di Romano Maria Levante
Al Vittoriano, ala Brasini, lato Ara Coeli, dal 6 novembre al 15 dicembre 2015 la mostra “Giovanni Spadolini – Giornalista, storico e uomo delle istituzioni” presenta una ricca documentazione visiva sul’itinerario umano, civile, istituzionale di un protagonista della storia del ‘900, per i ruoli che ha ricoperto e per lo spessore e l’alta qualità di uomo di cultura che con la sua stessa figura esprimeva autorevolezza e valore civile. Fotografie e quadri d’autore, documenti e cimeli si susseguono a ritmo incalzante in un percorso espositivo particolarmente ricco data la natura poliedrica del personaggio. La mostra è realizzata da “Comunicare Organizzando” di Alessandro Nicosia, catalogo Gangemi Editore.
Con la mostra su Spadolini prosegue l’opera di testimonianza degli eventi nazionali attraverso mostre tematiche nel Complesso del Vittoriano realizzate da Comunicare Organizzando, e ricordate dal Presidente, insieme alle esposizioni su artisti celebri o emergenti ad un ritmo incessante: Alessandro Nicosia cita le mostre nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia e quelle su istituzioni come Corte Costituzionale e Treccani, Istituto Luce e Rai.
L’impostazione della mostra
I 90 anni dalla nascita di Spadolini sono un evento nazionale perché la loro celebrazione consente di ripercorrere un tratto della storia d’Italia seguendo l’impronta lasciata da un personaggio che ha riassunto nella sua persona autorevole e altamente rappresentativa alcune figure centrali nella vita nazionale, lo storico e il giornalista, il politico e l’uomo delle istituzioni. E lo ha fatto ai più alti livelli, da scrittore sulla storia nazionale a direttore di quotidiano, da segretario di partito a ministro, da presidente del Consiglio a presidente del Senato, lasciando tutto alla sua Fondazione.
L’interesse va oltre questa pur fondamentale figura che tutti ricordano, la mostra ripercorre la storia del nostro paese in un arco di tempo denso di eventi, per questo è sollecitata la memoria collettiva e individuale nel tornare indietro nel tempo e guardare allo specchio “come eravamo”. Poiché l’epoca è recente, riguarda la nostra generazione, non è solo immedesimazione storica come avviene per fatti più lontani, ma è una identificazione personale che viene sentita con interesse ed emozione.
A questo porta la ricca documentazione fotografica che presenta l’intensa attività del personaggio nelle diverse fasi della vita, cui corrispondono fasi della vita nazionale soprattutto allorché sono immagini della sua attività istituzionale. Che dire dinanzi a una fotografia del G8, con tanti capi di governo di allora scomparsi, ripresi sorridenti schierati con Spadolini tra Reagan e Mitterand!
Le immagini naturalmente non sono solo istituzionali, ci sono quelle da giornalista vicino alla rotativa e persino una fotografia giovanile arrampicato su un albero, certo una rarità rispetto alla sua figura autorevole, comunque in giacca e cravatta anche lì. Ma la mostra rivela come sotto questa apparenza seria e il suo “aplomb” ci fosse in lui un autentico senso di humor, non lo infastidivano le vignette dissacranti sulla sua figura, anzi le raccoglieva, quella preferita era esposta bene in vista.
Il rigore dello storico è testimoniato dalle raccolte di cimeli risorgimentali, quadri e oggetti, mentre l’ uomo delle istituzioni oltre che dalle fotografie appare dalle onorificenze esposte nelle apposite vetrine come i cimeli; ci sono anche i doni istituzionali, dai vasi cinesi alle sculture indiane, perfino un kalashnikov. Per il giornalista e lo scrittore testimoniano fotografie, giornali e libri.
E’ ricostruito un angolo con sedie e quadri risorgimentali da lui raccolti che, insieme ai cimeli creano il clima dell’epoca da lui tanto studiata e amata. Mentre l’aria della sua Firenze è portata dai dipinti sul paesaggio toscano del padre Guido che, con i cimeli e i quadri risorgimentali, in vari punti del lungo spazio espositivo tornano a ricordare al visitatore le sue origini e le sue passioni.
L’esposizione è cronologica, testimonia le diverse tappe della sua vita personale e pubblica. Percorriamo l’itinerario espositivo evidenziando ciò che ci ha maggiormente colpito.
