di Romano Maria Levante
Abbiamo dato conto nel primo articolo della fase iniziale della maratona del 14 aprile 2023 sulla poesia contemporanea “Ritratti di poesia” con “Caro Poeta” , iin cui gli studenti di tre Licei romani hanno presentato i loro componimenti poetici accompagnati dai poeti che li hanno assistiti, sono state commentate iniziative innovative in campo poetico, sono stati conferiti i premi alle Poesie brevi di 180 caratteri e all’”Opera prima” che viene pubblicata, e i premi principali della Fondazione Roma “Ritratti di poesia nazionale” e “Ritratti di poesia internazionale” da parte del Presidente ideatore e realizzatore delle 16 edizioni della manifestazione, Emmanuele F. M. Emanuele, poeta egli stesso che ha presentato il suo nuovo libro di poesie “Versi in cammino” nella 1^ parte di “Di penna in penna” in un colloquio quanto mai aperto ed eloquente con il conduttore, intervistatore e regista della manifestazione Vincenzo Mascolo.
Si passa alla 2^ parte di “Di penna in penna”, la poesia italiana, con due poeti, comincia Maria Clelia Cardona, definita nella presentazione di Fabrizio Cantoni “una intellettuale poliedrica”, autrice di molte traduzioni e testi di critica letteraria, oltre a libri di poesia. La sua visione poetica ha “un forte legame con il mito visto non come recupero di un mondo perduto. ma come specchio di una storica condivisione esistenziale dell’essere umano”. Alla domanda sul valore che il linguaggio del mito continua ad avere nella cultura contemporanea risponde così: “Il mito ci consente di uscire dalle strettoie sia espressive che mentali della nostra quotidianità”, alla base c’è “la condivisione di una condizione umana non al di fuori dal tempo ma presente in tutti i tempi. quindi ci mette in contatto con qualcosa che ci riguarda da sempre. L’importante, però, è che non si perda di vista il presente in cui si vive”. Da “Il pozzo e i rovi” dell’ultima raccolta “I giorni della merla”, 2018: “Mio tempo – come un pozzo cui troppo attingiamo/ senza troppo badare finché appaiono cocci e melma,/ sterpi, foglie secche, ossicini di uccelli – ma quando tutto ci sembra esaurito/ riaffiora acqua da vivere – non è/ prosciugata la vena di sotterra,/ darà vita ancora al cespuglio di rovi/ che rampica e s’intriga sui bordi e spande spine,/ e lampioni di more si accendono/ verso il giù sotto verso/ il buio”.
Segue Cesare Imbriani, autore di molti libri ed economista, per questo Mascolo gli chiede di parlare del suo percorso per arrivare alla poesia. “E’ stato un fatto automatico”, risponde, le prime poesie pubblicate risalgono agli anni ’60, quando era adolescente, è stato influenzato dai poeti contemporanei e soprattutto da Cesare Pavese, che definisce “un passepartout verso l’internazionalizzazione”, citando l’opera “Atlantic City” che definisce stupenda, e afferma che più del linguaggio lirico gli interessava “trasmettere il senso civile della poesia”, desiderio che considera almeno in parte realizzato, ben aderente alla realtà anche ai tempi del digitale. Da “Mille e mille giorni” del 2020, ecco i primi e gli ultimi versi della poesia “Selfie e l’immortale a termine”: “Un trucco di magia e sorride/ il pagliaccio che mai legge critiche/ né risponde a difficili domande./ Ma per una volta la trama degli esigenti fatti/ sceglie tra realtà e fantasia, frena/ alchimie e vuoti sogni, prende distanza/ dalle chimere del clown…// …Si nutrono/ così di ingenua presunzione/ i vagabondi passi che saranno posta / sul web degli AMICI per aggiungere/ like alla collezione del nulla/ che sempre mancherà di un capolavoro”.
Lo stesso Mascolo poi, dopo aver ricordato che la poesia riflette la realtà che viviamo, presenta le promotrici di due progetti fotografici strettamente collegati, la cui realizzazione è visibile dalle fotografie esposte ai margini della sala, sul tema “Scoprire la libertà”.
