di Romano Maria Levante
Al Vittoriano due mostre nel giro di un mese sui Parchi nazionali. La prima a conclusione del ciclo di mostre del programma “Roma verso Expo”, intitolata “Dall’Expo al Vittoriano. L’evoluzione delle aree naturali protette”, apertadal 17 dicembre 2015 al 16 gennaio 2016 nella Gipsoteca, lato Ara Coeli;la seconda, in corso, A passi di biodiversità verso Cancun”, dal 5 marzo al 1° aprile 2016, nell’Ala Brasini lato Fori Imperiali. Entrambe organizzate dal Ministero dell’Ambiente in collaborazione con Federparchi e con “Comunicare Organizzando” di Alessandro Nicosia.
Luci ed ombre dei Parchi nazionali
Una mostra essenzialmente fotografica “Dall’Expo al Vittoriano. L’evoluzione delle aree naturali protette”, con bellissime immagini dei nostri Parchi nazionali dalle Alpi agli Appennini, dalle Coste ai Mari e alle Isole: l’occasione per una ricognizione delle nostre bellezze naturali.
I “Parchi made in Italy” sono “un sistema tutto italiano di gestione del sistema delle aree protette. E’ fondato sul legame millenario tra natura ed attività dell’uomo e ha dimostrato nei fatti di essere una ricetta vincente per superare quel pregiudizio del secolo scorso che legava la parola ‘parchi’ a quella di ‘divieto’. Nei territori dove la natura è protetta e valorizzata non si salva solo la biodiversità ma si creano anche più occasiono di sviluppo e di crescita, c’è più occupazione, più sviluppo, più agricoltura, più qualità. I parchi hanno insomma dimostrato di poter essere un asset strategico per lo sviluppo del nostro paese”. Queste le dichiarazioni ufficiali al riguardo.
Però non possiamo non notare l’assenza di qualsiasi problematica territoriale nella esaltazione acritica che considera “capitale verde” anche la moltiplicazione degli organismi che vigilano sulle aree protette. Ci sono in Italia 23 Parchi nazionali con 147 Riserve naturali statali; 134 Parchi regionali con 365 Riserve e 171 altre aree protette regionali, 27 aree marine protette con 2 parchi sommersi e il santuario dei mammiferi marini. L’area protetta copre il 10,5% del territorio nazionale, percentuale che si raddoppia fino a superare il 20% aggiungendo la Rete natura 2000.
Non è questa estensione il problema, anzi è un valore, bensì potrebbe esserlo la pletora di organismi che se ne occupano, a livello nazionale e regionale, cui vanno aggiunte le Comunità montane, i Bacini imbriferi e quant’altro prodotto dalla fantasia dei burocrati. Un bis della proliferazione delle società partecipate se vi corrispondono strutture farraginose e costose.
“Senza parchi, si afferma, molti animali simbolo della nostra fauna sarebbero scomparsi dai boschi, dalle montagne, dalle coste e dai nostri mari. Le aree protette sono la fabbrica naturale dove si fabbricano aria e acqua pulita, sono fondamentali per il contrasto al dissesto geologico e costituiscono la difesa più valida contro il cambiamento climatico e i suoi effetti”.
Non si parla della presenza dell’uomo sui territori da salvaguardare, come nelle zone di montagna dove lo spopolamento minaccia la stessa esistenza dei piccoli borghi, baluardo contro il degrado. E’ vero che ci sono le istituzioni civiche locali, ma i Parchi devono vigilare anche su questa frontiera svolgendo gli interventi di propria competenza e verificando attivamente quelli che spettano ad altri denunciando, se del caso, le omissioni perché ci siano interventi sostitutivi.
Occorre fornire anche questi dati, oltre a quelli sugli 80 mila posti di lavoro, soprattutto di giovani, nel settore agro-alimentare delle aree protette, sui 162 milioni di presenze turistiche con un fatturato di 12 miliardi di euro nell’ultimo anno, aumentato del 20% in un quinquennio.
Non si vuole sminuire con queste considerazioni il valore dei Parchi e delle altre aree protette nella tutela del territorio, ma stimolare ad una azione più penetrante sul piano della valorizzazione in grado di contrastare o almeno controbilanciare lo spopolamento e il conseguente degrado.
