di Romano Maria Levante
Un centinaio di antichi reperti esposti al Palazzo del Quirinale dal 6 dicembre 2016 al 26 febbraio 2017 nella mostra “Dall’antica alla nuova Via della Seta” per celebrare insieme il mitico ma reale itinerario che attraversava il continente euroasiatico mettendo in contatto popoli e civiltà e il nuovo percorso degli scambi commerciali destinato a svilupparsi enormemente per gli immensi investimenti in programma per iniziativa del governo cinese. La mostra è curata dal Consigliere del Presidente della Repubblica in materia di iniziative culturali ed espositive Louis Godart, e dal sinologo delle Università di Venezia e di Enna Maurizio Scarpari, curatori anche del Catalogo, insieme al fondatore del Forum Italia-Cina e della Nuova Via della Seta David Gosset.
E’ una mostra in cui all’importanza sul piano storico e culturale si aggiunge il rilievo sul piano politico, testimoniato dalle parole del Presidente della repubblica nel presentare l’evento che si svolge significativamente nella sede della Presidenza. Sergio Mattarella ha rievocato le millenarie relazioni tra l’Europa e la Cina nelle quali l’Italia ha avuto “un ruolo fondamentale”. In tale contesto ha ricordato la prima ambasceria di Marc’Aurelio nella Roma antica, che ha permesso “ai due imperi più grandi e longevi della storia, quello romano e quello cinese, di conoscersi e di apprezzarsi a vicenda. Poi c’è stata nel 200 “l’odissea della famiglia Polo” e il racconto del “Milione” di Marco – assurto al rango di consigliere e ambasciatore del Gran Kahn – che ha spinto viaggiatori e mercanti a spingersi verso l’oriente sconfinato; e nel ‘500 i gesuiti con Matteo Ricci e Martino Martini con il messaggio evangelico senza fondamentalismi bensì in spirito di apertura sono entrati anch’essi tra le figure in cui la massima autorità della Cina riponeva fiducia.
Tutto questo come premessa all’auspicio che “anche oggi, davanti ai grandi mutamenti economici e sociali, mentre il mondo diventa più piccolo e interdipendente, le strade del dialogo tra Europa e Cina portino a uno sviluppo della cultura e dell’umanità, liberandola da fanatismi, violenze e ingiustizie, e dando spazio ai costruttori di benessere e di pace”. e a nessuno sfugge quanto se ne abbia bisogno dinanzi alle guerre e alle minacce del terrorismo che tormentano la nostra epoca.
Il progetto strategico della “Nuova Via della Seta”
Abbiamo voluto iniziare con le parole del Presidente sul significato morale e politico che viene attribuito al rapporto tra l’Italia in seno all’Europa, e la Cina per la pace e il benessere dei popoli.
Questo secondo aspetto è stato sottolineato in particolare da uno dei curatori, Maurizio Scarpari, che, ricollegandosi anch’egli alle antiche tradizioni, ha affermato: “Non deve quindi sorprendere se la Cina oggi è divenuta promotrice di un progetto strategico di grande respiro che si rifà, non solo metaforicamente, alla Via della Seta, volto a favorire la cooperazione e i collegamenti tra i apesi dell’Asia, dell’Europa e dell’Africa. I paesi coinvolti sono 65 e rappresentano circa il 70% della popolazione mondiale e il 55% del PIL globale, e possiedono il 75% delle riserve energetiche conosciute”.
Non è un semplice proposito, senza risvolti pratici, sono state costituite apposite strutture finanziarie , come l’Asian Infrastructure Investment Bank (Aiib) banca di sviluppo multilaterale, ben distinta dalla World Bank, con la partecipazione di 56 paesi tra cui l’Italia, e il Fondo per la Via della Seta con il compito di finanziare iniziative infrastrutturali lungo la nuova Via della Seta. per il commercio cinese si prevede , a progetto realizzato, un aumento dell’ordine di 2.500 miliardi di dollari l’anno per il prossimo decennio, quindi è una prospettiva ravvicinata nel tempo.
