DNA, la grande rivoluzione nella scienza della vita, al Palazzo Esposizioni

di Romano Maria Levante

Al Palazzo Esposizioni, dal  10 gennaio al 18 giugno 2017  la mostra  “DNA. Il grande libro della vita da Mendel alla genomica” ripercorre l’esaltante vicenda della genetica  che ha rivoluzionato le conoscenze sui meccanismi basilari dell’esistenza creando possibilità impensabili e investendo la responsabilità di tutti e non solo degli scienziati. Di qui l’interesse generale a questi temi esposti in 7 sezioni mediante la narrazione testuale con grandi cartelli che semplificano concetti complessi quanto fondamentali, insieme a preziosi reperti, ricostruzioni spettacolari, video e  installazioni interattive che fanno entrare il  visitatore in un mondo misterioso e affascinante. Promossa da Roma Capitale – Assessorato alla Crescita culturale, prodotta e organizzata dall’ Azienda Speciale Palaexpo con la collaborazione del Museo Mendel dell’Università Masarik di Brno e del Monastero agostiniano Vecchia Brno, curata da Bernardino Fantini, Telmo Plevani, Sergio Pimpinelli, Fabrizio Rufo, autori anche dei saggi nel catalogo di Silvana Editoriale.

E’ una mostra  con basi rigorose  garantite dal Comitato scientifico di 18 autorevoli scienziati, accademici e ricercatori nei diversi campi del sapere collegati all’evoluzione umana e alla genetica, tra cui 5 premi Nobel; e con intenti divulgativi  senza trascurare l’elemento spettacolare.

In questo spirito a latere della mostra due cicli informativi paralleli: gli “Incontri con il DNA”, per l’approfondimento dei vari temi con la guida di eminenti studiosi, ne sono stati fissati 17, a cadenza settimanale, dal 19 aprile all’8 giugno 2017; e gli “Shermi mutanti“,  7 proiezioni  acadenza giornaliera, dal 19 al 23 aprile, di film in argomento, introdotti dai curatori della mostra e da altri studiosi.

Prosegue così il meritorio impegno dell’Azienda Speciale Expo nell’organizzazione di mostre scientifiche , dopo “Astri e particelle” del  2009, “Darwin” e “Homo sapiens” , “Meteoriti” e “Numeri”,  rendendo attrattivi oltre che comprensibili per un pubblico vasto anche temi complessi . Vediamo come si è operato questa volta per suscitare interesse abbinando divulgazione e rigore scientifico.

L’evoluzione della genetica nella scienza e nella società

Innanzitutto va sottolineata l’importanza del  tema trattato, che va al di là del òpur rilevante aspetto scientifico per investire problematiche molto sentite nella società.  ne parla uno dei quattro curatori, Francesco Rufo, ponendo l’accento sul fatto che le grandi scoperte nel campo della genetica, oltre a  far conoscere meccanismi vitali, hanno dato possibilità di controllo e intervento prima impensabili, cosa che tocca i rapporti tra la società e il mondo scientifico.  Non si tratta solo dell’ereditarietà dei caratteri, ma più in generale della materia ancora più delicata della salute e delle malattia.

Da questo derivano nuove responsabilità  e interrogativi sui confini della scienza e su chi deve vigilare a che non siano superati.  Il corpo non è più un dato naturale ma qualcosa su cui si può intervenire  con operazioni di miglioramento biologicoe anche di manipolazione e mercificazione.

Quindi, opportunità e minacce da gestire, da parte della collettività, con assunzione di responsabilità di natura pubblica e non privata, né da parte dei singoli individui e neppure da parte della categoria degli scienziati, che non possono stare in una torre d’avorio ma devono aprirsi alla comunicazione e alla condivisione di quanto è ritenuto accettabile dalla società.

Ciò non significa limitare la loro libertà di ricerca, ma correlarla alle conseguenti responsabilità . Non è un problema di tipo formale, ma una istanza sostanziale, le trasformazioni aperte dalla  genetica non devono suscitare paure irrazionali ma essere incanalate in un percorso che porta alla consapevolezza indispensabile per prendere decisioni condivise basate sul dialogo e la comprensione reciproca. 