Le diverse situazioni nei parchi di Appennini e Alpi, Coste e Mari
Questo problema riguarda in modo particolare gli Appennini, giustamente definiti “il cuore della natura protetta italiana”, dato che il suo sistema di parchi rappresenta il 50% di quello nazionale. Al riguardo viene sottolineato: “La creazione dei parchi, oltre all’importante ruolo di conservazione, è stata uno straordinario strumento di riscatto culturale economico e sociale per aree segnate da secoli di marginalità”. Ma proprio questo isolamento ha fatto sì che vi siano “importanti insediamenti presenti fin dalla preistoria e un vastissimo patrimonio immateriale costituito da feste, tradizioni, gastronomia e artigianato, paesaggi agrari, miti, leggende, musiche, minoranze etniche linguistiche, piccoli comuni”. Cioè i piccoli borghi minacciati di estinzione, da salvaguardare, ma cosa si fa per contrastare o compensare l’inevitabile spopolamento?
Per le Alpi si sottolinea che molte specie animali sono tornate sia per la reintroduzione sia perché vi hanno trovato un rifugio sicuro, mentre la flora alpina ha mostrato la sua capacità di adattamento a condizioni estreme, e qui è d’obbligo la citazione delle stelle alpine care alla memoria di tutti; inoltre i parchi alpini svolgono l’importante opera di monitoraggio dei ghiacciai la cui superficie si è ridotta del 30% nell’ultimo mezzo secolo per il riscaldamento climatico, depauperando un’importante risorsa idrica, energetica, paesaggistica e turistica. Le Alpi sono “una delle più importanti zone turistiche al mondo” con 120 milioni di presenze l’anno, e una popolazione residente di 14 milioni di persone. Questo le pone a un livello ben diverso rispetto agli Appennini, nei quali la popolazione residente nei parchi è estremamente esigua e in estinzione.
Nelle Coste e nei Mari il problema è opposto rispetto allo spopolamento delle zone appenniniche , soprattutto nel centro-sud, la minaccia viene dalla presenza umana sempre più invadente con un turismo distruttivo dell’ambiente e la cementificazione che consuma il suolo e lo espone ai dissesti idrogeologici. Le coste protette si estendono per 360 mila ettari, pari al 10% della superficie costiera, vengono sperimentate forme di sviluppo sostenibile: come la “pesca sostenibile”, estesa anche alla pesca-turismo, che hanno ridotto l’impatto sulle risorse ittiche e salvaguardato le specie ottenendo per di più rese di pesca superiori a quelle delle aree non protette; si sono anche realizzati “veri e propri scrigni di biodiversità, con centinaia di specie vegetali e animali”.
E così siamo alla biodiversità, oggetto specifico della seconda mostra al Vittoriano. Il ministro dell’Ambiente e della Tutela del Teritorio e del Mare, Gian Luca Galletti nel suo intervento alla presentazione della mostra, l’ha definita “un patrimonio indispensabile per la protezione dell’ambiente, un asset che il nostro paese deve valorizzare”, e ha precisato di aver provveduto affinché “le scelte di biodiversità vengano operate su base scientifica e non in base all’emozione del momento”.
I Parchi nazionali per la tutela della biodiversità
La mostra “A passi di biodiversità verso Cancun” non è fotografica, anche se ci sono immagini delle specie aliene, è imperniata sui video concentrati sulle specie vegetali e animali a rischio di estinzione, protette nel vari parchi, e riprese nei filmati; culmina con una sezione in cui con straordinari visori stereoscopici si è realizzata una vera immersione nei parchi, per cui puntando il visore sul parco e sulla zona prescelta si può ruotare a 360 gradi al suo interno.
Oggetto dell’attenzione la biodiversità della quale forse non né noto a sufficienza l’elevato valore dal punto di vista ecologico e ambientale. Essa è il risultato di processi millenari di evoluzione delle specie vegetali e animali nel loro adattamento alle mutevoli condizioni ambientali, garanzia della sopravvivenza, tanto maggiore quanto più varia è la diversità delle specie. I sistemi ad elevato tasso di biodiversità sono i più resistenti e quelli dotati di maggiore equilibrio ecologico, quindi più protetti dinanzi al rischio di estinzione delle specie e degrado ambientale. Sono, quindi, vitali per il benessere e la prosperità delle specie che ne fanno parte, in primo luogo la specie umana: ne dipende la produzione di cibo e materie prime vegetali, e la regolazione dell’aria e dell’acqua, del clima e della fertilità dei terreni.
