di Romano Maria Levante
Si conclude la nostra visita alla mostra “Numeri. Tutto quello che conta da zero a infinito”, al Palazzo Esposizioni dal 16 ottobre 2014 al 31 maggio 2015, un viaggio nel quale abbiamo trovato conferme e sorprese su un mondo nel quale tutti hanno fatto le loro esperienze scolastiche e di vita. Dopo aver descritto i 5 “moduli” e i 6 “crocevia” della mostra ci siamo soffermati soprattutto sul significato e il valore dei numeri, sulle misure del tempo, della ricchezza e della vita con i relativi strumenti, fino ai numeri naturali, per descrivere infine le installazioni interattive. Ora entriamo nei numeri da zero a infinito, “p greco” e “quadratura del cerchio”, ” radice di 2″ e “numero aureo”, numeri irrazionali e immaginari con “i”, logaritmi ed “e”, fino ai “numeri primi”. La mostra è realizzata dall’Azienda speciale PalaExpo con Codice, Idee per la Cultura, curatore Claudio Bartocci, coordinatore scientifico Luigi Civalleri: hanno curato anche il Catalogo di PalaExpo -Codice Edizioni, che tratta tali aspetti specialistici in una forma chiara e coinvolgente.
Zero e infinito
Entriamo subito nel vivo della matematica vissuta “come un romanzo” con lo zero: ha il fascino dell’Oriente, dato che le sue origini risalgono alla più antica civiltà indiana, con riferimento anche a testi filosofici in cui si trovano i concetti di “vuoto” e “nulla” portati poi in campo matematico.
La mostra delinea “le tappe dello zero”: da Bhinmal in Rajasthan, nel capolavoro di Brahmagupta in cui compare come simbolo e come elemento algebrico risultante da somme di numeri positivi e negativi, a Sind regione nell’attuale Pakistan, quindi a Toledo, nel Liber Alchorismi; fino a Pisa nel “Liber baci” di Leonardo Fibonacci, cui si deve la sequenza dei numeri con le rispettive somme.
Dallo zero al 10 come base di numerazione riferita alle dita delle mani fatta risalire, dal matematico Nicomaco di Gerasa, I-II sec. d.C., al “Dio creatore” perché “il numero dieci è in effetti il più perfetto di tutti”. Vengono descritte anche numerazioni su basi diverse, come la base 5 di popoli delle Nuove Ebridi, la base 20 di antichi popoli del Mesoamerica e dell’Africa occidentale, la base 12 di antiche civiltà mesopotamiche, e la base 2 illustrata da Leibniz nel “De progressione Dyadica” del 15 marzo 1679; ebbene, incredibile ma vero, si tratta del metodo binario, con la sequenza 1 e 0 che riporta i valori logici di vero e falso, su cui si basa la rivoluzione dell’informatica.
La nozione di infinito è anch’essa antichissima e legata alla filosofia, la troviamo 2500 anni fa in Zenone di Elea, mentre Aristotele distingue l’infinito attuale e l’infinito potenziale, ammettendo solo il secondo; a sua volta sant’Agostino ammette il primo riferendolo all’onniscienza di Dio, e i filosofi della scolastica parlano di infiniti disuguali perché gli infiniti attuali sono diversi.
Queste concezioni sono sull’orlo del paradosso e diventano intriganti perché la mente giunge al confine delle proprie capacità intuitive. Infatti gli infiniti disuguali postulano il concetto che alcuni sono più grandi di altri che ne farebbero parte: come i numeri pari, un insieme infinito ma meno grande dell’insieme dei numeri naturali che lo comprende ed è altrettanto infinito.
Galileo Galilei nei “Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze” si esprime così rispetto al paradosso degli “infiniti disuguali”: “Io non veggo che altra decisione si possa venire, che a dire, infiniti essere tutti i numeri, infiniti i quadrati, infinite le loro radici, né la moltitudine de’ quadrati esser minore di quella di tutti i numeri, né questa maggior di quella, ed in ultima conclusione gli attributi di eguale maggiore e minore non aver luogo ne gli infiniti, ma solo nelle quantità terminate”. E a proposito dell'”indivisibilità del continuo”, ammoniva: “Ricordiamoci che siamo tra gl’infiniti e gl’indivisibili, quelli incomprensibili dal nostro intelletto finito per la lor grandezza, e questi per lor piccolezza”.
