Astrattismo, 1. I 60 anni di avanguardia artistica di Editalia, alla Gnam

di Romano Maria Levante

Un’occasione inconsueta quella offerta dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna  insieme a Editalia dal 20 ottobre 2012 al 27 gennaio 2013:  ripercorrere una stagione artistica d’avanguardia proiettata verso l’astrattismo con due chiavi di lettura convergenti, la storia della rivista “QUI Arte contemporanea”,  con la casa editrice  oggi della Zecca-Poligrafico dello Stato  che festeggia i 60 anni protagonista di questo percorso, e 50 opere  di arte astratta che ne esprimono i vari momenti in forma antologica. Questi motivi hanno solide fondamenta nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna che ha accompagnato tali sviluppi con un’attività meritoria di elaborazione critica, sollecitazione e promozione rivelatasi decisiva.

“QUI arte contemporanea”, una rivista di artisti

Come rendere questo iter così fecondo nelle sue multiformi manifestazioni?  La mostra dedica una sala alla rievocazione dei fasti della Rivista e delle edizioni Editalia, con le mostre dalla stessa realizzate. Vediamo delle gigantografie alle pareti  che prendono l’avvio sin dall’inizio, una splendida Gina Lollobrigida a una presentazione  del 1968, poi sfilano i protagonisti come la storica soprintendente della Gnam Palma Bucarelli insieme al grande critico Argan; non mancano i politici, addirittura Fanfani e Berlinguer, sono tempi lontani che rivivono in questa rievocazione.

Le vetrine della sala esibiscono i celebri volumi di artisti editi dalla Casa editrice e numeri della Rivista. Si entra nello spirito di quei tempi con i nomi di Burri e Capogrossi, Afro e Giacometti in grossi volumi loro dedicati. Spiccano i due monumentali libri d’artista donati per la celebrazione del 60°anniversario da Editalia alla Gnam: “Don Chisciotte” e “Ombre” di Mimmo Paladino, con una xilografia dello stesso artista, una litografia di Kounellis e sagome-collages di Carla Accardi.

Si è portati a ripercorrere quei momenti cruciali per l’evoluzione dell’arte italiana lungo direzioni consone ai fermenti  a livello internazionale. C’è anche un video che racconta gli anni della Rivista con le testimonianze di molti protagonisti, artisti e critici. Ascoltando le loro parole si può rievocare quanto hanno fatto la Rivista ed Editalia in generale, insieme con la Gnam onnipresente,  come premessa per meglio comprendere e apprezzare ciò che la mostra pittorica evidenzia concretamente.

Mariastella Minguzzi esalta il lavoro parallelo di Editalia e della Gnam, favorito da autorevoli collaboratori comuni, vengono ricordati Carandente e Argan, Brandi e Calvesi. Vi fu una spontanea divisione dei compiti, opere di artisti valorizzati dalla Rivista venivano esposte nella Galleria Nazionale, quando possibile acquistate se in esse si vedeva la vera arte in forme d’avanguardia che allora incontravano incomprensioni diffuse anche nel mondo artistico. Non parliamo del mondo politico, di cui un’istituzione pubblica come la Gnam doveva tener conto, per i “sacchi” di Burri  vi fu addirittura un’interrogazione parlamentare contro Palma Bucarelli. Viene definito “incredibile” il patrimonio di opere acquisito allora dalla Gnam che racconta molto di quell’epoca e del  valore degli artisti che consentirono al nostro paese di non restare indietro in campo internazionale.

L’amministratore delegato di Editalia, Marco De Guzzis, aggiunge una considerazione significativa sul rapporto della Rivista e della Casa editrice con la Gnam. Gli artisti erano personalmente coinvolti nella Rivista che oltre ad essere aperta ai maggiori critici, era “una rivista di artisti”, in questo c’è un contributo originale alla formazione della storia dell’arte italiana.  Gli ideatori e i primi redattori erano artisti come Capogrossi e Colla, Fontana e Leoncillo, Pasmore e Sadun, ai quali si aggiunsero giovani critici come Carandente e Boatto, Lorenza Trucchi e Marisa Volpi

