di Romano Maria Levante
Concludiamo l’excursus del lungo percorso dell’artista Lina Passalacqua dopo aver rievocato nel primo articolo l’itinerario di vita e di arte, con i riconoscimenti e le iniziative nei vari decenni del suo impegno senza sosta, spinto da una passione inesausta e sostenuto da un’energia inesauribile; nel secondo articolo abbiamo aggiunto i contenuti e i valori del “Manifesto per l’Arte” da lei sottoscritto con altri 24 artisti e poi siamo entrati nella sua arte con le emozioni suscitate dalle sciabolate di colori luminosi del ciclo “Quattro stagioni” e con incursioni di natura diversa nei “collage” e nel cibo. La nostra attuale conclusione dà conto dell’intera sua ricchissima produzione, rievocando la mostra antologica “Lina Passalacqua. Cosmico dinamismo” , svoltasi al Vittoriano dal 15 dicembre 2017 al 14 gennaio 2018, a cura di Carlo Fabrizio Carli, che ne ha dato una sintesi molto significativa e spettacolare esponendo circa 130 opere. di cui 20 della serie “Fiabe e leggende” e 110 dei cicli precedenti, da “Le quattro stagioni”, dal 2010 al 2013, che abbiamo illustrato ampiamente nel secondo articolo, ai “Voli” e le “Vele”, dei decenni dagli anni ’60 al ‘2000, fino all’”Arte sacra”, ai “Ritratti” e ai “Flash”; e terminiamo dando conto della mostra “Io….e il mare” – in corso a Roma dal 1° al 16 marzo 2024 nella galleria “Plus Arte Puls” in Viale Mazzini 1, a cura di Ida Mitrano e Rita Pedonesi – a coronamento di una strepitosa carriera. Dei singoli cicli abbiamo dato un’idea nel primo articolo con una immagine per ciascun ciclo, qui riporteremo 8 immagini per i due cicli commentati e una del ciclo “Vele”. .
La mostra “Cosmico dinamismo” a cavallo delle festività natalizie del 2017 è stata un’esposizione dai colori sfolgoranti, sciabolate cromatiche e luminose che hanno allietato i visitatori, dopo lo spettacolo non certo esaltante dell’abete natalizio spelacchiato di Piazza Venezia e degli addobbi smorti di Via del Corso. Benvenuta l’arte che rianima e ravviva!
Nel commentare la mostra del 2013 al Vittoriano con 40 dipinti sul tema “Le quattro stagioni”, realizzati nei tre anni precedenti, abbiamo riportato le parole di Carmine Siniscalco: “Ce l’ha fatta Lina Passalacqua a realizzare il suo sogno: dipingere un ciclo concepito quale epilogo di una vita dedicata alla pittura per vizio e passione”. Ma, scusandoci ora dell’autocitazione, abbiamo aggiunto: “Un epilogo che è solo una nuova tappa, data la vitalità dell’artista e la sua storia personale”. Ebbene, abbiamo visto giusto perché la mostra del 2017-18 era imperniata su un nuovo ciclo, “Fiabe e leggende”, con opere realizzate anch’esse nel triennio precedente l’esposizione nella stessa sede del Vittoriano, che si è estesa alla antologica dell’intera vita artistica; fino alla mostra attuale “Io… e il mare” aperta il 1° marzo 2024, sul ciclo recentissimo anticipato nelle “Vele” del lontano passato.
L’artista conferma così la predilezione per i cicli pittorici decennali, che prima delle “Quattro stagioni” avevano visto i “Voli”, prima ancora le “Vele”, e i cicli dei decenni precedenti, “anni 90” e “anni ‘80”, “anni 70 e “anni ‘60”, fino all’“Arte sacra”, ai “Ritratti” e ai “Flash”, tutti nella mostra.
Commentando questa mostra, che è anche un’antologica sui vari cicli artistici, li ripercorreremo tutti dopo aver sottolineato gli elementi comuni.
Freschezza ed entusiasmo, futurismo e “astrattismo di matrice lirica”, “presenza figurale”
Sul piano umano spicca l’atteggiamento che lo stesso Siniscalco ha definito “la freschezza e l’entusiasmo di una neofita che non rimpiange l’ieri ma vive il suo oggi guardando al domani”. Anche qui una conferma di quanto già avevamo notato per le “Quattro stagioni”, nate da un’osservazione della nipotina Sara sul loro susseguirsi, ciascuna con i propri colori; bastò questo accenno perché l’artista lo sentisse come una sfida che raccolse dando questa risposta: “Picasso diceva che ‘occorre una vita per diventare bambini’. Io con te lo sono diventata”.