Il progetto “Inside Burqa”di Loredana Foresta è rivolto alle donne iraniane che da decenni lottano per la salvaguardia dei propri diritti, calpestati da un legislazione oppressiva che va dall’obbligo del velo a una serie di imposizioni sui comportamenti che le sottopongono all’autorità maschile, dai limiti allo studio, al lavoro, al matrimonio, conculcando la libertà di potersi esprimere. Lo presenta così: “Questo lavoro è dedicato alle attiviste iraniane che da anni lottano per promuovere un cambiamento radicale in patria, in particolare a coloro che con coraggio si espongono in prima linea incuranti dei rischi”. E abbiamo visto di recente nella barbara esecuzione di una di loro che si era particolarmente impegnata che si tratta di rischi mortali. “Come donne – continua la presentazione – rappresentano la parte della popolazione più vessata dal regime, appiattite ormai da decenni in un ruolo secondario e private della facoltà di scegliere, ma come tali incarnano anche la forza propulsiva del rinnovamento nella lotta per un Iran civile e democratico, un Iran in cui non si venga frustati per una scollatura e giustiziati per un chignon”. Le fotografie intendono comunicare, in assenza di un’identità precisa negata dal regime, “non chi sono e cosa fanno, ma che esistono, col diritto inalienabile all’espressione e al libero arbitrio”. Al progetto hanno collaborato donne iraniane residenti in Italia e volontarie del movimento “Donna Vita Libertà”, dunque un meritoria iniziativa personale con partecipazioni molto significative.
Stefania Rosiello ha voluto immedesimarsi nella situazione delle donne afghane dopo la presa di Kabul da parte dei talebani nell’agosto 2021, mettendo una sorta di “mini burka” alla propria macchina fotografica in modo da ridurne al minimo la capacità di riprendere e di spaziare, girando per le strade fotografando con tali forti limitazioni ciò che incontrava; e questo per sei mesi. “Quello che ho visto – dichiara – è stato un mondo squarciato, come una tela di Fontana. Avevo perso il mio raggio visivo, si era drasticamente ridotto, non solo ai lati ma anche soprattutto nella parte alta e bassa del mio frame. Mi sono trovata ad abbassare la macchina fotografica, ovvero la mia testa, per riuscire a vedere dove mettere i piedi, ma così facendo non sapevo cosa avessi di fronte di lì a pochi metri da me, persone, macchine, semafori. Poi ho provato a guardare il cielo e sono rimasta senza respiro, non riuscivo a vederne che una striscia, perdendo qualunque riferimento con tutto il resto di ciò che mi circondava”. Provava “sensazioni di smarrimento, di claustrofobia, di paura” sempre maggiori finché – prosegue il racconto – “negli ultimi due mesi del progetto, la sensazione di frustrazione per la mancata libertà di espressione mi ha reso davvero difficile continuare a fotografare”, non si sentiva più di uscire con la macchina fotografica. Tutto questo “per portare all’esasperazione quella sensazione di mancata libertà e cercare di capire”. Una simile immedesimazione ha prodotto “un senso di claustrofobia e costrizione”. Come nelle donne afghane.
“Dall’Iran raccontato all’Iran poetico”, esclama Mascolo introducendo la poetessa iraniana Mina Gorij nella 1^ parte della sezione “Poesia sconfinata” dedicata ai poeti stranieri, la presenta il suo traduttore Andrea Sirotti. Vive a Cambridge dove insegna letteratura inglese, emigrata da piccola in Gran Bretagna dove si è sviluppata una fioritura di poeti giovani migranti di varia provenienza anche di seconda e terza generazione le cui poesie sono pubblicate da case editrici britanniche: “Una voce poetica che viene da vari strati sociali”, così da avere un senso sociale e civile, per l’esistenza e la vita di tutti i giorni, a differenza di quanto si riscontra in Italia. La sua è “una poesia di grande e dettagliata osservazione”, che osserva la natura, piante e animali, alla ricerca di un modello per le emozioni e per le relazioni umane. Viene considerata la natura nei suoi limiti estremi, temperature rigide e ghiacci, deserti e vulcani, ma anche nell’osservazione quotidiana con un occhio scientifico e poetico al tempo stesso per individuare le modalità di sopravvivenza; il riscaldamento climatico e altri fenomeni connessi suscitano in lei un preoccupazione che nasce dall’osservazione precisa della realtà. Data la sua caratura accademica, nelle due raccolte pubblicate non mancano citazioni nascoste di grandi come Shelley e Shakespeare. Una scelta di poesie tradotte in italiano è uscita in “Nuovi Argomenti”; ecco, integrale, la poesia inedita in Italia “Fuga” tradotta da Andrea Sirotti: “Mi chiese: ‘Da dove vieni, signora’?/ e quando gli risposi ‘Iran’,/ mi abbracciò dicendo/ c’e l’ho fatta’/ con una tale gentilezza / che non ebbi il coraggio di chiedere/ ‘Ma le conosce le lucertole a Persepoli?/ le catene montuose/ che si allungano nella neve?/ il sapore del kharboozeh?’/ la sensazione finale quando la porta dell’ascensore si chiude?’’
