di Romano Maria Levante
Inaugurazione in grande stile della mostra “Marinetti chez Marinetti”, aperta alla Galleria Russo a Roma dal 15 febbraio al 15 marzo 2013, con esposte oltre 40 opere della collezione privata di Filippo Tommaso Marinetti, il padre del Futurismo, e di altre collezioni: dipinti di Giacomo Balla e Gerardo Dottori, Gino Galli e Tullio Crali, Antonio Marasco e Renato Di Bosso, Luigi Russolo e Benedetta, Mino Delle Site e Rougena Zàtkovà; disegni, anche di Ardengo Soffici, e schizzi, fotografie e manifesti, che fanno rivivere una stagione creativa per la società italiana. Molte delle opere sono eccezionalmente in vendita, un’occasione da non perdere. La mostra è stata curata da Maurizio Calvesi e così il Catalogo di Palombi Editore, con un testo di Beatrice Buscaroli.
Gerardo Dottori, “La famiglia Marinetti”, 1930-32
Va ricordato che il futurismo, oltre che movimento artistico di rottura fu un fenomeno dirompente nei vari aspetti della vita con una carica innovativa e un dinamismo senza sosta e senza freni. Lo ha rievocato Maurizio Calvesi, in una dotta esposizione nel vicinissimo “Centro Eventi”, basata sulla sua competenza e su testimonianze dirette: lo vide l’ultima volta in una “serata futurista” del 1941. Ha parlato anche Beatrice Buscaroli, mentre l’artista Roberto Floreani ha letto testi futuristi. Filmati d’epoca molto interessanti hanno animato l’intera serata, sia riempiendo le fasi di attesa con il sonoro in funzione, sia come sfondo visivo quanto mai stimolante nel corso degli interventi.
Ha concluso la manifestazione, presentato da Fabrizio Russo per l’occasione maestro di cerimonie, Nicola Zingaretti il cui intervento non è stato rituale: da candidato alla presidenza della Regione Lazio ha esposto il suo programma imperniato sulla valorizzazione dei beni culturali come motore di un nuovo modello di sviluppo, essendosi esaurito quello basato su settori industriali in cui l’Italia ha perduto competitività; mentre nessuno può toglierci la preminenza nel campo nel quale il nostro paese detiene la maggiore concentrazione al mondo di risorse artistiche e culturali, storiche e ambientali. Mancavano soltanto dieci giorni alle votazioni, l’elezione di Zingaretti ha dato poi al programma esposto nella serata futurista il valore di un impegno da rispettare nel prossimo futuro
Marinetti, e l’equazione futurista tra arte e vita
L’allestimento della mostra è tale da rivelare a poco a poco le espressioni del Futurismo della collezione Marinetti e dalla altre collezioni che hanno prestato le loro opere. Dopo i quadri nelle prime due stanze e nelle vetrine ci sono i disegni e i documenti soprattutto nell’ultima stanza.
Cominciamo da questi per entrare gradualmente nella temperie artistica del Futurismo che rivoluzionò un’epoca giustamente celebrata dopo una lunga fase in cui, se non di rimozione per un distorto ostracismo dovuto a malintesi di marca politica, si è trattato di sottovalutazione; come per D’Annunzio, che è stato al fine “sdoganato” dopo un lungo oblio. Le celebrazioni del centenario nel 2011 con mostre e manifestazioni a tutto campo hanno rappresentato un risarcimento dovuto, dopo il periodo di oscuramento, a un movimento squisitamente italiano, dove i fermenti e le avanguardie soprattutto nella pittura erano state di marca straniera, a parte la metafisica di De Chirico.
Qualche accenno alla figura di Marinetti va premesso, preparandoci ad entrare nella sua Collezione privata, quindi nelle sue scelte, espressione di un personalità eccentrica e di un animo volitivo. Il manifesto del Futurismo da lui promosso, lanciava un programma rivoluzionario che chiudeva con il passato, o meglio con ciò che era passatista, per aprirsi al futuro, mediante la velocità e il dinamismo, la distruzione creatrice e l’innovazione radicale. L’inizio fu la fondazione da parte sua, che ne era anche il finanziatore, nel 1905, della rivista “Poesia”, che fece conoscere autori simbolisti francesi e belgi, e nel 1911 divenne l’organo ufficiale del movimento poetico futurista.
C’era stato il Manifesto del Futurismo pubblicato a Parigi su “le Figaro” il 20 febbraio 1909: poi una valanga, con i Manifesti della pittura e del cinema, della letteratura e dell’architettura, della musica e del teatro. Il Futurismo permeò anche gli altri aspetti, come la cucina e lo stile di vita, la moda e la pubblicità, c’erano le Serate Futuriste, in cui si metteva in pratica il nuovo verbo in esibizioni che si trasformavano in happening con il pubblico scatenato.