Ora è andata oltre, quello che poteva essere l’epilogo è stato superato da un ciclo ancora più legato ai bambini, dando corpo maggiormente alla massima picassiana. Perché questa volta si è ispirata alle favole infantili, oltre alle leggende che si possono definire favole per adulti. E ci vuole freschezza per immedesimarsi ed entusiasmo per impegnarsi, gli stessi stimoli che l’hanno portata ai cicli precedenti, altrettante sfide raccolte.
Non è soltanto una “forma mentis”, nè un atteggiamento, ma una modalità espressiva che nasce dai bozzetti realizzati con piccole tessere variopinte di varia natura, in un gioco di puzzle che richiede la freschezza quasi infantile unita all’entusiasmo nella composizione. Questi bozzetti nella mostra accompagnano i quadri a olio che ne sono derivati, ponendosi peraltro come opere a sé stanti, e non meri studi preliminari superati dall’opera finita: sostituire le pennellate con petali, carte colorate o frammenti di fotografie è un altro modo di fare arte.
L’altro elemento comune è un cromatismo brillante, anzi rutilante nelle sue sciabolate di colori giustapposti in contrasti che rendono il senso di un dinamismo vitale, quali che siano i soggetti nei diversi cicli. E’ una evidente matrice futurista vissuta in chiave personalissima che dà all’artista l’ulteriore merito di essere sempre sfuggita, in oltre mezzo secolo di intensa attività pittorica, al fascino delle tante avanguardie per ancorarsi al patrimonio pittorico forse più originale che il nostro paese può vantare nell’epoca moderna, quello del futurismo; e lo ha fatto ben prima dello sdoganamento, per così dire, seguito a un’innegabile forma di ostracismo che per tanto tempo ha oscurato tale corrente artistica italianissima e, in nel campo dell’arte… scritta lo stesso Gabriele d’Annunzio.
Abbiamo detto che rivive il futurismo in chiave personalissima, con l’apporto di evidenti elementi dell’astrattismo, in un contesto travolgente di cromatismo rutilante e dinamismo compositivo. Il curatore della mostra antologica, Carlo Fabrizio Carli, conviene sulla compresenza di futurismo e astrattismo, ma riguardo ai casi in cui “la presenza figurale è ridotta al minimo”, che ci sembrano prevalenti, osserva: “Eppure ritengo che la pittura di Passalacqua resti, anche in questi casi, di istanza perentoriamente figurale a tal punto che le motivazioni concretiste vengono meno rispetto alle pulsioni del vero fenomenico, che la pittura della nostra artista assedia con urgenza non eludibile”. Vero fenomenico che non è l’apparenza visibile ma la realtà rivissuta dall’artista.
Il ciclo “Fiabe e leggende”
Dopo alcune opere introduttive all’ingresso della mostra, nella sala principale subito i dipinti spettacolari del ciclo “Fiabe e leggende”, del 2015-17. Nelle 20 opere esposte si trovano frammenti figurativi percepibili, inseriti nell’esplosione cromatica e nel dinamismo compositivo di marca futurista con elementi di astrattismo, tre stili integrati mirabilmente nella difficile sfida di rendere gli stupori e le illusioni, la fantasia e la sensibilità infantili. Possiamo dire che l’artista ha vinto questa sfida, proprio per l’entusiasmo e la freschezza che la contraddistingue, fattori indispensabili per immedesimarsi in un mondo così particolare: un mondo da non considerare minore, per il significato profondo e i messaggi trasmessi dalle favole, al di là dell’apparente semplicità e ingenuità delle vicende che sorprendono la sensibilità infantile.
L’elemento figurativo è in maggiore evidenza nelle due versioni di “Pinocchio”: un grande olio su tela del 2016, l’inconfondibile figura del burattino in alto a destra ha dei riquadri colorati nel corpo, tra intensi piani cromatici in cui si intravedono altre figure, e un piccolo collage su carta in cui si vede chiaramente la figura del burattino che si muove deciso, a terra una maschera.
