di Romano Maria Levante
All’Ara Pacis, la mostra fotografica “Genesis” espone 200 grandi fotografie di Sebastião Salgado dal 15 maggio al 15 settembre 2013, dove l’aggettivo “grandi” non si riferisce soltanto alla dimensione delle foto ingrandite quanto al loro valore storico ed artistico. Storico perché in esse si trova la storia della natura come creazione di ambienti dalla bellezza sconvolgente, la cui incalzante sequenza mostra un patrimonio di valore inestimabile che dobbiamo custodire e valorizzare; artistico perché i suoi bianco e nero raggiungono livelli pittorici di straordinaria qualità. Curata da Leila Wanick Salgado, realizzata da Amazonas Images, con Contrasto e Zètema, Catalogo Taschen.
La mostra di Salgado è situata nello spazio espositivo dell’Ara Pacis, che ha una propria autonomia rispetto al celebre monumento della romanità, in quanto si trova nell’ala posta al piano inferiore del vasto quanto contestato contenitore dell’archistar Meyer, e si accede alla mostra senza passare per l’Ara. Ma non è possibile ignorarla, tanto è il suo fascino, e poi i fregi floreali che ne decorano un lato sono quanto mai in carattere con il trionfo della vegetazione fissato dall’obiettivo del fotografo. Vedere file di persone ammirare questi fregi floreali monumentali, magari dopo avere ammirato i fregi floreali naturali è stato uno spettacolo nello spettacolo; un coinvolgimento a vasto raggio, dalla natura all’arte che rimanda alla natura, nel tempo infinito della storia: dell’umanità come del creato.
Che questo sia suscitato da un fotografo può sorprendere solo se non se ne conosce la vita: lui si è immerso nella natura non solo per fotografarla, ma per farla rivivere, valorizzarla e farla rispettare.
Salgado fa rivivere la natura, non si limita a fotografarla
Una breve nota biografica perché chi non lo conosce possa inquadrarne l’opera nella vita. Sebastião Salgado, nato in Brasile nel 1944, nello stato di Minas Gerais, poi trasferito nel 1960 a Vitoria, sposa nel 1967 Léila Deluiz Wanick, con la quale si trasferisce a Parigi, quindi a Londra dove lavora come economista all’Organizzazione internazionale del caffè. Torna a Parigi e diventa fotografo professionista, compie reportage di denuncia, come quelli sui diritti dei lavoratori, sulla miseria e i danni provocati dall’economia di mercato nei paesi sottosviluppati; un celebre reportage denuncia le condizioni inumane dei lavoratori nella miniera d’oro brasiliana della Serra Pelada, l’immagine con migliaia di nuovi schiavi su scale a pioli carichi di sacchi di fango ricorda le Piramidi egizie.
Poi cambia tutto: nel 1994, a 50 anni, fonda, con Léila, una propria agenzia, Amazonas images, avente una matrice ben precisa. Dall’inizio degli anni ’90. infatti, viveva con Léila un’esperienza unica, che ne ha cambiato la vita e la professione. La grandissima fazenda dove è nato, prima coperta da foreste al 50%, la eredita con sette sorelle arida e incolta, solo lo 0,5% è vegetazione. E allora la moglie lo incoraggia ad intraprendere un progetto titanico, riforestare e ripristinare la flora originaria, ponendo a dimora centinaia di specie vegetali e piante in una fascia forestale atlantica, si sarebbero dovuti impiantare milioni di alberi. Chiede e ottiene aiuti da ogni parte del mondo, e si verifica un fenomeno naturale che lo ha conquistato definitivamente: la foresta rinasceva, si moltiplicavano le piante, diventavano migliaia, poi centinaia di migliaia, milioni. E con la flora tornava la fauna, un paradiso perduto rifioriva sotto i suoi occhi. Ne è nata una riserva naturale.
