di Romano Maria Levante
Al Complesso del Vittoriano, lato Fori Imperiali, dal 1° luglio al 27 settembre 2015, la mostra di Fan Zeng, “La sinfonia delle civiltà” espone 80 opere del grande maestro cinese, un’eccellenza assoluta nei campi della pittura, poesia e calligrafia. Nelle civiltà della Cina e dell’Italia c’è un’impronta indelebile che sfida i millenni nel segno dell’ “immensa civiltà della pace”, per usare le parole di Plinio il Giovane citate da Louis Godart, Consigliere del Presidente della Repubblica per la conservazione del patrimonio artistico, curatore della mostra. Catalogo Nankai University Press.
Questa mostra, un evento per il livello dell’artista e l’ampiezza della gamma espositiva, si svolge nel 45° anniversario dell’apertura delle relazioni diplomatiche tra la Repubblica Popolare Cinese e l’Italia e ne rappresenta in un certo senso la celebrazione in nome dell’incontro di civiltà, nel segno degli antichissimi traffici sulla Via della Seta, di cui ricordiamo la grande mostra al Palazzo Esposizioni, e dei grandi viaggiatori, da Marco. Polo, 1254-1324, a Matteo Ricci, 1552-1610.
Ad entrambi, e a Paganini, sono dedicati dipinti del Maestro, ma l’icona della mostra è un ritratto di Michelangelo, anche lui, come Zeng, poeta, scrittore e pittore; ci torna in mente l’altro gemellaggio, tra il famoso pittore Qi Baishi e Leonardo da Vinci espresso in due grandi statue che dialogano, opera dello scultore cinese Weishan che ha esposto a Palazzo Venezia ricercando anch’egli la “sinfonia di civiltà”. Altre mostre sull’arte cinese hanno presentato il “Realismo figurativo contemporaneo” e “I maestri della pittura moderna cinese” a Palazzo Venezia, dove con “L’Aquila e il Dragone” sono state poste a confronto le civiltà romana e cinese.
Zeng è figlio d’arte, la sua famiglia per 13 generazioni, lungo quattro secoli e mezzo, ha dato alla Cina poeti e letterati; per avere un’idea della sua grandezza si consideri che ha scritto 125 libri, di letteratura e storia, filosofia ed arte, conservati nella Biblioteca Nazionale della Cina; mentre le sue opere d’arte, in particolare pittoriche, sono nelle collezioni della Città Proibita di Pechino, nei Musei Nazionali della Cina; nel museo Guimet di Parigi, nel Museo Rodin e in altri ancora. Insegna all’Università di Pechino dove dirige il Dipartimento di Pittura cinese, e all’Università Nankai.
Alcune concezioni di Zeng sull’arte
Per meglio interpretare le sue opere va ricordato che la pittura cinese non va verso il realismo, la logica, la divisione tra divino e umano come in Occidente, ma è legata ai sentimenti pur partendo dall’esperienza con un metodo induttivo; alla base c’è il sapere e una tradizione antichissima di 2500 anni, la fusione tra metodologia terrena e ontologia trascendente.
La tradizione è la grande memoria collettiva dell’umanità, include tutto. Secondo il nostro artista, la bellezza risiede nella natura, che non si può frenare e non si cambia con le parole, è il più grande dei maestri. Si può dire che l’artista sia figlio della natura che lo stringe in un abbraccio nella semplicità e nell’innocenza, svelando i propri segreti con generosità; così può abbandonarsi fiducioso ad essa.
Nell’arte non ci si può limitare ad esprimere il dolore ma lo si deve superare dando consolazione all’anima; i dipinti sono simbolici ed essenziali, senza particolari non necessari, pervasi da uno “spirito scolastico” brillante e liberatorio. In pittura conta lo stato soggettivo, è come sciogliere le briglie a un cavallo perché cavalchi libero verso orizzonti lontani.
La mano del pittore può far apparire o sparire le creazioni della natura, l’artista la definisce con termini quanto mai forti ed espressivi: è come “una freccia scagliata, un’aquila affamata, un purosangue assetato, un fulmine accecante”. Ne deriva una pittura tutt’altro che quieta e timida, in essa c’è tanta foga e intensità.