Ritroviamo l’ornamento carnevalesco in “La maschera e il volto”, un figurativo altrettanto marcato in cui la maschera viene sollevata dal volto di cui colpisce l’incarnato rosa con i grandi occhi, sempre all’interno di un cromatismo molto intenso. Così “Malefica” e “Specchio delle mie brame”, oli su tela in cui il figurativo è dominante come in ”Pinocchio”, con i due volti che occupano il centro del dipinto, intrigante il primo scuro e aggrottato, misterioso il secondo coperto da un maschera chiara. Queste due ultime, inserite nel ciclo, sono “meno positive e scontate – osserva Carli – Non a caso, al loro proposito, Passalacqua evoca l’immagine della maschera, pronta ad occultare i lineamenti del volto, a dare vita a una continua alternanza di verità e di finzione: una realtà metamorfica, com’è metamorfica la vita”.
Sono, in fondo, le più tenebrose, tutto torna nella chiarezza adamantina della freschezza unita all’entusiasmo in “Peter Pan”, dal dinamismo estremo reso dalla proiezione verso l’alto dell’esplosione di un verde intenso con sprazzi bianchi come nell’avvento della primavera. Stessa sensazione dinamica ed esplosiva in “L’uccello di fuoco”, invece del verde il rosso e l’arancio, non si punta verso il cielo ma verso la terra, ci ricorda specularmente l’avvento dell’estate.
La dominante rossa anche in “Il bosco incantato” e “La lampada di Aladino”, in cui invece del prorompente dinamismo si sente l’elaborazione fantasiosa, nell’intrico cromatico del bosco e nelle spire che evocano la magia del gigante che esaudirà qualunque desiderio, il sogno di tutti i bambini.
Dai colori caldi, anche ardenti, alle tinte fredde in “Il soldatino di piombo” e nelle tre opere del 2017, “Il principe azzurro”, “La fata turchina” e “L’uccellino azzurro”: nella “Fata turchina” la “presenza figurale” di cui parla Carli.
Nei “Tre porcellini” e in “Alice nel paese delle meraviglie” bastano delle forme apparentemente indistinte ad evocare le fiabe, ma non si cerca la presenza figurativa, presi dall’esplosione cromatica che in entrambi è notevole.
Si resta con un interrogativo: chissà quale intimo richiamo interiore porta l’artista a modulare la presenza figurativa nel contesto futurista e astrattista lirico della composizione? La risposta non può darla, crediamo, neppure l’artista, dato che è evidente come sia trasportata dall’impeto creativo.
Abbiamo lasciato per ultima la distesa di sabbia, mossa e variegata, con delle piccole sagome appena delineate, dell’opera nata dalla leggenda araba che l’artista ci ha invitato a considerare con molta attenzione, “La nascita del deserto”. Un granello di sabbia lasciato cadere dalla divinità per ogni cattiva azione degli uomini ed ecco che il verde lussureggiante – ci torna in mente com’era ubertosa l’”Arabia felix” – lascia il posto al deserto inospitale. Con una battuta impertinente abbiamo osservato che l’Europa – e tanto più il nostro Abruzzo, “la regione verde d’Europa”- sembrerebbe la terra delle buone azioni mancando i deserti, ma il nostro è un dio diverso che evidentemente ha punito l’uguale cattiveria in un altro modo. A parte le battute, l’immagine è coinvolgente con il giallo arancio abbacinante, come nel film “Lawrence d’Arabia”.
I cicli precedenti, un cenno a “Le quattro stagioni”, indietro nel tempo i Voli” e le “Vele”
Nel ciclo “Le quattro stagioni”, del 2010-13, pur nell’incrocio tra futurismo e astrattismo che dovrebbe portare a forme incorporee segnate solo dalla luce e dai colori, si avverte una intrinseca plasticità che fa sentire la presenza viva e non solo virtuale della natura. E nel contempo ne rende la sublimazione in qualcosa che va oltre la percezione sensoriale perché attiene a un’altra dimensione, quella dello spirito e della fantasia. A questa premessa non facciamo seguire l’analisi dei 20 dipinti del ciclo avendone già parlato nel commentare la mostra del 2013 ad essi dedicata nell’articolo precedente a cui rinviamo. Evochiamo solo la visione d’insieme suggestiva, ponendosi al centro dello spazio espositivo ci si sentiva circondati dalle forze della natura nel loro manifestarsi in una tempesta cromatica che diventava uno tsunami travolgente.