 Frequentavano la casa dell’editore,  la cui figlia Raffaella Bozzini ricorda commossa le “giornate febbrili che hanno accompagnato le due nascite”, la sua e quella della Rivista.  Ecco alcune note del suo “pentagramma interiore”: “Turcato era il più simpatico, sembrava un po’ brillo, sornione affettuoso”, mentre Afro era un “distinto, affabile signore”. Di Burri “l’accostamento dei sacchi al saio dei frati mi fece comprendere la sacralità dell’arte”,  e le forme”psichedeliche di Carla Accardi erano il mare in cui nuotavo”; e poi “i ‘ferri’ di Colla mi hanno educato alla bellezza anche in ciò che di solito veniva considerato scarto”.  Le note diventano più intime: “Abitavano con noi le lunghe figure aliene di Giacometti”,  mentre “le forchette di Capogrossi erano il telaio dei luoghi in cui abitavamo” ; e ancora di più “il taglio di Fontana rappresentava la strada per l’aldilà”.

Si sviluppò così  per la prima volta l’incontro nella Rivista tra artisti e critici, offerto al pubblico dei lettori con promozioni oltremodo invitanti, come quella che per gli abbonati prevedeva un disegno di Fontana. Poi si unì la galleria omonima creata dall’editore Lidio Bozzini  nella sede di via del Corso e  la collaborazione con la Gnam che fece uscire sulla rivista i contributi di suoi esponenti e studiosi, negli  articoli a firma di Calvesi e Crispolti, Celant e Vergine, Spenser e Verdone.

Funzione  della rivista di Editalia nello sviluppo dell’arte contemporanea

Cerchiamo di capire meglio il ruolo della Rivista, insieme alla Gnam,  nella temperie artistica di quegli anni. Ne parliamo con Paolo Martore, tra i curatori della mostra e gli autori dei testi nel numero speciale celebrativo della rivista. Citiamo il Guggenheim per mettere a fuoco le differenze: certo qui non si avevano le disponibilità per il mecenatismo del museo statunitense,  ma  la Rivista faceva penetrare nel nostro ambiente le linee evolutive dell’arte americana e questo si tradusse in opere d’avanguardia che la sensibilità della soprintendente della Gnam Palma Bucarelliapprezzava per farne esposizioni e se possibile acquisizioni che, come si è detto, erano coraggiose. Ebbe anche donazioni, come quelle di Burri, Colla, Fontana, che sono ricordate con legittimo orgoglio.

Un’operazione portata avanti fu la valorizzazione del Futurismo, patrimonio d’avanguardia italiana oscurato nel dopoguerra per motivi politici, gli stessi che determinarono una pesante  ingerenza ideologica sulle correnti d’avanguardia rigettate nel realismo rispetto alla modernità dell’astrazione. Su questa matrice italiana fu possibile innestare gli sviluppi verso le forme astratte partendo dalle semplificazioni geometriche che riuscivano a segnare il passaggio dal figurativo senza traumi.

Più in generale ciò che veniva alimentata dalla Rivista era la sperimentazione, in uno spirito di ricerca senza intenti di natura promozionale e senza voler costituire cassa di risonanza; lo scopo era spiccatamente culturale, alieno da mercificazioni  mercatistiche di qualunque tipo. Però la caratura degli artisti era tale che si crearono rapidamente un proprio spazio di attenzione e interesse. Leggendo i nomi si resta attoniti nel vedere come sia nata da una rivista una tale fioritura di talenti.

Il  “carattere obiettivamente pubblicitario che acquisisce ogni affermazione”  in un’epoca già investita dai mezzi di comunicazione di massa fu denunciato nel 1966 dall’articolo di presentazione del primo numero della Rivista che metteva in guardia dalle “amplificazioni e deformazioni di un percorso non sempre prevedibile”, nel quale  “la superficialità del circuito produzione-assimilazione  ha di colpo snaturato il colloquio artista-critico e pubblico”.  Intento dichiarato era  ridare autenticità a un  rapporto alterato aprendo “una zona per così  dire ossigenata, ai fatti salienti nuovi o non sufficientemente conosciuti dell’arte di oggi”.  La finalità veniva così precisata: “Il suo scopo è dunque quello di individuare e segnalare consapevolmente le ideazioni originali e d autentiche, nell’ambito di un linguaggio artistico internazionale felicemente definito la tradizione del nuovo”. E si avvertiva che questo sarebbe  avvenuto “senza tentare di apporre a tali ideazioni etichette pubblicitarie di alcun genere”. Autenticità e trasparenza, cultura e non mercato.