Afferma inoltre quello che per lui è un principio fondamentale: occorre “prendere la poesia come anima e la letteratura come ossa”, vanno sempre insieme, si possono annullare ma mai separare. L’anima non può essere serena in un corpo stanco, come il corpo non può stare bene se l’anima non è in pace. E collega strettamente, citando il maestro Li Keran, la calligrafia con la pittura.
Le due antichissime civiltà di Italia e Cina hanno “un che di grandioso e di spirituale che le farà sopravvivere nei secoli”, al riguardo cita le parole di Mencio: “La virtù che riempie il corpo è detta bellezza; dalla ricchezza di virtù scaturisce uno splendore detto grandiosità; la virtù che trasforma le persone del mondo è detta sacralità; la sacralità con i suoi enigmi è detta divinità”. Umanità, cultura e letteratura “non solo sono fine primario degli Stati, ma anche un grande evento eterno”.
Aspetti della sua poliedrica personalità artistica
Fan Zeng ha la straordinaria peculiarità di essere anche scrittore, poeta e calligrafico. Così ne parla Godart: “La sua arte poetica si materializza attraverso la calligrafia capace di esprimere tutta l’eleganza e la forza del pensiero”. Mentre “la scrittura, meglio di qualsiasi monumento lasciato dagli uomini, è il solo strumento in grado di vincere la sfida con l’oblio e la morte”. Inoltre “disciplinare la scrittura, rendere attraenti i manoscritti grazie all’introduzione dell’arte della miniatura è stato a sua volta e per secoli una preoccupazione dell’Occidente”. Per questo “la sintonia tra le nostre due civiltà si esprime anche attraverso l’amore per la bellezza da conferire al testo scritto”. E della calligrafia Zeng ha fatto un’arte, come si vede nell’apposita sezione della mostra con gigantografie dei testi calligrafici, vere tele pittoriche.
La sua pittura viene descritta da David Gosset, direttore dell’Accademia Sinica Europea, con queste parole: “Nel mondo del pennello del Maestro le linee sono purissime, e le sfumature, gli stati d’animo e le emozioni più complesse sono espresse nelle forme più semplici, ma il suo stile è caratterizzato anche da una rara sprezzatura”.
Andando oltre l’apparenza, prosegue: “Mentre l’artista comune si limita ad esibire il suo talento, Fan Zeng non esibisce la sua arte, perché la sua arte, in un certo senso, è una non-arte proprio come la più perfetta azione del Tao è la non-azione”. C’è molta umiltà, dunque: “Il Maestro non è nella posizione di un creatore trascendente, non emula Dio e la genesi, il suo ego si è ritirato al mondo così che l’inchiostro nero si muove sulla carta bianca esprimendo il ritmo di trasformazioni immanenti”, con l’armonia “del vuoto e del pieno, della terra e del Cielo”.
Per questo “nei capolavori presentati al Vittoriano, la ricca biografia di Fan Zeng, la sua immensa erudizione, il suo senso dell’ironia, la sua forte presenza fisica scompaiono; i ‘Quattro tesori dello Studio’ svaniscono e resta solo il Qi, l’energia vitale che circola tra il visibile e l’invisibile”.
Con questa particolarità: “Uomo anziano con l’animo di un bambino, Fan Zeng non oppone il passato al futuro, l’Occidente all’Oriente, la permanenza ai cambiamenti, ma proietta la loro eterna armonia”. E’ una conquista l'”eterna armonia” per lui, come è stata la “perfetta armonia” per Mondrian; ma qui siamo nell’Oriente, si va ancora oltre: “La sua visualizzazione dell’invisibile, che riconcilia gli opposti, è la rappresentazione della saggezza”.
Non ci resta che verificarlo, le 80 opere esposte sono un libro aperto, spettacolari nella loro dimensione e nello stesso tempo di una leggerezza eterea, pur nella ferma definizione del segno. La conciliazione dei contrari nell’eterna armonia della natura opera anche sotto questo aspetto.
Le opere esposte, le visioni simboliche
Entriamo in una galleria coinvolgente, fatta di grandi affreschi in punta di penna con qualche macchia di colore, lo stile calligrafico è evidente come l’alta ispirazione che anima le composizioni, dominate per lo più da una figura, evocatrice di un concetto, di una visione.
