di Romano Maria Levante
Al Complesso del Vittoriano, lato Fori Imperiali, dal 17 al 29 marzo 2015 la mostra “Roma, la Grande Guerra, di Solveig Cogliani” espone 17 opere, di cui 10 inedite del 2015, nelle quali il forte cromatismo mediterraneo dell’artista di origini siciliane si salda con l’evocazione delle architetture della città eterna no disgiunta dalla salda presa sulla realtà attuale, in un realismo che è insieme ricerca dell’essenziale e superamento della dimensione attuale con forme che si dissolvono perdendo la pur forte identità. Realizzata da “Comunicare Organizzando” di Alessandro Nicosia,, a cura di Fabio Cozzi, responsabile della mostra Maria Cristina Bettini. Catalogo Gangemi Editore.
La personalità dell’artista
Claudio Strinati ha presentato la mostra iniziando con la personalità dell’artista: magistrato , la madre altrettanto, non sono rari nella storia dell’arte gli artisti con questa caratura professionale. Giustizia e legalità si riflettono nell’opera della Cogliani, attenta alle manomissioni dell’ambiente che richiedono la massima attenzione, quindi anche la trasposizione artistica. Lo fa quando raffigura la “città giusta”, in particolare con la sopraelevata romana che si trasforma in guardino con una grande albero che sale al cielo.
Dalla professione al nome, che come in Vasco Rossi unisce a un cognome normale un nome inusuale, nel caso della Cogliani, Solveig ha origini svedesi, altro particolare intrigante.
E poi il suo quartiere, San Lorenzo, dov’è il Pastificio Cerere divenuto una fucina di artisti, a Via dei Volsci , come ad altre zone di Roma, la sua città, ha dedicato i suoi dipinti prendendo lo spunto dalle proprie esperienze quotidiane. Lo facevano gli impressionisti, si ispiravano a Parigi e a Montmartre, lo ha fatto anche Warhol ispirandosi ai prodotti di massa della società dei consumi; la nostra artista lo fa con riguardo alla tradizione ma nello stesso tempo libera nella forma espressiva come è giusto per un pittore dei nostri tempi.
Sono “passeggiate romane” nel senso oraziano, che mostrano una Roma spesso in dissolvenza, non solo nella forma espressiva ma anche nei contenuti. In tal modo, ha affermato Strinati, l’artista mostra come “si può esercitare il mestiere del pittore con molto impegno ed autorevolezza, tipico dell’arte al femminile”.
E’ un impegno, il suo, scandito da un’intensa partecipazione a mostre collettive, ben 54 dal 2004, di cui 10 nel 2014, ; e da 13 mostre personali dal 2009, soprattutto a Roma ma anche a Napoli e Istanbul, con esperienze anche di performance e installazioni.
Inizia il suo percorso artistico sperimentando diversi materiali e forme espressive, dalla scrittura al teatro, e promuove iniziative su tematiche sociali e culturali; laureata alla RUFA di Roma, città natale, matura il “ritorno” alla pittura. Da dieci anni torna spesso in Sicilia, sua terra di origine, dove collabora con laboratori di ceramica, inaugura a Palermo “U triunfu” con Emmanuele F. M. Emanuele, nel catanese e messinese partecipa a performance con Danilo Maestosi.
Collabora con diverse gallerie romane, come la galleria Lombardi e lo Studio S, la Tartaruga, la Babylon Gallery e la Michelangelo, e con gallerie di Palermo e Napoli, Cosenza e Brescia. Dedica proprie opere alla poesia, come nella mostra su Garcia Lorca a cura di Otello Lottini, e ai grandi pittori del passato, alla moda e al teatro, in un’esposizione presentata da Claudio Strinati, alle nuove opere musicali e al confronto con la fotografia di Ruggero Passeri.
All’estero è stata impegnata in Cina, nel progetto “Seguendo il cammino di Marco Polo, e in Turchia, con la galleria Duruk, in Svizzera con la KPK e a Londra con la Imago Art Gallery.
E’ presente in vari musei, tra cui il Museo della Fondazione Roma Mediterraneo, nel 2011 partecipa alla Biennale di Venezia, nel 2014 ottiene il premio Spoleto Festival. Partecipa a diversi progetti, da “Imago mundi” a cura di Luca Beatrice, a “Unicum” dopo l’incontro con Gallo Mazzeo.
I giudizi dei critici
Gli insigni critici che abbiamo visto vicini a lei in importanti manifestazioni, vedono così, in estrema sintesi, la sua arte: Secondo Claudio Strinati è “animata da “tumultuosi fervori e, nel contempo, pacate meditazioni” da cui trapela la sua testa di giurista: “Merito dell’artista è quello di farci vedere la realtà con i suoi occhi, che sono occhi di riscatto, pacificazione, quiete interiore e, per ricordare un passo celeberrimo della Tosca di Puccini, di ‘recondita armonia’”.
