pittore e il gran Signore” e “Mediterraneo in chiaroscuro”. Racconteremo al termine la terza mostra della serie “Venezia scarlatta” , con 4 opere di Lorenzo Lotto, aperta dal 10 marzo al 15 giugno 2017, curata da Michele Di Monte, ma prima intendiamo dare altre notizie sulla nuova direzione della Galleria Nazionale d’Arte Antica che ha introdotto profonde innovazioni, a partire dalla denominazione, e sulle due sedi museali, Palazzo Barberini e Palazzo Corsini.
Il rilancio avviene secondo gli orientamenti – che abbiamo già ricordato testualmente in precedenza e che riportiamo – così sottolineati dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo Dario Franceschini: “L’inizio del riallestimento delle collezioni, la realizzazione di percorsi multidisciplinari e del sistema multimediale, con maggiori approfondimenti del percorso di visita del museo”; Con questi cambiamenti, messi in atto dal nuovo direttore Flaminia Gennari Santori, “Palazzo Barberini e Galleria Corsini si apprestano a diventare, in una fase di profonda innovazione del sistema museale italiano, luoghi di incontro e di dialogo paragonabili alle più moderne realtà museali europee non solo”.
Ed ecco i dati sul nuovo direttore selezionato con il concorso internazionale, come per gli altri 29 musei cui è stata data autonomia dalla riforma del Ministro per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo Dario Franceschini. Flaminia Gennari Santori è storica dell’arte, con un prestigioso curriculum di livello internazionale, sia nel corso di studi, tra Roma e Firenze, Londra e Chicago, sia nella carriera: dalla Fondazione Adriano Olivetti di Roma tra il 2002 e il 2006 al Metropolitan Museum of Art di New York tra il 2006 e il 2008, fino al Vizcaya Museum and Garden di Miami tra il 2008 e il 2013, periodo in cui è stata anche docente di History of Collecting and Display alla Syracuse University in Florence. Ha scritto saggi, in particolare sul collezionismo internazionale, e fa parte del gruppo di ricerca del Getty Research Institute sul collezionismo e il mercato dell’arte tra Ottocento e Novecento, di cui è tra i maggiori esperti internazionali; nel 2014 ha pubblicato il libro “The Melancholy of Masterpieces”. Ha sempre abbinato la ricerca culturale con la progettazione pratica e la gestione museale, ottenendo risultati notevoli, come nel Vizcaya Museum di Miami divenuto un laboratorio di ricerca e innovazione con progetti d’artista che hanno accresciuto l’interesse del pubblico per il museo e hanno avuto una forte eco nella stampa americana.
Le aspettative per il nuovo corso delle Gallerie Nazionali d’Arte Antica è dunque motivato da queste caratteristiche molto positive del nuovo vertice direttivo. Si è cominciato con la “nuova identità visiva, nuovo sito e nuovo social”, a partire da un logotipo che dà centralità alle due sedi interdipendenti: la denominazione della Galleria Nazionale d’Arte Antica è stata sintetizzata in “Barberini Corsini Gallerie Nazionali”, con i nomi dei palazzi evidenziati in neretto, in modo parallelo e non sappiamo quanto coordinato, alla sintesi operata da altra direzione per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna in “La Galleria Nazionale”, con la sottolineatura dell’articolo. Il nuovo sito web è diviso in tre sezioni per un più facile accesso, quella di sinistra per i visitatori , quella centrale con le icone, si è perseguita la semplicità insieme alla presa emozionale. Sui social network nuova pagina in Fecebook, con evidenziate le due sedi e le loro interconnessioni, oltre che su Twitter e sul nuovo account Istagram ricco di immagini.
Non mancano le indicazioni sugli scambi in atto con i maggiori musei internazionali, troviamo il Metropolitan Museum di New York e la National Gallery di Londra, il Louvre e il Prado, gli Uffizi e la Galleria Borghese, la Pinacoteca di Bologna e l’Accademia Carrara. E altre notizie, come i prestiti degli ultimi due anni, 75, il personale impiegato, 69 addetti, i giorni di apertura dell’anno, in media 311 per entrambi i palazzi.
Oltre a fornire queste notizie sull’attualità, la nuova direzione rievoca la storia della formazione delle collezioni e delle due sedi, opera meritoria perché si possono apprezzare le Gallerie Nazionali d’Arte Antica nella doppia articolazione in Palazzo Barberini e Palazzo Corsini, sotto l’aspetto storico e artistico: una staffetta prestigiosa,, con due pontefici e una regina protagonisti.
Parleremo, quindi, dei due palazzi, Barberini e Corsini, per ricordare l’alto valore storico e l’immenso patrimonio artistico in essi contenuto con la formazione delle collezioni e i collegamenti reciproci. Poi daremo conto della 3^ mostra per il rilancio, “Venezia scarlatta”, con al centro Lorenzo Lotto.