A questo punto, racconta lui stesso, ha sentito un’attrazione fortissima per le bellezze della natura, ha smesso di fare servizi fotografici di denuncia sugli sfruttamenti e sugli attentati a queste bellezze e ha girato il mondo alla loro ricerca. Viaggia per oltre cento paesi, dall’America all’Africa, dall’Artide all’Antardide, e realizza reportage fotografici di elevato valore: documentario e artistico
Nel 1998 con Leila ha fondato nello stato natio di Minas Gerais l’Instituto Terra, per riforestare e conservare l’ambiente: è stata restituita alla foresta equatoriale una vasta area, impiantati milioni di nuovi alberi, la natura è rifiorita, l’Istituto è diventato un’impresa e un quotato centro culturale.
Molti sono i libri fotografici prodotti con questa instancabile attività: citiamo, nel 1986, Othern Americas e Sahel: l’homme en détresse, il primo sugli indios e i contadini dell’America Latina, l’altro sulla carestia in Africa alla metà degli anni Ottanta; seguirà Sahel: el fin del camino nel 1988. Con La Mano dell’uomo nel 1993-94 documenta la fine della manodopera industriale su larga scala. Dopo Terra del 1997, con “In cammino” e “Ritratti di bambini”, nel 2000, le grandi migrazioni di poveri, rifugiati politici, e di immigrati nelle megalopoli del Terzo mondo.
L’uscita dei suoi libri è stata accompagnata da mostre fotografiche itineranti, per i due ultimi citati anche a Roma, alle Scuderie del Quirinale, e a Milano, all’Arengario di Palazzo Reale. Il libro più recente prima di “Genesi” è stato “Africa” nel 2007. L’attuale mostra, il cui progetto risale al 2004, dopo nove anni viene presentata in contemporanea a Londra, Rio de Janeiro, Toronto oltre che a Roma, dopo andrà a Parigi e in altre città francesi, negli Stati Uniti e in Svezia: anch’essa ha dato luogo al libro monumentale, dello stesso titolo dell’esposizione.
Sono arrivati i premi e le onorificenze: è stato nominato Goodwill Ambassador dell’Unicef e membro onorario dell’Accademia di Arti e Scienze degli Stati Uniti.
La sua tecnica fotografica è tradizionale, pellicola in bianco e nero e una normale macchina da 35 millimetri, preferibilmente Leica per la qualità degli obiettivi, portatile e non ingombrante. Resta un’immagine nitida nei dettagli con gli ingrandimenti per la perfezione della ripresa; nella stampa usa accorgimenti per evitare contrasti troppo netti e ombre eccessive, dati gli ambienti delle riprese.
Il progetto “Genesi”, “un tributo visivo a un pianeta fragile”
E’ in carattere con la storia del protagonista la finalità del progetto “Genesi” dal quale nasce la mostra e il monumentale libro fotografico: “Lo scopo di questo progetto – ha detto lo stesso Salgado – è di ricongiungerci con il mondo com’era prima che l’uomo lo modificasse fino quasi a sfigurarlo”. Un accenno, questo, all’esigenza di difendere il pianeta con iniziative eco sostenibili e rispettando la natura per raggiungere una nuova armonia, ma senza i luoghi comuni dell’ambientalismo meno avveduto, lui stesso auspica un risveglio del vero ambientalismo.
Non c’è tanto volontà di denuncia quanto di contemplazione, non c’è voglia di contestazione bensì di conoscenza, la natura vista come risorsa da proteggere ma soprattutto bellezza da ammirare, e maestra di vita: “Con massimo rispetto mi sono avvicinato alle altre specie, animali, vegetali, minerali – dice ancora – e ho compreso che tutto ciò che esiste di utile, di importante, di essenziale nel nostro mondo, esisteva già in un tempo anche lontano. Nelle società così dette primitive esisteva già un’idea di solidarietà, di società, di amore. Esisteva l’assistenza, le medicine, perfino gli antibiotici e gli antinfiammatori. Noi non abbiamo fatto altro che sistematizzare”. Per concludere: “In fondo, noi facciamo parte del pianeta, e non siamo che una parte della natura e dovremmo cercare di non andare così veloci come invece facciamo. Forse, qualche passo indietro ci permetterebbe di comprendere che anche noi facciamo parte di un tutto”: da rispettare e tutelare.