Ci sono, infatti, già stanziamenti per centinaia di miliardi di solalri e progetti in fase esecutiva. “L’investimento complessivo previsto- precisa Scarpari – sfiora i 4.000 miliardi di dollari; per dare , un’idea dell’ordine di grandezza di questo intervento si pensi che il Piano Marshall, avviato dagli Stati Uniti dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, attualizzato a oggi varrebbe 130 miliardi di dollarii”. Il presidente cinese Xi Jinping ha voluto lanciare nel 2013 il grande progetto “Una cintura e una via” da due località simboliche: nel mese di settembre da Astana, capitale del Kazakistan, transito obbligato per secoli di mercanti e viaggiatori, per la nuova Via della seta terrestre; nel mese di ottobre da Giacarta, l’antica Batavia, meta degli antichi traffici per mare sulla Via delle spezie, per la Via della Seta marittima del XXI secolo.
Abbiamo parlato di “nuova Via della Seta” perché i collegamenti tra Cina ed Europa sono stati sviluppati molto al di là dell’itinerario tradizionale, che resta come riferimento storico velato da un alone romantico. Due linee ferroviarie principali collegano Cina ed Europa, quella settentrionale collegata alla transiberiana russa, quella meridionale che attraversa anch’essa la Russia collegando diversi paesi asiatici, mentre è in fase di realizzazione una terza linea anch’essa tra molti paesi.
Si tende a creare uno spazio unitario euro-asiatico, mentre i trattati TPP e TTIP promossi dagli USA andrebbero in direzione opposta, verso uno spazio commerciale alternativo che escluderebbe l’Europa.
L’Eurasia, area integrata tra Europa e Asia
Ma l’integrazione tra Europa e Asia è incontestabile per un altro curatore della mostra, David Gosset: “la Via della Seta evoca l’Eurasia che, dal punto di vista culturale, è il èrodotto di una vasta e antica rete di scambi, la Via della Seta arricchisce l’Oriente e l’Occidente. identità e diversità non si escludono radicalmente; se l’Oriente e l’Occidente possono apparire diversi, non debbono sembrare assolutamente opposti. la storia dell’Eurasia è stata segnata dalle interazioni tar oriente ed Occidente e questa interconnessione è stata spesso sinonimo di arricchimento reciproco”.
Gosset afferma che “la frontiera tra l’Europa e l’Asia è un concetto astratto”, che viene approfondito dal consulente del Presidente, anch’egli curatore della mostra, Louis Godart, sul piano geografico, linguistico e culturale per concludere che non è possibile tracciare dei confini.
A livello geografico l’Europa non va “dall’Atlantico agli Urali”, secondo la nota formula di De Gaulle, perché al di là della catena montuosa si apre una vasta area percorsa per millenni dagli europei che si muovevano verso Est. Sotto il profilo linguistico la stessa definizione di “lingue indo-europee” segna lo stretto legame tra le lingue delle nazioni europee e quelle orientali derivando tutte da un unico ceppo. Per l’aspetto culturale non si può certo considerare estranea all’Europa una nazione “asiatica” come la Russia con i suoi celebri scrittori nei quali si incarna la civiltà europea. Su questo punto Godart conclude: “L’Europa è essenzialmente la partecipazione d parte dei popoli che la compongono a una medesima opera civilizzatrice, a un medesimo modello culturale, a uno stesso ideale di vita”.
In questo contesto sono molteplici i contributi, dati da popoli “profondamente diversi: alcuni sono mediterranei, altri nordici od orientali”, gli eventi della storia li hanno segnati in modi differenti, ma “ognuno portando il proprio contributo ha aiutato a modellare il volto dell’Europa”. E cita l’apporto delle invenzioni e scoperte dei popoli asiatici, da quelle per cavalcare – la sella e la staffa, il tiro e i ferri per gli zoccoli, all’aratro con le ruote, dalla falconeria alle piante officinali; dalla bussola alla carta e alla stampa, e soprattutto il loro contributo alle scienze dalla matematica, geografia e astronomia alla chimica, farmacologia e medicina, Per concludere: “Possiamo quindi affermare che l’Europa si è costruita e arricchita anche grazie all’Asia e ai contatti che dall’alba della storia hanno avvicinato tra loro le donne e gli uomini del vasto continente asiatico”. Come è avvenuto tutto questo? Anche attraverso la Via della Seta, percorsa da mercanti e diplomatici, missionari e viaggiatori spinti dalla sete di sapere.