Palazzo Barberini
In pieno centro di Roma, tra Via Veneto e la Fontana di Trevi, con l’omonima piazza, la “Piccadilly Circus romana”, gode di una posizione ideale dal punto di vista logistico se si evita il rischio di essere schiacciata in quella che viene definita “sedimentazione urbanistica”. Ma non si può negare che la Galleria Nazionale di Arte Antica, soprattutto in questo palazzo – Palazzo Corsini è da tutt’altra parte del centro cittadino, in Via della Lungara – non soffre del decentramento e del sostanziale isolamento della Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Valle Giulia.
Per qualificare Palazzo Barberini basta ricordare che è frutto dell’iniziativa di Maffeo Barberini, vissuto tra la metà del ‘500 e del ‘600, due anni dopo che divenne papa, nel 1623 con il nome di Urbano VIII.
Carlo Maderno fu il primo architetto impegnato nella realizzazione del nuovo palazzo per i nipoti del pontefice, e lo fece con una forma ad H del tutto nuova ottenuta collegando la preesistente Villa Sforza che si affaccia su Piazza Barberini, acquistata per l’occasione, con un’ala parallela unita ad essa con un braccio centrale: tra le due ali il grande giardino all’italiana con cortili e piante rare.
Dal 1629 nella direzione dei lavori a Maderno subentra Gian Lorenzo Bernini che disegna la finta loggia vetrata sul porticato verso via Quattro Fontane. poi interverrà anche Francesco Borromini nel disegnare la scala elicoidale a pianta ovale che fa da “pendant” alla scala “a pozzo quadrato” disegnata dal Bernini, con la quale si accede al salone di rappresentanza con gli affreschi di Pietro da Corona. I lavori per le decorazioni interne si sono protratti dal 1620 fino a metà del ‘700, per iniziativa della principessa Cornelia Costanza Barberini con il coniuge il principe Giulio Cesare Colonna di Sciarra che ristrutturarono e arredarono il secondo piano in stile tardo rococò. Nell’appartamento all’ultimo piano hanno abitato gli eredi Barberini fino al 1955.
Ma quello che più importa ricordare sono le collezioni custodite nel palazzo con una sorpresa, solo nel 1953 diventa la sede della Galleria Nazionale di Arte Antica insieme a Palazzo Corsini che aveva invece questa destinazione sin dal 1865. E ci diventa perché le collezioni di Palazzo Corsini si sono talmente ampliate con importanti acquisizioni e donazioni, come vedremo, da richiedere maggiore spazio. D’altra parte la collezione originaria dei Barberini era stata dispersa a cominiare dal ‘700 per dissidi tra gli eredi finché nel 1934 un Regio decreto consentiva la vendita anche all’estero delle opere, tranne un piccolo nucleo passato allo Stato italiano per compensazione, tra cui per fortuna c’è “La Fornarina” di Raffaello, divenuta l’icona della Galleria, insieme a “Giuditta e Oloferne” di Caravaggio, anche se la nuova direttrice ci ha detto di volere una sede “aiconica”.
ln mancanza di una quadreria originaria, come quella che si trova invece, come vedremo, a Palazzo Corsini, è stata organizzata la galleria in senso cronologico con le principali tendenze pittoriche dal duecento al settecento, con particolare riguardo al cinquecento e seicento.
Sono presenti i maggiori maestri con le opere più rappresentative, ci basta aver citato Raffaello e Caravaggio, gli artisti delle collezioni sono 450, i dipinti oltre 1600, di cui circa 450 esposti in 35 sale cui va aggiunto il Salone di Pietro da Cortona, inoltre vi è la Sala Ovale e la Sala Marmi, per 7.500 metri quadri di superficie espositiva. Gli altri 1.100 dipinti sono nel deposito all’interno o all’esterno; , con le sculture e gli altri oggetti artistici si arriva a 4400. Un patrimonio consistente!
Palazzo Corsini
A questo patrimonio le Gallerie Nazionali d’Arte Antica aggiungono le collezioni della Galleria Corsini: oltre 600 dipinti, di cui circa 300 esposti e gli altri in deposito o concessi temporaneamente ad enti esterni, più 200 sculture, bronzetti e arredi, gli artisti sono 500, 8 sale espositive del museo e 1 per mostre temporanee per 765 metri quadri di allestimento.
La particolarità è che l’esposizione in atto rispecchia l’inventario del 1771, cosa che garantisce la sua integrità rispetto alla consistenza originaria, a differenza di Palazzo Barberini, spogliato dalle vendite da parte della eredi della famiglia, a parte le eccezioni pur di eccellenza che abbiamo citato.