“In questo senso, afferma Rufo,  il diritto alla “cittadinanza scientifica”, e quindi all’accesso, alla comprensione e all’utilizzo o meno dei risultati della ricerca scientifica, deve essere incluso  all’interno del nucleo de diritti universali che appartengono a ogni essere umano”.

La storia della genetica, ricostruita nella mostra, inizia con Mendel, il monaco austriaco che nel 1985 sovvertì le concezioni sull’ereditarietà sovvertendo la teoria allora in auge del “mescolamento”e dei caratteri ereditari concepiti come fluidi che miscelano i rispettivi “colori” ottenendone uno intermedio senza più la possibilità di separare quelli originari; secondo la sua scoperta dell’ “eredità particolata”, invece,  i fattori ereditari si trasmettono restando invariati per un particolare attributo mentre la comparsa di caratteri ad essi collegati dipende dalla natura di “dominante” o “recessivo, in una successione determinata statisticamente, e ne dà conto con precisione come risultato delle sue  pazienti ricerche. svolte nel suo orto conventuale, su quelli che considerava gli organismi  più semplici nel quale studiare il meccanismo dell’ereditarietà, le piante di pisello su cui operare impollinazioni e ibridazioni, innesti e autofecondazioni per creare  generazioni. successive nel quali verificare i caratteri ereditati.

Così Mendel  apre la porta agli sviluppi successivi in una escalation che la mostra consente di seguire passo per passo. Aggiungiamo solo che sperimentando su un moscerino della frutta, Morgan  nel 1890 provò che i cromosomi contengono una “collezione di geni”, nei quali risiedono i caratteri mendeliani; nel 1953 il decisivo  salto in avanti  con la scoperta della doppia elica del DNA, il codice genetico con tutte le informazioni che compongono il libro della vita.

“L’analisi genetica, afferma uno dei curatori,  Sergio Pimpinelli,  ha permesso dunque di determinare la composizione genetica di un organismo, il modo di trasmissione ereditaria, la composizione del gene e il suo codice di lettura.  Questa metodologia è stata anche utilizzata per comprendere come funzionano e interagiscono i geni nel determinare lo sviluppo di un organismo”.

Un altro dei curatori, Bernardino Fantini, precisa: “Si tratta di un profondo cambiamento paradigmatico che fa passare la genetica, e la biologia nel suo complesso, dal modello della ‘azione del gene’ a quello dell’informazione: la funzione del gene non è quella di agire sulle componenti cellulari, ma è quella di controllare le loro azioni e proprietà”..

L’ultimo che citiamo, dei quattro curatori, Telmo Pievani, ci dà una visione suggestiva: “Una sostanza invisibile permea la natura e le nostre vite. ne sentiamo parlare ogni giorno come di qualcosa di potente, ma non lo possiamo né vedere né toccare. Ha una struttura biochimica definita e un architettura mirabile, ma sfugge ai nostri sensi. Da un secolo circa a questa parte, tuttavia, i prolungamenti tecnologici dei nostri occhi hanno permesso di mettere a nudo i geni, le molecole della vita.  Così, l’immagine del DNA, icona di causalità e destino, ha permeato la società”.

Ripercorriamo, attraverso le 7 sezioni della mostra,  questa storia appassionante, che spazia dal passato al futuro e non ha nulla della freddezza scientifica perché riscaldata dal soffio della vita.

Le 7 sezioni della mostra, la genetica tra passato, presente e futuro

Le 7 sezioni sono una appassionante rassegna che ripercorre  150 anni di  ricerche e scoperte in campo genetico e si proietta nel futuro, già iniziato,  sulle  applicazioni rivoluzionarie che cambiano la vita e pongono alla società il problema di gestirle responsabilmente con la condivisione di tutti non lasciando soli gli scienziati pur senza limitare una libertà di ricerca dai risultati imprevedibili, che possono essere di grande utilità per l’umanità ma anche forieri di possibili abusi inquietanti.

Il racconto di tutto questo ha richiesto il concorso di un’ampia serie di forme espositive: dai  grandi pannelli con testi  esplicativi di concetti complessi in forma sintetica e insieme chiara, alle grafiche illustrative, dai video ai modelli scenografici, dalle installazioni spettacolari  agli exibit interattivi fino ai materiali più preziosi, i reperti scientifici originali, gli  strumenti e i documenti dell’epoca.

