di Romano Maria Levante
Visitiamo la mostra “Leonardo da Vinci. La scienza prima della scienza” , che celebrando i 500 anni dalla sua morte, presenta dal 13 marzo al 30 giugno 2019 oltre 200 opere – tra modelli di macchine, manoscritti e disegni, volumi rari e stampe – inquadrate nella temperie dell’epoca, che vedeva il fiorire di iniziative e invenzioni nell’ingegneria e nella tecnica. La mostra, organizzata dalle Scuderie con il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia ‘Leonardo da Vinci’ e la Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano, è curata da Claudio Giorgione, curatore del Museo citato. Nel periodo della mostra 5 incontri con il curatore e una serie di esperti, e laboratori per i visitatori. Catalogo “Arte,m L’Erma”.
Abbiamo introdotto la figura di Leonardo da Vinci partendo dall’obiettivo che dichiara il curatore di “smontare il mito dell’inventore e profeta del futuro” per contrapporre a questa visione ritenuta superata quella di “riconsiderarne invece la grandezza nello stretto dialogo con il contesto storico, le fonti, i contemporanei, ma anche la sua eredità nella cultura tecnica del Rinascimento”.
In questa prospettiva abbiamo ricostruito la formazione del “mito” di Leonardo nelle sue radici più antiche, addirittura coeve, giungendo alla conclusione che la qualifica di “genio” è più che meritata. Poi abbiamo esplorato i contenuti e significati del disegno come base estremamente originale ed elaborata delle sue creazioni ispirate dall’attenta osservazione della realtà, e infine abbiamo parlato del “Codice Atlantico” dal quale derivano i fogli manoscritti che introducono le 10 sezioni tematiche nelle quali sono esposti documenti, plastici e modelli di macchine che ricorderemo pur nella necessaria sintesi. Per ogni modello è indicata l’origine nelle fonti leonardesche, o altre, e sono precisate le caratteristiche specifiche: sono in legno, ferro e altri materiali, per lo più realizzati nel 1953 per il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci, inseriti in mostra con gigantografie nelle pareti che evocano l’ambiente dell’epoca. Un allestimento magistrale che fa tornare al ‘500 come portati dalla macchina del tempo.
Le prime 5 sezioni, dalla formazione alle “macchine produttive”
La 1^ sezione, intitolata “Ingegneri toscani”, riguarda la formazione di Leonardo a Firenze nella bottega del Verrocchio, come pittore con annessi scultorei, ma evoca soprattutto l’impegno della bottega di collocare nella sommità del Duomo di Firenze una grande sfera di bronzo dorato sopra la lanterna, che gli fece conoscere la grande “gru” ideata da Brunelleschi molti anni prima nei lavori per la Cupola. Al riguardo lui stesso scrive nel Codice: “Ricordati delle saldature con che si saldò la palla di Santa Maria del Fiore”. E’ esposto sia il suo disegno di tale Gru contrappesata sia un modello in legno e metallo, disegno e modello anche per l’Argano a leva; inoltre un Argano solleva colonne.
Inoltre sono esposti i disegni dei trattati di macchine e architetture di ingegneri del ‘400 toscano: vediamo i disegni di un argano e un elevatore, una gru girevole e una sega idraulica, una noria e un fregio, una fortificazione e un riparo da bombarda, di tutti autore Francesco di Giorgio Martini; inoltre, di Mariano di Iacopo detto il Taccola un elevatore d’acqua, di Roberto Valturio una ruota idraulica a scomparti, di Giulio da Sangallo navi multi remi, sempre come disegni.
Francesco di Giorgio Martini lo troviamo anche nella 2^ sezione, “Lo studio dell’antico”, perché è esposto il suo “Trattato di Architettura civile e militare” della Biblioteca Laurenziana, che riporta le concezioni di Vittruvo sulle proporzioni tra gli edifici e il corpo umano. Leonardo per il suo “Uomo Vitruviano” si deve essere riferito proprio a questo trattato, l’unico che ha fatto parte certamente della sua biblioteca, come certificato dalle note scritte di suo pugno nelle pagine del libro. Nelle pagine esposte si vedono dei disegni inframmezzati al testo, nello stile leonardesco, ma più semplici e schematici del solito, più che altro indicativi senza intento progettuale. Una schematizzazione dell’Uomo Vitruviano la vediamo nelle pagine, anch’esse esposte, del “De Architectura” di Vitruvio tradotto in volgare da Cesare Cesaruano, siamo nel 1511, vent’anni anni dopo la perfetta rappresentazione di Leonardo.