La curatrice, Lélia Wanick Salgado – la sua fedele compagna di vita, un vero “alter ego” – ha dato questa definizione: “Genesiè la ricerca del mondo delle origini, come ha preso forma, si è evoluto, è esistito per millenni prima che la vita moderna accelerasse i propri ritmi e iniziasse ad allontanarci dall’essenza della nostra natura”; titolo è lo stesso delle forme primordiali dello scultore De Redia, che in occasione della mostra al Palazzo Esposizioni furono esposte al Foro romano e al Colosseo.
Di Leila una sintesi quanto mai efficace della mostra: “È un viaggio attraverso paesaggi terrestri e marini, alla scoperta di popolazioni e animali scampati all’abbraccio del mondo contemporaneo. La prova che il nostro pianeta include tuttora vaste regioni remote, dove la natura regna nel silenzio della sua magnificenza immacolata; autentiche meraviglie nei Poli, nelle foreste pluviali tropicali, nella vastità delle savane e dei deserti roventi, tra montagne coperte dai ghiacciai e nelle isole solitarie. Regioni troppo fredde o aride per qualsiasi cosa salvo per le forme di vita più resistenti, aree che ospitano specie animali e antiche tribù la cui sopravvivenza si fonda proprio sull’isolamento”. Tale precisazione consente di dare il giusto significato agli aborigeni che vivono in condizioni primordiali ma possono farlo proprio perché non raggiunti dalla nostra civiltà che ha omologato usi e costumi e modi di vita.
Infine la sua interpretazione autentica: “Fotografie, quelle di ‘Genesi’, che aspirano a rivelare tale incanto; un tributo visivo a un pianeta fragile che tutti abbiamo il dovere di proteggere”.
E’ un riferimento ambientalista necessario, che non sposta lo spirito della mostra – intende essere, appunto, un “tributo visivo” alla bellezza della natura – ma l’appello a difenderla è conseguente. Lo ha raccolto l’Assessore alla cultura di Roma Capitale, che ha dato il patrocinio alla mostra, affermando che l’opera di Salgado è “non solo un lavoro artistico ma qualcosa che va oltre, superando la proposta documentaria e autoriale, per approdare a una più ampia visione filosofica e farsi addirittura campagna, monumentale stimolo di riflessione e monito da diffondere nel mondo”. A questo fine – ha aggiunto – “Roma si propone come punto di partenza, promotore e diffusore di un messaggio internazionale, che nella tradizionale ‘apertura’ della Capitale come primo punto della sua stessa cultura, trova il giusto teatro e la più larga eco”, definendo la mostra e i rapporti con Salgado “non un evento spot, ma un vero e proprio legame”.
La magia in bianco e nero della galleria fotografica
Le 200 fotografie esposte documentano l’incomparabile patrimonio naturale di cui siamo depositari e che dobbiamo proteggere e valorizzare. Ci sono voluti otto anni di lavoro per trenta reportage nelle zone più estreme del pianeta, documentati nelle splendide immagini in bianco e nero. Abbiamo ripensato alla “magia verde” di Folco Quilici, il colore della natura sembrerebbe l’ingrediente essenziale per renderne il fascino in modo spettacolare, Salgado ci rinuncia, il suo è un bianco e nero intenso che diventa pittorico nei pur tenui e controllati contrasti di luce e di forme.
Si snoda nelle sale espositive dell’Ara Pacis in 5 sezioni, che corrispondono alle aree geografiche dove le immagini sono state riprese. Le fotografie sono collocate alle pareti su fondali di colori diversi, sempre pastello, a seconda della sezione: vediamo Il Pianeta Sud e I Santuari della Natura, l’Africa e Il grande Nord, l’Amazzonia e il Pantanàl.
