Cinema, 3. Ciriello e i bozzetti di altri artisti, a Montecosaro

di Romano Maria Levante

Si è chiuso il 17 novembre a Roma il “Festival internazionale del film” con il Marc’Aurelio d’oro  a  “Marfa Girl” di Larry Clark, il premio alla regia a Paolo Franchi e alla migliore attrice a Isabella Ferrari, entrambi  per il film “E la chiamano estate”. Al posto della cronaca del finale di un Festival  dimesso, mentre cala il sipario sulla festa del cinema ci piace concludere in bellezza la nostra carrellata sui bozzetti originali creati dai pittori cartellonisti per i manifesti cinematografici,  oltre 100 opere esposte nella mostra permanente di Montecosaro, Macerata, “Cinema a Pennello”.

Averardo Renato Ciriello con Johnn Wayne in “Sentieri selvaggi”,  regia John Ford, 1956

Il realizzatore, Paolo Marinozzi,  accanito collezionista,  li ha raccolti nel palazzo patrizio di famiglia e li ha riprodotti e descritti nel bel Catalogo edito dal suo “Centro del Collezionismo”. Ne abbiamo parlato nel primo articolo, ricordandone la genesi, mentre nel secondo articolo abbiamo  descritto la prima parte della galleria espositiva; ora concludiamo il racconto della visita con altri artisti e il decano Averardo Renato Ciriello.

Manfredo e Crovato, Biffignandi e Nano, Casaro e Gasparri

Facciamo la conoscenza dei bozzetti di Manfredo Acerbo:  nero è l’inatteso sfondo di “Sette uomini d’oro” e “Costa azzurra” dato il diverso cromatismo dei titoli, nero il tratto marcato de contorni del corpo femminile in”Sette volte donna”, nero lo sfondo di “L’amante sconosciuto”. E’ blu invece lo sfondo che fa risaltare il viso dorato di Laurence Olivier in “Amleto”, mentre la grafica dello sky line a tratti stilizzati in marrone scuro rende più luminosi i due volti in primo piano anche perché hanno “Il sole negli occhi”.

E’ stato  premiato nel 1954 come miglior pittore cinematografico dell’anno con Campeggi, attivo anche nella ritrattistica e nelle opere sacre in cui si firma con il solo nome “Acerbo”.  Marinozzi  usa questi termini: “Il cinema ha in lui  il pittore capace di innalzare ad arte il messaggio di un’immagine fugace”.  Che in fondo è la migliore definizione che si possa dare ai cartellonisti cinematografici.

Luciano Crovato  ha lavorato nello studio Casaro e ha collaborato con Rodolfo Gasparri, curando in modo particolare la grafica, il colore e la composizione, elementi fondamentali del cartellone cinematografico come della pittura. “Nel costruire le immagini – citiamo ancora Marinozzi  – privilegia sempre la supremazia dell’elemento narrativo, tracciato attraverso quello che i formalisti russi definirebbero ‘i motivi’ del racconto”.

Andiamo a verificare questa definizione  con i bozzetti esposti, come “Rullo di tamburi” e “L’ultimo gladiatore”, spicca la figura del protagonista che brandisce la pistola e il gladio, mentre in “Moby Dick”  è molto espressivo Gregory Peck con in mano l’arpione su un mare tempestoso.  Molto diversi i ritratti ammiccanti di Totò in “I soliti ignoti”, e di  “Miranda”  incorniciata da un grande cuore, come quelli di “Il maresciallo Rocca” e “Linda e il brigadiere”, con Nino Manfredi, Gigi Proietti e Stefania Sandrelli.

Scene affollate disegna  Alessandro Biffignandi in “Guerra e pace” e “Scandali a Hollywood”; poi le figure e i volti pensosi dei protagonisti in “La diga sul Pacifico”, che spiccano sugli sfondi scuri.

Entrato a 17 anni nello studio Ciriello, all’inizio i suoi disegni sono completati dal maestro, poi passa allo Studio Favalli.  Illustratore di libri e riviste, è attivo anche sul mercato americano.

Tutt’altro che “nano” appare Silvano Campeggi, nonostante  usasse tale attributo scherzoso come propria sigla. E’ stato allievo addirittura di Ottone Rosai, fu introdotto nel cinema da Luigi Martinati; ha innovato nella cartellonistica con il suo tratto essenziale e originale.