L’appuntamento musicale della serata, “In altalena con Faber”, viene presentato in anteprima al termine della mattinata con la protagonista Ilaria Pilar Patassini, la cantautrice di cui è appena uscito il singolo “Niagara” e sta per uscire l’album “Terra senza terra”. Mascolo la definisce “la voce del mastodontico progetto di Geoff Westly su De André sinfonico”, con la London Simphony Orchestra, 70 orchestrali, 30 coristi, e Peppe Servillo oltre lei: è giunto in porto a fine 2019 quando la pandemia ostacolava tante presenze contemporanee, sarà portato anche a Roma. C’è stata una rispondenza inattesa, De Andrè giudicato dai classici troppo “pop” e dai “pop” troppo intellettuale, viene riportato ai suoi autentici valori epici e lirici e ai contenuti che hanno avuto un impatto sociale e anche politico negli anni ’60 considerati rivoluzionari per il mondo musicale. Ilaria, parlando del recital serale, spiega che l’”altalena”, vista come alternanza, è “l’elemento fondante” della sua canzone ‘A metà’” uscita nel 2019. Ebbene l’alternanza sarà in 4 blocchi di 2 canzoni ciascuno, una propria canzone con una di De André. Intanto canta, senza alcun accompagnamento musicale, la canzone “Amore che vieni, amore che vai”, in modo suggestivo. “Bravissima, bellissima, veramente grazie”, commenta Mascolo e gli applausi accompagnano il suo spontaneo riconoscimento. Con questa anticipazione veramente emozionante del recital che concluderà la maratona poetica termina la prima parte della giornata, si riprenderà alle ore 14,30.
La ripresa pomeridiana inizia con le “Idee di carta”, l’incontro di Mascolo con l’editore di “Il Saggiatore”Marco Marino, e la domanda è d’obbligo: il rapporto della casa editrice con la poesia. Risponde che vi è un rapporto solido con molti poeti, una traccia mantenuta anche con poeti francesi, ora stanno indagando sulla grande poesia internazionale del ‘900, con grande attenzione al mondo poetico, e cita una serie di poeti presenti nelle collane della casa editrice. Non c’è una collana specifica sulla poesia perché la letteratura in generale converge nella collana dedicata alla cultura, non occorre una distinzione di categoria; inoltre anche se finora non hanno pubblicato testi di poeti italiani contemporanei, a maggio uscirà una raccolta di 1100 pagine sugli ultimi 50 anni di poesia italiana con attenzione maggiore verso gli ultimi anni. Mascolo sottolinea l’importanza di dare spazio alla poesia italiana contemporanea che rischia di essere “poco ascoltata” e la risposta è che mancano gli editori in grado di affrontare il problema delle scarse vendite. La poesia è attrattiva, e questo é un dato reale, ciononostante non si investe davvero sui poeti, non si fa distribuzione né promozione dei libri di poesia; le scarse vendite dipendono dal fatto che non si lavora in modo adeguato a monte. Anche le grandi case editrici, commenta Mascolo, quando pubblicano un libro di poesia lo abbandonano, e non fanno alcuna preparazione per presentarlo in modo efficace. Marino lamenta che nella distribuzione non si tiene conto della peculiarità dei libri di poesia, ma quando si opera correttamente – e cita degli esempi – non mancano ottimi risultati di vendite. Conclude affermando che alla mancanza di coraggio degli Editori si aggiunge l’assenza di una “intelligenza poetica che consiste nel formarsi poeticamente al mondo per abitare la complessità delle cose”; e informa che il Saggiatore pubblica cinque libri di poesie l’anno, anche di grandi poeti internazionali, uno sarà in libreria nel 2024 e parlerà di Dio, il suo essere indefinibile tra una realtà e l’altra, oltre alla già citata antologia della poesia italiana degli ultimi 50 anni.