Le prime 3 sezioni riguardano la storia della genetica, le ultime 4 le prospettive e le potenzialità,  con le applicazioni già in atto , fino alle sconvolgenti possibilità offerte dall’ingegneria genetica.

Dopo una sala introduttiva spettacolare in cui in cui l’ambiente è percorso dai filamenti di DNA mentre si formano lettere e volti, si  inizia con la 1^ sezione,intitolata in modo suggestivo, come del resto le successive, “Il monaco nell’orto: uno scienziato troppo in anticipo sui tempi”.  Si tratta della vita e dell’opera di George Mendel, monaco agostiniano, esperto  matematico appassionato di botanica,  che nel 1854  comincia  a sperimentare l’ibridazione dei piselli, seguendo rigorosi criteri statistici che gli consentono di analizzare le frequenze con cui da una generazione all’altra si trasmettono alcuni caratteri tenuti sotto controllo, in particolare forma e colori. Di qui la scoperta della regolarità con cui si ripresentano immodificati e non mescolati i caratteri dominanti e quelli recessivi a seconda della fase ereditaria in cui ci si trova. 

Comunica i risultati inascoltato nel 1865, poi cerca altre conferme sperimentali anche con le api con risultati alterni ma, eletto abate nel 1868  viene assorbito dalle incombenze amministrative del monastero che lo mettono in contrasto con le autorità per il rifiuto di pagare tasse ritenute inique, poi si dedica alla meteorologia con successo, e sue osservazioni sui fenomeni fecero istituire rilevazioni meteo. Tra i documenti esposti suoi manoscritti, annotazioni, registrazioni delle frequenze osservate, oltre ad alcuni strumenti, come microscopio, barometro e telecopio, fino ai suoi occhiali. Vi è anche u na ricostruzione scenografica dell’orto, palestra dei suoi  esperimenti.

Nella 2^ sezione,  “Un moscerino tutto speciale”, la storia scientifica  passa dai caratteri ai geni ai cromosomi.  35 anni dopo che le comunicazioni di Mendel sui risultati delle proprie  ricerche erano cadute nel nulla, tre scienziati, de Vries, Carrens e von Tschermark  scoprono, è il caso di dirlo, la straordinaria importanza delle sue leggi,  fino ad allora misconosciute: siamo nel 1900, i caratteri da lui definiti come dominanti e recessivi diventano la base per gli sviluppi successivi, loro portatori sono i  geni, attraverso i quali si trasmettono, associati a loro volta ai cromosomi, su ognuno dei quali i geni si trovano allineati.

Si studiano le mutazioni genetiche con la nuova chiave di lettura. I pannelli esplicativi ripercorrono sinteticamente i contributi di una serie di scienziati,  Beteson e Johannsen, Morgan e Fisher, Wright e Holdane. Vediamo anche la figura dell’italiano Nazareno Strampelli, un agronomo  che creò in laboratorio le “sementi elette”, che diedero l’autosufficienza granaria all’Italia e furono alla base della “battaglia del grano”, oltre ad essere largamente esportate. Gli studi sulla genetica, la nuova branca scientifica nata con Mendel,  si basano su sperimentazioni in cui si utilizzano batteri e virus predatori, protagonista la Drosophila, il “moscerino tutto speciale” la cui figura ingigantita apre la sezione, di cui si servì Thomas Hunt Morgan per i suoi  esperimenti.  

Anche qui dei reperti, come esemplari animali e crani umani, oltre ai  documenti sui lavori scientifici, nonché sull’opera di Strampelli,  e agli strumenti utilizzati, come quelli per la misurazione delle spighe e i compassi per le misure antropologiche. E soprattutto una serie di video-cartoon a  scelta multipla su gene, DNA e gli altri fondamenti della genetica spiegati in modo chiaro all’apposito accesso del visitatore.

ll progredire della scienza è incessante perché ogni risposta pone nuove domande sulle quali ci si impegna nella ricerca per dare le dovute risposte scalando passo dopo passo così il monte della conoscenza, lo si vede nella 3^ sezione,sul “DNA, il testo della vita”. Così dalle ricerche che hanno portato alle leggi dell’ereditarietà con i caratteri trasferiti dai geni a loro volta allineati sui cromosomi si passa alle ricerche sulla natura e composizione dei geni, svolte sul nucleo delle cellule. 