Dopo la formazione fiorentina, nel 1482 va a Milano, dove conosce anche il “Trattato di Architettura” di Filarete, di cui vediamo il frontespizio, con edifici a pianta centrale raffrontati al “Pantheon” di Roma, descritto nel trattato dell’epoca di Andrea Palladio. Ebbene, Leonardo non manca di disegnare questi edifici, e in mostra vediamo i progetti e i modelli realizzati nel 1953 di una Chiesa a pianta centrale, una Chiesa su due livelli, una Chiesa con quattro campanili, e un modello del Pantheon, inizi XX secolo, veramente spettacolare.
Nella riscoperta dell’antico c’è una Tavola dedicatoria dalla Raccolta dei tempi antichj di Piranesi, del 1780; inoltre, ricordano un mito evocato dagli umanisti dell’epoca, le Navi dell’imperatore Caligola affondate nel lago di Nemi, un modello sezionato di Nave di Nemi con Protome a testa di lupo e Decorazione a forma di elmo, 1932-33, e un acquerello di Ranieri Arcaini del 1991, che ne ha fatto una spettacolare “ricostruzione archeologica” con templi e monumenti sulla tolda della grande imbarcazione usata per sontuose feste e cerimonie.
Siamo alla 3^ sezione, dedicata a “Disegno e prospettiva”. Nel “Codice Atlantico” Leonardo scrive che “tutti i casi di prospettiva sono intesi mediante i cinque termini de’ matematici, cioè punto, linia, angolo, superficie e corpo”. Era un tema molto sentito nel Rinascimento, alla base anche dell’arte pittorica. Leonardo non solo utilizza la prospettiva geometrica nella superficie piana, ma la applica ai solidi con la stereometria. Così ha illustrato nel 1498 il “De Divina Proportione” di Luca Pacioli, del quale era molto amico. Vediamo esposto il Trattato di ottica e geometria di John Peckham, “Perspectiva Communis” che aveva nella sua biblioteca e tre testi dell’inizio del XVII sec. di Barozzi, Niceron e Accolti. Jean Francois Niceron fu il teorico dell’anamorfismo, che applicò a una serie di immagini appositamente deformate, come si è visto nella mostra a Palazzo Barberini nel 2018.
In uno schizzo Leonardo riproduce lo spettrografo, lo strumento per riportare gli oggetti nella giusta prospettiva, mentre un artista lo sta adoperando, disegno esposto in mostra insieme a uno studio di ruota dentata; e a disegni di spettrografi di Durer, Keser, Vignola; non manca un modellino in legno di prospettografo a vetro di Durer, con uno strumento musicale. Sono esposte le pagine del libro di Albrecht Durer dove è spiegato l’uso dello “spettrografo a vetro e a sportello” con relativi disegni. Poi i fogli del “Divina Proportione” di Luca Pacioli con disegnati dei solidi, e un modello ligneo del 1976 di Icosaedro elevato vacuo.
Dal disegno prospettico in generale alle “Città ideali e vie d’acqua” nella 4^ sezione, ci si riferisce a Milano alla cui planimetria e non solo Leonardo si dedicò sin dal suo arrivo in città nel 1482. Si disponeva di piante quattrocentesche, alcune esposte in mostra: in particolare quella del 1472 di Pietro del Massaio, nella “Cosmografia di Tolomeo”, una struttura urbana in forma circolare con i corsi d’acqua; quella di Cristoforo de’ Predis, nel “Leggendario Sforza-Savoia”, con la Piazza del Duomo di allora.
Leonardo interviene con la proposta di una struttura urbana alternativa, ortogonale su due livelli, ispirata alle visioni dell’epoca di “città ideale”, è esposto un Plastico urbanistico di città ideale realizzato nel 1956 in base ai progetti di Leonardo: si vedono due edifici con delle arcate, nella sua visione c’è anche un sistema viario che si avvale delle sue conoscenze idrauliche.