Tutti si sentono rinfrancati da questa ammissione di Galilei sulla scienza, come da quella di Einstein sulla matematica: e anche se la scienza ha fatto enormi passi in avanti, non è venuta meno la consapevolezza dell’inadeguatezza delle nostre conoscenze perché la spiegazione dei misteri e la soluzione dei problemi ne apre sempre altri ancora più complessi.
Dai paradossi sugli infiniti si passa all’ipotesi del continuo e alla teoria degli insiemi, agli indefiniti e agli infinitesimi; il simbolo dell’infinito è l’8 orizzontale; introdotto da Wallis nel 1655 è presente nelle attuali espressioni algebriche dei limiti di un “numero n tendente all’infinito”.
Nella matematica antica compaiono “i numeri che danno le vertigini”, superiori anche alla nostra immaginazione, come nel calcolo del tempo universale degli indiani e del “numero dei granelli di sabbia nella sfera delle stelle fisse” di Aristotele.
“P greco” e quadratura del cerchio, radice di 2 e “numero aureo”, numeri irrazionali
Il numero più famoso non è lo zero, ma il misterioso “p greco” , riferito al rapporto tra area e quadrato del raggio di una circonferenza conosciuto sin dall’epoca babilonese, come si legge nel “Secondo libro delle cronache” riguardo agli arredi del tempio di Salomone, e usato nei calcoli dell’agrimensura egizia. Molte sono state le formule per calcolare il “p greco” con errori di approssimazione sempre più piccoli, tutti ricordano che a scuola viene identificato con 3,14.
Partendo dal “p greco” la mostra conduce a una girandola di operazioni matematiche in cui geometria ed aritmetica si sono sfidate a risolvere problemi legati al cerchio nei suoi rapporti con altre figure piane. Con Euclide troviamo la problematica dei poligoni inscritti e circoscritti, ma è la “quadratura del cerchio” la sfida che ha appassionato i matematici, sin dai sofisti che la ritenevano possibile mentre Aristotele non accettava la loro soluzione, e affermava che non è legittimo “dimostrare una proposizione geometrica mediante l’aritmetica” . I tentativi successivi hanno invece usato proprio l’aritmetica scontrandosi con il “p greco”, considerato prima numero “irrazionale”, quindi traducibile in forma geometrica, poi però molto diverso dagli irrazionali come la radice di 2, e “trascendente”, per questo non traducibile in segmenti.
La sfida è proseguita, così concludono i curatori nel Catalogo: “Il problema della quadratura del cerchio – con buona pace dei matematici dilettanti che si ostinano in sforzi inutili -. non è risolvibile con gli strumenti della geometria euclidea”.
Con la “radice di 2″ dal cerchio si passa al quadrato, i cui rapporti tra lati e diagonale hanno intrigato i matematici: infatti la radice di 2 corrisponde alla diagonale di un quadrato i cui lati sono uguali ad uno in base al celeberrimo teorema di Pitagora secondo cui la somma dei quadrati dei lati-cateti è uguale al quadrato della diagonale-ipotenusa. Si tratta del numero irrazionale per eccellenza, che non può essere espresso dal rapporto tra due numeri interi, cioè una frazione con numeratore e denominatore interi. Al teorema di Pitagora è dedicata una rappresentazione solida con i celebri quadrati costruiti sull’ipotenusa e sui cateti come vasi comunicanti riempiti di un liquido verde che consente di verificarne visivamente l’equivalenza muovendo i vasi suddetti.
Dal quadrato al pentagono si giunge alla “sezione aurea”, la cui diagonale è incommensurabile rispetto al lato per cui il loro rapporto è un numero irrazionale chiamato “numero aureo”,indicato con il “f greco” maiuscolo, e definito “il rapporto tra due grandezze che siano in ‘estrema e media ragione’, cioè tali che il rapporto tra la maggiore e la minore sia uguale al rapporto tra la somma delle due grandezze e la maggiore”. Per chi ritiene astrusa tale spiegazione tutto diventa chiaro con la rappresentazione di una “spirale logaritmica” dalla forma di una conchiglia, disegnata ed esposta in mostra anche materialmente: è un Nautilus dalla forma sinuosa ed armoniosa.