A queste serate con Marinetti partecipavano, oltre al poeta Palazzeschi, i pittori Boccioni, Carrà e Russolo, di quest’ultimo vedremo anche delle opere in mostra. L’equazione tra arte e vita portava a mettere in pratica i dettami del Futurismo non solo nelle espressioni artistiche ma anche nelle azioni pratiche, con totale sprezzo del pericolo. Così Marinetti accorre in Libia nella guerra italo-turca come corrispondente di guerra, siamo nel 1911, due anni dopo il Manifesto. Segue il proclama delle “Parole in libertà”, la distruzione di sintassi e punteggiatura che portò Palazzeschi a lasciare il movimento insieme a Govoni. Ma arriva il sostegno della rivista Lacerba di Papini e Soffici.
Luigi Russolo, “Ritratto di fanciulla”, 1921
Il primo conflitto mondiale non poteva non vedere interventista e volontario chi aveva definito la guerra “la sola igiene del mondo”: ferito, torna al fronte, a Caporetto e poi a Vittorio Veneto tocca l’abisso della disfatta e la vetta del trionfo, ci sono delle descrizioni intense dei compagni in prima linea con lui; entra anche nell’avventura fiumana con D’Annunzio contro la “vittoria mutilata”.
Trasforma, nel 1919, il movimento futurista in partito politico; è tra i “sansepolcristi” che fondarono il fascismo nel quale confluì il partito futurista; ma già nel 1920 se ne distacca, reagendo a quella che riteneva una svolta reazionaria e sostenendo la necessità di “svaticanare l’Italia” e abolire la monarchia. Si rifugia nella letteratura, e pensa all’evoluzione multisensoriale del Futurismo nel Tattilismo con la sua compagna Benedetta Cappa di cui troveremo testimonianze in mostra.
Il fascismo va al potere e lo chiama, lancia il Manifesto degli intellettuali fascisti, diventa ambasciatore in Sudamerica e Spagna, nel 1929 entra nella nuova prestigiosa Accademia d’Italia. Trasforma il futurismo in una scuola poetica di cui è il massimo esponente , presenta nel 1930 il Manifesto della fotografia futurista.
L’equazione arte-vita, come coerenza di comportamenti rispetto alle enunciazioni artistiche, è l’imperativo assoluto: la visione della guerra considerata “la sola igiene del mondo” lo porta come volontario nella spedizione in Etiopia del 1936 e nella disastrosa spedizione in Russia con l’Armir, a ben 66 anni. Sopravvive, anche se malato; la passione politica non è venuta meno, aderisce alla RSI che mette in atto i suoi ideali repubblicani; nel 1938 aveva criticato il regime sulla rivista futurista Artecrazia” con articoli avversi alle leggi razziali e all’antisemitismo. Muore nel 1944.
I disegni conservati nella collezione di Marinetti
Sono soltanto accenni, scampoli colti in un’esistenza movimentata e complessa, il libro di Giordano Bruno Guerri sulla sua vita ne dà un quadro affascinante; pensiamo a questo nello scorrere i preziosi disegni e documenti esposti nelle pareti in gruppi omogenei di otto in bell’evidenza.
Intanto ci fanno conoscere più da vicino il personaggio Marinetti del quale visitiamo la Collezione. Ci sono due fotografie che lo ritraggono con una persona e con un quadro futurista. In una foto è in piedi, in abito nero con papillon, con a lato il quadro della Zàtkovà. “Sole Marinetti“, nell’altra e seduto nel suo studio con alle spalle il grande quadro di Dottori, “La famiglia Marinetti”, il “clou” della mostra, a lato il bozzetto in gesso di Antonio Carminati. alto 50 cm, che lo raffigura giovane ed elegante con soprabito e cappello, mani in tasca quasi per sfida, è datato tra il 1904 e il 1908, l’anno prima del Manifesto futurista. Non fu mai fuso in bronzo, l’amministrazione capitolina intenderebbe realizzare la statua per collocarla nei giardini di Castel Sant’Angelo dinanzi a Piazza Adriana dove abitava. E’ straordinario che sia il bozzetto che i due quadri siano esposti in mostra-
Vediamo poi 4 schizzi a matita che lo raffigurano, 3 nel volto, uno nella figura intera, con firme e sigle di autori sconosciuti, due sono posteriori al 1920. E’ invece conosciuto l’autore di uno schizzo che lo ritrae, sempre a matita, e ne coglie lo spirito arguto: si tratta di Leo Longanesi, è del 1922 allorché iniziò a collaborare con la rivista su cui scriveva anche Marinetti. Un altro schizzo a inchiostro colorato, di Francesco Cangiullo, è intitolato “Marinetti ferito”, ritratto “parolibero”, su “Italia Futurista” del 1917, il viso è creato con una ardita composizione di lettere e numeri.