C’era “in cauda venenum”, nella conclusione “che l’arte è fatta per pochi e, nei periodi di difficile focalizzazione della forma, come quello odierno, per pochissimi”. Non possiamo nascondere che quest’affermazione ci ha colpito,  anche se la stessa rivista  nel terzo numero dava l’interpretazione autentica nel senso dell’allargamento o almeno della valorizzazione di quei pochi, pochissimi: “Saranno relativamente pochi ad approfittare della possibilità  e a interessarsi dei problemi dell’arte contemporanea, ma è giusto che tale possibilità esista in concreto, non solo in teoria”.

Mentre cercavamo di coglierne la portata  retrospettiva e anche attuale, ci ha soccorso lo scritto di Paolo Martore nel numero speciale celebrativo, dandone una doppia chiave di lettura. La prima fa riferimento alla  “tradizione del nuovo” anch’essa evocata nella Presentazione, nell’accezione di Rosenberg, che partecipò  al dibattito promosso dalla Rivista  nel 1970 su “Critica e libertà”. Il critico americano respinge la distinzione tra massa incolta ed élite acculturata  perché il pubblico dell’arte viene calamitato dall’artista  che gli imprime un “carattere unico” prescindendo dal grado di istruzione. Anzi le novità hanno tale impatto sul pubblico da esporlo alla  manipolazione temuta dalla  Rivista dove sempre nel terzo numero vi è l’avvertimento  che  essendo “eminentemente inventiva, la ‘tradizione del nuovo’  si presenta alla discrezione e all’arbitrio dell’ultimo venuto” .

A questo si collega la seconda chiave di lettura, trovata  nell'”oggetto ansioso”  che secondo lo stesso Rosenberg sarebbe l’opera d’arte il cui significato non è compreso dalla maggioranza e quindi non ha una propria identità ma “la sua natura dipende dal riconoscimento che le viene dalla attuale comunità di esperti”.  Di conseguenza, osserva Martore, la rivista “coglie tutta l’urgenza di prevenire riconoscimenti tendenziosi e si fa carico di aiutare il lettore a discernere ed apprezzare la  categoria concettuale del ‘nuovo’ in arte, quella  dell’inventiva genuina ,  a dispetto della massificazione e mistificazione dilaganti nel panorama contemporaneo”.

Ci siamo soffermati sulla Presentazione iniziale della Rivista per dare un’idea della complessità delle tematiche che affrontava, in un fervore di idee che vide in successione i dibattiti per ridefinire la nozione di artista e arte sperimentale, quella su cui veniva calamitata l’attenzione,  fino ad enunciare “la fine dell’avanguardia”, nel numero 15 del 1975, perché il contesto,  dalle istituzioni al mercato allo stesso pubblico,  era in grado di normalizzare tendenze di rottura, una volta ritenute rivoluzionarie ma destinate ad essere neutralizzate da un  sistema che assorbiva ogni  sovversione.  La fine dell’avanguardia  segnò la fine della rivista nel 1977, “lasciando così l’impressione – commenta Martore – che nel momento in cui  il ‘nuovo’ è effettivamente diventato ‘tradizione’ e si è reso da questa discernibile, ‘QUI arte contemporanea’ abbia esaurito la sua missione”.