Subito colpiscono le grandi raffigurazioni in orizzontale, lunghe anche otto metri, alcune con immagini femminili in abito rosso oppure evanescenti, di una delicatezza e trasparenza straordinaria difficili da descrivere, tanto sono aeree e incorporee, pur se delineate con precisione e raffinatezza di segno. E’ una successione di pannelli che si estendono sulle pareti e fanno entrare il visitatore in un mondo etereo di indicibile fascino.
Poi ci sono i dipinti di dimensioni minori, per lo più verticali, con poco colore, molto calligrafici: si incontra subito dopo l’ingresso nella mostra una galleria di personaggi affiancati molto espressiva.
Tra la vastissima gamma di dipinti esposti, ci soffermiamo su quelli ai quali vengono attribuiti i significati maggiormente simbolici ed evocativi.
Vediamo in “Qi – Yiqiu insegna le sue discipline” , un vasto affresco orizzontale con il filosofo che spiega a un bambino un gioco di pietre bianche e nere, metafora dell’arte della guerra e delle strategie di governo; e in “Qin – Alte montagne e Acqua fluente” un suonatore che strimpella il suo strumento a corde mentre un saggio in piedi ascoltandone la musica riesce a interpretare i pensieri, rivolti a un alto monte o a un grande fiume: metafora per esaltare chi sa riconoscere il talento.
Poi altri temi, “Calligrafia – Huaisu crea lavori calligrafici”, ancora un saggio che insegna a un bambino l’arte tradizionale cinese, considerata “la poesia senza parole, la danza invisibile, la pittura senza schema e la musica silenziosa”; e “Pittura. Danzi realizza un dipinto a mano”, il “santo della pittura” incarna i motivi della pittura cinese, insieme fantastica e realistica, espressione di sentimenti ed emozioni in una somiglianza estetica e insieme spirituale,
Dall’arte alla fantasia in “Zhuangzi sogna di diventare una farfalla”, gli occhi socchiusi l’atteggiamento estatico, una piccola farfalla in alto; solo un uccellino senza figura umana in “Imitazione di Bada Sharen”, il “grande saggio” che usa un linguaggio simbolico per esprimere la non-azione nella composizione essenziale senza particolari superflui, caratteristica della pittura cinese. In “Bada Shanren (Zhu Da)”, la figura del pittore e calligrafo seduto con il cappello a larghe falde.
Un altro personaggio che vediamo due volte è “Laozi attraversa il Passo di Hangu”, figura fantasmatica su un bufalo nero, che evoca lo spirito lanciato in una cavalcata fantastica; mentre in “Laozi e un ragazzo” alla figura sul bufalo, questa volta ben delineata, è affiancata quella di un bambino, quanto mai tenera e delicata.
Anche nel “Dipinto di Zhong Kui” il personaggio è in groppa a un quadrupede, ora è un cavallo nero lanciato al galoppo; c’è invece un cavallo bianco in primo piano in “Bo Le”, il grande intenditore di cavalli che viene ritratto come metafora della caccia ai talenti.
Dopo Bo Le, “Ji Gong”, una figura energica che si muove a piedi con determinazione, e incarna sentimenti contrastanti, “sia l’aspetto folle che il lato saggio”, mentre“Li Bai”, il poeta romantico cinese, è ritratto anche lui in piedi ma fermo con a lato un cigno.
“La meditazione del Bodhidharma” mpstra “il suo sguardo limpido e tranquillo, espressione del suo vasto e comprensivo cuore”, così lo definisce lo stesso autore che prosegue: “Quando questo cuore smisurato e sconfinato abbraccia l’universo, allora i legami e gli affetti vengono eliminati, le preoccupazioni soppresse. Questa è la luce del Cielo”, espressione applicabile all’intera sua opera.
Altri dipinti non recano nomi di saggi e filosofi ma titoli evocativi come “Ritorno dal pascolo” con un bambino e tratti calligrafici definiti “tracce del punteruolo sulla sabbia” o “traccia di perdite sui muri”; questo il messaggio dell’artista: “Si può indugiare ma non si deve stare fermi; ci si può muovere rapidamente, ma non si dovrebbe correre”, con un “avvicendamento tra lento e veloce”.