Sono state le acquisizioni della Galleria Corsini dopo la vendita al Regno d’Italia nel 1883 eccedenti rispetto agli spazi del palazzo, ad essere trasferite a Palazzo Barberini, acquistato dallo Stato nel 1949 proprio a questo fine: si tratta del Fondo Torlonia nel 1892 finalizzata alla Galleria Nazionale Italiana aperta nel 1895, e delle collezioni Chigi, Monte di Pietà ed Hertz anch’esse pervenute alla Galleria Corsini. In realtà, poiché Palazzo Barberini divenne la nuova sede della Galleria Nazionale, riaperta nel 1953, vi furono trasferite tutte le opere detenute a questo titolo dalla Galleria Corsini e non soltanto le acquisizioni eccedenti gli spazi ora citate; negli anni ’80 è stata ripristinata la raccolta Corsini fino alle acquisizioni successive al 1883 sopra citate. Va sottolineato che alla vendita del palazzo allo Stato il principe Tommaso Corsini aggiunse la donazione delle opere d’arte che vi erano contenute, collezione pervenuta quindi inalterata.
Ma com’è caratterizzata tale collezione e come nasce? Si tratta dell’unica quadreria settecentesca rimasta a Roma nell’assetto originario senza le vendite degli eredi, come per Palazzo Barberini, e le spoliazioni di varia natura avvenute nei secoli. La vediamo con i quadri che coprono interamente le pareti fino al soffitto, un vero spettacolo in cui l’arte è coniugata alla storia e al costume.
Il primo nucleo viene da Firenze, opera del marchese Bartolomeo (1622-85), dopo gli acquisti di opere d’arte avvenuti sin dall’inizio del ‘600; la spinta decisiva venne nel ‘700 da Lorenzo Corsini divenuto papa Clemente XII e dal cardinal nipote Neri Corsini, definiti “i veri artefici della collezione” , il secondo era esperto d’arte e si concentrò sui grandi maestri del ‘600 e del ‘500, oltre che dei suoi contemporanei. Alcuni nomi? Caravaggio e Guido reni, Guercino e Rubens. Nell”800 proseguirono gli acquisti uniti a vendite mirate secondo gli orientamenti artistici dell’epoca.
Una storia prestigiosa quella delle collezioni, come è di grande prestigio la storia del Palazzo, la costruzione è iniziata nel 1511 ad opera del cardinale Raffaele Riario in via della Lungara, poi vi furono interventi per sistemare le statue al piano terra e la quadreria al piano nobile. Artefice di queste modifiche addirittura una regina, Cristina di Svezia, che visse nel palazzo per trent’anni, dal 1659 al 1689, dopo la conversione al cattolicesimo, e ne fece un cenacolo culturale, nell’Alcova della regina ci sono ancora le decorazioni del ‘500.
L’evento straordinario della permanenza della regina, donna di cultura e amante delle arti che divenne un prestigioso punto di riferimento, fu anteriore al passaggio in proprietà alla famiglia Corsini, che avvenne nel 1736 allorché Lorenzo divenne papa Clemente XII e la sua famiglia, per trasferirsi da Firenze incaricò l’architetto Ferdinando Fuga di ristrutturare e ampliare il palazzo appositamente acquistato. Fu aggiunta una nuova ala, in simmetria con quella esistente, collegate da un corpo centrale con una scalinata monumentale, troviamo in questo una qualche analogia con le opere che furono realizzate a Palazzo Barberini, ma è soltanto una mera associazione di idee. la facciata su Via della Lungara è unitaria, mentre la parte posteriore mostra l’eterogeneità iniziale.
Il giardino, che fu ristrutturato da Fuga e costituisce l’Orto botanico di Roma, arriva fino al Gianicolo. Nel palazzo, oltre alla Galleria Nazionale d’Arte Antica , c’è l’Accademia dei Lincei con una ricca biblioteca che ha accolto anche la biblioteca del cardinale nipote Neri Corsini; vi è anche l’Istituto Nazionale della Grafica con una collezione di stampe antiche molto pregiata.
La mostra “Venezia Scarlatta” a Palazzo Barberini
Ed ora eccoci alla terza mostra di rilancio, questa volta dopo il “ritratto d’occasione” e il “Mediterraneo in chiaroscuro” con il gemellaggio maltese, un’intrigante collegamento tematico all’insegna del colore rosso considerato nell’ambiente veneziano in cui riveste un particolare significato. Per i pittori veneti il rosso scarlatto con il suo forte valore cromatico è legato anche a un’antica tradizione di tintori e alchimisti di cui Venezia è stata portatrice; ma soprattutto ha forti significati simbolici, che rimandano a serie di motivi, mondani e privati, civili e religiosi.
Inoltre, come si afferma nella presentazione, “la grande qualità della pittura di queste opere, caratterizzate da una pittura cangiante con sfumature variabili e tonalità sensuali, rifocalizza il luogo comune circa i presunti rapporti di dipendenza e sudditanza tra periferia e centro, tra Terraferma e Dominante”.