La formazione
Si inizia con “Gli anni della sua formazione”, un’accurata galleria fotografica che mostra il piccolo Spadolini e i suoi disegni infantili dei soldatini, poi il ragazzo vestito alla marinara e lo studente con le pagelle, fino al ventenne con gli amici in Piazza Duomo a Firenze. Lo vediamo ritratto a tre anni a matita e pastello dal padre Guido, pittore di cui è esposto pure un “Autoritratto” e scene d’ambiente, come un suggestivo “Il silenzio” nel chiostro di un convento fiorentino.
Manifesta presto la predilezione per gli studi storici e a soli dieci anni scrive nel quaderno un testo, definito “il suo primo libro”, sugli “Avvenimenti e personaggi importanti della storia d’Italia”. Una volta laureatosi, fa parte dell’ambiente culturale intorno a Giovanni Papini e scrive i primi testi storici in cui analizza caratteri e limiti del Risorgimento e degli eventi tra l’800 e il ‘900.
Il giornalista
Dopo questa introduzione la mostra passa ad evidenziare le “tre anime” di Spadolini, in sezioni apposite, iniziando con la prima anima, “Il giornalista”. Nel 1948, a 23 anni, è chiamato da Missiroli al Messaggero, dal 1949 al 1952 scrive sul “Mondo” di Pannunzio, dal 1950 su “Epoca”, è l’anno in cui, a 25 anni, è chiamato da Giuseppe Maranini nell’Università di Firenze, alla cattedra di Storia Moderna. Giornalismo unito alla ricerca storica a livello universitario, come componenti inscindibili di un impegno ad analizzare la realtà contemporanea per e i suoi problemi.
Poi una vera cavalcata, nel 1953 è al “Corriere della sera” chiamato ancora una volta da Missiroli e nel 1955, a 30 anni, assume la direzione del “Resto del Carlino” , quando riprende il suo nome originario lasciando quello di “Giornale dell’Emilia” dopo un referendum tra i lettori; ci resterà 13 anni fino al 1968 allorché diventa direttore del “Corriere della sera” e lo sarà per quattro anni tormentati, quelli della contestazione e del terrorismo rosso e nero, tra gli opposti estremismi.
La documentazione di questa sua “anima” è straordinariamente ricca, comincia con le lettere dei direttori ed editori, Missiroli e Pannunzio, Longanesi e Mondadori, poi passa alle fotografie con personaggi, quali Bargellini, Papini e Soffici, La Pira e De Chirico, Einaudi e Segni. Naturalmente spiccano i suoi articoli sui giornali, da quelli sul “Mondo” con titoli eloquenti dell’originalità e dello spessore della sua analisi “Mazzini senza Mazzini” e “Con, senza, contro Garibaldi”, agli articoli di fondo dei giornali diretti, “Resto del Carlino” e “Corriere della sera” negli eventi epocali: rivediamo le prime pagine con la crisi di Cuba del 1962 e la destituzione di Kruscev nel 1964, l’assassinio di Kenendy e la guerra in Vietnam, la primavera di Praga e l’uomo sulla luna nel 1969.
Non solo documenti e foto, anche un quadro fortemente allegorico dipinto per lui da Dino Buzzati, “La stanza” irraggiungibile per gli invidiosi, e una “Natura morta” che Giorgio Morandi volle donargli quando prese casa a Bologna alla direzione del “Resto del Carlino”; e poi dipinti di Ardengo Soffici e un “Paesaggio toscano” di Ottone Rosai.
Lo storico
L’anima del giornalista è abbinata alla seconda anima, “Lo storico”, evocata dai suoi numerosi volumi di ricerche storiche, esposti nelle vetrine, e dai cimeli d’epoca, che amava esibire nella sua abitazione e nella mostra spiccano come reperti preziosi creando la giusta atmosfera. Riguardano soprattutto Napoleone e Garibaldi, sue passioni fin dall’infanzia, a dieci anni ne aveva letto già diverse biografie. Ritratti e tele ricamate, foulard e cammei insieme a elmi e berretti garibaldini fino all’astuccio chirurgico con i ferri per estrarre il proiettile dal quale Garibaldi fu ferito ad Aspromonte utilizzati dal medico Ferdinando Zannetti di cui c’è pure la cassetta delle medaglie.
Due sculture in marmo bianco di Carrara e un angolo con sedie risorgimentali completano questa sezione: le sculture sono di Auguato Rivalta, “Camillo Benso di Cavour” , 1860, seduto in posa meditativa in poltrona, e di Luigi Bistolfi, “Busto di Giuseppe Garibaldi”, 1885-95; le sedie risorgimentali con sedile in paglia di Vienna hanno nella spalliera figure risorgimentali.