Ma non si limita alla struttura urbana, si impegna in progetti di miglioramento del sistema di conche, esposti in mostra, fino alle Chiuse a porte battenti, di cui è esposto un modellino ligneo del 1956 insieme al disegno di Leonardo che riproduce fedelmente; c’è anche un Modello di pavimentazione di conche di canali del 1956; non solo, vediamo dei Portelli lignei, non modelli ma esemplari veri in legno e metallo, grandi paratie in uso dal ‘500 all’800, un “Mose” ante litteram, però funzionante, per riferirci a un sistema attuale di controllo delle acque molto contestato
Un quadro dell’800 di Cornienti in cui “Leonardo mostra a Ludovico il Moro le chiuse dei Navigli” illustra in modo pittoresco questo intervento nei canali milanesi. Le sue parole, molto pratiche: ”Trova un maestro d’acqua e fatti dire i ripari d’essa e quello che costa”. Altro modello esposto, un Battipalo, del 1953, con il sistema di percussione per conficcare i pali nel terreno.
Si entra ancora di più nel vivo dei lavori pratici di Leonardo nella 5^ sezione, intitolata appunto “L’ingegno del fare”. Comincia con il disegnare macchine tipiche delle botteghe artigianali di allora per poi approfondire l’analisi delle componenti meccaniche, fino a sistemi automatici innovativi che dal lavoro manuale fanno passare alla meccanizzazione dei processi produttivi: le principali componenti sono ruota dentata e pignone accoppiati, l’abbinamento tra biella e manovella, la novità rivoluzionaria è la vite senza fine. Vediamo esposti due modelli molto diversi di Sega idraulica, realizzati tra il 1953 e il 1956.
Da queste componenti meccaniche a complessi sistemi di “macchine produttive” il passo è breve, per il genio leonardesco. Lo vediamo dai due modelli di macchine per la metallurgia esposti, entrambi del 1953, la Macchina per intagliare e la Macchina per filettare le viti; e per il tessile il bellissimo disegno e relativo modello conforme del Filatoio con fuso ad alette mobili realizzato nel 1933. Nello stesso anno i modelli del Torcitoio per corde e della Garzatrice orizzontale nei quali vi sono i filati e le garze della lavorazione, sembra di entrare nelle botteghe di fine ‘400. La cosa straordinaria è che disegna queste componenti meccaniche e queste macchine negli stessi anni, 1495-97, in cui dipinge il “Cenacolo”.
Completano il corredo iconografico della sezione splendide pagine miniate del manoscritto membranaceo “Libre d’ore all’uso cistercense”, e i calchi del Capitello delle Arti meccaniche di Palazzo Ducale, a Venezia, con 6 formelle sui mestieri di fabbro e falegname, agricoltore misuratore o vagliatore di cereali e legumi.
Le ultime 5 sezioni, dalle “macchine teatrali” al mito di Leonardo
Ma le macchine di Leonardo non erano soltanto una rivisitazione meccanica con congegni più avanzati di sistemi esistenti, abbiamo anche le macchine a fine ludico, ideate e realizzate per le celebrazioni e le feste, sbizzarrendo tutta la sua creatività in invenzioni fantasiose.
A queste è dedicata la 6^ sezione, “Teatri di macchine”, la sede è la corte degli Sforza, dove per il matrimonio di Gian Galeazzo Sforza con Isabella d’Aragona realizzò una grande macchina scenica che evocava il Paradiso con una volta stellata in cui ruotavano i pianeti. Non sono pervenuti disegni, ma Bernardo Bellincioni nelle sue “Rime” la descrisse così: “Et chiamasi Paradiso però che v’era fabbricato con grande ingegno ed arte di Maestro Leonardo Vinci fiorentino il Paradiso con tutti li setti pianeti che girava”.
Nel ‘500 l’impiego di queste macchine teatrali si estese, con ampio uso di accorgimenti tecnici: la mostra presenta pagine dei “Theatri Machinarum”, tomi con incisioni di Agricola – dal “De Re Metallica” una pompa a catena azionata da ruota calcatoria – e Ramelli – da “Le diverse et artificiose machine del Capitano Augusto Ramelli”, un elevatore d’acqua a corde multiple.