Pertanto la biodiversità è un patrimonio prezioso da conservare, per la sua importanza sul piano ecologico e genetico, economico e scientifico, sociale ed educativo, estetico e culturale, e questo è uno dei compiti primari dei Parchi nazionali.
La Conferenza di Cancun del prossimo dicembre è la 13^ che si tiene tra i paesi che hanno sottoscritto la Convenzione sulla Diversità Biologica firmata a Rio de Janeiro nel 1992 durante la Conferenza dell’UNU su Ambiente e Sviluppo per impegnare i sottoscrittori a difendere la diversità del patrimonio genetico di ogni specie, la diversità delle specie e la diversità degli ecosistemi a livello globale, nazionale e regionale, impegnandosi a contrastare i fattori che la minacciano.
L’Italia presenta le condizioni ideali per una biodiversità ricca ed equilibrata: è una penisola che si estende dal Nord al Sud nel mare, con una situazione geologica e orografica altrettanto varia, dalle pianure alle colline e alle montagne, e circostanze storiche che hanno valorizzato l’ambiente fino a renderla un’eccellenza in Europa con la presenza nel nostro paese del 65% degli habitat e del 30% delle specie umane e vegetali riconosciute di interesse comunitario dalla direttiva dell’Unione Europea. E’ presente da noi la metà delle specie vegetali europee e un terzo delle specie animali.
I valori assoluti sono altrettanto eloquenti: ci sono in Italia oltre 6700 piante vascolari e circa 57400 specie animali, di cui 56200 invertebrati e 1200 i vertebrati tra i quali circa 90 specie di mammiferi, 470 di uccelli, quasi 60 di rettili, 40 di anfibi, 470 di pesci ossei, 70 di pesci cartilaginei.
Una notevole diversità anche nelle strutture del nostro paese preposte alla tutela e conservazione di habitat preziosi e delicati, come abbiamo detto a proposito della prima mostra osservando che sorprende l’elevato numero degli organismi preposti alla protezione, c’è rischio della deriva burocratica e della dispersione di risorse da impiegare sul territorio nel mantenimento di tali apparati, male endemico del nostro paese che sembra emergere anche da questi dati, vorremmo essere smentiti.
Le criticità da non trascurare, il Parco nazionale del Gran Sasso
Abbiamo sollevato dinanzi al presidente della Federparchi Giampiero Sammuri il caso del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga del quale non si avverte una presenza significativa almeno nel versante teramano del Gran Sasso, il lato opposto rispetto a quello aquilano dove ha sede l’Ente Parco. Commentando la manifestazione “La “Vetrina del Parco” del l’agosto 2015 abbiamo denunciato questa carenza, citando come esempio il fatto che dopo aver posto vistose frecce in legno con i tempi di percorrenza dei principali sentieri non ci si è curati che fossero resi agibili, quale che ne sia la competenza, se del Parco o del comune di appartenenza. Ci riferiamo ai sentieri impraticabili che partono da Pietracamela, il “nido delle aquile” alle falde del Gran Sasso, subito dopo le frecce la barriera dei rovi che rende irridente l’indicazione dei tempi, e questa è soltanto la punta dell’iceberg. Il Parco si vanta del programma di salvaguardia del “Gambero italico”, per il quale ha realizzato tre incubatoi ad Artista, Capestrano e Rocca di Mezzo; nulla ha fatto per la sopravvivenza dell’area faunistica con il camoscio d’Abruzzo nel cuore di Pietracamela, località Grottone; è stata abbandonata dopo le amorevoli cure iniziali dei volenterosi che avevano portato la coppia iniziale a moltiplicarsi, segno di vitalità e fonte di attrazione turistica.
Nel visitare la mostra, prima di immergerci nella visione a 360° dei parchi con i visori tridimensionali di cui abbiamo parlato, siamo stati sorpresi nel vedere che la grande installazione multimediale al centro della sala con immagini suggestive è stata realizzata anche con la collaborazione di tale Parco nazionale, del quale è riprodotta una cascata, insieme agli alberi monumentali del Parco nazionale della Sila, alle faggete del Gargano e ai coralli dell’Area marina protetta del Plemmirio. Il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga ha battuto un colpo, dunque, ma non è questo il modo migliore di manifestare la propria presenza, sconosciuta ai pochi abitanti che resistono nei piccoli borghi sparsi nel suo territorio.
