Si cconclude il nostro ricordo celebrativo di Ennio Calabria, l’artista scomparso il 1° marzo 2024, con l’ultimo dei 3 articoli usciti a commento della grande mostra antologica a Palazzo Cipolla, a fine 2018-inizi 2019. Abbiamo ripubblicato il primo articolo, sulla sua impostazione filosofico-artistica, il 1° aprile scorso, il giorno del trigesimo della scomparsa, il secondo articolo il 4 aprile sulle sue opere del trentennio 1958-88; l’ultimo articolo odierno, uscito il 10 gennaio 2019, riguarda le opere dal 1989 al 2018 quando si svolse la mostra. E significativo che la rievocazione sia iniziata il giorno di Pasqua, avendo negli occhi le sue suggestive Crocifissioni.
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di Romano Maria Levante
Dopo aver ripercorso i primi 30 anni del sessantennio 1958-1988, si conclude, con il trentennio successivo 1989-2018, la visita alla mostra antologica “Ennio Calabria, verso il tempo dell’essere. Opere 1958-2018”, aperta dal 20 novembre 2018 al 27 gennaio 2019 a Palazzo Cipolla, promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, presidente Emmanuele F. M. Emanuele, ideatore della mostra, organizzata da “Poema” con “Archivi Calabria”, supporto tecnico di “Civita mostre”, a cura di Gabriele Simongini, che ha curato anche il catalogo bilingue, italiano-inglese, della Silvana Editoriale.
Abbiamo ccncluso la rievocazione dei primi 30 anni dell’itinerario artistico e umano di Ennio Calabria sottolineando la nuova direttrice, con cui accentua ulteriormente il suo rifiuto di tradurre nell’arte le ideologie precostituite impegnandosi invece nella ricerca sull’essere umano nel mondo in cui vive mediante l’aderenza alla realtà, ma non al realismo, in una visione complessa con base filosofica volta alla conoscenza per percepire i germi del futuro.
La fiducia nella pittura e la coscienza del proprio ruolo
Ecco le sue parole illuminanti del 1985: “Ho dipinto quadri politici per molti anni, e continuo a dipingerne. L’unica differenza consiste nel fatto che prima io portavo confusamente nel ‘politico’ il mio privato anelito, il mio desiderio oscuro di trovare nel gesto politico una risposta ai problemi che evidentemente erano più profondi, e forse anche miei personali”; di certo, aggiungiamo noi, non suscitati dai dettati dei partiti della sinistra dai quali, pur aderendo alla loro visione politica, aveva segnato la più assoluta autonomia. E ora? “Questa presa di coscienza di oggi non significa una rottura col politico, significa una distinzione, una consapevolezza dei due livelli di partecipazione e di conoscenza”.
Ha ancora più fiducia nella sua arte: “Da qui per me è rinata, negli anni recenti, una forte rivalutazione della pittura come strumento per conoscere la realtà, strumento più valido della parola parlata, scritta e inflazionata, che serve più a nascondere che a far emergere”. E, di conseguenza, piena coscienza del proprio ruolo: “In questo senso, ho capito il contributo che un artista può dare anche al movimento politico, ed è usare il proprio strumento in modo conoscitivo. In sostanza, io posso essere un pittore che cerca di interpretare la realtà per gli altri. E quindi sono al di fuori del servizio di una ideologia”.
I canoni del Realismo socialista del tutto rovesciati, è l’artista a incidere con la ricerca di verità sulla politica, l’opposto che ridursi a megafono della sua propaganda.
Ci siamo soffermati su queste dichiarazioni perché ci sembrano di straordinario valore in assoluto, oltre a introdurre nel modo più adeguato il percorso del trentennio successivo, l’ultimo nel quale la politica, anche nella sua visione non ideologica, lascia il posto all’ispirazione sociale ma soprattutto esistenziale: “Il suo modo di vivere e confrontarsi con la realtà – afferma Ida Mitrano – è cambiato e guarda ora nel proprio profondo, dentro di sé”. Lo stesso artista dichiara di aver compreso come “si debba riconsiderare il mondo partendo da noi, da dentro, e che il mondo va rifondato attraverso noi stessi. In questo senso va interpretato lo spostamento avvenuto nella mia pittura”.