Del resto, il numero aureo è stato adottato come supremo canone estetico-matematico da architetti e scultori dell’antichità e del Rinascimento, Leonardo da Vinci lo ha citato nel “De divina proporzione”, lo troviamo nella “Section d’Or” di Duchamp e Villon, in Leger e Picabia che voleva ricostruire il cubismo su quelle basi, fino a Le Corbusier che vi basò il sistema di proporzioni universali “Modulor” per i suoi progetti architettonici e urbanistici, vediamo esposto il grande grafico con una figura umana, le sue misure e a lato la progressione delle proporzioni.
I “numeri irrazionali” non rientravano nella matematica greca, ma già nel IV-V sec. a. C. fu fatta la distinzione tra “grandezze commensurabili”, cioè “misurate da una stessa misura”, e “grandezze incommensurabili”, che non hanno alcuna misura comune, come diagonale e lati del quadrato; poi Euclide ne fece una trattazione dettagliata ma astrusa nei suoi “Elementi”, libro che nel XVI sec. fu definito “troppo duro da digerire”, al punto da essere considerato “la croce dei matematici”.
I numeri immaginari con “i”
Dai numeri irrazionali, capofila la radice quadrata di 2, ai “numeri immaginari”, capofila la “radice quadrata di -1″: solo con l’immaginario si può concepire un numero il cui quadrato è un numero negativo come – 1, mentre il quadrato è positivo sia se nasce da numeri negativi che positivi, perché il prodotto di un numero negativo per se stesso, tale è il quadrato, è sempre positivo.
Ma le equazioni possono dare radici negative quando hanno tre radici reali, è il caso detto irriducibile, e perciò non avrebbero senso se non si escogitasse una qualche soluzione. Ci provò Cardano, nell’ “Ars magna”, ma riteneva i nuovi numeri escogitati come artificio matematico “tanto sottile quanto inutile”; mentre nel 1572 Bombelli, con “L’algebra”, trattò in modo sistematico le radici dei numeri negativi , precedute o no dal segno meno, e fissò le regole di moltiplicazione.
Fu Descartes nel 1637, con “La geometrie”, a chiamare “numeri immaginari” le radici quadrate dei numeri negativi, che divennero nei secoli seguenti uno strumento fondamentale dell’algebra, dopo molte resistenze essendo per certi versi paradossali o comunque non intuitivi. Al punto che Leibniz arrivò a definire la “radice immaginaria” come un “miracolo dell’analisi, mostro del mondo ideale, quasi anfibio tra ente e non ente”. Fu Euler a introdurre il simbolo “i” per l’unità immaginaria rappresentata dalla radice quadrata di -1, per cui il quadrato di i è uguale a -1; ne consegue che la radice quadrata di ogni numero negativo può essere espressa dal prodotto tra un numero reale ed “i”, e così si arriva ai “numeri complessi” la cui espressione è del tipo “a + ib”: ogni numero ha 2 radici quadrate, quelle di 1 sono 1 e -1, quelle di -1 sono “i” e “- i”.
Una rivoluzione per le equazioni, per cui ogni equazione di grado “n” veniva ad avere “n” soluzioni o radici con la particolarità, divenuto “teorema fondamentale dell’algebra”, che ogni equazione polinomiale ha almeno una radice complessa. Con l’elevarsi del grado delle equazioni cresce la difficoltà di trovare delle soluzioni, perché oltre il quarto grado non sono risolvibili per radicali.
Dai numeri complessi si va alle “geometrie complesse” fino ai quaternioni, numeri ipercomplessi derivati dalla soluzione trovata da Hamilton il 16 ottobre 1843, mediante una struttura algebrica quadridimensionale, che vede oggi applicazioni perfino nella robotica per i modelli dei movimenti di giunti e bracci meccanici.