Il “Pianeta Sud” comprende l’Argentina e l’Antartico con le sue isole; i “Santuari del Pianeta” sono isole ricche di biodiversità, come il Madagascar, la Nuova Guinea; l'”Africa” fa storia a sé, sul suo fondale lilla; “Il grande Nord” comprende le regioni artiche e anche il Colorado; fino alla sezione sull'”Amazzonia” brasiliana e venezuelana, e il Pantanal con una fauna tutta speciale.
Si va, dunque, dai ghiacciai dell’Antartide alle foreste tropicali dell’Amazzonia e del Congo, dall’Indonesia e Nuova Guinea ai deserti africani, dal gelo dell’Alaska alle catene montuose dell’America, del Cile e della Siberia: motivo comune la ricerca della bellezza della natura nelle aree incontaminate, in cui i tre soggetti – natura, animali e uomo – vivono in perfetta armonia.
In tutte le sezioni troviamo grandiose scene paesaggistiche, è l’ambiente incontaminato dove le varie componenti sono in equilibrio. L’ambiente si anima con fenomeni naturali o con i suoi abitanti, soprattutto animali ripresi nel loro habitat, ma anche esseri umani nella loro espressione primordiale, che ci piace chiamare primigenia.
Tra gli ambienti che ci presenta le isole Galapagos, rivelatrici per Darwin, Salgado vi trova tartarughe giganti, iguana e leoni marini, poi vediamo le zebre e gli altri animali selvatici che migrano attraversando il Kenya e la Tanzania. Ecco le tribù native: i Yanomami e i Cayapó dell’Amazzonia brasiliana; i Pigmei delle foreste equatoriali del Congo e i Boscimani del deserto del Kalahari in Sudafrica; le tribù Himba del deserto della Nabibia e quelle della Nuova Guinea.,
Per realizzare immagini così naturali e ravvicinate, in grado di esprimere l’armonioso convivere con l’ambiente, Salgado ha vissuto per dei mesi con le popolazioni indigene delle diverse aree. E’ stata come una missione, alla scoperta delle bellezze nascoste e dell’umanità che vi alberga: il risultato è una galleria di ritratti straordinari, con inquadrature dall’ispirazione poetica.
Tale galleria l’hanno definita “una grande antropologia planetaria”, con “un grido di allarme per il nostro pianeta”; a noi piace considerarla un inno alla natura e alla sua bellezza. L’intento dell’autore è eloquente: “Personalmente vedo questo progetto come un percorso potenziale verso la riscoperta del ruolo dell’uomo in natura. L’ho chiamato ‘Genesi’perché, per quanto possibile, desidero tornare alle origini del pianeta: all’aria, all’acqua e al fuoco da cui è scaturita la vita; alle specie animali che hanno resistito all’addomesticamento; alle remote tribù dagli stili di vita cosiddetti primitivi e ancora incontaminati; agli esempi esistenti di forme primigenie di insediamenti e organizzazione umane”. Da questa ricognizione appassionata una visione serena: “Nonostante tutti i danni già causati all’ambiente, in queste zone si può ancora trovare un mondo di purezza, perfino d’innocenza. Con il mio lavoro intendo testimoniare com’era la natura senza uomini e donne, e come l’umanità e la natura per lungo tempo siano coesistite in quello che oggi definiamo equilibrio ambientale”.
Una carrellata di immagini coinvolgenti
E’ il momento di citare a memoria una serie di luoghi e di immagini che ci hanno particolarmente colpito, cominciando dal “Pianeta Sud”. Come non restare ammirati dinanzi alla foto degli elefanti marini della baia di Saint Andrews, nella Georgia del Sud, uno dei quali in primissimo piano sfoggia un bel sorriso? E davanti alle numerose immagini che riprendono i pinguini nell’Antartide, in lunghe file che si stagliano oppure in vastissime adunate? Poi la balena australe, sempre nell’Antartide, ed altri elefanti marini, questa volta senza la star di Saint Andrews, non manca la foca e l’otaria. L’ambiente è altrettanto spettacolare, ghiacciai e iceberg, monti e distese sconfinate.