E’ stato sempre attento alla realtà, fuori dalle ideologie, ma ora “il processo di identificazione ha cominciato ad accadere per via interiore, cioè ho continuato l’analisi del mondo esterno dall’interno. In altre parole, è come se il cannocchiale si fosse spostato dentro di me”. Nel guardare dentro di sé vede che “le uniche informazioni importanti vengono dal tuo Sé profondo e non dal tuo Sé ideologico”.
Dal 1989 al 2000
Per la fine degli anni ’80, precisamente il 1989, sono esposti “Evento sull’acqua”, con la bandiera rossa caduta nel Tevere che “si scinde… si scinde… si scinde assumendo il metamorfismo dell’acqua”, e “Biografia rivisitata”, la madre scomparsa tre anni prima, vestita da sposa; “Inchiesta autobiografica” con le scure proiezioni dell’inconscio, e 2 opere dal cromatismo più vivo, “Rosso lacerazioni”, in cui torna il colore dell’”Evento nell’acqua”, e “Dallo scoglio” 1989, ci ricorda la rivelazione che fu per lui la rifrazione dell’acqua in mille immagini sugli scogli battuti dalle onde. Ne deriva che l’ispirazione dell’artista non fa riferimento a idee o progetti definiti, ma a una realtà in continuo divenire, il che determina una sorta di spaesamento con la ricerca di forme espressive sempre nuove, in grado di interpretare l’incessante processo di cambiamento, stimolate anche dalla riflessione a livello filosofico che accompagna come sempre l’evoluzione sul piano artistico.
Un’intrinseca instabilità non c’è solo nella realtà interna, ma anche nella sfera interiore. Perciò le forme delle sue composizioni diventano più sfuggenti e indefinite, per un metamorfismo insito nel cambiamento, e questo lo avvicina solo apparentemente all’informale, perché è sempre legato alla “realtà vista come capacità percettiva dei più”, che resta al centro della sua visione.
Afferma lui stesso che “non si pone di fronte ai fenomeni e agli accadimenti con il proprio ‘io’, già concluso e blindato, ma ne accetta la precarietà culturale, mentre lo valorizza come strumento sensibile e vibrante, che a petto delle sollecitazioni oggettive, smuove ed eccita l’intero arco della psiche, e quindi tutti gli strumenti che la personalità ha, al fine di conoscere”. E conclude: “Egli ricompone il proprio ‘io’ a valle, dopo averlo negato come identità conclusa a monte”. Nessuna regola prefissata, si tratta di rendere l’imprevedibilità delle trasformazioni del reale con il “sincronismo” e il “metamorfismo”, immagini di tipo nuovo che assumono una valenza simbolica.
Un’introspezione così complessa non può che tradursi in opere dall’interpretazione altrettanto complessa, che alla spettacolarità delle grandi dimensioni uniscono l’intrigante incertezza sul loro significato, con la suggestione delle forme più o meno evanescenti che animano le composizioni.
Per gli anni ’90 sono esposte 4 opere della serie “Ambiguità dell’intravisto”: 3 sono del 1992, si tratta di “Dinamismo della staticità”, “Uomo che guarda il mare” e “Donna e mare”: l’ossimoro del primo titolo deriva dalle forme coesistenti diverse tra loro e rispetto “a quell’immagine finale e complessiva che accadrà”, senza alcun rapporto di causa ed effetto, del resto negato dal sincronismo unito al metamorfismo; mentre negli altri due titoli il genere espresso trova vaga rispondenza in forme evocative per quanto fluide e indistinte.
Nell’opera del 1993, “Eretto antropomorfo”, è delineato l’uomo “antitetico all’automatismo della natura”, capace di “concepire la ‘fenomenologia del senso’”. Chiude il decennio “Accade in città” 1999, forme che si affollano in un intenso magma cromatico. In quest’ultimo anno partecipa alla XIII Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma, per la sua mostra a Bagnacavallo esce il catalogo 1995-96 dal titolo eloquente: “I confini del mondo nell’opera incisa di Ennio Calabria”.