L’itinerario millenario della Via della Seta
Non si trattava di un unico viaggio nell’intero itinerario, ma di percorsi intermedi con soste nelle apposite stazioni di ristoro dove si moltiplicavano i contatti, gli scambi di notizie con le conseguenti sollecitazioni anche sul piano culturale. . Così Scarpari riassume questi movimenti: “Mercanti di diversa nazionalità, provenienti dai luoghi più disparati, si incontravano, soggiornando tanto nei centri maggiori quanto nelle remote oasi disseminate lungo la strada o, molto spesso, in caravanserragli che si trovavano grosso modo a un giorno di viaggio l’uno dall’altro, commerciando merci e raccogliendo informazioni, essenziali epr proseguire il viaggio con profitto e sicurezza. A loro si accompagnavano ambasciatori, monaci, esploratori e avventurieri di ogni risma. Aveva luogo uno scambio continuo di beni e di conoscenze, venivano messe a confronto usanze, pratiche, idee e fedi religiose in un mondo che ai nostri occhi appare assai più tollerante e aperto di quello in cui viviamo oggi”.
Questa descrizione affascinante ci è sembrata la migliore introduzione alla galleria espositiva che con 100 reperti evoca le suggestioni alimentate da questo luogo di incontri e scambi reciproci.
Ma prima rievochiamo brevemente i movimenti sulla Via della Seta sulla base delle notizie fornite da Scarpari in modo da contestualizzare i reperti esposti che appartengono alle diverse fasi storiche.
Nel periodo più remoto tra quelli considerati, il primo impero cinese tra il 206 a. C, e il 220 d. C., , durante la cosiddetta “pax sinica”, furono mandate dall’imperatore Wu, vissuto tra il 141 e l’87 a. C., delle spedizioni in Occidente, comandate dal generale Zhang Qian, per risolvere i problemi con i popoli delle steppe lungo i confini dell’impero, nonché per entrare in contatto con i governi dell’Asia centrale e per esplorare nuove terre. Non c’erano intenti di conquista e neppure finalità commerciali, si possono equiparare a missioni diplomatiche volte ad estendere il raggio d’azione. Poi si mossero i mercanti, e cominciò a delinearsi l’itinerario della Via della Seta, sicuro nelle fasi di prosperità, pericoloso nei momenti di decadenza. Uno di questi momenti negativi si verificò intorno al 200 d. C. con il declino della “pax sinica” e il conseguente contraccolpo sul flusso di viaggiatori e diplomatici per le ripercussioni sugli scambi commerciali e le relazioni in generale.
Con il secondo impero, nel VI sec., una nuova “pax sinica” segnò un’era di forte sviluppo economico e di espansione commerciale favorita dalla pace e dalla stabilità politica e sociale accompagnate da una crescita culturale. Per questo la capitale dell’impero per 10 dinastie si chiamò Chang’an, “pace perpetua”, e fu meta dei viaggiatori provenienti da altri paesi asiatici e anche dall’Europa, nell’VIII sec. gli stranieri raggiunsero il numero di 100.000 su una popolazione di un milione di abitanti e contribuirono a rendere la società cinese più dinamica, aprendola a nuovi costumi e tecniche, a nuove correnti di pensiero e fedi religiose. Con l’estensione delle conquiste mongole ai territori dall’Asia orientale all’Europa e l’instaurazione della “pax mongola”, gli scambi commerciali si intensificarono e si aprirono nuovi itinerari.
Siamo tra il 1200 e il 1250, arrivano i francescani, Giovanni da Pian di Carpine scrive “Historia mongolo rum”, il fiammingo Guglielmo di Rubruk “Itinerarium fratis Wilielmi de Rubruquis de ordine fratum Minorum”, finché Marco Polo, da Venezia alla Cina, la descrive nel “Milione”, che facendo conoscere questo mondo lontano stimola i viaggiatori a cercare nuove terre, anche Colombo ne fu stimolato e credeva di aver raggiunto le Indie sulla scorta di tali descrizioni.
La conoscenza fece passi da gigante e furono redatte nuove mappe, come il planisfero di Fra’ Mauro con tutte le terre conosciute fino alla metà del XV sec., fino alle rappresentazioni cartografiche dei gesuiti, soprattutto Matteo Ricci con il quale si entra nel XVII sec.
La galleria espositiva degli antichi reperti
In questo mondo affascinante fa entrare la galleria espositiva: vediamo statuette con figure, sono 16, poi 7 tessuti, 5 carte geografiche e 3 mappamondi, 8 contenitori per te, – dalla teiera alle foglie e tazze da te fino al servizio da te completo – 10 tra coppe, brocche e piatti, 10 statuette religiose, e 3 placche.