Dopo questo interessante annuncio si torna ai poeti con le loro poesie, nella 3^ parte della sezione “Di penna in penna”, sulla poesia italiana. Mascolo invita a salire sul palco Michele Bordoni con Gianni Gualtieri che presenta il giovane poeta con tante pubblicazioni e riconoscimenti, impegnato anche in un interessante lavoro di ricerca sulle immagini, i suoi testi sono apparsi in una rubrica sui poeti dei trent’anni. Alla domanda su come si rapporta la sua poesia con le immagini, riferendosi ai risultati delle sue ricerche, risponde tra l’altro che cerca di fermare i flussi di immagini mentre lo attraversano. Alcuni versi della parte finale di una poesia senza titolo sulla “Camera di ascolto” di Magritte, tratta da “Poeti italiani negli anni ’80 e ‘90”, a cura di Giulia Martini, 2022: “… ascolto senza possibilità di voce/ pittura deprivata di parola,/ silenzio che si incunea nella sala e splende/ nel verde di smeraldo, bocca/ chiusa, morso non dato al mondo fuori/ che dentro il vuoto di finestra aperta/ nel grigio di mattoni lì a sinistra/ racconta del mare.”
Segue Yvonne Mussoni, viene presentato il suo libro di poesie del 2021 “Sirene”, in cui la creatura Sirena prende la parola e in modo quasi oracolare con una narrazione che riguarda la perdita dell’innocenza. L’autrice spiega che lo ha scritto mentre lavorava alla tesi di laurea, quindi con molti approfondimenti, e cita le “Metamorfosi” di Ovidio con la storia delle Sirene, presenti al rapimento di Persefone per portarla all’Ade con un abbraccio che non era d’amore ma veniva dall’inferno; vengono punite perché innocenti – è questo il paradosso intrigante – dotate di ali per cercare Persefone e di una sguardo capace di penetrare in profondità nel cuore degli uomini, perciò il loro canto è così trascinante. Ecco un frammento:”Legge naturale è smarrirsi/ per vostra profonda natura/ sentite il richiamo/ dell’essere persi per sempre./ Perderò la mia voce/ per potervi tenere come il più grande dei segreti./ Solo guardarmi negli occhi è ritornare/ nell’esatto luogo dove/ per la prima volta e senza fine/ avete smarrito al rotta/ e siete davvero, per poco, esistiti”.
Torna “Poesia sconfinata”, la 2^ parte di poeti stranieri è aperta da Mary Jean Chan, presentata dalla sua traduttrice Giorgia Sensi, da poco è uscito il suo libro di poesie. Una vita movimentata e inquieta, prima a Hong Kong per studiare business, poi nel Regno Unito per studiare politica ma non soddisfatta va negli Usa per studiare di nuovo business, finalmente trova la sua strada nel Regno Unito con la poesia. Nell’Università di Oxford diventa docente di scrittura creativa, nel 2019 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie, “Flèche” con un prestigioso editore inglese, tradotta in italiano. “Fleche” è un movimento della scherma, l’affondo, lei frequentava un corso di scherma che riteneva importante, una poesia si ispira proprio alla scherma. Due temi metaforici la agitano, l’identità dell’orientamento sessuale e l’identità cinese contrapposta a quella europea, con contrasti anche familiari e problemi di razzismo. Ma le sue sono poesie d’amore, di diverso contenuto e forma poetica fino ai sonetti, divise in sezioni con titoli cinesi. Da “Fléche”, Interno Poesia” 2023, la parte finale della poesia “(Auto)biografia”, traduzione di Giorgia Sensi: “Quella volta che mia figlia mi disse che amava una donna e/ io mentii e le dissi che era tutto a posto. Tre anni/ di carestia cosa insegnano a una persona? Niente/ Tranne che esiste una cosa che si chiana fame perpetua/ che la perdita batte sulla finestra come pioggia. Tranne che/ mio padre mi amava e ritornò – non appena poté -/nella farfalla dalla coda forzuta che svolazzava/ nell’appartamento, nel nostro pet Papillon, nella mia amata figlia”.