I logaritmi con il numero “e”, e i “numeri primi”
E qui ci fermiamo, non prima di aver ricordato un altro grande protagonista della matematica cui la mostra, come per gli altri fin qui citati, dedica un pannello illustrativo. Si tratta del numero “e”, definito dai curatori “dalle mirifiche proprietà”, corrispondente al valore di x, per cui log (x) uguale ad 1. Il numero “e” , che corrisponde a 2, 718281828459045…. è la base dei “logaritmi naturali”, detti iperboliciperché riferiti all’area sottesa in un’iperbole studiata da Mercator; i logaritmi, cui si avvicinò già Leibniz, furono descritti con esempi da Euler in “Introductio in analisi infinitorum ” del 1748, e sono diventati uno strumento fondamentale con lo sviluppo del calcolo infinitesimale.
La tavola dei logaritmi dei primi 1000 numeri fu pubblicata da Briggs nel suo “Logarithmorum chilias prima”, pubblicato nel 1617, l’anno in cui morì Napier (Nepero) che aveva introdotto il termine “logaritmo” con il suo “Mirifici logarithmorum canonis descriptio” del 1614. I logaritmi hanno trovato largo impiego nella scienza e nell’ingegneria, quando si devono trattare grandi numeri, e l’uso delle tavole ha semplificato il calcolo, fino all’avvento dei computer.
Cosa sono dunque i logaritmi? Il logaritmo di un numero in una data base è l’esponente al quale la base deve essere elevata per ottenere il numero, detto “argomento”. Quindi il logaritmo in base 10 di 1000 è 3 perché bisogna elevare 10 alla terza potenza per ottenere 1000; è la funzione inversa dell’elevamento a potenza della base. Il logaritmo naturale è di grande importanza, avendo come base “e”, che come si è visto corrisponde a 2,718… circa, inverso della relativa funzione esponenziale. Il logaritmo del prodotto di due numeri è la somma dei loro logaritmi, il logaritmo del loro quoziente è la differenza dei loro logaritmi, la mostra lo richiama alla nostra attenzione, stimolando i ricordi dei banchi di scuola che non si fermano alle formule matematiche.
Se “Elementi” di Euclide è stato definito “la croce dei matematici”, vi assimiliamo i logarirmi – nella loro versione moderna senza risalire al libro di Nepero – nel definirli “la croce degli studenti”. Per questo è affascinante ritrovarli, insieme agli altri numeri magici ed alle altre espressioni algebriche, nel percorso della mostra che diventa anche un viaggio nella memoria.
Concludiamo tornando ai fondamenti dopo che la mostra ci ha fatto viaggiare tra numeri irrazionali e immaginari, complessi e logaritmi, portandoci da zero all’infinito attraverso simboli misteriosi come “p greco” ed “e”, passaggi intriganti come la radice di 2 e di -1, numero negativo, la quadratura del cerchio e il numero o sezione aurea.
Alla base ci sono i “numeri primi”, cioè quelli che hanno “due divisori distinti” , definiti già negli “Elementi” di Euclide, secondo cui esiste sempre un numero primo maggiore di qualunque numero, che porta all’attuale concetto di infinito pur se estraneo alla visione euclidea. Da loro si formano tutti gli altri numeri naturali per moltiplicazione; mentre i numeri primi non si creano per moltiplicazione ma con dei processi, per la loro generazione gli antichi usavano la procedura logaritmica detta “crivello di Ersatostene”, e in mostra è visualizzata la “spirale di Ulam” con tutti i numeri primi minori di 2015 ; altre famiglie di numeri primi sono quelli di Mersenne e di Fermat.
I numeri primi hanno portato a una rivoluzione nella crittografia, superando i vecchi metodi basati su cifratura e decifratura in base a una chiave segreta , con il sistema RSA (dagli ideatori Rivest, Shamir e Adleman), fondato su un teorema di Euler-Fermat secondo cui è facile generare numeri primi grandi ma estremamente difficile “determinare almeno un fattore di interi grandi accuratamente scelti”. Il teorema è della prima metà del ‘700, ma la sostanziale impossibilità di “fattorizzare tali interi grandi” rende sicure le attuali transazioni elettroniche , firma digitale compresa; anche questa utilizzazione pratica è possibile per le proprietà dei numeri primi. Non aggiungiamo altro sul tema che ha dato il titolo al romanzo di Paolo Giordano, “La solitudine dei numeri primi”, vincitore del Premio Strega 2008.