Indubbiamente la serie “Le quattro stagioni” è stata preparata da quella dei “Voli”, entrambe animate dallo stesso dinamismo cosmico: forme e luce sono strettamente compenetrate nell’interpretare i fenomeni naturali con la vitalità futurista unita al lirismo dell’astrazione che traduce l’evento esteriore in emozione interiore. Nei “Voli” il soggetto sono i 4 elementi della filosofia classica, Aria e Acqua, Terra e Fuoco, posti a fondamento di tutto. “Al sogno dell’intensità cosmica corrisponde – osserva Maria Teresa Benedetti riportando le parole di Gaston Bachelard – il tema della immensità interiore”. E lo spiega: “L’artista istituisce una dialettica serrata fra natura e coscienza, allude a una continua capacità di evoluzione e rinnovamento, articola le immagini secondo un impulso felice ed estroso, in una sfida esigente nei confronti della propria ricchezza fantastica. Propone traiettorie di segni sorrette da linee luminose, sublimate in essenza dinamica”.
Con i “Voli” siamo negli anni 2003-2006, l’“Aria” è evocata da forme mutevoli e mobili, come scosse dal vento. In “Turbinio” e Fremito”, “Volerò come un gabbiano”, “Voli” e “Lassù una stella”, l’intrico di forme e colori rende il senso del volo e lo slancio vitale, insieme con il senso dell’ignoto. Nell’ “Acqua” evocata nella superficie e profondità, si percepisce la presenza figurativa in “Addii”, “Alghe” e “Abissi”, quest’ultimo con una sciabolata di luce verticale che ricorda le cascate di Hokusai, mentre in “Dal mare” e “Notturno” il blu intenso dell’acqua è rischiarato da fiotti di luce bianchissima. La “Terra” ha tonalità ombrose, intime, ma anche macchie di luce, in “Vento” e “Vortice” si esprime tutto il dinamismo futurista, in “Vita” e “Silenzio” immagini luminose quanto enigmatiche si muovono nell’oscurità, in “Terra” un battito d’ali evoca lo slancio nell’elevarsi dal suolo. Infine il “Fuoco” è un incendio cromatico di luce e di calore, festoso e vitale nel rosso senza variazioni, percorso da forme allungate in “Icone”, “Tensione” e “Fuoco”, rotondeggianti in “Misteri”, “Visione” e “Alba”.
Ancora più indietro nel tempo, con le “Vele”, 1993-97, si entra in una materia allegorica, come osserva Carli, nel ricordare la sua presentazione della relativa mostra nel 1999: “Gonfiare le vele è espressione sinonimica della partenza, dell’avvio dell’umana avventura, degli Argonauti che puntano temerari oltre le colonne d’Ercole, al di là di terre e mari allora conosciuti”. Sono “associazioni simboliche” esplicite in “La vela di Ulisse” e “Vele sul Nilo”, “Verso la libertà” e “Vele di fuoco”; mentre l’elemento cosmico, evocato nell’opera omonima, torna in “Tramonto” e “Nel sole”, “Ombre” e “Riflessi”, “Notte magica” e “Trasparenze”. La maggior parte con dominante rossa , soltanto “La vela di Ulisse” e “Trasparenze” con dominante blu, a riprova che non è tanto la natura il riferimento delle opere, quanto le “valenze mitiche” evocate, fino al “folle volo” dantesco.
Dagli anni ’90 agli anni ’60
Andando oltre le tematiche fin qui illustrate, che arrivano agli anni ’90, la retrospettiva abbraccia addirittura altri tre decenni di intensa attività artistica nei quali le presenze figurative sono sempre più evidenti man mano che si va all’indietro nel tempo. Le troviamo nei 4 “Frammenti” del 1992, delle ruote e un’immagine femminile, in “Le palme dell’oasi” con il ventaglio di foglie e, negli anni ‘2000, nei visi dall’espressione intensa in “Cleopatra, più forte della morte”, 2002, e “Nei meandri della bellezza”, 2015, bellezza evocata dalle trasparenze dietro cui si delinea il corpo della Tosca di Puccini in “Le belle forme disciogliea dai veli”.
Negli anni ’80 abbiamo lavori nati dall’emozione del momento, nei quali la presenza figurativa è dominante. Così lo sportello dell’automobile di “Uno spiraglio di luce in uno stato di angoscia”, 1982, e i due visi diafani in “Nozze d’argento”, il volo della donna che si eleva sulle banalità in “Liberati dalle pastoie! Esisti!”, 1984 – esortazione di cui l’artista ha parlato nel documentario celebrativo dei 90 anni – gli elementi identificativi in “La luna fa capolino tra i boschi di Cesiano”, e “Frammenti nello spazio”, anch’essi del 1984; negli ultimi anni del decennio, 1988-89 i particolari figurativi sono meno evidenti, anche se percepibili, in “Traguardo” e “La motoretta”, “Movimento” e “Mischia”, mentre in “Schegge di memoria”, 1988, due figure femminili e due volti maschili sono inseriti tra intriganti viluppi cromatici.