Le  fondamenta dell’ereditarietà che si manifestano  nella sequenza dei caratteri di Mendel, portati dai geni allineati sui cromosomi, vengono ora individuate nella loro natura chimica all’interno della struttura molecolare, precisamente nell’acido desossiribonucleico  contenuto nel nucleo, il DNA composto da 4 basi azotate, adenina e guanina, citosina e timina.  Una formazione a doppia elica, fotografata per la prima volta nel 1053  da Rosalind Russel, scomparsa nel 1958 a soli 37 anni prima di poter ricevere il premio Nobel assegnato nel 1962 ai due ricercatori Crick e Watson che nello stesso anno diedero l’annuncio che nella doppia elica risiede il “codice genetico”, il materiale informativo  trasmesso di generazione in generazione con codificati in modo specifico gli innumerevoli caratteri.

Scienziati come Jacob e Monod,  Sanger, la Mc Clintock e altre ricercatrici , mettono in luce i meccanismi della regolazione genica,  la ricerca fa passi da gigante, nel 1998 il Congresso americano approva uno stanziamento iniziale di 3 miliardi di dollari per il Progetto Genoma Umano, il 26 giugno del 2000 Clinton e Blair annunciano solennemente che è stato completato il sequenziamento genomico. Nasce la genetica dello sviluppo e l’epigenetica, il percorso della scienza ora è entrato nei capitoli fondamentali del libro della vita. Le possibilità non solo di conoscerli ma anche di modificarli fa nascere l’ingegneria genetica con le prospettive positive ma anche inquietanti che ne derivano. I reperti esposti rendono onore a Rosalind Franklin, c’è la celebre immagine a rifrazione della doppia elica da lei fotografata per la prima volta e la sua macchina fotografica, con i suoi manoscritti; e  altri reperti. Imltre video-cartoon esplicativi e lo spettacolare “bosco dei cromosomi”, 23 colonne  tra cui girare e scoprire geni e cromosomi.

Terminata la cavalcata scientifica, siamo alle applicazioni in atto o in prospettiva.  La 4^ Sezione, “Dolly e le altre: Cloning Hall of Fame”   evidenzia già nel titolo la spettacolare presentazione in una “Grande Galerie”  degli esemplari a grandezza naturale degli animali clonati, non solo pecore ma anche cavalli e bovini, cani e gatti, tipi ed altri. Il primo è stato  la pecora “Dolly”. clonata  a Edimburgo nel 1996,  della quale vengono mostrati per la prima volta in Italia reperti originali come la maschera funeraria, il cranio e la mandibola, inoltre la maglia commemorativa lavorata con il suo primo vello; c’è anche la pelle della pecora Denise, clonata usando le cellule di Dolly, e Cumulina, la prima topolina clonata con cellule adulte.

Si tratta della “clonazione riproduttiva” , ottenuta trapiantando il DNA di una cellula adulta nel nucleo di una cellula uovo dopo averne tolto il  Heta, materiale genetico che sarà portato dall’innesto, e si possono comprendere i timori e le inquietudini, ci torna in mente un film nel quale c’erano dei piccoli Hitler ottenuti dalla clonazione di cellule del perfido dittatore. Come si possono comprendere, per converso, le speranze suscitate dalla “clonazione terapeutica” con la coltivazione in laboratorio delle cellule clonate per sostituire  tessuti e organi  danneggiati curando così le malattie con un intervento risolutivo di straordinaria efficacia. Quindi clonazione e biotecnologie, modificazione genetica e  produzione di organismi trasgenici, con un video-cartoon esplicativo.