Inizia il terzo millennio
Con il terzo millennio l’evoluzione continua, pur nella continuità ideale di fondo, il linguaggio pittorico diventa sempre più aderente al nuovo soggetto. Così lo vede la Mitrano: “Il contesto esterno sembra venire meno, perché l’attenzione è rivolta a se stesso come sedimento cui attingere, come magma entropico da cui la figura prende forma”. Ed ecco come si manifesta nella composizione pittorica: “Alcuni elementi, come un colore, un segno, un’ombra si rivelano significativi senza alcuna intenzione. E la figura, un pretesto per l’emersione di contenuti inconsci che attraverso quegli elementi acquisiscono forza esterna connotando lo spazio pittorico con la loro presenza”. Ancora più chiaramente: “Il segno non è descrittivo, ma contorna. E’ segno-colore che, come già sottolineato, non giunge mai ad esiti informali o astratti”, nasce sempre dalla realtà che è comunque contraddittoria nell’assenza di relazioni di causa-effetto e nell’imprevedibilità. Una contraddittorietà che è creatrice di un nuovo significato, generato da nuovi presupposti. La forma si afferma e si nega entro il vortice di quei segni-colore, dove l’artista rimane assolutamente centrale”. Ciò perché la forma è un mero “contenitore” di contenuti mutevoli, e le figure – è sempre la Mitrano – “appaiono, allora, come campi energetici dove si scontrano, se le forze centrifughe dilaniamo le figure, quelle centripete tendono ad aggregare le forme”.
Non ci potrebbe essere migliore preparazione alla vista delle opere del quinto decennio, perché mentre fornisce una chiave interpretativa delle figurazioni, solleva anche dall’ansia di capire.
Le 2 opere esposte del 2003, “Arcaica navigazione”, e ““Linee d’energia”, mostrano entrambe una labile figura umana in balia di forze esterne; la navigazione si riferisce al “mare delle tecnologie”, con l’”Intelligenza artificiale”, la mente sembra adattarsi finché l’istinto di sopravvivenza fa insorgere “per difendere la nostra identità umana”. Seguono, del 2003, “Passa un aereo”, con la scia nel cielo e l’enigma delle forme a terra; del 2008, “Presentimento d’acqua”, evocata da una striatura blu, mentre in“Ombre del futuro”, dello stesso anno, si addensano piccolissime figure umane che diventano tre sagome che si stagliano, alte e sottili, come in una tragica crocifissione.
Di questo decennio sono esposte due serie con 3 ritratti ciascuna, una dedicata a papa Giovanni Paolo II, l’altra intitolata “Il volto e il tempo”.
Nei primi due ritratti del papa, “Un papa polacco” 2004, e “Le linee del dolore” 2005, emerge la sofferenza in chiave anche figurativa, nel terzo, “Il vero e il falso” 2005, con la folla ai funerali torna la visione popolare degli inizi, evoca “Un’Annunciazione del nostro tempo” del 1963. Questi dipinti fanno parte del ciclo di 22 ritratti papali esposti in apposite mostre; nel catalogo della mostra di Cracovia si legge che il volto di papa Wojtyla è “luogo simbolico, ma al tempo stesso fisico nella tensione dei segni che si caricano di significati oscuri. Un luogo dove le contraddizioni dell’uomo contemporaneo convivono e diventano espressione inequivocabile di quella condizione umana di cui Giovanni Paolo II, ogni volta, in questi ritratti, appare dolorosamente farsi carico”.
La figura umana è dominante anche nell’altra serie, lo vediamo in “Pantani nell’accadere del ricordo” 2005, eretto sulla sua bicicletta con le braccia aperte nel segno della vittoria che diventa anche la sua crocifissione; “Uomini del deserto. Ritratto di Ahmadinejad” 2008, presenta il discusso presidente iraniano in modo non diverso da “Jorge Louis Burges. La manovra dell’ombra” 2009, le loro teste sono al culmine di un’immagine totemica con i corpi innervati da segni e forme oscure.