L’attenzione alla salvaguardia delle specie protette è sacrosanta, ma non si può dimenticare la specie umana che con lo spopolamento della montagna diventa altrettanto prezioso mantenere nel territorio; o comunque provvedere alla salvaguardia dei piccoli borghi che vengono lasciati nell’abbandono mettendo a rischio un patrimonio secolare fatto delle antiche abitazioni in pietra, di costumi tradizionali, di storia patria.
Sorprende e preoccupa il trionfalismo delle autorità preposte, che nelle presentazioni delle due mostre hanno evitato non solo di evidenziare i punti critici ma anche di dare risposte appropriate quando questi sono stati prospettati, e noi lo abbiamo fatto per il Parco del Gran Sasso, la risposta del presidente della Federparchi è stata: “E’ solo uno dei tanti, per gli altri non vi sono questi problemi, vedrà la notevole attività svolta nella mostra”. Il “tutto va ben, madama la marchesa” non è stato mai un modo adeguato di affrontare la realtà, che soprattutto in questo campo è molto problematica e foriera di rischi e minacce.
Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, ha aperto il suo commento sull’attuale situazione con le parole: “Il sistema nazionale delle aree protette si misura con gli impegni internazionali e con la sfida per uno sviluppo sostenibile”, ed ecco i termini di questa sfida: “Il patrimonio naturale è migliorato. Numerosi i successi nelle politiche di conservazione, nel recupero di specie, ma anche nell’atteggiamento delle popolazioni che vivono nelle aree protette: oggi il valore di vivere in un ambiente di qualità è più diffuso”. Ne spiega il senso: “Molti di noi sono tornati a voler passare il proprio tempo libero in natura, nelle aree verdi urbane o immersi nella natura dei parchi nazionali. la bellezza e l’importanza della natura sono diventate un valore condiviso”.
Sembra si stia parlando di una Disneyland nostrana: “Il sistema delle aree protette italiane ha svolto un ruolo essenziale e rappresenta un’esperienza di eccellenza in Europa”. Proseguiamo nella citazione: “I successi di questi anni: dal camoscio al lupo, dalla foca monaca alle praterie di poseidonia… dimostrano che si può intervenire a difesa della natura e per incrementare la biodiversità, e che nelle aree protette italiane ci sono le capacità per farlo”. I rischi sono globali, “il consumo di risorse naturali è la prima minaccia alla perdita di specie ed habitat. Si aprono nuove sfide”.
Torneremo prossimamente su queste sfide dando conto dei rischi e delle minacce alla biodiversità, delle strategie e relativi obiettivi per contrastarli, nonché dell’attività e dei programmi dei Parchi.
Info
Complesso del Vittoriano, Ala Brasini, lato Fori Imperiali, via San Pietro in carcere. Tutti i giorni, dal lunedì alla domenica, ore 9,30-19,30. Ingresso gratuito fino a 45 minuti dalla chiusura. Tel. 06.6780664. www.comunicareorganizzando.it. Il secondo e ultimo articolo uscirà il 19 marzo 2016. Cfr. i nostri articoli in questo sito: per le mostre del programma “Roma verso Expo”, nel 2015, Colombia 16 ottobre, Slovacchia e Moldova 22 settembre, Mozambico e Sao Tomé7 luglio, Usa, Haiti e Cuba 3 luglio, Congo e Polonia 28 aprile, Tunisia e Dominicana 25 marzo, Grecia e Germania 22 febbraio, Estonia 7 febbraio, Vietnam 14 gennaio; nel 2014, Albania e Serbia 9 dicembre, Egitto e Slovenia 8 novembre; per la “Vetrina del Parco” l’articolo “Montorio al Vomano, la Vetrina del Chiostro 2015” 29 agosto 2015.
Foto
Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante nel Vittoriano alla presentazione della mostra, si ringrazia Comunicare Organizzando di Alessandro Nicosia con i titolari dei diritti, in particolare la Federparchi, per l’opportunità offerta.