Mentre “La grande libertà” raffigura un eminente monaco con la ciotola per l’elemosina che esprime questo concetto: “Esternamente tieniti lontano da tutte le relazioni, internamente non avere dipinti nel tuo cuore; quando la mente è simile a un muro dritto, puoi entrare nel Cammino”. Con il “risveglio della Fede” si ha “l’abbandono di tutte le parole e le immagini, al fine di raggiungere l’origine del cuore e della mente, superando ostacoli in tutti i loro aspetti, comprendendo tutte le cose, il cuore sempre più luminoso”.
“Lo stagno estivo” riporta l’artista alla sua infanzia felice anche se povera, illuminata dalla fantasia che gli faceva immaginare uno stagno dei loti e una rana: “Il mio cuore di bambino, esclama, sembra essere proprio quello della pittura”. E’ un bambino felice in groppa a un bufalo nero in “La foglia di loto sulla testa”, sfida la pioggia scrosciante coprendosi. “Uno stagno di acqua trasparente” raffigura un leggiadro animale che domina l’ambiente con un’espressione umana.
La scena si allarga in “Le nuvole si allontanano controvoglia dalle montagne” e in “Non so altro di questi monti se non le nuvole”, ma tutto questo è solo nei titoli: nel primo la figura di un saggio che guarda in alto, si tratta di Tao Yuanming che “trova la più grande consolazione nella grande bellezza e abnegazione della natura comprendendo che i suoi sacrifici sono finalmente contraccambiati”, esistono nei suoi desideri le nuvole e le montagne, espressi dalla sua gioia; nel secondo dipinto c’è anche un bambino al quale il saggio impartisce gli insegnamenti.
I ritratti e le opere calligrafiche
Fin qui l’immersione è stata nel mondo fantastico ed altamente simbolico dell’arte e della spiritualità orientale, proprio della pittura cinese nelle sue espressioni tradizionali e moderne.
Ma c’è dell’altro nell’arte di Fan Zeng, che ne fa a buon diritto interprete della “sinfonia di civiltà” celebrata nella mostra: i ritratti di personaggi dell’Occidente, scelti per i significati che incarnano. “Albert Einstein” simbolo della scienza e “Mark Twain”, scrittore molto conosciuto in Cina, “Martin Luther King” con il suo “I have a dream”: “Io sogno che ogni valle sarà elevata ed ogni collina e montagna sarà spianata, i luoghi impervi saranno piani e i luoghi tortuosi saranno dritti; e la gloria del Signore sarà rivelata a tutte le persone riunite”, vi ritroviamo temi delle sue opere; e poi “Rodin e Balzac”, lo scultore e il drammaturgo fino a “Victor Hugo”, definito “Il ruggito del leone”, dall’espressione decisa e pensosa accentuata dalla barba che gli dà autorevolezza.
Al culmine di questi ritratti, quelli di grandi italiani, come si è già accennato all’inizio, primo tra essi “Michelangelo”, assurto a simbolo per incarnare pittura, scrittura e poesia, come Fan Zeng, e poi “Marco Polo” con un copricapo rosso su uno sfondo di uccelli in volo in uno spazio sterminato, quello dei suoi viaggi, e “Xu Guangqi e Matteo Ricci“, l’astronomo italiano missionario in Cina con il matematico agronomo cinese, in vista gli strumenti delle loro osservazioni; fino a “Niccolò Paganini”, seduto con il iolino in un ambiente che fa sentire “La brezza di Genova” evocata nel titolo del dipinto.
Tutto Occidente, dunque? Qui sì, però si torna in pieno Oriente nelle ultime sale al piano superiore, con una serie di pannelli calligrafici che contengono poesie e iscrizioni: citiamo tra i grandi pannello quello per una sua Poesia con l’elogio degli imperatori Yan e Huang, e uno piccolo con un Distico espirato agli esempi degli antenati. Sono in colore arancio intenso, mentre è nero con lettere bianche il pannello per l’Iscrizione su pietra “La torre di Yueyang”, saggio di Fan Zhongyuan.