Due delle 3 placche placche sono tra i reperti più antichi, provengono dalla Mongolia interna e risalgono tra il III sec. a.C. e il I sec. d.C., raffigurano una “Tigre con un capride nelle fauci” e un “Signore degli animali”. Ma il reperto più remoto è una “Coppa in lapislazzuli” da Batriana in Afghanistan del III-II millennio a . C. , seguito da un affresco del I sec., “Concerto di donne”, proveniente da Stabia.. La terza placca, invece, con una “Testa di cinghiale” dell’Iran, è del VI sec.
Altri reperti tra i più antichi, che provengono dal Pakistan, sono 4 scisti nell’arte del Gandhara raffiguranti Una “Testa femminile” della metà del I sec.,“Buddha stante”, “Maitrey seduto nella posizione del loto”, e “Bodhisattva (Maitreya?)”, del II-III sec, e lo stucco dipinto con una “Testa di personaggio principesco” del IV sec. Vediamo anche un “Rilievo funerario” in calcare dorato” dipinto del III sec. proveniente da Palmira in Siria. Dello stesso periodo la terracotta e invetriatura colorata di un “Cavallo con ciuffo e corta criniera” dalla Cina sud-occidentale e alcune monete: 3 del Regno cosmopolita del Kusana e 2 Sasanidi con un busto coronato..
Nella cronologia dei reperti esposti, da collegare alla rapida cronologia degli eventi storici cui abbiamo accennato, si passa al VI sec., l’era della forte ripresa in tutti i campi con la nuova “pax sinica, Vediamo una “Coppa con motivo zoomorfo e vegetale” in argento dorato e cesellato e un “Cammello accosciato con in groppa il cammelliere” in terracotta a pittura policroma, una “Coppa decorata con croci e volatili” in argento dorato dall’Iraan e “Tavoletta del regno di Nabonedo” in argilla, una “Brocca con coperchio e ansa configurati”, dalla Cina settentrionale e “Ampolla raffigurante Menas tra due cammelli” in terracotta dall’Egitto, che introduce al VII sec..
Un Cammelliere su cammello batriato in terracotta e invetriatura policroma apre la vasta serie dei reperti, soprattutto oggetti, del VII-X sec.; Sono figure in terracotta invetriata, grigia o rossa, provenienti dalla Cina, dinastia Tang, che rappresentano: “Mercante sogliano” e “Mercante centroasiatico”, “Attendente sogliano” e “Monaco seduto in una nicchia”, “Palafraniere straniero” e “Straniero dal volto velato”, “Guardiano di tomba” e “Barbaro con costume kusano” e “Gruppo di sei suonatori a cavallo”, “Cavallerizza con animale da caccia” e 2 coppe provenienti dall’Iran, , una “Coppa con versatoio”, e una “Coppa in pasta vitrea turchese”, con le quali si entra nell’XI sec.,
Siamo nel secondo millennio, la sfilata dei reperti continua con presenze campionarie dei singoli secoli:tra il XII e XIII sec. Una “Brocca ‘a testa di fenice'” in porcellana dalla Cina e un “Grande piattocon breve tesa obliqua” in Faenza silicea; tra il XIII e il IV sec. una “Mattonella con giocatori di polo”, ceramica dipinta proveniente dall’Iran, e una “Brocca” in ottone e argento dalla Siria o dall’Egitto; una “Statuina raffigurante il Buddha” in oro lavorato dalla Cina, e un “Piatto con girotondo di pesci” in ceramica decorata dall’Iran; del XV sec. un “Piatto con decoro a fiori”, in porcellana decorata dalla Cina; del XVI sec. un “Piatto con decoro alla porcellana” in maiolica, manifattura di Montelupo e un “Orciolo da farmacia” in maiolica da Cafaggiolo; del XVII sec. un “Piatto con orlo poliulobato” in ceramica dall’Iran; del XX sec. un “Calco della Stele nestoriana di Xi’an”, su carta, della prima metà di tale secolo, mentre la Stele è del 781, della dinastia Tang..