Per Francesco Gallo Mazzeo le sue “modalità d’espressione sconfinano con l’espressionismo”, e si manifestano “col procedere di un viaggio nel tempo, a ritroso nella memoria oppure una proiezione d’impossibile futuro” rispondendo “a un bisogno radicale d’andare ‘oltre’, d’avere ‘altro'”, in modo peculiare, “facendo salti, proprio come vuole il desiderante e il narcisistico”.
Per questo, secondo Otello Lottini, l’artista ha “un’altra concezione della realtà, di ascendenza greca, che intende per realtà tutto il contrario”. E lo precisa: “Reale è l’essenziale, il profondo e il latente: non l’apparenza, ma le fonti vive di ogni apparenza. Su questi crinali si svolge la complessa dimensione del realismo della Cogliani”.
Così Luca Beatrice: “Solveig Cogliani si lascia suggestionare da una traduzione mai vista di uso, non solo prospettico, delle architetture e soprattutto del colore”. Per concludere: “La sua è una pittura visionaria, selvaggia, espressiva, disordinata”.
Dal rigore della traduzione pittorica del senso di legalità e giustizia fino alla recondita armonia di Strinati, si arriva al disordine visionario e selvaggio di Beatrice passando per l’andare oltre di Mazzeo e la ricerca dell’essenziale di Lottini.
Ce n’è quanto basta per stimolare l’interesse per le opere di un’artista così intrigante e misteriosa. Iniziamo così quello che Strinati chiama “una sorta di viaggio nel passato catapultato, però, su un presente che grava e preme sulle nostre coscienze costringendoci a meditare, a ricordare, a prospettarci un futuro”.
Le opere in mostra
La prima meditazione è suscitata dal l titolo della mostra: nell’anno del centenario e nel Complesso del Vittoriano con l’altare della Patria e il sacello del Milite Ignoto la Grande Guerra richiama il primo conflitto mondiale, infatti le opere esposte nella prima sala dovrebbero essere direttamente riferite a tale evento.
Noi crediamo di dover interpretare il titolo in senso più ampio, esteso soprattutto all’oggi, alla grande guerra in corso a Roma, nei suoi quartieri e nelle sue strade, nei suoi monumenti, nella difficile quotidianità, in tal modo ricordare il passato fa prospettare il futuro.
I primi dipinti esposti, “Vigiliae” 1 e 2, sono enigmatici e allusivi, con delle presenze tutte da interpretare: mentre nel primo c’è un groviglio di tratti scuri su fondo chiaro, il secondo è lineare e luminoso, due figure in una strada di un blu intenso, l’una segue l’altra in uno sfondo sul giallo.
L’attualità incombe, “Migranti” è una rappresentazione forte i n cui la ricerca dell’essenza si traduce nelle figure che spiccano come altrettante statue sul vascello dal forte cromatismo. E il volto di “Irene” di un dipinto vicino sembra un primo piano di migranti fortemente cromatico.
Poi c’è subito la dimensione urbana, in “Angelo sulla città” si vedono due grandi ali che dovrebbero essere protettive, ma la realtà ha in sé anche qualcosa di inquietante, e il dipinto lo fa sentire.
La serie “Pini”, da 1 a 4, mostra due opere con i viali – tra cui “Pini 2″ immagine evocatrice e suggestiva – e due con gli archi, sempre nei forti contrasti cromatici, in cui l’artista proietta i propri sentimenti di romana che medita sulla realtà della sua città. In tal modo crea – scrive Strinati – “un’atmosfera peculiare fatta di descrizione e suggestione insieme, una sorta di ‘stato d’animo’ che si trasfonde nella costruzione delle immagini delle antiche statue e degli antichi monumenti trasformati in quadri”.
Per il Colosseo c’è qualcosa di più, il massimo della romanità richiede il diapason, e allora non solo è trasformato in quadro, ma in “Popstar”, tale è il titolo dato dall’artista all’icastica rappresentazione dei fornici con cromatismi diversi, sulla strada di un colore viola che più intenso non potrebbe essere.
E’ lo stesso viola della strada di “Pini 2”, tra alberi infiniti, lo stesso viola della strada di “La città giusta” , del 2014, di poco precedente alle altre opere fin qui citate, tutte dell’anno in corso 2015; un’opera che rappresenta il riscatto, il raggiungimento della quiete interiore fino alla ‘”recondita armonia” di cui parla Strinati e insieme l’impossibile futuro e il desiderante di Mazzeo, la pittura essenziale di Lottini e quella visionaria di Beatrice.