Paola Di Giammaria afferma che “anche un ritratto, per la verità dell’unicità soggettiva del suo autore, ha la potenzialità che può consentirgli di diventare una rappresentazione collettiva ‘della esiliata dimensione complessa della nostra personalità’”, esprimendo l’introspezione profonda. Del resto, anche al di fuori dei Ritratti, si è visto che la figura fa emergere all’esterno i contenuti inconsci, le “posizionature della mente”.
Mostre in cui sono esposti i dipinti di questo decennio si svolgono nel 2000 a Roma, nell’ex Mattatoio, e nel 2001 a Chieti, nel 2002 a Roma alla Galleria “Lombardi” per i ritratti di papa Giovanni Paolo II, mostra ripetuta in altre città, nel 2003 a Roma nella Galleria “Il Narciso” e nel 2004 a Pescara e a Castiglioncello, nel 2005 a Siena e a Palermo, nel 2006 a Gemini e a Fondi, nel 2008 a Giulianova sui ritratti e a Cracovia specificamente su quelli del papa polacco, nel 2009 a Milano, Chieti e Viareggio con “La forma da dentro”.
Scopriamo un’attività espositiva forse al di fuori dei circuiti “istituzionali” più accreditati, ma senza soluzione di continuità, alla quale si associa la pubblicazione di cataloghi e monografie con gli approfondimenti critici.Vedremo come tale presenza, discreta ma costante, continua anche in seguito. Inoltre partecipa attivamente a convegni e incontri nei quali sostiene il valore della testimonianza dell’artista in grado di dare all’arte un valore sociale, affermando che “la pittura può e deve contrapporsi all’egemonia della documentazione di derivazione fotografica, e deve dimostrare di essere portatrice di verità e comunque di un numero e di una qualità di informazioni diverse ma altrettanto attuali di quelle di cui la foto è capace”.
Gli ultimi due anni del decennio lo vedono intervenire nel 2008 al “Tavolo di coordinamento per l’arte contemporanea”, nel quale con gli operatori del settore presenta una serie organica di proposte per migliorare la condizione degli artisti, che saranno incluse nel documento sulle “Problematiche dell’arte figurativa”. a conclusione dell’indagine parlamentare. E nel 2009 fonda l’associazione culturale “in tempo”, con un manifesto che sarà seguito nel 2017 dal “Manifesto per l’arte, pittura e scultura”, vi partecipano importanti personalità dell’arte e della cultura.
L’ultimo decennio
Si apre l’ultimo decennio con una personale a Catania nel 2010, dal titolo eloquente,”L’occhio del dentro”, seguita nel 2011 dalla partecipazione al Padiglione Italia Regione Lazio a Roma, nella Biennale di Venezia curata da Vittorio Sgarbi nel 150° dell’Unità d’Italia, con l’opera “Il pensiero del corpo”. Nel 2012 personale a Roma con la nuova opera “Patologia della luce”, corpi distesi all’ombra di un aereo come cupo presagio. Anche nella crisi dell’arte come specchio della decadenza della società in lui c’è sempre la volontà di rifondarla ritrovando valori condivisi; é protagonista, nello stesso anno, del video “Spunto di vista”. Nuova mostra a Marino nel 2013, il titolo “Il tempo, i tempi” fa tornare alle sue speculazioni di tipo filosofico, che ritroviamo nel suo intervento al convegno a Roma nello stesso anno, “Creatività e forma tra arte e diritto” sul tema “Riforma delle mutazioni”: il “pensante” non può più riferirsi al “già pensato” travolto dalla crescente velocità, non c’è il dualismo dei contrari, è subentrato “l’io irrazionale”, da artista sta riflettendo su come rispondere a questa mutazione.