Nelle 6 opere esposte sono raffigurati motivi diversi proprio per la variabilità dei simboli evocati: vi sono ritratti e rappresentazioni di vita, scene bibliche e immagini religiose; e pur nell’autonomia stilistica e compositiva dei tre artisti autori, vengono riscontrati elementi comini ai pittori veneti.
Quanto basta per giustificare l’impegno organizzativo pur nel limitato numero di opere esposte: provengono, infatti, da New York, il Metropolitan Museum of Art , e da Parigi, il Musée du Louvre, da Madrid, Museo Nacional do Prado, e Bergamo, Accademia Carrara.
Il direttore ci tiene a sottolineare, oltre alla collaborazione con i maggiori musei appena citati, il fatto che la mostra è “nata attorno al nostro capolavoro di Lorenzo Lotto, “Matrimonio mistico di santa Caterina”, nelle due versioni del 1524, della Galleria Nazionale romana, e del 1523, dall’Accademia Carrara di Bergamo, entrambe da committenze private con finalità auto celebrative.
Come è auto celebrativa un’altra delle sue opere esposte, “Ritratto di Marsilio Cassotti e Faustina Assinica”, 1523, che innova la consueta forma rappresentativa accentuando gli elementi realistici e insieme quelli simbolici: come il “giogo nuziale” imposto sotto lo sguardo malizioso di Cupido.
Il “Matrimonio mistico di Santa Caterina” della versione “romana” era complementare rispetto al ritratto della coppia appena citato, in quanto entrambi concepiti come un doppio dipinto, mentre il matrimonio mistico nella versione “bergamasca” è concentrato in uno spazio unico; si tratta di un’immagine sacra ma destinata alla devozione privata, tanto che il matrimonio si svolge nella dimora del committente Niccolò Bonghi nel ruolo di testimone di un evento soprannaturale con l’esibizione di tappeti preziosi e di abiti sfarzosi.
Viene definito “speculum perfectionis in cui si riflette il modello perfetto dei novelli sposi”, con la Vergine in veste rosso scarlatto di consigliera sui modi per raggiungere Cristo, la scrittura con la protezione di San Girolamo, la carità appassionata, con il dolore delle spine, per la protezione di Santa Caterina.
La quarta opera di Lotto esposta, “Cristo portacroce”, 1526″, è più integralmente religiosa, ma Cristo che cade sul Golgota sotto il peso della croce, avvolto nella veste con il rosso della passione, è visto in modo ravvicinato quasi da un testimone oculare, mentre l’osservatore si sente nei panni del Cireneo chiamato a portare la croce al posto di Cristo disteso al suolo. Lorenzo Lotto, uno dei maggiori artisti veneti, è stato grande ritrattista, in gioventù vicino allo stile di Giovanni Bellini, poi sotto l’influenza di Raffaello e Durer, il tutto vissuto in modo innovativo.
Rosso come la veste di Cristo anche l’abito di velluto del santo nel dipinto “San Matteo e l’angelo”, 1534, che illumina la scena notturna del silenzioso dialogo, ora come simbolo di carità, in una composizione che ha l’immediatezza di un ritratto, innovativa rispetto alla tradizione, con gli effetti di luce e la consistenza materica della superficie dipinta. L’autore, Giovanni Gerolamo Savoldo, da Brescia a Venezia nel 1520, di formazione lombarda, sentì l’influsso di Lotto, oltre che di Giorgione e Tiziano.
L’ultima opera esposta della “Venezia scarlatta” è di Giovanni Busi detto il Cariani, lombardo vissuto a Venezia tranne 7 anni di soggiorno a Bergamo dove ebbe molte commissioni di dipinti nei quali si sente l’influsso di Lotto che lavorava in quella città negli stessi anni. Si tratta del “Ritratto di Giovanni Benedetto Cariaggi”, 1520-21, una composizione ispirata a quelle devozionali di Bellini, dal mantello in primo piano al paesaggio di sfondo. Il rosso brillante è nella toga del dottore in medicina, che richiama l’attività dell’autore: lettore e rettore dell’Università di Padova, medico apprezzato a Crema, la città natale, persino implicato in un traffico d’armi tra Venezia e Milano.
Si conclude così la nostra presentazione del rilancio della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma, nella quale oltre a commentare le prime tre mostre tematiche, fortemente selettive, abbiamo cercato di fornire qualche elemento sulle linee seguite dalla nuova direzione con le prime iniziative, e soprattutto abbiamo rievocato la genesi delle collezioni connessa alla storia dei due palazzi Barberini e Corsini, a loro volta legata a grandi personaggi, due papi e una regina. Tutti fattori che lasciano ben sperare sulla valorizzazione delle Gallerie sul piano artistico, storico e culturale.
Photo
Le immagini saranno inserite prossimamente