Di sorpresa di sorpresa, negli anni ’70 troviamo dei “Bassorilievi”, 1972-73, in legno, e un’altra serie di opere ispirate dalla quotidianità, però lontane dal figurativo: sono gli anni dell’ “Omaggio a Balla”, che segna l’ingresso dell’artista nel futurismo, prevalgono le segmentazioni geometriche con cromatismo armonizzato e non contrastato come nelle opere successive. Ecco i titoli: “Bosco” e “A Pezzara”, “Frammenti meccanici” e “Autunno”, “Costruire (paravento” e “Sinfonia”.
Il figurativo è la forma espressiva iniziale negli anni ’60, pur con inflessioni cubiste nei volumi, lo vediamo soprattutto nel “Panorama di Sant’Eufemia d’Aspromonte” 1960, e nel “Cortile dei cugini Grilli” 1962; sfumate le vedute degli “Altipiani di Aspromonte”1960, e “Dal terrazzo di Via Laura Mantegazza” 1965. Da queste vedute inizia il viaggio artistico di un sessantennio.
Le tematiche senza tempo: “Arte sacra” e “Ritratti”, fino ai “Flash”
Abbiamo detto che nei diversi periodi della propria vita artistica la Passalacqua si è concentrata su precise tematiche, dai “Voli” e le“Vele”, a “Le quattro stagioni” fino a “Fiabe e leggende”, in genere non tornando sugli stessi temi dopo essere passata ad altri.
Non è stato così per le tre ulteriori espressioni artistiche con cui concludiamo il nostro racconto della mostra del dicembre 2017: l’”Arte sacra”, i “Ritratti” e infine i “Flash”.
Per l’“Arte sacra” si va da “E venne un uomo”, “Paolo VI”, “Calvario”, “Calvario tecnologico” 1968-71, ad “Armonia”, “Calvario oggi”, “Dolore cosmico” 1984-87, fino a “Il verbo si è fatto carne” 1989. I più antichi a inchiostro e acquerello, gli altri a olio: “Calvario oggi” lo accostiamo alla “Crocifissione” di Guttuso, “Dolore cosmico” è struggente nell’immagine della “deposizione” in un figurativo con sprazzi futuristi; che sono prevalenti in “Il verbo si è fatto carne”, sul quale Carli afferma: “Non è eccessivo parlare di capo d’opera: Fillia l’avrebbe sicuramente inserito in un ideale repertorio di arte sacra futurista”.
I “Ritratti” vanno dal 1963 al 2017, soprattutto in carboncino su carta, come “Mia madre” e “Dos Passos”, “Henry Furst” e Carlo Alianello”, tutti del 1963; in matite anche colorate su carta,“Mario Verdone” 1988 e, negli anni ’90, “Fiammetta Jori” ed “Elena Sofia Ricci”, “Mia figlia Laura” e “Mia figlia Livia”, fino al critico “Renato Civiello” e, nel 2001, “Giorgio di Genova”. Ritratti disegnati con ombreggiature e chiaroscuri, volti e busti visti al naturale.
Negli oli, invece, i ritratti fanno parte di composizioni futuriste, come in “Autoritratto” e “Ritratto di Katia Luisi“, mentre nel “Ritratto di Carlo Bilotti” e nel “Ritratto di Edvige Bilotti Miceli” vi sono dei multipli alla Warhol, nel primo anche con la solarizzazione, ma non incasellati geometricamente bensì inseriti in un intrigante contesto di atteggiamenti e richiami alla memoria.
L’ultima serie senza tempo è quella dei “Flash”, che accompagnano l’intera produzione artistica della Passalacqua, tanto che nella mostra loro dedicata ne furono presentati circa 70 ordinati per decenni, dagli anni ’60 agli anni ’90, e nella mostra antologica qui commentata una diecina rappresentativi degli stessi decenni: si va dal “Centennale dell’Unità d’Italia”, “Mele” e “I media” degli anni ’60, a “Maternità” e “Incidente”, “Lo specchietto delle allodole” e “Il negativo e il positivo” degli anni ’70-‘80, “Fermare il tempo” e “Lisa”, “Abbraccio” e “Stelle marine” degli anni ’90.