Troviamo  audaci intuizioni  in “Non mangiate le margherite”, tre fiori giganti coprono  il corpo nudo di Doris Day su uno squillante sfondo verde; uno sfondo anch’esso uniforme ma celeste è in “Uno straniero a Cambridge ” con una spilla altrettanto gigante. Originalissima  “La pantera rosa” con la testa di Claudia Cardinale inserita nel corpo, peraltro grazioso e delicato, dell’animale.  L’attrice è vista nella sua leggiadria in “La ragazza con la valigia”,  un’immagine deliziosa, mentre in “Un fidanzata per papà”  le attrici diventano carte da gioco. Tradizionali ma pur sempre con tratti originali “Una donna di paglia” e “La ragazza del quartiere”, dovei le due coppie con Sean Connery nel primo e Robert Mitchum  nel secondo sono riprese in modo non convenzionale.

Alfredo Capitani è passato dalla scenografia teatrale iniziale alla grafica di manifesti per manifestazioni di varia natura nel ventennio fino al cartellonismo cinematografico, espresso anche in striscioni e insegne per le sale a Roma. Poi l’incontro decisivo con Ballester  e Martinati con i quali fondò un’agenzia di pubblicità cinematografica intitolata alle loro iniziali B.C.M.

Non segue lo stile preciso nei dettagli di Ballester, punta sull’immediatezza e sul colore per la “chiamata” dell’osservatore come una “revolverata”, per usare le sue parole riportate da Marinozzi; alcuni bozzetti sono dipinti con Martinati e firmati “Maralca”. L’attenzione viene richiamata su Rita Hayworth  in “Gilda” e in “Gli amori di Carmen”, sempre con lo stesso partner, Glenn Ford.

Pure Renato Casaro agli inizi si impegna in cartelloni per un cinema cittadino, poi la Lux lo chiama a Roma dove si forma nello Studio Favalli come illustratore firmando Renè.  Studia lo stile dei maggiori del settore italiani e stranieri non per conformarsi ma per innovare rispetto al livello raggiunto, fino ad assumere una posizione di spicco nel cartellonismo cinematografico.

La sua modernità spicca nelle originali interpretazioni di “Gli anni ruggenti”, con il berretto marziale che lievita in alto e “La cosa buffa”, con le tessere del puzzle a comporre il nudo di donna; nonché nella cupola portata via dal deltaplano in “Manolesta” e nella grande testa sospesa sulla folla di “Un pomeriggio di un giorno da cani”. Ma sa essere anche  fumettistico nei film mitologici  e comico in quelli di Franchi e Ingrassia. Raggiunge il culmine nei ritratti, come quello straordinario di Claudia  Cardinale su fondo verde nel bozzetto di “Nell’anno del Signore”.

Anche Rodolfo Gasparri ci dà un ritratto di alto livello dell’attrice, tinta pastello su fondo bianco, per “C’era una volta il West”; tinte e  sfondi chiari ai ritratti dei visi  in “I quattro dell’Ave Maria” e, in diverso contesto, “La matriarca”. Altri ritratti di notevole efficacia quelli di Giancarlo Giannini in “Mimì metallurgico ferito nell’onore”, in due diversi atteggiamenti esilaranti, e di Gian Maria Volontè,  dall’espressione decisa in “Sbatti il mostro in prima pagina”, la sua  testa sembra uscire dalla pagina  con le sagome scure dei carabinieri nella fotografia della scena del delitto. 

Una vocazione ferma la sua, tanto che venne a Roma con la decisione di  dipingere per il cinema. Suoi anche i bozzetti per i film del figlio Marco attore nella serie “Mark il poliziotto”. La maggior parte di quelli esposti  è a tinte forti  e  fondi scuri come in “Nevada Smith” e “Il dito nella piaga”, “Gott mit uns, Dio è con noi” e “Né onore né gloria”.

Sta per concludersi questa carrellata, siamo a Giorgio Olivetti che precede il clou della nostra rassegna, Averardo Renato Ciriello con cui divise nel 1956 il premio di miglior pittore cinematografico dell’anno. E’ stato illustratore di libri per l’infanzia e del “Calendario di Frate Indovino”.  L’opera più rinomata è il manifesto per “la Dolce vita”, nei cataloghi delle case d’asta.

Sfondo nero in “Una pistola per Ringo” e “Cyrano di Bergerac”, arancio dorato in “I cavalieri del Nord ovest”, verde in “La notte senza legge”. In “Gengis Khan, il conquistatore”, ritroviamo il titolo a  caratteri monumentali visto in “Bn Hur”, con il cuneo umano della cavalcata mongola.