Il “Fregio per il trionfo dell’imperatore Massimiliano I”, di Burgkmair tra il ‘400 e il ‘500 mostra i disegni di 6 carri trionfali di diverse guerre, tra cui quella veneziana e quella austriaca, sono molto elaborati e spettacolari. In base a questi disegni è stato realizzato nel 1954 un modello di Carro meccanico trionfale esposto in mostra, si notano ruote dentate a ingranaggi.
Ci sono anche due modelli di Carro automotore realizzati negli anni ’50 sui disegni di Valturio, fine ‘400, e Fontana, primi tre decenni del ‘400, sono tratti da libri sull’arte militare. E Leonardo? Finora abbiamo assistito alla sfilata di altri “progettisti meccanici” dell’epoca, che conferma la vivace temperie innovativa e inventiva in cui si colloca Leonardo. Ma anche lui disegna un Carro automotore che vediamo fedelmente riprodotto in un modello degli anni ’50, come gli altri due.
Solo carri meccanici per i trionfi militari? No di certo, di Cremosano, fine ‘600, un manoscritto cartaceo celebrativo con armigeri a piedi e a cavallo nella tradizione romana, mentre le nuove macchine da parata fanno leva sull’introduzione dei più avanzati congegni meccanici, come si è appena visto.
Non ci dovrebbero essere modelli nella 7^ sezione, tratttandosi della “Biblioteca di Leonardo”, lui la cita sostanzialmente quando scrive “ricordo de’ libri ch’io lascio nel cassone”, abbiamo già detto che erano circa 150, un numero elevato per un non letterato di quei tempi; soltanto di uno di essi, con le sue annotazioni, siamo sicuri che gli appartenesse, è il “Manoscritto Laurenziano” esposto in mostra. Invece c’è un modello del 1932-33, ad opera dei Laboratori del CNR, del Teatro Anatomico realizzato a Padova da Girolamo Fabrizio d’Acquapendente, nel 1595, di visione panottica, il primo Teatro anatomico stabile di Padova è del 1584, dopo Leonardo, le sue idee in campo ottico avevano fatto presa.
Ricordiamo ancora che nonostante la sua propensione per l’osservazione diretta dei fenomeni e il disdegno della mentalità libresca – nell’autodefinizione di “omo sanza lettere” c’era anche questo – cercava d acquisire il sapere fino ad allora conosciuto leggendo i trattati disponibili tradotti in volgare, dato che non conosceva il latino e il greco. Cercò anche si imparare il latino in cui si erano espressi i grandi classici, frequentò addirittura una scuola di latino e matematica, tale era la sua sete di conoscenza.
Una conoscenza interdisciplinare, non limitata a scienza e tecnica, neppure solo all’arte, lesse la Divina Commedia e le traduzioni di Ovidio e Plinio. Lo aiutò l’amico Luca Pacioli, che abbiamo già citato, il qule nel 1494 pubblicò “Summa de Arithmetica”, ovviamente conosciuto da Leonardo.
Come presenta tutto questo la mostra? Ha cercato di immaginare quali libri potesse contenere, o meglio di ricostruirlo anche sulla scia delle indicazioni del “Codice Atlantico” e di altri manoscritti leonardeschi. Nella mostra del 2018 “La biblioteca del Principe”, si trattava del Torlonia della Casina delle Civette, invece fu vera finzione, allora furono presentati i “libri d’artista” , creazioni fantasiose di libri di materiali disparati in carattere con il personaggio e il suo ambiente.
Qui nulla di così estroso, vengono presentate, seguendo le citazioni o altri indizi, le pagine di famosi trattati , con austeri disegni e anche vivaci miniature a colori. Introduce uno scritto di Girolamo D’Adda, “Leonardo da Vinci e la sua libreria: note di un bibliofilo”, del 1873, edizione privata di poche copie, si parla dei libri del “Codice Atlantico”.
Ci sono la “Naturalis Historia” di Plinio il vecchio e “Aristotelis stagirita opera” di Aristotele, il “Liber Elementorum” di Euclide e la “Geografia di Caudio Tolomeo Alessandrino” di Tolomeo, “Ex ludis rerum mathematicarum” di Leon Battista Alberti e “Libri quinque de mensuris et ponderibus” di GeorgAgricola, naturalmente “Summa d”arithmetica, geometria, proporzioni et ptoportionalità” dell’amico Luca Pacioli, due libri sulla “Sphaera” di De Predis, manoscritto a colori, e De Sacrobosco, fino al “Mappamondo o planisfero tolemaico allargato” di Rosselli.