Di particolare interesse l’acquarello di Nikolaj Ivanovic Kulbin che ne evoca il viso con un contorno squadrato, dal titolo “F. T. Marinetti. Etude d’interference”, lo ritrae al volo mentre sta declamando; Kulbin lo aveva invitato nel 1914 in Russia, dove soggiornò nel cabaret artistico “Cane randagio”, ritrovo dell’avanguardia russa da lui fondato. C’è anche un “Autoritratto a matita”, di Kulbin, sul cui retro è applicato nientemeno che il disegno a china di Giacomo Balla, “Sfera della morte . Costellazioni del genio”: un cerchio in cui sono delineate configurazioni celesti che ricordano i cristalli di neve, l’universo sembra aprirsi all’ “infinito” con una profonda frattura.
Giacomo Balla, “Compenetrazione (Ritratto di Benedetta)”, 1951
L'”Autoritratto di Kulbin” inizia la serie dei ritratti degli amici. Tra questi la foto di Palazzeschi con dedica e due schizzi del contorno del viso, autore Ardengo Soffici, del 1914, l’anno dopo l’uscita della rivista “Lacerba”, incollati su una pagina dell’ “Avanti” del 2011. E la foto di Paolo Buzzi a lui dedicata, più un ritratto a china del poeta con dense macchie di inchiostro.
Non è un semplice disegno, ma un viso trasfigurato dall’espressionismo deformante, il “Ritratto di Giosuè Carducci” di Romolo Romani, pubblicato sul recto della copertina di “Poesia” nel numero del 2007 celebrativo della morte del poeta, considerato da Marinetti tra i numi tutelari del Risorgimento italiano.
La galleria grafica comprende anche le “linee simpatiche di un viso”, con larghe pennellate a inchiostro nero, di Gino Galli, 1919, un artista che collaborava con “Italia Futurista” e “Roma Futurista”; ritroviamo Cangiullo, una veduta a china del Golfo di Napoli è dell’artista napoletanoche aderì al Futurismo e collaborò a varie testate tra cui “Lacerba”; reca la cosiddetta “firma panoramica” e una scritta di saluto nella parte superiore.
Di un altro collaboratore di “Italia Futurista” è il disegno a matita “Movimento e rumore di una stazione ferroviaria”: Achille Lega, che nella Grande Esposizione Nazionale Futurista del 1919 a Milano espose opere sui tram nelle strade e sugli aeroplani. I temi del futurismo sono visibili anche nei 2 disegni in stile cubista di Ugo Giannattasio, “Baracche- tende- fumo” e “Volumi in velocità”, intorno al 1920, quando l’artista pubblicò il disegno “Autovelocità + strada”.
I 4 disegni esposti di Lucio Venna segnano una storia personale e artistica: itre a inchiostro su carta ocra, prima del 1920, “Piani di una testa”, “Barche” e “Ricerche di movimento”, hanno le forme scomposte in modo geometrico; mentre nell’acquerello “Figure”, dopo il 1920, si manifesta l’abbandono del futurismo e un “nuovo ritorno all’ordine”, è una composizione austera con forme rigide e severe. Anche su carta ocra i 3 disegni a matita di Giorgio Forlai, due con la scritta “Il discobolo” e “L’ufficiale e la cocotte”, il terzo “Senza Titolo”, i temi e lo stile sono futuristi. Come “Figura che corre”, una suggestiva immagine di dinamismo in inchiostro e acquerello; e “Bozzetto per Teatro circolare“, una delle visioni di architettura futurista di Virgilio Marchi.
I bozzetti di 3 copertine completano la galleria grafica: il primo è di Enrico Sacchetti per il poema in prosa “L’esilio” di Paolo Buzzi, che abbiamo già incontrato; gli altri due sono destinati alla raccolta di poesie “Le ranocchie turchine” di Enrico Cavacchioli, per le edizioni futuriste di “Poesia”, la rivista di Marinetti di cui abbiamo parlato nei brevi tratti sulla sua vita.