Ma c’è anche il lato leggero in questo autorevole contesto storico, e sono le testimonianze della sua passione per i carabinieri: una fotografia lo ritrae tra il Comandante dell’Arma e il presidente dell’Associazione Carabinieri in congedo con in testa il berretto e con le mostrine di “appuntato onorario”, e una statuina di terracotta lo raffigura in modo bonario in divisa da carabiniere, oltre a statuette in miniatura della fanfara dei carabinieri con il tricolore e a un dipinto di Ottone Rosai che acquistò a Cortina, “La perlustrazione (strada con Carabinieri)”. Un’altra chicca sono i suoi disegni infantili colorati a lapis a 7 anni di carabinieri in alta uniforme, li raccolse nel volumetto “I soldatini della mia infanzia” donato agli amici per il Natale 1983 e il Capodanno 1984; e la medaglia con il suo profilo realizzata da Mario Valeriani, ufficiale dei Carabinieri in congedo.
Il politico e l’uomo delle istituzioni
La terza sua anima, dopo il giornalista e lo storico, è quella dell’uomo delle istituzioni, in un percorso che nel 1972 lo ha visto, eletto per la prima volta al Senato nelle liste del Partito Repubblicano Italiano, lasciare la direzione del “Corriere della Sera”, ha passato il Rubicone.
Chiamato al governo nel 1974 per organizzare il nuovo Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, ne fa uno strumento di denuncia delle carenze e delle minacce, nei pochi mesi in cui è Ministro della Pubblica Istruzione nel 1979 riapre i concorsi e crea il Consiglio Nazionale Universitario.
Nel settembre di questo stesso anno diviene segretario nazionale del PRI, un piccolo partito ricco di idee con grandi segretari, basti pensare a Ugo La Malfa prima di Spadolini. Dal 1981 al 1987 direttore politico della “Voce Repubblicana” che riporta in vita, direttore responsabile Stefano Folli. Dà al partito una linea europeista, e nel 1981 Pertini lo incarica di formare il primo governo a guida non democristiana: lotta contro inflazione e terrorismo e svolge un’attiva azione internazionale.
I continui contrasti politici tra i partiti del centrosinistra rendono tormentata la sua presidenza, nel 1982 supera la crisi con un “governo fotocopia”, è l’anno della vittoria ai mondiali di calcio, ma dura poco. Nel governo successivo è Ministro della Difesa, organizza il primo intervento all’estero dell’Italia a difesa della pace in Libano, crea un coordinamento più stretto fra le tre armi.
Dall’istituzione governo all’istituzione Parlamento, nel 1987 diventa presidente del Senato della Repubblica, ci resterà fino al 1994 allorché fu battuto sul filo di lana e ne risentì notevolmente. A lui si deve la sede della biblioteca senatoriale nel palazzo della Minerva.
Molte immagini illustrano il percorso politico e istituzionale , aperto dal primo numero della “Voce Repubblicana” a direzione Spadolini: “Un giornale povero per una battaglia difficile” è l’occhiello dell’articolo di apertura “Torna la voce dei Repubblicani” con il fondo del direttore “Una certa idea dell’Italia”. Fotografie del congresso: l’ultimo con Spadolini segretario a Firenze il 22-26 aprile 1987 lo vede sul podio degli oratori con la grande edera dinanzi e il grande emiciclo di congressisti. E poi foto della sua attività di Ministro per i Beni culturali, con visite a siti archeologici e mostre d’arte, lo vediamo a quella con i disegni di Guttuso su Michelangelo. Non solo foto, ancora opere dedicate a lui, come la serigrafia “Lumache su una foglia d’edera” che Guttuso gli donò alludendo alla lenta crescita elettorale dei repubblicani; e poi, “Tartaruga”, dello stesso autore, in omaggio allo stile coriaceo e mansueto di Ugo La Malfa.
Come Presidente del Consiglio le immagini si moltiplicano, vediamo quelle del giuramento e della compagine governativa con Pertini al centro al suo fianco, una riunione del Consiglio dei ministri per le misure contro i fenomeni mafiosi e un bilaterale anglo-italiano.
E poi una lunga serie di fotografie istituzionali con gli altri capi di Stato e di governo in occasione di incontri ufficiali: eccolo con Indira Gandhi e Reagan, Margaret Thatcher e Mitterand, Caramanlis e Patricio Aylwin, il primo presidente cileno eletto democraticamente dopo la dittatura di Pinochet, Soarez e Mubarak, Li Peng primo ministro cinese ed Helmut Kohl, Shamir e Jacques Delors. Numerose le immagini con altri personaggi, da Carlo d’Inghilterra al rabbino Toaff, da Nelson Mandela a Dubcek, da Mario Cuomo a Valery Giscard d’Estaing.