 Manfredo Acerbo con Laurence Olivier in “Amleto”, regia Laurence Olivier, 1948  

Il decano dei pittori cinematografici: Averardo Renato Ciriello

La carrellata dei bozzetti in mostra è particolarmente vasta, meriterebbe una trattazione  ben più ampia, ma siamo giunti al termine della visita, abbiamo detto al “clou”:  Marinozzi ci guida alla sala riservata ad Averardo Renato Ciriello, nelle pareti un caleidoscopio di immagini  coinvolgenti.

Abbiamo lasciato Ciriello per ultimocome si fa per l’ingresso in scena del protagonista, lo è stato nella stagione di creatore di migliaia di bozzetti per il cinema preceduta e accompagnata dall’attività di illustratore eclettico di riviste e libri. Grande esperto di disegno e di tempera, nelle sue opere molto curate c’è la padronanza della tecnica unita all’estro e alla passione del pittore autentico.

Ha creato un modello di eccitante bellezza femminile nelle copertine della “Signorina Sette”, proseguendo questo filone in “Menelik” con gli audaci nudi di attrici; tra i libri da lui illustrati  per ragazzi “L’isola del tesoro”, “Il principe  e il povero” e “Ben Hur”. Ha avuto, tra gli altri premi, la “Tavolozza d’argento” per il manifesto di “Sansone e Dalila e il premio  nel 1956 del migliore cartellonista dell’anno con Giorgio Olivetti. E’ pittore di tele ad olio dall’elevata caratura figurativa, attività divenuta esclusiva allorché è terminata  quella di illustratore e cartellonista cinematografico per l’ingresso delle nuove tecnologie nei settori prima per lui prevalenti.

Marinozzi ne parla con affetto ed ammirazione, e scrive: “E’ ritenuto un vero e proprio mito vivente sia dai colleghi pittori che dai numerosi estimatori. Attualmente risiede e dipinge a Roma”.

Nella sala a lui dedicata sono esposte opere dai criteri compositivi e pittorici diversi. Il primo particolare che notiamo è  l’ingegno nel concepire le teste dei due protagonisti che si innestano nei due corni d’Africa in “Ci rivedremo all’inferno”  e nel raffigurare la corsa del cavallo sul pelo dell’acqua in “Assassinio sul Tevere”, nonché la grande pistola sulla testa come un copricapo in “Il giustiziere della notte” e il rosso violento sulle braccia di Lancaster e Curtis  mentre volteggiano in “Trapezio”, per esprimere visivamente la tempesta di passione che li fa avvampare.

Ma i bozzetti che ci hanno colpito di più sotto il profilo artistico sono quelli con la turba di indiani dietro il protagonista, uno è un gigantesco John Wayne  nel pieno della battaglia di “Sentieri selvaggi”, l’altro  “Il conquistatore” di Dick Powell. Ebbene, si ha una incredibile sensazione di movimento, le nuvole di polvere sembrano materializzarsi e così gli indiani a cavallo le cui figure si ricompongono da lontano per la maestria con cui sono solo sbozzate in modo da rendere il loro effetto pittorico solo alla distanza in cui avviene la visione.  

Il motivo della scena di massa in secondo piano dietro i protagonisti lo ritroviamo anche in ambienti storico-mitologici, da “Il gladiatore di Roma” e “Ercole contro Moloch” a “Sodoma e Gomorra” e nelle immagini di guerra come “Quella sporca dozzina” e “Marines: sangue  e gloria”.

Da queste composizioni su un doppio livello alle sintesi con i soli protagonisti: dall’arguzia maliziosa di “Irma la dolce”  alla forza icastica da tre dimensioni di “Sfida a White Buffalo”. Sono tante le immagini che sfilano dinanzi ai nostri occhi, con fissati i momenti più drammatici o esilaranti: dal corpo appeso nudo sopra le fiamme di “Un uomo chiamato cavallo” al viso verde terrorizzato di “La coda dello scorpione” fino al cappio sulla testa in “Viva la muerte…tua”; e poi l’espressione comica del protagonista che contrasta con le minacce intorno a lui in “L’arbitro” con i tifosi scatenati e “Lo chiamavano tressette… giocava sempre col morto”, con le pistole spianate.

Il fatto che a immagini di vicende appassionanti di ogni genere si affianchino le procaci “pin up” delle sue copertine mostra in tutta  evidenza  l’ampiezza del suo raggio stilistico e di contenuti. Che lo qualifica tra i più grandi e poliedrici, in grado di nobilitare con l’arte i soggetti rappresentati. 

Anche per questo, e non solo per essere il decano dei pittori cinematografici, ci siamo soffermati in modo particolare sulle sue opere e siamo andati a trovarlo nella sua casa romana con Graziano Marraffa, fondatore e presidente dell’Archivio storico del cinema italiano, in un incontro da ricordare.  Ci attendiamo ulteriori celebrazioni della sua opera che resta nell’arte e nel costume.