E’ esposto qualche lavoro di Marinetti? Viene spontaneo chiederlo, e la risposta non si fa attendere. Ecco il riquadro alla parete con alcune sue grafiche molto significative che ne fanno sentire la presenza: il “Bombardamento aereo”, 1015-16, con le “parole in libertà”, o meglio le lettere che diventano bombe e aerei, così in “Donna con cane”, e “Difesa montana”, linee e file di parole su più livelli; mentre “Numeri” e “Parole libere” sono semplici annotazioni di cifre e linee, fino alle note musicali, che diventano arte e storia come primarie espressioni futuriste. Mentre il disegno a matita “Dimostrazione interventista”, in parole libere e le scritte “Viva Marinetti” e il cubitale “Marinetti” è firmato “Acciaio”, un suo pseudonimo, ma sembra solo come omaggio a lui.
Una sua lettera autografa in francese, con la richiesta di recensire un numero di “Poesia” sulla rivista parigina “Revue des Revues du Mercure” del 1905, completa l’immersione in un’epoca inimitabile, i cui impulsi creativi sono espressi nel Manifesti del Futurismo, esposti in originale.
Benedetta, “Luci + rumori di treno notturno”, 1924
I quadri di pittori futuristi
C’è una vera e propria escalation nei quadri esposti, nei temi e negli autori. Iniziamo con i supporti inconsueti. Le tarsie in panno di “Figura maschile” e “Figura femminile”, originali e spiritose, ne è autore un grande del Futurismo, Fortunato Depero; poi l’impressione su carta da matrice di argilla di Arturo Martini con le forme fluttuanti nello spazio monocromatiche di “Sogno”, 1914, e la tecnica mista su carta di Mario Mirko Vucetich, una fitta composizione dal cromatismo acceso di “Macchinisti in velocità”, 1919.
Ed ecco finalmente gli olii su tela o tavola, i dipinti che rappresentano il “clou” della mostra dal punto di vista spettacolare, anche se grande valore hanno i disegni e l’altro materiale fin qui illustrato per il loro valore documentario legato alla figura di Marinetti. Li ricolleghiamo idealmente a quelli esposti nella grande mostra da noi vista a Roma al Palazzo Esposizioni, nel centenario del Manifesto, relativa soprattutto alla prima fase del Futurismo; e all’altra, piccola ma significativa esposizione, sull’aerofuturismo, visitata nello stesso anno a Giulianova, sul litorale abruzzese.
In stile cubista ma aderente al soggetto in un acceso cromatismo, è “Strade di paese di sera”, 1917, di Antonio Marasco, collaboratore di “Lacerba” e compagno di Marinetti in Russia e in Germania. Mentre “Golfo della Spezia”, 1933, di Renato Di Bosso, fondatore del Gruppo Futurista a Verona, è una composizione quasi onirica su più piani,tra il celeste e il verde, con le qualità attribuitegli da Marinetti: “Eccelle nell’organizzare simultaneità di concreto-astratto, veduto-sognato, lontano-vicino, con un’affascinante varietà di trasparenze, compenetrazioni evanescenti e quarti di profilo”.
I temi futuristi irrompono in “II Squadra Atlantica SV Chicago”, 1933, di Alfredo G. Ambrosi, sulla trasvolata organizzata da Italo Balbo nello stesso anno: i grattacieli visti dall’alto divaricati con gli aerei in dissolvenza sono una visione veramente emozionante; come lo è quella, sempre dall’alto, in “Gran volta rovesciata (Giro della morte”, 1938, di Tullio Crali, anche qui la prospettiva è deformata dalla visione aerea, edifici e tetti sembrano risucchiati dalla velocità. E’ esposto anche il piccolo dipinto “Forze nell’infinito”, 1932, dello stesso autore, dedicato a Marinetti, chiamato “genio-faro dell’arte moderna”, il quale rispose con la foto dedicata al suo “impegno futurista”; è una composizione geometrica di forme che convergono in una freccia piegata nella punta, ad esprimere visivamente le forze contrapposte tra velocità del mezzo e resistenza dell’aria.
La velocità è una manifestazione del movimento, e questo abbinato alla forza trova un suo simbolo futurista nel cavallo, al quale si ispira il quadro “Trotto galoppo”,1916, di Gino Galli: un insieme di linee e forme arrotondate e avvolgenti, meno riconoscibile del “Dinamismo meccanico-animale” che l’autore dipinse nello stesso anno. Sempre di Galli vediamo “La danza della mitragliatrice”, post 1917, 5 disegni a matita con striature rosse e celesti, una sequenza con l’eroe alla conquista della donna-mitragliatrice che lo abbatte in una danza di immagini delicate nonostante il soggetto.