Colpisce in modo particolare il “Libro tertio delo anmansore chimato cibaldone”, l’autore ha il nome abbreviato in Rhasis o Rhases, 864-923 o 932, un trattato di medicina arabo citato nel “Codice Atlantico”, di cui è esposta una pagina con una figura umana in piedi e nel corpo presenze che ricordano gli “Archeologi “ di Giorgio de Chirico, questo è del 1500 circa.
Srprende altrettanto di trovare qui il libro di “Favole” di Esopo, nella versione in volgare del 1485, è citato nel “Codice Atlantico” , ma si spiega con il fatto che si è ispirato alle favole in diversi momenti, in particolare alla favola della scimmia: vediamo il libro aperto alla favola “De lupo et grue”, con relativa immagine, forse un’allusione spiritosa degli organizzatori alla “gru” – ma quella meccanica – di Brunelleschi nel suo esordio fiorentino.
Abbiamo visto le destinazioni delle macchine di Leonardo ad impieghi produttivi, come quelle per la metallurgia e il tessile, nonché a finalità ludiche, come quelle teatrali per cerimonie, feste e celebrazioni; e i congegni meccanici per trasmettere il moto e renderle automatiche. Ma quello che usava come biglietto da visita nei primi contatti con le Corti e i potenti era la sua maestria nelle macchine riguardanti “L’arte della guerra”.
Così si intitola l’8^ sezione, cui attiene la sua lettera al duca Ludovico Maria Sforza, poco dopo l’arrivo a Milano nel 1482, sebbene sia ancora poco esperto di arte militare “Ho modi di ponti leggerissimi e forti” per inseguire i nemici o fuggire, “et altri securi et inoffensivi da foco e battaglia”, facili da montare e smontare, “ho anchora modi de bombarde comodissime et facile ad portare” per scagliare una tempesta di sassi sul nemico.
Ma con il tempo si specializzò muovendosi in due direzioni: studiando il testo “De Re Militari” di Valturio, tradotto in volgare da Ramusio nel 1483, che riportava anche le concezioni di Archimede, Frontino e Vegesio; studiando le fortificazioni a Milano e in Romagna e rappresentandole con prospettive, sezioni e altre vedute particolarmente efficaci.
Le macchine che progetta sembrano sudiate soprattutto per fare colpo sui potenti, Ludovico il Moro in testa, cerca più l’effetto spettacolare con un grafica curata e fantasiosa che l’efficacia bellica, spesso tali macchine non sono realizzabili.
Vediamo esposti disegni di macchine nelle pagine del testo di Valturio nel volgare di Ramusio, di Vegezio, di Antonio da Sangallo il giovane, disegno di un bastione, e ovviamente di Leonardo: precisamente “Studio di due mortai che lanciano proiettili esplosivi” e “Balestra gigante”.
Altri modelli traducono i disegni di macchine di Leonardo: Agano per sollevare le artiglierie e Affusto di cannone a code divaricabili, Mitragliera a organo e Balestra gigante, Balista e Carro ricoperto da guerra, tutti realizzati nel 1953 da Giovenale Argan.
Nello stesso anno Raffaele Menichetti ha realizzato i modelli esposti di Ponte mobile d’assedio, Rocca di montagna, Difesa angolare con fiancheggiamento. Ci sono anche modelli del Museo del Genio Militare che mostrano un Ponte sul Reno di Giulio Cesare e l’Assedio di Alesia.
Di grande effetto questa galleria di modelli che riporta ai tempi di Leonardo, forse anche allora come si è verificato nei tempi moderni, l’arte della guerra stimolava la forza innovativa i cui benefici si trasmettono anche alla vita civile, si è visto per gli usi pacifici dell’energia atomica.
Con la 9^ sezione ci si eleva più in alto, non solo perché si lascia la guerra, ma perché vengono presentate le “Macchine per il volo”. Leonardo annetteva grande valore ai risultati che si proponeva di ottenere con i suoi studi sul volo umano e ci contava, tanto che scrive: “Piglierà il primo volo il grande uccello… empiendo l’universo di stupore”, e in particolare “empiendo di sua fama tutte le scritture e gloria eterna al loco ove nacque”: fama universale per lui e per la sua terra. Del resto, il mito di Icaro, che conosceva avendo letto Ovidio, esprimeva il sogno eterno dell’uomo.