Naturalmente numerose le immagini con i personaggi della politica italiana, anche nella sua qualità di presidente del Senato: lo vediamo con Scalfaro, presidente della Repubblica e con Ciampi, allora presidente del Consiglio, con Forlani e Craxi nella stessa fotografia insieme ad Eltsin, con Andreotti presidente del Consiglio e con Nilde Jotti presidente della Camera. Fino all’immagine clou, riportata su un grande schermo, del G7 di Ottawa, del 20-21 luglio 1982, lui è all’estrema destra con la Thatcher e Mitterand, al centro Reagan e Scmidt.
Questa galleria è arricchita da altri cimeli, dopo quelli risorgimentali, sono i “doni istituzionali” ricevuti dai capi di stato e di governo: si va dalla statuina in avorio da elefante indiano, dono di Indira Gandhi a ai vasi cinesi in metallo dorato e ceramica a rilievo donatigli nel viaggio in Cina dal primo ministro Li Peng, dalla scatola di legno laccato con una veduta del Cremlino dono di Gorbaciov al vaso in vetro blu con decori di tulipani dono di Margaret Thatcher al vaso antico raffigurante Dioniso tra Menadi e Satiri, dono di Karamanlis. Fino a due doni americani, la chiave della città di Los Angeles donatagli dal sindaco Tom Bradley e il barattolo in vetro contenente gelatine di frutta dono di Reagan con il suo sigillo nella visita alla Casa Bianca, entrambi del 1982.
Ma il dono più sorprendente ci è sembrato il kalashnikov esposto nella vetrinetta con la sua custodia verde, donatogli dal principe Sultan bin Abdulaziz , ministro della Difesa dell’Arabia Saudita nella visita a Ryad del novembre 1986 allorché era Ministro della Difesa. Del resto tra le foto esposte c’è quella della sua visita al contingente italiano in Libano, nel Capodanno 1984, che lo ritrae tra due militari in tuta mimetica con il mitra imbracciato, dietro di lui il generale Angioni, ma lui non veste l’uniforme come avviene ormai da anni nelle visite dei politici ai militari all’estero, il rigore dell’abito scuro con giacca e cravatta sulla camicia bianca non manca in nessuna situazione.
L'”aplomb” istituzionale e le caricature
Non manca neppure nei momenti della vittoria dell’Italia ai mondiali di calcio del 1982, lo vediamo ritratto mentre assiste in Tv la finale con la Germania, poi mentre stringe tra le mani la coppa a fianco di Bearzot e Zoff in giacca bianca, lui il solito abito scuro con cravatta regimental.
Ci sia consentita al riguardo una nota personale: a lui presidente del Consiglio facemmo avere, con cortese lettera di accompagnamento, un “rebus” di 60 parole con relativo articolo sui rapporti tra calcio e politica in quell’estate calda su entrambi i fronti, nel “rebus” il suo nome era evocato dalla città belga Spa e dai lini, quello del presidente della Repubblica Pertini, riportato due volte, la prima con dei colli erti, l’altra con dei tini. Ebbene, Pertini ci fece avere il suo apprezzamento, Spadolini non rispose, lo attribuimmo all'”aplomb” istituzionale che poteva renderlo allergico all’ironia.
Per questo siamo stati piacevolmente sorpresi nel vedere che raccoglieva le caricature, considerando che fu “bersaglio” soprattutto di Forattini, il quale forzava in modo impietoso, ma sostanzialmente affettuoso, la sua fisicità corporea rappresentandola come straripante. Spadolini gli chiedeva gli originali, la caricatura prediletta la espose nella “Stanza Rosai” della villa di Pian dei Giullari, di cui parleremo al termine, è quella che lo ritrae nudo e roseo su un cavallo verde mentre impugna il tricolore con al centro 60, i suoi sessant’anni, ne fece anche una cartolina per gli amici; addirittura fu ospite con Forattini della trasmissione televisiva di Raffaella Carrà “Pronto Raffaella” il 20 gennaio 1984, allora era Ministro della Difesa. Oltre alle tante vignette di Forattini nelle pose e forme più strane, il disegno in pennarello colorato di Alfredo Chiappori che lo ritrae come “Novello Napoleone”, il suo idolo con Garibaldi. Fu anche “bersaglio” amichevole di Walter Chiari, in uno sketch scherzava sulla gravità dei nomi Brandt e Mitterand, rispetto alla fragilità del nome Spadolini. .