Natascia Sardzoska viene dalla capitale della Macedonia del Nord, la accompagna l’editore Andrea Cati, docente con dottorato in antropologia, ha pubblicato diverse raccolte poetiche tradotte in 20 lingue, è traduttrice di molti poeti anche italiani, in particolare è la prima traduttrice di Pasolini. Il libro che presenta, di poesie scritte dopo la morte del padre con il richiamo a Dio, è imperniato sul linguaggio del corpo, dà voce ai vari organi, portatori principali della sconfitta e del dolore umano. L’insegnamento è che si può fallire e non sempre avere successo, per questo è un libro di dolore e di pena, ma non solo. Cati le chiede come interagiscono in lei le varie lingue che parla e nelle quali è traduttrice, risponde che la traduzione letteraria è un lavoro difficile per le sue contaminazioni, tutto è molto permeabile, con i vari mondi che si incontrano, ma quando lei traduce un poeta, pur con tutte le proprie motivazioni, si immerge nel suo mondo. Da “Osso Sacro, Interno Poesia” 2020, la conclusione della poesia “Giochi senza limiti”: “… perché solo l’illusione ci nutre/ e tutto quello che è niente/ e tutto quello ch’è di nessuno// buttati via da tutti i lati del mondo/ inarrivabili ladri di tempi/ inghiottiamo solo i nostri inganni// ma giammai/ le nostre verità”.
Di nuovo la poesia italiana con la 4^ parte di “Di penna in penna”, inizia Nadia Agustoni accompagnata da Maria Grazia Calandrone che indica i motivi del suo apprezzamento. Il primo è la rarefazione della scrittura della poetessa che significa densità di fondo di ciascuna parola, pesante e significativa; poi la coesistenza tra uno sguardo che viene da lontano e uno sguardo che si ferma ad analizzare il dettaglio, dalla panoramica del mondo e dell’umano al particolare nei fatti. “Bisogna amare il poco per capire”, il poco fino al dettaglio con il salto nella sua scrittura dalla densità alla rarefazione. C’è “il non capire che ognuno di loro è ognuno di noi”, si deve pensare a una “permeabilità dell’io che diventa un io collettivo”. Parla a nome della comunità di lavoro o di vita descrivendo le varie situazioni senza sovrastarle. Da “La casa è nera”, 2021, la breve poesia senza titolo: “Non portano il prato/ ma l’erba di queste notti/ cura il piangere e il prato/ li raggiunge lontano.// il cielo degli azzurri imprime/ un cuore alto/ e corrono i conigli allo scoperto/ si respirano da soli.//case senza tetto piene di luce/ i figli nel fuoco di fotografie// con la loro storia/ avranno le domande del viso”.
Paola Loreto è docente di letteratura anglo- americana e traduttrice, scrive libri dedicati ai poeti anglicani ed è autrice di diversi libri di poesie. Il suo discorso poetico è impregnato di natura, animali, umani: “la lirica è natura”, l’approdo è una posizione di parità con gli altri elementi dell’eco sistema, “gli altri della terra” oltre l’elemento umano che non è più predominante avendo la ragione e il linguaggio, ma diventa un elemento tra gli altri. Da “Case/spogliamenti”, 2016, l’inizio e la fine di una poesia senza titolo: “Nella prossima vita/ avremo una casa io e te, / Un orto, un giardino//… Nella vita che viene/ avremo un bambino/ ispido e nero/ selvatico, ardente./ Non avremo paura. Lasceremo la fine/ agli altri. Inizieremo”.