Per un trentennio si impegnò con questo obiettivo, nel periodo trascorso a Milano dal 1482 al 1999 approfondì soprattutto la parte meccanica, mirava al “volo strumentale”; nel primo decennio del’500 si concentra sul trasferimento all’uomo delle osservazioni sul volo degli uccelli con le ali aperte senza batterle; fino al volo favorito dalle correnti ascensionali.
Come nell’anatomia, così nel volo lo studio della natura fornisce elementi preziosi, mentre per i congegni delle ali utilizza i ritrovati più avanzati dell’ingegneria meccanica, dalle ruote dentate alla vite senza fine. Arriva a progettare anche un aliante con le ali mobili, del quale è esposto un suo disegno annotato e un Modello di aliante di Alberto Maria Soldatini del 1953, anno in cui lo stesso Soldatini ha realizzato altri 5 modelli per il volo: Ala battente e Ala ad inclinazione variabile, Vite aerea e Meccanismo per il volo a vite e madrevite, fino a un Paracadute. Leonardo, nel disegnarlo con una figura umana appesa, scrive che “potrà gettarsi d’ogni grande altezza senza danno di sé”.
Il passaggio dal volo al “Mito di Leonardo”, della 10^ e ultima sezione, è naturale, abbiamo iniziato il nostro commento alla mostra con questo tema, e lo ritroviamo in chiusura anche perché è cruciale. Non ripetiamo quanto già detto sul fatto che il mito è coevo a lui, tanto da far dire a Vasari “il nome e la fama sua non si spegneranno già mai”; in epoca moderna l’accurata ricognizione di Venturi sui manoscritti razziati da Napoleone ha posto in evidenza la genialità in campo scientifico e tecnico, che si aggiunse al riconosciuto talento artistico dopo il “Trattato della pittura” e il “Cenacolo”.
Poi, nell’’800, con la pubblicazione dei suoi manoscritti la fama dilaga. Fino all’esaltazione del primato del “genio italico” identificato nella sua figura con la “Mostra di Leonardo da Vinci e delle invenzioni italiane”. del 1939. Esposizione definita “retorica”, ma del resto non poteva fare eccezione alla mistica di regime che permeava il fascismo come, dal lato opposto, il comunismo, e abbiamo citato i “Realismi socialisti” con le loro espressioni nell’arte.
L’ampia iconografia di questa sezione comprende edizioni dei Codici di Leonardo – dell’Institut de Frnce, di Leicester e il Codice degli uccelli – e le maggiori opere citate: dalle “Vite” di Vasari all’ “Essai sur les ouvrages physico-mathématiques de Léonard de Vinci” di Venturi, agli scritti di Giuseppe Bossi sul “Cenacolo” e sulla “simmetria dei corpi umani” E un dipinto con la testa di “Cristo” ripresa dal Cenacolo di Leonardo da Luigi Ferrari nel 1896. Soprattutto una ricca documentazione visiva sulla mostra del 1939 foto delle sale e articoli di giornale, medaglie e biglietti di ingresso, fino alla “tessera di libero accesso” firmata da Badoglio quando era nella gerarchia fascista. Fino al manifesto di Giorgio Muggiani con l’appello agli “industriali e “inventori” a partecipare alla mostra, la fiaccola tricolore protesa verso l’alto.
Può essere una bella chiusura anche oggi, nella celebrazione di 500 anni dalla morte, unita alla locandina attuale, con la sua testa di profilo che reca l’aureola della scienza. Dalla fiaccola tricolore all’aureola, dopo 80 anni non è una deminutio, tutt’altro. Se l’obiettivo del curatore è stato “sfatate un mito”, con quell’aureola di fatto lo ha sublimato. E giustamente!