Le Galapagos ci riportano a Darwin che sulle diversità delle specie individuate e selezionate nel territorio fondò la sua celebre teoria: vediamo leoni marini e una tartaruga gigante in primo piano, l’etichetta precisa che è lunga un metro e mezzo, pesa 250 chili e vive 150 anni: numeri da record.
Nei “Santuari della natura” troviamo una fitta vegetazione di alghe e altre piante, in zone popolate da albatros e gabbiani, mentre nelle acque ci sono ancora leoni marini; compare in primo piano l’iguana, con la sua lunga zampa rugosa; svettano gli agili fenicotteri.
Cominciamo a fare la conoscenza delle popolazioni aborigene di cui abbiamo parlato: sono uomini Yali e Korowai, colpisce la fierezza del loro portamento nell’aspetto primitivo.
Ancora avanti, i baobab del Madagascar e gli uccelli acquatici del Mato Grosso, un’area che ha dato a Salgado molti soggetti, ambientali e umani con le sue tribù primitive. Vediamo la “Trace dance” dei Boscimani, le bellissime donne indigene, poi la popolazione Zo’e del Venezuela cui sono dedicate immagini incredibili dei volti con i dischi labiali, il labbro inferiore trafitto da un’applicazione che accompagna e tormenta la crescita, una pratica primordiale sconvolgente.
L'”Africa” si presenta con un vulcano dell’Uganda poi con il primo piano di un gorilla, del Sudan del Sud molte immagini, così delle tribù rimaste isolate con i loro costumi primitivi, alcuni ritratti colpiscono per la forza espressiva dei soggetti fotografati. Anche il Congo è ben presente.
Dal grande caldo al grande freddo degli “Spazi del nord”, c’è molta Russia ma anche l’America del Gran Canyon del Colorado e una spettacolare visione dell’Utah, perfino la ben nota Monument Valley . Vediamo le canne d’organo di basalto e le tribù Yali, con il gonnellino per la donna e l’astuccio penico per il maschio.
Infine l'”Amazzonia e Pantanal”, lo spettacolo della natura è teatrale, si moltiplicano le immagini pittoriche, c’è dovizia di documentazione artistica anche per la fauna e gli aborigeni.
La galleria umana è particolarmente ricca, ci restano impressi i dischi labiali delle donne Mursi e i tanti ritratti di indigeni non deformati da questa pratica primordiale, ma ci piace concludere questa rassegna basata sul ricordo con la festa di presentazione delle donne, una bellissima immagine.
Nella mostra c’è anche un video con il film “Sebastião Salgado. Fotografie”, reca le immagini di alcuni dei principali lavori realizzati prima di Genesi. Le fotografie del film sono tratte dai progetti confluiti nei libri prima citati, la musica è di Henyk Górocki, Sinfonia n.3, del 1976.
Possiamo dire che non manca nulla per godere della magia in bianco e nero di un grande artista della fotografia. Salgado ci dà una natura che non sapevamo di avere e alla quale non possiamo non appassionarci: per ammirarla e soprattutto difenderla.
Info
Museo dell’Ara Pacis, Lungotevere in Augusta, Roma. Da martedì a domenica ore 9.00-19.00, chiuso il lunedì (la biglietteria chiude un’ora prima). Ingresso, solo mostra, intero euro 10,00, ridotto 8, speciale scuola 4. Biglietto integrato museo/mostra, intero euro 16, ridotto 12, gratuito per speciali categorie. Tel. 0600608, www.arapacis.it, www.museiincomuneroma.it Catalogo monumentale: “Genesi”, Taschen Editore, 2013; dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. Per i citati Darwin e De Redia, cfr. i nostri servizi sulle loro mostre al Palazzo Esposizioni in “cultura.abruzzoworld.com” del 2009, per Darwin il 28 aprile, per De Redia il 10 agosto.
Foto
Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante alla presentazione della mostra, si ringrazia Contrasto e Zétema con i titolari dei diritti, in particolare l’autore Salgado, per l’opportunità offerta. Sono state scelte delle immagini per ciascuno dei tre soggetti del “trittico”, descrittomnjel testo, animali, natura, uomo.