Il viaggio nella scienza, un itinerario affascinante
Termina il nostro viaggio nel quale all’approfondimento delle tematiche scientifiche, intriganti quanto complesse, si unisce l’ aspetto ludico da segnalare soprattutto per le scolaresche: le abbiamo viste nelle installazioni che riproducono i fenomeni con la partecipazione del visitatore, momenti di curiosità unita al divertimento che rendono la visita distensiva e non solo fonte di riflessione. Ciascuno vi ha potuto trovare conferme di conoscenze già acquisite e sorprese di nuove conoscenze.
“Da zero all’infinito” recita il sottotitolo della mostra attuale per il viaggio tra i “numeri”, “Fra il nulla e l’infinito” abbiamo definito a suo tempo il viaggio tra “Astri e particelle” della mostra del 2009; il percorso dell’umanità è stato esplorato, dall’“Homo sapiens” a “Darwin” alla “Via della Seta” fino ai “Meteoriti”, con il Pianeta visto dallo spazio, e al “Cibo”.
Tutti viaggi compiuti nel Palazzo Esposizioni con pari attenzione al lato spettacolare ed all’accuratezza e rigore della ricerca storica e scientifica. Attendiamo le prossime tappe di un itinerario sempre più affascinante.
Info
Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194, Roma. Domenica, martedì, mercoledì, giovedì ore 10,00-20,00; venerdì e sabato 10,00-22,00, lunedì chiuso; entrata consentita fino a un’ora prima della chiusura. Ingresso: intero euro 12,50, ridotto euro 10,00 , da 7 a 18 anni euro 6, gratuito fino a 6 anni, gruppi euro 10 a persona e scuole euro 4 a studente (sabato, domenica e festivi, intero). Il biglietto permette di visitare anche le altre mostre in corso al Palazzo Esposizioni. Tel. 06.39967500, http://www.palaexpo.it/. Catalogo: “Numeri. Tutto quello che conta da zero a infinito”, di Claudio Bartocci e Luigi Civalleri, PalaExpo e Codice Edizioni, pp. 202, formato 20 x 24, dal Catalogo oltre che dai pannelli della mostra sono state tratte le notizie del testo. Il nostro primo articolo sulla mostra è in questo sito, “Numeri, da zero a infinito a Palazzo Esposizioni” 23 aprile 2015. Per le precedenti mostre sulla scienza al Palazzo Esposizioni citate cfr. i nostri articoli: in questo sito “Sulla Via della Seta. Le prime tappe al Palazzo Esposizioni” e “Sulla Via della Seta. Baghdad e Istanbul” 21 e 23 febbraio 2013, “Meteoriti e la terra vista dallo spazio al Palazzo Esposizioni” 5 ottobre 2014, “Cibo. 90 fotografie di National Geographic” 1° febbraio 2015 ; in http://www.antika.it/ “Roma. La mostra “Homo sapiens’ al Palazzo Esposizioni” 7 gennaio 2012; in “cultura.inabruzzo.it” “Astri e particelle in mostra a Roma” 12 febbraio 2010, “Una mostra su Darwin a Roma”, 28 aprile 2009. La definizione “Fra il nulla e l’infinito” posta nella nostra conclusione con riferimento alla mostra “Astri e particelle” è il titolo di un libro sull’infinitamente grande unito all’infinitamente piccolo, di Eduardo Ioele, “Tra il nulla e l’infinito. Lo spazio di Dio”, Edizioni Ripostes, 2008, pp. 190.
Foto
Le immagini sono state riprese nel Palazzo Esposizioni da Romano Maria Levante, si ringrazia l’Azienda Speciale Expo con i titolari dei diritti per l’opportunità offerta. In apertura, “il senso dei numeri”, seguono nell’ordine di citazione nel testo, il numero zero, e “p greco”, poi la radice di 2 e la rappresentazione solida del teorema di Pitagora, quindi “i” con i numeri immaginari e la base “e”, inoltre i nmeri primi; in chiusura, un pannello che evoca il “Modulor” di Le Corbusier.