Sono ispirati alle sensazioni immediate dell’artista la quale, in un colloquio con Enzo Benedetto del 1989, ha detto di essere “impressionata dai flash della nostra epoca, dalle ‘schegge’ di vita che ci colpiscono continuamente”, allorché “tutto appare frammentario, anche i sentimenti” e ha concluso: “Vivo in una società fatta di flash, che rischia di perdere la memoria storica e, forse, anche quella morale”. La mantiene in vita l’artista, col ricorso alla Pop Art oltre che al futurismo e all’astrattismo lirico legati alle “presenze figurali”.
Descriviamo i suoi disegni-pittura con le parole di Renato Civiello: “C’è tanto delicato vibrare di motivazioni colloquiali, pur nella persistenza della metafora e dell’analogia allegorizzante, c’è tanto flusso patetico sotto la generosa vendemmia delle forme, tanto calore di avvertimenti dietro le smaglianti fughe della illusorietà fenomenica, che l’approdo d’arte è interamente abilitato ad un rapporto corale e permanente”. C’è anche tanta umanità, per questo sono “interamente fruibili come dono di grazia e di forza; come eloquenza attiva, che coinvolge la cronaca e l’universale”. Pensando all’intera produzione artistica; “Nell’opera della Passalacqua tutto è armonia, sapienza distributiva, respiro poetico. La gamma che s’innnerva o si dissolve riconduce alla stessa mediazione non asettica, ma implicante, piuttosto, e prodiga di risonanze durature. L’arabesco e il volume, l’idea e la passione concorrono, parallelamente, ad esplorare il mistero di vivere”. In un percorso durato finora 60 anni.
L’ultimo ciclo, ancora più’ personale, “Io… e il mare”
“E la storia continua”, sono le parole con cui si chiudeva, oltre dieci anni fa, il catalogo della mostra sui “Flash”. Ebbene, restano quanto mai valide per merito dell’entusiasmo e della freschezza che hanno sempre accompagnato Lina Passalacqua nel suo appassionato itinerario di arte e di vita. Intanto la storia continua con la mostra in corso a Roma dal 1° al 16 marzo 2024 nella quale ci immergiamo per concludere in bellezza la nostra rievocazione.
In bellezza innanzitutto per l’artista, maestosa con la sua chioma bianca e insieme accattivante nelle confidenze con cui ha presentato le sue opere, e anche per il pubblico intervenuto all’inaugurazione della mostra, con tanti bambini sinceramente interessati a guardare e ascoltare. E’ stato presentato di nuovo il documentario dell’incontro nel novembre 2023 per i suoi 90 anni, che ha fornito la cornice di vita e non solo di arte alla nuova espressione pittorica con protagonista il mare al quale – come ha confidato anche nel documentario – si è sempre sentita molto legata per la vicinanza al mare della sua casa a Genova negli anni formativi, e per averlo cercato sempre nei tanti luoghi che ha visitato. Negli anni 1993-97 aveva celebrato il mare con il ciclo “Vele”, che rendeva le immagini lontane di un qualcosa quasi irraggiungibile anche se molto sperato, una sorta di miraggio di potervi navigare.
Con il nuovo ciclo “Io… e il mare” – 23 quadri con dimensioni dai 50 ai 100 cm. – a distanza di trent’anni, il rapporto con il mare dal punto di vista artistico diviene molto più intimo, non solo nell’immagine che ne ha, ben più vicina e personale, ma anche nel suo significato coinvolgente proprio per il legame che alla soglia dei 90 anni sente ancora di più.
Guardiamo, allora, i dipinti esposti, cercando di immergerci anche noi nelle acque marine evocate con il celeste e blu al quale si aggiungono colori brillanti, dai rossi e viola ai gialli, cercando di immedesimarci nei motivi ispiratori evidenti fin dai titoli: alcuni sugli abitanti del mare, altri sul suo fascino, altri ancora sul suo mistero. La prima sensazione è di sentirsi trasportati in una nuova dimensione, come è stato per “Le quattro stagioni” con le forme e i colori evocativi; e la immersione marina è forse ancora più penetrante, le più diverse forme, per lo più indecifrabili sembrano sprofondare in un elemento nel quale restano spesso misteriose e per questo intriganti.