Poi Irene Santori con Fabrizio Santori, traduttrice, saggista, ha pubblicato diverse raccolte poetiche, dopo un soggiorno in Cina all’Università di Canton nel 2021 ha creato una collana di poesie bilingue, “Parallela”, che dirige oltre alla collana “Album” con l’incontro tra testi poetici ed arti visive. Nei suoi testi l’immagine della caccia, con preda e predatore, diventa un racconto spinto da una energia controllata in un confronto ininterrotto con la coscienza. C’è il senso del finito nella nostra condizione umana in cui preda e predatori tendono a identificarsi in “un paesaggio esistenziale che incontra il vuoto ed è esso stesso il vuoto”, arrivando dai recessi più profondi del nostro essere umano. Un rapporto predatorio c’è anche tra poeta e lingua nelle due direzioni, ed è alla base della collana, attraverso la traduzione e auto traduzione il poeta “sfugge alla casa circondariale della madre lingua”. Da “Il libro dei Liquidi!, 2021, la poesia “Una macelleria in Cisgiordania”: “Una pecora contromano/ da lontano fissa il suo cranio/ accanto a quello/ di un somaro issato per il naso/ nel pronao blu reale/ del macellaio sano di mente/ di schiena col pugnale e non so quale/ taglio di un cammello/scoppiato come/ il copertone/ del blindato.”..// Sgocciolano come se piovesse ma non spiove/ – fa spazio dentro al secchio al mio polmone-// e questa è Nablus/ e questo è niente”.
Dopo i tre poeti italiani, due poeti stranieri con la 3^ parte di “Poesia sconfinata”. Viene dagli USA Robyn Schiff, si presenta con la traduttrice Giorgia Sensi. Insegna all’università di Atlanta, ha pubblicato 4 libri di poesie. Il titolo della nuova raccolta è “Un richiamo a chi mi ha lasciato qui”, cioè all’autrice. Poi parla di un poema che nasce dal lavoro nel banco informazioni del museo Metropolitan, dove ha dovuto rispondere alle domande più varie sull’arte e su tanto altro, e questo le ha dato gli elementi per raccontarne la storia in due volumi. Dalla poesia “Quattro luglio”, inedita in Italia, traduzione di Giorgia Sensi, l’inizio e la fine: “Ricordo uno spettacolo/ di Antigone in cui lei/ si gettava sul pavimento/ dell’universo e raccoglieva/ un pezzetto di polvere. E’ quella/ la particella? La cosa mi colpì”//…C’era una particella sfuggita./ Glorificata dalla mia distanza/ Sentii gli zoccoli della polvere/ il ticchettio del copione/ che calibra l’oblio. Vidi/ penzolare la particella/ e Antigone aveva bisogno/ di fare qualcosa con le mani/ e così fece”.
Il secondo poeta è il marito. Nick Twemlow, giunto a Roma ma impossibilitato ad essere presente per un’improvvisa indisposizione, lei legge anche alcune sue poesie. Dalla poesia “Il sonno” inedita in Italia, traduzione di Giorgia Sensi, la parte centrale: “… Troppo stanco/ per sognare come sognano i ricchi. Le mosche si raccolgono/ sulla crosta del sandwich saltando dalla mano,/ così tranquilla, la mano, la mosca/ il sogno ispirato dal girare degli ingranaggi, leve e livelli, tutta l’astrazione messa/ a fuoco”.
Con la 5^ parte di “Di Penna in penna” , altri 3 poeti italiani. Riccardo Frolloni è anche traduttore, vive e insegna a Bologna dove da un anno ha fondato uno spazio letterario molto vivace sulla poesia con incontri e altre iniziative. Nella raccolta “Corpo striato” tratta il tema dell’assenza con un movimento continuo come un ballo, tra i personaggi la figura paterna, “l’assenza non è di mio padre ma sono io, l’assenza come un fatto che c’era prima e poi, ma entrambi sono presenti”. E confida: “Non avrei potuto scrivere della morte di mio padre, ma la poesia è un racconto di chi esiste, come fosse nell’altra stanza diviso solo da una parete sottilissima”, in una presenza-assenza che lascia come traccia una testimonianza. Da “Corpo striato”, 2021, la seconda parte della poesia “Sogni”: “… mio padre già in cima/ del primo promontorio, ce ne sarà poi un altro/ e un altro ancora, ma neanche una parola, aveva il volto/ sereno, da uomo, mi ammoniva di salire, di darmi/ un tono, ma io arrancavo, passavo da altre parti, lo perdevo,/ lentamente gli altri scomparivano nelle nuvole/ e dietro ai sassi, io pure mi facevo più bianco, con la pelle/ fredda di sudore, mi dicevo non svenire ora, resta sveglio, svegliati”.