L’itinerario della rivista nel decennio 1966-77

Ma quanto lavoro in poco più di dieci anni! I rapporti di Editalia con la Gnam, peraltro, sono ben anteriori alla nascita della Rivista, investono la Casa editrice sorta nel 1962, 4 anni prima di “QUI Arte contemporanea”:  li ripercorre Mariastella Margozzi in una carrellata di eventi e personaggi. Troviamo la presenza di Carandente nei due ambiti,  che si traduce in pubblicazioni e mostre in sintonia fino al suo passaggio alla soprintendenza di Palazzo Venezia nel 1961, in tempo per pubblicare il volume su Giacometti dopo i cataloghi su Mondrian e i Macchaioli, Richter e Pollock,. Kandiskij ei Pittori tedeschi e italiani contemporanei, Melli e Malevic, i Pittori cinesi contemporanei e Modigliani. Tutti negli anni che precedono la Rivista. Con la Rivista entrano in campo Maurizio Calvesi e Nello Ponente, quindi Giulio Carlo Argan e Cesare Brandi. 

Oltre alle circostanze  vengono illustrate quelle che la Margozzi chiama le “tangenze”, intese come “continuità delle mostre e degli argomenti trattati nella Galleria nazionale con quelli in calendario nel programma, non solo editoriale, di ‘QUI arte contemporanea’”.  La convergenza è notevole,  tra le presentazioni o anticipazioni sulla Rivista e le mostre  promosse da Palma Bucarelli, come  quella postuma di Colla la cui vedova regala delle sculture alla Gnam,  di Morandi  e del Cubismo, fino alle mostre di Capogrossi e di Umberto Mastroianni, l’ultima della Bucarelli che va in pensione.

Ed è lei al centro della sfilata di personaggi  rievocati con affetto e riconoscenza dalla Margozzi: sono quelli che abbiamo citato, Bucarelli e Carandente, Calvesi e Argan, Ponente,  Brandi e De Marchis.  Immagini d’epoca accompagnano la rievocazione delle loro iniziative e contributi.

Sta per venire  il momento di visitare le 50 opere dell’arte astratta sviluppata nella temperie culturale animata dalla Rivista  in  sinergia feconda con la Gnam. Ma prima una sorpresa, la Margozzi ci fa da guida in un percorso nell’esposizione permanente iniziando dal salone dove lo scritta “Ma questa è arte?” esprime la prima reazione di stupore dinanzi alle forme d’avanguardia.

Mentre ci si immedesima nella sperimentazione dell’epoca, animata dallo straordinario fervore artistico riflesso e stimolato dalla Rivista, si resta senza fiato dinanzi alle opere spettacolari di Burri, 8 grandi pannelli  su vari supporti, dai sacchi al legno alla plastica del “Grande rosso,” di Fontana, con il “Concetto spaziale” declinato in 10 tele dai celebri buchi  e tagli, alle 3 sculture in ferro di Colla, ai 3 “Achrome” di Manzoni.  Poi si procede verso le sale con le “forchette” di  Capogrossi e le sculture aliene di Giacometti, con la sorpresa della “Superficie lunare” di Turcato alla prima apparizione dopo il restauro della gommapiuma lacerata operato dalla Gnam. . Fino a Balla con  i Futuristi,  e alla metafisica di de Chirico, radici lontane dell’astrattismo italiano.

Racconteremo prossimamente la visita alle 50 opere della mostra temporanea. 

Info

Galleria Nazionale d’Arte Moderna,  Via delle  Belle Arti 131, Roma.  Martedì-domenica ore 10,30-19,30 (la biglietteria chiude alle 18,45), lunedì chiuso.  Ingresso (con visita alle altre mostre e all’esposizione permanente del Museo): intero  euro 12,00, ridotto  euro 9,50 (18-25 anni e docenti  UE), ridotto speciale solo mostre  euro 7,00  (minori di 18 e maggiori di 65 anni) . Gratuito museo: minori di 18 anni e maggiori di 65 anni. Tel. + 39.06.32298221; http://www.gnam.beniculturali.it/. Il secondo e ultimo articolo sulla mostra uscirà in questo sito domani 6 novembre 2012. 

Foto

Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante alla presentazione della mostra alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, che si ringrazia con  l’organizzazione e i titolari dei diritti. Sono inserite 4 opere dell’esposizione permanente, degli artisti tra i più vicini alla Rivista di Editalia: nell’ordine  Burri in apertura, poi Capogrossi  e  Fontana, Colla  in chiusura.