Fin qui la sfilata ha riguardato soprattutto oggetti di uso comune con qualche stucco o scisto, non abbiamo però citato oggetti altrettanto di uso comune con precisa destinazione, per il tè, cui è dedicato uno spazio apposito: vediamo il “Servizio ‘Neve della luna felice'” in ceramica e 2 “Servizi da tè”, uno in porcellana da Taiwan, l’altro in ferro, 2 “Teiere” cinesi e “Le foglie di tè”, in pietra del Fujian, “Scatole da tè in lacca” e “Tazza da tè” in porcellana, un “Piattino da tè artigianale” in terracotta e un “Piatto da tè inciso con paesaggio di montagna e di fiume” in pietra, fino a una “Teiera millenaria” in ferro artigianale.
Di questi reperti legati al tè non è indicata l’epoca, come non lo è per altri oggetti che rappresentano soggetti diversi, come “Bonsai” e “Cavallo” in rame, “Montagna artificiale” in spugna e “Monte Baojin” in bronzo, “Sogno della Cina” in porcellana e “Canto sulla strada” in lacca, Capriccio d’acqua” in giada e “Piacere” in pietra. Ma sono indicati gli artisti, di 5 l’autore è Qiu Qijing.
Invece l’epoca è precisata per i tessuti, la provenienza è dall’Italia, sono tra le merci pregiate che andavano lungo al Via della Seta verso l’Oriente. Vediamo una “Seta raffigurante coppia di leoni affrontati entro rotae” dell’VIII-X sec., e 4 tessuti del XIV sec. “Seta decorata con volatili affrontati all’interno di mandorle” un “Frammento di tessuto con uccelli fantastici e leoni passanti”, un “Frammento di tessuto con leoni entro formelle polilobate” e un “Frammento di tessuto con motivi vegetali, grifi, basilischi, fontane e vasi”. Con questi frammenti di tessuti, 2 calzari del XVII-XX sec., un “Paio di scarpe cinesi maschili” e e una “Scarpa cinese femminile”, e 4 paramenti rituali del XIII-XIV sec., “Piviale” e “Stola”, “Dalmatica”e “Calzari”, tutti di fine XIII-inizi XIV sec.
Si riferiscono a papa Benedetto XI, domenicano, 1240-1304, e vengono dalla basilica di San Domenico di Perugia . dove saranno riportati a mostra conclusa – dopo un restauro concluso nel 2016. Vediamo nei parati, “in panni tartarici”, una fitta rete di motivi, come bacche e fiori di loto, finemente intessuta in oro: l’arte ornamentale cinese che utilizzava filati metallici si sposa con la predilezione per l’oro. Erano chiamate”panni tartarici”le stoffe intessute d’oro con il riferimento al Tartaro, l’inferno, tanto erano temute le orde mongole; questi tessuti preziosi, opera di artigiani cinesi, islamici e del centro Asia, raggiunsero l’Occidente con la “pax mongolica” che rendeva il cammino dalla Cina al Mar Nero così sicuro che un proverbio mongolo arrivava a dire: “Una vergine sola, sopra un mulo carico d’oro, può traversare i domini del Qan senza alcun pericolo”.
Concludiamo con i 12 reperti geografici, per così dire, dal XIV al XVIII sec., per lo più di grandi cartografi e astronomi italiani, oltre a “Geographia” di Claudius Ptilemaus e “Descrizione illustrata del mondo” di Ferdinand Verbiest. Vediamo la “Carta nautica di Pietro Vesconte” e la “Carta della Moscovia di Battista Agnese”, il “Mappamondo di Fra’ Mauro” e il “Mappamondo detto “Genovese”, il “Mappamondo circolare di Andrea Bianco” e il “Mappamondo cordiforme in lingua turca”, “Le estreme regioni asiatiche nella Tabula Peutingeriana” e l”“Atlante cinese, detto ‘del Carletti'”.
Al culmine di questa galleria di reperti poniamo i due preziosi documenti veneziani che riportano a Marco Polo, l’incunabolo “Marco Polo, ‘De le meravigliose cose del mondo’ di Giovanni Battista Sessa del 13 giugno 1496, e la pergamena “Testamento di Marco Polo”del 9 gennaio 1324.
Perché per tutti, crediamo, e non solo per noi, la Via della Seta è legata in modo indissolubile alla figura del grande viaggiatore veneziano che l’ha percorsa e fatta conoscere ai suoi tempi restando ancora oggi la figura più fulgida del collegamento tra le due più prestigiose civiltà del pianeta.