Si viene subito calamitati da un’opera di grande fascino, “Io…. e il mare” 2021, che evoca le Sirene come si immaginano nei sogni ma in versione umana, un’apparizione seducente che si dilegua, un miraggio nelle profondità marine, anche il titolo fa capire che è l’identificazione dell’artista, così legata al mare, con questo elemento, una sorta di sigillo personale. Non ci sono colori oltre il celeste che vira al blu con sprazzi di luce bianca, troviamo la stessa monocromia azzurra in altre, come “Frammenti di luce”, “Meduse” e “Dalla costa viola“, del 2021, “Brezza salmastra” e “Il blu di Sicilia”, del 2020, l’azzurro largamente prevalente in “Guizzi” 2020.
Per il resto nel celeste-blu marino irrompono conglomerati con forti contrasti cromatici particolarmente brillanti, in un perfetto “astrattismo di matrice lirica”, ma quasi sempre con la presenza figurativa, stilizzata nel suo elemento, di un pesce, in primo piano in forma simbolica in “Il pesce rosso” 2022. In “Fondali” e “Prendi il largo” del 2021, l’ambiente marino prevale sulle immissioni, del resto i titoli lo fanno capire, così in “Gli scogli di Nervi” e “Velieri ““, del 2022, dopo la serie “Vele” di trent’anni prima, qui abbiamo un sorta di parata festosa. In “Non ritorno” e “Girotondo” del 2021 e “La magia degli abissi” 2022, nel celeste marino un caleidoscopio di colori fanno sentire l’affollarsi dei sentimenti ispiratori, non decifrabili ma di cui si percepisce l’intensità.
Le “Profondità marine” 2022 sono rese con la verticalizzazione delle forme colorate che irrompono nell’azzurro, mentre “La luce rossa dei coralli” 2020, “Cavallucci marini” e “Conchiglie” del 2022 mostrano una prevalenza del figurativo sull’astrazione con elementi fortemente identficativi; in “Petrolio” 2021 è quanto mai eloquente la massa scura che strimge minacciosa le forme di vita marina. Si presta a un’interpretazione che supera il muro dell’astrattismo “Il suono dell’acqua” 2022, sembra provenire da una sorta di cornamusa circondata dal celeste tenue dell’ambiente marino. Restano due opere evocative di sentimenti che vanno ben oltre il mare nel quale sono calati, “Attesa” 2020 e “Le onde anomale della vita” 2022: ebbene, pur nell’evidente astrattismo decifriamo nel primo un affollarsi di forme indistinte, com’è l’ansia dell’attesa, nel secondo una sorta di barca celeste su onde in cui farsi cullare con il colore celeste quanro mai accogliente, come la sirena umana di “Io… e il mare”.
L’affollarsi di motivi a base dell’ispirazione è evidente nei bozzetti che non mancano anche in questo ciclo, non sono esposti in questa mostra ma saranno presentati in Valtellina trattandosi di una mostra itinerante. Sono 10 bozzettii, 2 tondi, 2 quadrati e 6 rettangolari, di dimensioni sui 15 cm tranne pochi vicini ai 20 cm., 6 sono del 2023, 4 espressamente indicati del 2020 e 2022. I due tondi sono festosi, con i pesci che si intravedono, “Dalle grotte di Nerone” dominante azzurra, “Fra le onde” dominante verde. Mentre i due bozzetti quadrati sono misteriosi, “Grande urlo d’azzurro” che vira nel nero, mentre “Enigmi” 2020 è sul blu con chiazze bianche. Dei 6 rettangolari due sono di un insolito eccezionale cromatismo scuro, sul marrone, trasmettono così immagini fosche, in coerenza con i titoli, “Naufragio” e “Relitto” 2022; due evocano la spinta in alto del mare con la loro verticalità liberatoria, sono “Nell’ombra” e “Grovigli”; abbiamo lasciato alla fine per chiudere in bellezza “Merletti di azzurro” e “La magia del mare” del 2022, veramente poetici per la sensazione che trasmettono con l’azzurro modulato da presenze discrete, viene voglia di immergersi in un elemento così invitante, anche se non c’è il richiamo di una Sirena ma sembra sentirlo, si ripensa alla sirena umana del dipinto “Io… e il mare” che abbiamo ammirato all’inizio calamitati dal suo fascino.