Alle terapie geniche e alla medicina rigenerativa è dedicata la 5^ sezione, “Grazie Henrietta. La medicina su misura”, intitolata così in omaggio a Henrietta Lacks, né scienziata né studiosa, una comune donna afro-americana, morta di cancro nel 1951, i cui tessuti furono prelevati  a scopo terapeutico, ne è nata la linea cellulare Heta, utilizzata nella lotta al cancro, all’AIDS e ad altre gravi malattie, e nel vaccino contro la poliomielite, nonché nella mappatura genica e in altre ricerche. Le cellule derivate da quelle di Henrietta sono così diffuse nel mondo da raggiungere i 50 milioni di tonnellate, il tutto a seguito di brevetti, e solo nel 2013, oltre 60 anni dopo la sua morte, sono stati riconosciuti i diritti spettanti alla sua famiglia dall’utilizzazione così redditizia delle sue cellule.  Se Henrietta è la” testimonial” della sezione, i suoi contenuti sono di prospettiva, riguardano le applicazioni per la cura della  malattie genetiche e delle malattie rare. Si tratta della medicina personalizzata e della farmaco genomica, dell’oncologia molecolare e delle terapie genetiche, delle cellule riprogrammate e delle cellule staminale,  che suscitano divisioni e polemiche sui limiti da porre alle ragioni della scienza nel segno di valori superiori, anche se questa volta siamo in campo terapeutico e non riproduttivo.  Sono prospettive che impegnano l’intera società a prendersi la responsabilità di scelte epocali che possono incidere profondamente sulla vita di tutti. Una videoinstallazione permette al visitatore di interagire con le icone simbolo di cromosomi e del genoma umano.

La 6^ sezione, “DNA & CSI: cacciatori di fossili e di molecole”  apre ad applicazioni meno problematiche, anche se una di esse è legata alla clonazione riproduttiva. Si tratta dell’archeo-genetica, con la quale si potrebbero clonare e riprodurre animali estinti, anche qui con i relativi problemi etici.  Si pensa subito ai dinosauri, dai cui fossili pervenuti si può estrarre il DNA, e anche agli uomini preistorici, dei quali sarà possibile scoprire incroci impensati, come quelli tra Homo sapiens e Neanderthal mediante il rispettivo genoma. Vediamo esposti esemplari di specie estinte, come la colomba migratrice, e degli scheletri e crani di Homo sapiens e Nenderthal. E, al termine del percorso espositivo, un cucciolo di mammut lanoso per evocare l’intento, che sembra serio, degli scienziati sovietici, di far rivivere una specie estinta tramite il suo DNA, in un processo di de-estinzione che ancora non si sa se fattibile o meno, ma di certo ipotizzato con convinzione.

Applicazioni di tutt’altra natura  riguardano la genetica forense, di cui vediamo esposto il kit per il test di paternità, e il kit per evidenziare poliformismi del DNA, strettamente collegata alle indagini della polizia scientifica, tanto che a questa parte della sezione ha collaborato attivamente.

Ormai il DNA è un elemento decisivo per l’individuazione del colpevole di un reato sulla base delle tracce biologiche di varia natura da lui lasciate, ancora più efficace delle impronte digitali che per lo più sono difficilmente reperibili.

In un clamoroso caso giudiziario recente è stato l’elemento decisivo per individuare il presunto colpevole, partendo dal DNA rinvenuto,  facendo uno “screening”  sulla popolazione interessata, fino a trovare un DNA compatibile con il quale si è risaliti al DNA coincidente trovato nel retro di una marca da bollo incollata con la saliva di un soggetto morto dieci anni prima, era il padre naturale dal quale si è poi giunti al figlio investigando sulle possibili sue relazioni extraconiugali. Incredibile ma vero, la realtà ha superato qualsiasi pur  fantasioso giallista. Sono esposti strumenti investigativi per la ricerca di tracce biologiche e la messa in soluzione di cellule rinvenite su superfici solide; un video mostra gli agenti in azione sul luogo del delitto e in laboratorio.

 Siamo alla 7^ e ultima sezione, “Leggere il codice. E poi… riscriverlo”,  nella quale, oltre a video-cartoon esplicativi sulla progettazione genetica e sull’influenza dell’ambiente, c’è un grande apparato interattivo con il quale il visitatore può scoprire le eventuali modificazione generiche di una serie di alimenti.  E’ un aspetto particolare di un tema molto più vasto. Si passa dalla conoscenza del “codice della vita” e la conseguente utilizzazione delle informazioni  in esso contenute a fini terapeutici, con le limitate clonazioni riproduttive, alla sua modificazione  per “correggerlo a nostro piacimento e trapiantarlo nei viventi, riprogettando la vita”, scrive Telmo Pievani;  possibilità definita “imminente” con l’ingegneria genetica che “taglia, copia, e riunisce sequenze e basi di DNA differenti in modo da ottenere combinazioni di geni  che non esistono in natura”. 