La Fondazione Nuova Antologia
Torniamo all’ “aplomb”, questa volta culturale. L’attenzione alla cultura è stata la costante della sua vita insieme al forte senso delle istituzioni, e lo portò a dar vita alla “Fondazione Nuova Antologia”, dal titolo della rivista che diresse per quarant’anni dopo averla rilevata salvandola dalla chiusura; il 23 luglio 1980 la fondazione fu istituita con decreto del presidente Pertini ed ebbe sede a Pian de’ Giullari, nella collina fiorentina, nella villa “Il tondo dei cipressi”, un rustico ristrutturato messo a disposizione dalla Cassa di Risparmio di Firenze.
Fu la sua dimora abituale dal 1978 al 1994, vi accorreva sempre nei momenti liberi dagli impegni istituzionali, vi riceveva capi di Stato in visita a Firenze e personalità politiche e culturali. Tutti i suoi beni, mobili e immobili, i suoi libri e i cimeli, la biblioteca, sono entrati nel patrimonio della fondazione che con disposizione testamentaria ha nominato sua erede universale.
E’ una testimonianza quanto mai elevata dell’amore per la cultura fino a dedicarle con questa donazione tutto quanto realizzato nella propria vita e la memoria di un’esistenza così intensa.
Questa memoria è evocata in modo magistrale con una “total immersion” nel percorso espositivo che diventa un viaggio a ritroso anche nella storia personale dei visitatori. Nella cronologia di Spadolini, con tutti i personaggi che sfilano nella ricca galleria fotografica , tutti ritrovano il proprio vissuto.
Il giornalista e lo storico, il politico e l’uomo delle istituzioni diventa così un prezioso riferimento non solo culturale, con il suo altissimo profilo personale, ma anche umano. Il suo insegnamento che è anche un monito viene dalle tre anime inscindibili nella sua figura: “La cultura come patrimonio indispensabile per affrontare le sfide della politica, mai concepita come esercizio del potere ma come attività di governo, come quotidiano impegno per la soluzione dei problemi nazionali, nell’interesse generale della comunità”. Sono parole del presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia Cosimo Ceccuti che derivano dal suo ultimo discorso al Senato allorché disse: “Non si va al potere ma si va al governo e sempre con le valige pronte”.
Un merito che va riconosciuto alla mostra è avere reso quanto mai umana una figura che non è più confinata in un olimpo irraggiungibile ma si è positivamente avvicinata alla gente comune.
Info
Complesso del Vittoriano, piazza Ara Coeli, tutti i giorni apertura ore 9,30, chiusura da lunedì a giovedì ore 18,30, da venerdì a domenica 19,30, entrata fino a 45 minuti dalla chiusura. Ingresso gratuito. www.comunicareorganizzando.it , Tel. 06.6780664. Catalogo “Giovanni Spadolini. Giornalista, storico e uomo delle istituzioni”, Gangemi Editore, novembre 2015, pp. 128, formato 22 x 24, dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. Per le mostre citate, cfr., in questo sito, i nostri articoli, sulla Treccani 20 aprile 2015, l’Istituto Luce 24 agosto 2014, la Rai 13 marzo 2014.Per “Il Rebus dell’estate 1982” citato nel testo, cfr. il nostro articolo con questo titolo nel mensile “Realtà del Mezzogiorno”, settembre 1982.
Foto
Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante nel Vittoriano alla presentazione della mostra, si ringrazia “Comunicare Organizzando” di Alessandro Nicosia con i titolari dei diritti, in particolare la Fondazione Nuova Antologia, per l’opportunità offerta. In apertura, Spadolini dinanzi agli scaffali della Biblioteca donata alla Fondazione; seguono immagini giovanili, e a Nizza su un albero con il prof. Biondi, aprile 1954; poi, da direttore del “Resto del Carlino in tipografia, 1955, e immagini istituzionali, tra cui la visita in Libano,1984; quindi, l’incontro a Roma con Dubcek ,l’eroe della Primavera di Praga presidente dell’Assemblea nazionale, 1991, come Presidente del Senato, e altri incontri istituzionali, tra cui con Papa Giovanni Paolo II e Gorbaciov; inoltre, una delle vetrine con un’onorificenza e doni ricevuti, e quadri della sua collezione di cimeli napoleonici e risorgimentali; ancora, una delle vetrine con libri e disegni e una caricatura di Forattini; infine, la caricatura prediletta “Sessant’anni”, sempre di Forattini, 1985, e un’altra galleria di immagini istituzionali tra cui con Brandt (che Walter Chiari gli contrapponeva scherzosamente nello sketch citato nel testo); in chiusura, in un angolo della mostra una vetrina con dei cimeli e, nella parete, foto serie e disegni scherzosi.