Silvano Campeggi (Nano) con Doris Day in “Non sfogliate le margherite”, regia Charles Walters, 1960

Dai bozzetti il film della memoria personale e collettiva

Termina così la nostra carrellata. Abbiamo descritto l’opera di alcuni dei maggiori artisti in mostra, per lo più citati nel racconto di Marinozzi o autori dei bozzetti riprodotti in questo e nei due precedenti articoli come esempi della forza trasmessa ai manifesti cinematografici nei quali l’aggiunta di titoli e nomi in caratteri vistosi  poteva oscurare il livello pittorico, più evidente nei bozzetti originali, veri quadri d’autore.  Dal parziale e rapido excursus  derivato dalla nostra visita alla mostra si può avere un’idea di ciò che i visitatori vi possono trovare su scala molto più vasta.  

Il film a cui si assiste passando in rassegna i bozzetti pittorici in originale è quello della memoria personale, quindi di noi stessi, delle nostre emozioni e dei nostri sentimenti.

Ma questo film ci parla anche di una storia collettiva, dove vanno collocate le singole vicende. E’ la storia del nostro costume  nazionale e di quello di altri grandi paesi. Si rivivono le stagioni  cupe del banditismo e quelle tristi dell’emigrazione, i drammi di ogni tipo, poi i tanti momenti lieti come quelli immortalati dalla commedia all’italiana come specchio di caratteri e di vita vissuta.

L’epopea del  Far West alimenta una parte consistente della storia americana, e troviamo tanti altri stimoli drammatici e comici, poetici e leggeri: incontri e scontri di sentimenti, amore e morte, epica e farsa, gioia e dolore. La vita dipanata in tanti quadri d’autore.

Sono vicende riassunte nelle parole di Paolo Marinozzi “Lotte, intrighi, duelli, ritmi, gelosie, tormenti”. E allora possiamo  dire che il più grande spettacolo del mondo è proprio qui.

Lo ricordiamo alla chiusura del “Festival internazionale del film”, che forse potrebbe ritrovare maggiore “appeal”  richiamandosi di più alle sue radici. Di queste fanno parte i bozzetti cinematografici di artisti troppo spesso sottovalutati e dimenticati che hanno concorso alla storia del cinema e del costume nazionale, saldamente ancorata alla memoria e alla sensibilità popolare. Che è la grande assente in un cinema relegato dalle grandi praterie del passato alla riserva indiana odierna.

Info

Montecosaro (Macerata), Palazzo Marinozzi a Porta San Lorenzo, visite guidate su Appuntamento. Infoline 0733.229164. museo@ cinemaapennello.it; www. cinemaapennello.it.  Catalogo “Cinema a Pennello. Un bozzetto di storia”, di Paolo Marinozzi, edito dal “Centro del Collezionismo”, Montecosaro, giugno 2011,  formato 24×28 cm, pp. 304 su carta patinata a colori.; dal Catalogo sono tratte le citazioni del testo. I due primi articoli sulla mostra sono usciti in questo sito  il 15 e 17 novembre 2012: sono illustrati con le immagini dei bozzetti, il primo con quelli di Casaro e  Ballester, Brini e Iaia dei film “Nell’anno del Signore” e “Fronte del porto”,  “Bellissima” e “I dieci Comandamenti”, protagonisti rispettivamente Claudia Cardinale e Marlon Brando, Anna Magnani e Charlton Heston; il secondo con i bozzetti di Cesselon e Putzu, Maro e Simeoni dei film  “La donna più bella del mondo” e “La vita agra”“La prima notte di quiete” e “Accattone”, protagonisti Gina Lollobrigida e Ugo Tognazzi, Alain Delon e Franco Citti.

Foto

Le immagini sono tratte dal Catalogo, si ringrazia l’autore Marinozzi con l’Editore e i titolari dei diritti per l’opportunità offerta. In apertura Averardo Renato Ciriello con Johnn Wayne in “Sentieri selvaggi”,  regia John Ford, 1956;  seguono Manfredo Acerbo con Laurence Olivier in “Amleto”, regia Laurence Olivier, 1948 e Silvano Campeggi (Nano) con Doris Day in “Non sfogliate le margherite”, regia Charles Walters, 1960; in chiusura Gian Maria Volonté in “Sbatti il mostro in prima pagina”, regia Marco Bellocchio, 1972.

 Gian Maria Volonté in “Sbatti il mostro in prima pagina”, regia Marco Bellocchio, 1972