Ad essa si associa la “biologia sintetica”  che entra all’interno del sistema biologico per studiarlo e anche per manipolarlo, scomporlo e ricomporlo. “Oggi le biotecnologie stanno entrando nell’era delle forbici molecolari a basso costo, che con i loro copia-incolla permettono una vera  e propria ‘correzione delle bozze genetiche’ su larga scala  o genome  editing” ; tutto questo navigando sul Web.  Con  il genoma sintetizzato in laboratorio si possono creare organismi  da immettere nella vita di tutti per svolgere funzioni utili, e  con il “DNA espanso” è possibile addirittura costruire organismi viventi secondo l’annuncio del maggio 2014.  Si parla addirittura di “riprogettare la vita”.

Dinanzi a questo scenario si è assaliti da un insieme di sollecitazioni diverse, di segno opposto, come osserva Pievani: “Tra entusiasmi prematuri e paure irrazionali, discontinuità radicali e nascenti diritti si mescolano alla continuità di antiche pratiche, cominciate con la domesticazione di piante e animali”.  L’evoluzione ha assunto un andamento non più lineare, sia pure con velocità sempre più accelerata, ma iperbolico, per i salti su dimensioni incommensurabili.  Ma la fiducia non deve venir meno, la scienza e la statistica insegnano che l’iperbole non s’innalza all’infinito, quando diventa insostenibile gli anticorpi  pongono i freni necessari, dall’iperbole di passa all’asintoto che smorza fortemente la velocità divenuta sfrenata e la riconduce entro limiti umanamente accettabili.

Almeno questo è avvenuto finora, ma sarà sempre così?  “Il mondo impregnato di DNA in cui vivranno i nostri discendenti”, di cui parla Pievani non possiamo neppure immaginarlo, tanto sconfinate sono le possibilità che si aprono. Grande merito della mostra è rendercene consapevoli.

Info

Palazzo delle Esposizioni, Via Nazionale 194, Roma, tel. 06.39967500, www.palazzoesposizioni.it. Orari, domenica, da martedì a giovedì ore 10,00-20,00, venerdì-sabato ore 10,00-22,30, lunedì chiuso, accesso fino a 45 minuti prima della chiusura. Ingresso intero euro 10, ridotto euro 8. Catalogo“DNA. Il grande libro della vita da Mendel alla genomica”, Silvana Editoriale, 2017, pp. 99, formato 23 x 28, dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. Per le  precedenti mostre scientifiche al Palazzo  Esposizioni citate cfr. i nostri articoli: in questo sito, per le mostre “Numeri 23 aprile 2015 e “Meteoriti” 5 ottobre 2014; in www.archeorivista.it  per la mostra “Homo sapiens” 7 gennaio 2012; in cultura.inabruzzo.it per le mostre su “Astri e particelle”  12 febbraio 2010  e “Darwin”  28 aprile 2009(i due ultimi siti non sono più raggiungibili, gli articoli saranno trasferiti su altro sito). 

Foto

Le prime 5 immagini sono prese da siti on line, si ringraziano i titolari per l’opportunità offerta, siamo pronti a eliminare subito l’immagine inserita a puro titolo illustrativo-didattico in uno scritto culturale senza fine di lucro su semplice richiesta dei titolari; le successive 6 immagini sono tratte dal Catalogo della mostra, si ringrazia l’Azienda Speciale Palaexpo, con i titolari dei diritti, per l’opportunità offerta. In apertura, la prima fotografia dell’elica del  DNA di Rosalind Franklin; seguono, Rosalind Franklin e una visualizzazione della doppia elica del DNA; poi, i premi Nobel Watson e Crick scopritori del DNA e Henrietta Lacks dalle cui cellule fu tratta una linea curativa del cancro; quindi, un modello di molecola del DNA e  il meccanismo con cui l’informazione del DNA si trasforma in proteine con i relativi amminoacidi e le triplette; inoltre, la molecola dell’insulina, modello computerizzato, e il virus dell’influenza H1N1; infine, una cellula HeLa in divisione al microscopio a scansione e, in chiusura, la pecora Dolly.primo animale clonato, ad 8 mesi di età.