Di Luigi Russolo l’intenso “Ritratto di fanciulla”, 1921, dopo l’esperienza futurista conclusa nel 1913, in uno stile sobrio ed essenziale, dai contorni netti e cromatismo brillante con ombre e chiaroscuri. Esposte anche le minuscole acqueforti “Donna con cappello” e “Fanciulla”, 1906, a quest’ultimo, che raffigura la sorella Tina, il dipinto ora citato, successivo di 15anni, si ispira chiaramente. Mentre l’incisione “Trionfo della morte (I vinti)“, 1908-09, è un’opera simbolista, con dei raggi che piovono su due figure a terra, in un’atmosfera spiritualista ma da inferno dantesco.
Mino Delle Site, “Futurismo Fascismo”, 1935
Entriamo nella cerchia intima di Marinetti con il dipinto di Giacomo Balla, “Compenetrazione (Ritratto di Benedetta)”, 1951. Raffigura Benedetta Cappa Marinetti, che era stata sua allieva, giovane ed elegante quasi sovrapposta al paesaggio e al cielo con nuvole in dissolvenza, veramente suggestiva. Mentre di Benedetta, che usava il solo nome, abbiamo l’ olio e collage su tela “Luci + rumori di treno notturno”, 1924, con l’uso di vari materiali in un’immagine quasi onomatopeica. Cinque anni dopo, nel 1929, lei promuoverà, con altri artisti, il Manifesto Futurista sull’Aeropittura.
Il più grande dei dipinti esposti, circa m 1,80 per 1,40, è di Gerardo Dottori e raffigura “La famiglia Marinetti”, 1932: è l’unico ritratto con la moglie Benedetta Cappa, e le figlie Vittoria, Ala e Luce, quest’ultima la terzogenita neonata aggiunta alla precedente versione del 1930 con altre modifiche nel paesaggio e nelle immagini di progresso sullo sfondo. Sono suggestivi i tre piani con altrettanti livelli cromatici, dalla “placenta” celeste di Luce alla luminosità di Vittoria e Ala in piedi, alla posa statuaria dei genitori Filippo Tommaso e Benedetta che dominano nella penombra.
Dopo essere penetrati addirittura all’interno della sua famiglia nel momento più intimo, la nascita della terzogenita, torniamo alla sua dimensione esterna, veramente globale. Il dipinto “Futurismo Fascismo”, 1935, di Mino Delle Site, iscrive nella sagoma del suo volto due figure imponenti, forse espressive dei due movimenti, su uno sfondo avveniristico di navi, edifici e aerei in volo, tra modulazioni di azzurro. Mentre “Sole Marinetti”, 1920, di Rougena Zàtkovà, ne celebra l’apoteosi associandone l’immagine a quella solare, simbolo di vita ed energia: il rosso e il giallo dominano nel grande viso che sprigiona vitalità tra squarci dell’azzurro del cielo dal quale si irraggia.
Ci sembra l’immagine migliore per concludere il nostro viaggio attraverso la mostra “Marinetti chez Marinetti”, che ci ha fatto attraversare il mondo del grande personaggio con quanto aveva raccolto e conservato nella sua dimensione privata. E ci ha riportato a una dimensione pubblica di tale ampiezza da ricomprendere le immagini del progresso, poi addirittura la visione solare che esprime il calore e la forza, la vitalità e la costanza della sua azione creatrice nell’arte e nella vita.
Info
Galleria Russo, Via Alibert 20, Roma, pressi Piazza di Spagna. Lunedì ore 16,30-19,30, da martedì a sabato ore 10,00-19,30, domenica chiuso. Ingresso gratuito. Tel. 06.6789949, tel e fax 06.69920692, info@galleriarusso.com; http://www.galleriarusso.com/. Catalogo: Maurizio Calvesi, “Marinetti chez Marinetti”, Palombi Editore, Roma, gennaio 2013, pp.120, formato 22 x 22. Per le mostre sul Futurismo citate si rinvia ai nostri servizi su “cultura.abruzzoworld.com”: “La mostra del futurismo a Roma”, 30 aprile 2009, e “A Giulianova un ferragosto futurista”, 1° settembre 2009.
Foto
Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante alla Galleria Russo all’inaugurazione della mostra, si ringrazia l’organizzazione con i titolari dei diritti per l’opportunità offerta. In apertura, Gerardo Dottori, “La famiglia Marinetti”; 1930-32, seguono Luigi Russolo, “Ritratto di fanciulla”, 1921,e Giacomo Balla, “Compenetrazione (Ritratto di Benedetta)”, 1951,poi Benedetta, “Luci + rumori di treno notturno”, 1924, e Mino Delle Site, “Futurismo Fascismo”, 1935;in chiusura Rougena Zàatkovà. “Sole Marinetti“, 1920.
Rougena Zàatkovà. “Sole Marinetti“, 1920