Si tratta di una visione onirica che trasforma la devastante tangenziale sopraelevata del quartiere romano di San Lorenzo, in un giardino con il rigoglioso albero che spunta dal viola intenso della strada tra pareti colorate: quasi “il cielo in una stanza” della celebre canzone dove è viola il pavimento e non il soffitto, ma c’è l’albero che si innalza verso il cielo, come gli “alberi infiniti” di “Pini 2”.
U n altro dipinto è dedicato al suo quartiere, “Via dei Volsci”, 2013, il viola della strada si incupisce, spiccano i blocchi degli edifici in un giallo luminoso sul cielo blu scuro.
Né strada né cielo in “La lupa”, 2012, a forti tratti rossi in contrasto cromatico con un fondo giallo intenso, un preciso marchio identitario; mentre “Il rito”, 2012, e “Occidente”, 2011, presentano figure immerse in intense composizioni, nella prima sembra di riconoscere i fornici del Colosseo, nella seconda i sampietrini delle strade romane, anche qui il marchio identitario.
Identità e perdita nei dipinti dell’artista
Così Strinati interpreta la costante identitaria: “C’è , nella pittura della Cogliani, il costante quesito inerente alla identificazione e all’identità. L’artista rappresenta con viva icasticità le cose e le persone ma tende a incuneare nella mente di chi guarda la dimensione pressoché opposta della sparizione e della perdita di quella identità che pure di fatto ci qualifica in questo mondo”.
Questa dimensione si attaglia perfettamente ai migranti del dipinto citato in precedenza, “un popolo di persone in qualche modo evanescenti, che hanno perso la propria identità, cancellate dal proprio sé”. Ma viene riferita anche a figure precise, come le statue del Marc’Aurelio e dei Dioscuri in cima alla scalinata del Campidoglio, in cui “la componente materica e dinamica e quella tersa e come immobile convivono nello spazio della stessa tela”, e pertanto “si manifestano a noi non tanto descritti quanto evocati da un flusso di energia pittorica peraltro molto personale e interessante”.
Diventa “tensione emotiva” nelle opere ispirate ai poemi sinfonici di Ottorino Respighi, in cui le fontane riflettono i diversi stati d’animo, mediante “una tempesta cromatica che spazia dall’azzurro al giallo”, nella dimensione della “festa figurativa”.
C’è un ultimo dipinto,“Le età della vita”, 2014, su cui riflettere, oggetti personali, come forme di scarpe, volteggiano in un luminoso fondo giallo con striature di bianco e rosa mentre in alto c’è una macchia di azzurro; si sente il dinamismo, il cambiamento, la vita, ma tutto è evanescente. Anche qui l’identificazione e l’identità insieme alla sparizione e .perdita dell’identità di cui parla Strinati.
E’, in fondo, il senso dell’esistenza, e non si possono non vedere questi motivi contrastanti nel dipinto che interpreta le età della vita immergendole in una dimensione fascinosa e sognante.
Info
Complesso del Vittoriano,Via San Pietro in carcere, lato Fori Imperiali, Sala Giubileo – Ala BrasiniTutti i giorni ore 9,30-19,30, compresi domenica e lunedì, l’accesso è consentito fino a 45 minuti prima della chiusura. Ingresso gratuito. Tel. 06.6780664. cogliani.itam@gmail.com tel. 329.8346593. Catalogo “Roma, la Grande Guerra. Solveig Cogliani”, introduzione di Roberto Politi, testo di Claudio Strinati, Gangemi Editore, marzo 2015, pp. 32, formato 21,00 x 29,50. Per le citazioni del testo cfr. i nostri articoli: in questo sito sulla mostra di “Warhol” alla Fondazione Roma 15 e 22 settembre 2014, sul premio 6Artista del Pastificio Cerere al Macro 3 gennaio 2013; in “cultura.inabruzzo.it” per gli impressionisti “Da Corot a Monet” al Vittoriano 27 e 29 giugno 2010 e per Danilo Maestosi sempre al Vittoriano 31 marzo 2010; infine “Al Quirino la poesia di Emanuele diventa teatro” 24 ottobre 2010.
Foto
Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante nel Vittoriano alla presentazione della mostra, si ringrazia “Comunicare Organizzando” di Alessandro Nicosia, con i titolari dei diritti, in particolare l’artista S”olveig Cogliani, per l’opportunità offerta. In apertura, “La città giusta”, 2014; seguono, “La Grande Guerra”, 2014, e del 2015, “Vigiliae 2″, e “Migranti”; poi “Irene” e “Pini 2”; quindi ” Via dei Volsci”, 2013, “Il rito”, 2012, e “Pop Star”, 2015; in chiusura”La lupa”, 2012.