Alcuni giudizi sull’artista
In questa compresenza tra l’Occidente nelle sue figure rappresentative, e l’Oriente nell’espressione calligrafica oltre che nelle raffigurazioni pittoriche citate, si può sentire la “Sinfonia di civiltà” che ha trovato il suo interprete sommo in un artista pittore, calligrafo, e poeta, nel contempo pittore, scrittore e pensatore, “maestro in tutti e tre questi campi”, dice Ji Xianlin, esperto di cultura cinese.
Va considerato che, secondo Chen.-Ning Yang, premio Nobel per la fisica, “il più alto livello di arte è l’integrazione tra poesia, elligrafia e pittura”.
“E’ quel profondo spirito poetico nel suo cuore che arricchisce i suoi dipinti. Ogni linea del suo pennello sembra echeggiare quello spirito”, afferma Yeh Chia-ying, membro della Royal Society canadese.
Lo conferma Chin Shunshin, critico e scrittore giapponese, ricordando che “la pittura cinese più rispettata è la cosiddetta ‘risonanza dello spirito’, che si riferisce soprattutto allo stile della pittura, che deve essere vitale. I ritratti di Fan Zeng rappresentano il giusto equilibrio pittorico, dalle sue opere possiamo avere un sentimento di ‘bellezza totale'”.
Infine, secondo Indira Samarasekera, rettore dell’Università di Alberta, l’opera di Fan Zeng “incarna la connessione spirituale tra la natura e la cultura attraverso i soggetti dei suoi dipinti”. E lo spiega: “Attraverso la pittura, la poesia e la calligrafia, il Professor Fan fonde elementi di figure storiche, fiori, uccelli, paesaggi stupendi con la natura al fine di mostrare la bellezza e la profondità delle pitture cinesi ed occidentali”.
Anche in questo si può vedere la “sinfonia di civiltà” che l’artista incarna con la sua visione profondamente ancorata alle concezioni artistiche orientali, ma nel contempo protesa verso i grandi dell’Occidente in un ideale abbraccio..
Info
Complesso del Vittoriano, via San Pietro in carcere, ala Brasini, lato Fori Imperiali. Tutti i giorni, compresa la domenica, ore 7,30-19,30 (ultimo ingresso un’ora prima della chiusura). Ingresso gratuito. Tel. 06.6780664, 06.69923801; fax 06.69200634.. Catalogo “Fan Zeng – La sinfonia delle civiltà”, Nankai University Press, 2015, trilingue, italiano-cinese-inglese, pp. 94, formato 24 x 28, dal Catalogo è tratta la gran parte delle citazioni del testo. Per le mostre citate, cfr. i nostri articoli: in questo sito per “Visual China. Realismo figurativo contemporaneo” il 17 settembre 2013; per “Oltre la tradizione. I Maestri della pittura moderna cinese” il 15 giugno 2013; per lo scultore “Weishan” e l’abbinamento Qi Baishi -Leonardo il 24 novembre 2012; per la “Via della Seta” il 19,21 e 23 febbraio 2014; per l’arte e la cultura cinese in “notizie.antika.it” sulla mostra “L’Aquila e il Dragone”, il 4 e 7 febbraio 2011; in “cultura.inabruzzo.it sull'”Anno culturale cinese” il 26 ottobre 2010 e i 2 articoli sulla “Settimana del Tibet” il 21 luglio 2011, poiché tale sito non è più accessibile saranno trasferiti su questo sito; infine in questo sito, l”Incontro all’Ambasciata cinese e sul Tibet il 1° aprile 2013, e sulla mostra di “Mondrian“, citato nel testo, il 13 e 18 novembre 2012.
Foto
Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante nell’ala Brasini del Vittoriano alla presentazione della mostra, si ringrazia “Comunicare Organizzando” di Alessandro Nicosia con i titolari dei diritti per l’opportunità offerta Sono alternate immagini di singoli dipinti ad immagini di pareti ed angoli della mostra con più dipinti, per dare un’idea della vastità dell’esposizione. Nell’immagine di chiusura, sullo schermo in alto l’artista mentre dipinge il ritratto di Michelangelo.
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