Gabriella Musetti viene presentata come “infaticabile portatrice di poesia e di parola poetica”, fondatrice e direttrice editoriale di due case editrici, attiva negli incontri internazionali e nelle residenze estive da molti anni, ha curato volumi e riviste letterarie e pubblicato numerose raccolte poetiche. Nelle sue poesie parla spesso di Tempo, e anche di Spazio, è come “abitare un limbo”. Tempo inteso non solo in senso lineare come tempo che passa, e neppure in senso circolare come tempo che ritorna, ma come “tempo interrotto, il tempo delle ripetizioni, del pensiero, elementi che visti in sequenza danno spazio a poesie diverse”; e viene sottolineato lo “spazio”, che nella sua poesia alla fine si lega con il tempo come avviene nella fisica. Da “Un buon uso della vita”, 2021, una breve poesia senza titolo: “ le storie sono all’inizio/ tutte uguali/ nasci da un ventre aperto/ dal buio vedi la luce/ ma subito la storia cambia/ secondo il luogo lo status/ il modo e l’accoglienza/ non c’è una regola prescritta/ uguale a tutti/ ognuno trova a caso la sua stanza/ chi bene – felice lui o lei – chi/ con dolore”.
Segue la poetessa Mariagiorgia Ulbar, nata a Teramo – il capoluogo di provincia del nostro paese natìo alla falde del Gran Sasso, Pietracamela, ci sia consentita la citazione personale – vissuta a Bologna e ora a Roma con ritorni in Abruzzo, anche in questo ci identifichiamo con lei. Ne parleremo nel prossimo articolo insieme ai rimanenti poeti della “maratona” fino allo spettacolo conclusivo.
Info
Auditorium della Conciliazione, via della Conciliazione 4, Roma. In televisione l’intera giornata è stata trasmessa in “streaming” su Rai Cultura e Rai Scuola ed è raggiungibile su Rai Play, le singole parti sono su Youtube. Il primo articolo sulla manifestazione è ucito in questo sito il 13 febbraio u.s., il terzo e ultimo uscirà il 18 febbraio p. v.. Cfr. in questo sito i nostri articoli, sulle precedenti edizioni dei “Ritratti di poesia” 20-21 maggio 2022, 12 marzo 2020, 17 febbraio 2019, 1° e 5 marzo 2018, 10 marzo 2017, 10 febbraio 2016, 15 febbraio 2013, 9 maggio 2011 ; su Emmanuele F.M. Emanuele 22 ottobre 2019, 14, 20 aprile 2019; su Pasolini citato, gli articoli nel centenario della nascita il 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 marzo 2022
Photo
Le immagini sono state tratte dal sito www.ritrattidipoesia.com tsi ringrazia l’organizzazione, con i titolari dei diritti, per l’opportunità offerta. Ciascuna fase della manifestazione è documentata con la relativa immagine. In apertura, Un’immagine dal fondo della sala; seguono, “Di penna in penna 2”, Maria Clelia Cardona con Fabrizio Cantoni, e Cesare Imbriani con Mascolo; poi, “Scoprire la libertà”. Loredana Foresta, e Stefania Rosiello; quindi, “Poesia sconfinata” 1^, Mina Gori , e “In altalena con Faber” Ilaria Pilar Patassini, con Mascolo, inoltre, “Idee di carta”, Marco Marino con Mascolo, “Di penna in penna” 3^, Michele Bordoni a sin. con Gianni Gualtieri, e Yvonne Mussoni; continua, “Poesia sconfinata” 2^, Mary Jean Chan, e Natascia Sardzoska; poi, “Di penna in penna” 4^, Nadia Agustoni con Marta Grazia Calandrone, Paola Loreto, e Irene Santori con Fabrizio Santori, quindi, “Poesia sconfinata” 3^, Robyn Schiff, al centro, con Giorgia Sensi e Mascolo; inoltre, “Di Penna in penna” 5^, Riccardo Frolloni a dx, e Gabriella Musetti; in chiusura, un’immagine laterale della sala.