La maggior parte di questi bozzetti è del 2023, quando l’artista ha festeggiato i suoi primi 90 anni con l’incontro alla Galleria d’arte moderna in cui è stato presentato il documentario sulla sua vita e la sua arte “L’essenza geometrica delle passioni”, con il quale abbiamo iniziato la nostra rievocazione e ci torniamo in questa conclusione come nel gioco dell’oca. I bozzetti sono “collage su carta”, come tanti altri bozzetti precedenti, anche i titoli esprimono una persistenza ammirevole che conferma quanto emerso dall’intera sua produzione artistica personalissima.
I secondi 90 anni di Lina Passalacqua iniziano così, e sentendoci immedesimati e ammirati dopo la nostra retrospettiva non ci resta che porgere i nostri auguri più fervidi all’artista inesauribile e appassionata!
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Catalogo della principale mostra commentata: Lina Passalacqua, “Cosmico dinamismo”, a cura di Carlo Fabrizio Carli, Gangemi Editore International, dicembre 2017, pp.144, formato 21 x 30. Cataloghi delle mostre precedenti citate: Lina Passalacqua, “Le quattro stagioni”, Gangemi Editore, aprile 2013, pp. 64, formato 21 x 29,5; Lina Passalacqua, “Voli”, Studio S – Arte contemporanea, pp. 64, formato 21 x 29,5; Lina Passalacqua, “Flash”, Società Editrice Romana, marzo 2009, pp.103, formato 21 x 29,5. Dai Cataloghi sono tratte le citazioni del testo. Il primo articolo di questo servizio è stato pubblicato il 1° marzo 2024, il secondo il 5 marzo.. Cfr. i nostri articoli, sempre in questo sito: per le altre mostre citate “Manifesto per l’arte, con una mostra degli artisti firmatari” 3 aprile 2020,“Passalacqua, le quattro stagioni, al Vittoriano” 25 aprile 2013, “Collage-Pittura, Passalacqua e Terlizzi allo Studio S di Roma” 28 maggio 2014, “Food Art. Coltura e cultura, cibo di corpo, intelletto e anima” 1° aprile 2015; per il futurismo cfr. i nostri articoli del 2009, nel centenario, sulla Mostra del Futurismo a Roma 30 aprile, “A Giulianova un ferragosto futurista” 1° settembre, “Futurismo presente” 3 dicembre; su alcuni futuristi Tato, 19 febbraio 2015, Dottori e serata futurista, 2 marzo 2014, Marinetti, 2 marzo 2013; sugli artisti citati, cfr. i nostri articoli su Picasso 5, 25 dicembre 2017, Hokusai 2, 8, 27 dicembre 2017, Guttuso 14, 29, 30 luglio 2018, , Warhol 15, 22 settembre 2014, e anche D’Annunzio 12, 14, 16, 18, 20, 22 marzo 2013 ripubblicati dal 12 al 17 marzo 2021, e 10 aprile 2009.
Foto
Le immagini, tranne le ultime 3 fornite dall’artista, sono tratte dal sito www.linapassalacqua.com, un sito completo in ogni sua parte in cui sono ordinate per i sngoli cicli, si ringrazia l’artista per la cortesia e l’opportunità offerta. Sono riportate 8 immagini per le due mostre principali commentate, “Fiabe e leggende” e “Io… e il mare”, queste ultime precedute da un’immagine del ciclo precursore “Vele”, seguite da 3 immagini finali dell’inaugurazione della mostra in corso dal 1° al 16 marzo 2024. In apertura, Lina Passalacqua tra le sue opere “Io… e il mare”, 2021 a sin, e “Guizzi”, 2020 a dx; seguono, del ciclo “Fiabe e leggende”, “Pinocchio” 2016, e Peter Pan 2015; poi, “L’uccello di fuoco” 2015 e “Il bosco incantato” 2016, quindi, “La lampada di Aladino” e “I tre porcellini”, del 2016; inoltre, “Alice nel paese delle meraviglie” 2017 e “La nascita del deserto” 2016; dal ciclo “Vele”, “Nel Mare del Nord” 1996; per l’ultimo ciclo “Io… e il mare” in mostra: “Io… e il mare” e “Dalla costa viola”, del 2021, seguono, “Il pesce rosso” e “Velieri”, del 2022; poi, “La luce rossa dei coralli” 2020, e “La magia degli abissi” 2022; quindi, “Conchiglie” e “Il suono dell’acqua”, del 2022; infine, immagini della mostra in corso: Lina Passalacqua intervistata all’inaugurazione della mostra “Io… e il mare”, e La sala mentre l’artista presenta la mostra; in chiusura, Uno scorcio della mostra.