Info
Scuderie del Quirinale,via XXIV Maggio 16, Roma. Da domenica a giovedì, ore 10,00-20,00, venerdì e sabato ore 10,00-22,30, ingresso consentito fino a un’ora dalla chiusura. Ingresso e audioguida inclusa: intero euro 15, ridotto euro 13 per under 26, insegnanti, gruppi, forze dell’ordine, invalidi parziali, euro 2 per under 18, guide, tessera ICOM, dipendenti MiBAC, gratuito per under 6, invalidi totali. Tel. 06.81100256. www.scuderie.it. Catalogo: “Leonardo da Vinci. La scienza prima della scienza”, a cura di Claudio Giorgione, Editore “arte,m L’ERMA”, marzo 2019, pp. 256, formato 24 x 29,50; dal Catalogo sono tartte le citazioni del testo. Il primo articolo sulla mostra è uscito in questo sito il 2 giugno u.s. Cfr. i nostri articoli: in www.arteculturaoggi.com: nel 2018, su Niceron, “Anamorfosi, la magia delle immagini “‘ricostruite’ a Palazzo Barberini” 18 aprile; nel 2017, per il recupero delle opere requisite da Napoleone, sul “Museo Universale” 9 gennaio, 21 febbraio, 5 marzo; nel 2012, su “Deineka” 26 novembre, 1° e 16 dicembre; in cultura.inabruzzo.it: nel 2012, “Roma. La grafica di Leonardo e Michelangelo a confronto”6 febbraio; nel 2011, “Il ‘Musico’ di Leonardo vicino al Marc’Aurelio” 23 febbraio, i “Realismi socialisti” 3 articoli tutti il 31 dicembre; nel 2010, “L’Uomo Vitruviano, ‘one man show in mostra” 11 gennaio; nel 2009, “Leonardo da Vinci a Palazzo Venezia” 6 luglio, ”’Leonardo e l’infinito’, “trenta macchine funzionanti” 30 settembre (questo sito non è più raggiungibile, gli articoli saranno trasferiti su altro sito, intanto sono disponibili).
Foto
Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante alla presentazione della mostra nelle Scuderie del Quirinale, si ringrazia la direzione di Ales, con i titolari dei diritti, per l’opportunità offerta. In apertura, Cristoforo de Paoli, “De Sphaera”, Luna, 1460; seguono, modello di Carro automotore da G. Fontana e modello di Carro automotore da R. Valturio anni ’50 (G. Canestrini); poi, Georg Agricola, “De Re Metallica“, Pompa a catena azionata da ruota calcatoria 1556, e modello di Carro automotore da Leonardo 1956 (G. Canestrini); quindi, Carro meccanico trionfale dal disegno di Hans Burkmair 1954 (G. Canestrini), e Hans Burgkmair, “Fregio per il trionfo dell’imperatore Massimiliano I, Carri trionfali 1516-19; inoltre, modello in scala del Teatro anatomico di Girolamo Fabriano d’Acquapendente 1932-33 (laboratori CNR), e modello di Guerra di Giulio Cesare nelle Gallie, assedio di Avaricum 1932-33 (Museo Genio Militare); ancora, Luca Pacioli, “Summa de arithmetica, geometria, proportioni et proportionalità” 1494, e modello di Ponte di circostanza su cavalletti da Leonardo 1953 (M. Lombardi) con modello di Ponte sul Reno di Giulio Cesare 1932-33 (Museo Genio Militare); continua, modello di Rocca di montagna da Leonardo 1953 (E. Menichetti), e Leonardo da Vinci, “Trattato della pittura di Lionardo da Vinci… con la vita dell’istesso autore scritta da Rafaelle du Fresne” 1651; prosegue, modello di Balista e modello di Argano per sollevare artiglierie entrambi da Leonardo 1953 (Giovenale Argan); poi, Mariano di Iacopo (detto il Taccola), “De machinis“ XV sec., e modello di Affusto di cannone a code divaricabili con modello di Mitragliera a organo entrambi da Leonardo 1953 (Giovenale Argan); quindi, modello di Carro coperto da guerra da Leonardo, 1953 (Giovenale Argan) e Johannes de Ketham, “Fasciculus Medicinae. Similitudo complexionum & elementorum” 1491; inoltre, modello di Vite aerea e modello di Ala battente entrambi da Leonardo, 1953 (A. M. Soldatini); infine, “Leggendario Sforza Savoia” manoscritto 1475, in chiusura, Giorgio Muggiani, “Mostra di Leonardo e delle Invenzioni Italiane” 1939, manifesto pubblicitario, e “Leonardo. La scienza sopra la scienza” 2019, locandina mostra.
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