Siamo nel 2014, partecipa all’Esposizione Triennale di Arti visive a Roma, con opere sull’invasività della tecnologia e la conseguente mutazione dei processi psicofisici. E’ un tema che segue da decenni, aggiornandolo con le innovazioni tecnologiche: il telefono cellulare diventa soggetto di dipinti in cui esprime la contraddizione tra la possibilità di comunicare ovunque con tutti e l’incapacità di instaurare relazioni dirette e umane, perdendo il rapporto con se stesso e con gli altri.
Nel 2015 la retrospettiva “Visioni fantastiche. Trame dell’invisibile” alla Biennale Internazionale di Arte e cultura a Roma, una serie di eventi collettivi a Roma, al Macro, e a Venezia. Ancora a Roma nel 2016, è presente alla mostra “7 artisti in 7 chiese per il Giubileo della Misericordia” con “L’Uomo e la Croce”, a dicembre alla mostra a Palazzo Montecitorio “Il Vo(l)to di Donna”; la sua associazione “in tempo” organizza una mostra sull’invadenza della tecnologia e l’esigenza di rifondare l’arte basandola sulla forza creativa dell’essere umano, il suo tema ricorrente.
Il 2017 lo vede in due mostre collettive, a Roma e a Francavilla a mare, esce un libro e un filmato su di lui. E siamo al 2018, con le mostre “Sum ergo cogito”, a Roma nello “Spazio Arte Fuori Centro”, e “Il corpo” a Sofia, poi una collettiva a Firenze e infine l’antologica a Palazzo Cipolla che porta nel 2019, dall’apertura a novembre 2018 alla chiusura nel gennaio 2019.
Abbiamo fatto questa cavalcata nelle mostre e nelle presenze dirette dell’artista sulla scena artistica per evidenziarne l’inesauribile vitalità pur se certa critica e certi livelli istituzionali lo hanno trascurato, si sono dovuti attendere 30 anni per questa grande antologica meritoriamente voluta da Emanuele. Ma torniamo alla sua impostazione culturale e filosofica, richiamando ancora l’interpretazione della Mitrano: “Una società in cui gli opposti tendono a essere esclusi e la dinamica delle cose risolta dalla pragmaticità del vivere, Calabria non risponde negando quelle che ritiene siano ormai delle trasformazioni radicali e irreversibili, ma ricercando nell’uomo, nelle sue parti inconsapevoli e irrazionali, nuove possibilità espressive di un’inedita condizione umana”.
Vediamo come lo esprime nelle opere esposte per l’ultimo decennio. Del 2010, “Il pensiero nel corpo”, per la mostra citata del 150° dell’Unità d’Italia, le bandiere vi aderiscono diventando una seconda pelle, è “la cultura della storia”. Ecco, del 2012, “Patologia della luce”, anch’essa già citata, figure di bagnanti su una spiaggia che scivola “in un rapporto di causa-effetto storicamente inedito che è la sfida del futuro”, sono le sue parole; e “Garrula morte”, tanti pappagalli petulanti e “logorroici”. Tra il 2013 e il 2015, della serie “Questa lunga notte”, due dipinti oscuri, il secondo ha come sottotitolo “La luce dei telefonini”, in effetti una “luce” modesta e abbiamo spiegato prima il perché. Con il 2016 i cellulari dopo il titolo entrano nel quadro con “Fusione celibe”, due innamorati abbracciati ma soli “ciascuno se ne va con il proprio sogno, e nell’abbraccio ciascuno se ne va con il proprio telefonino”; “L’Uomo e la Croce” mostra Cristo “su una croce di pietra che è già tomba”, osserva il curatore, è “un pugno nello stomaco” per la straordinaria potenza drammatica, “uno choc visivo che è anche un omaggio universale ai martiri e alle vittime innocenti della violenza umana”. Il 2017 è presente con “Azzurri coltelli del mare”, in cui si intravedono le sagome di due corpi nel fluire dell’acqua, l’elemento liquido è congeniale all’artista.
Lo troviamo anche in “Lo scoglio”, del 2018, ricordiamo l’opera già citata sullo stesso tema del 1989, senza dimenticare la rivelazione che ebbe dalle mille immagini prodotte dalle rifrazioni dell’acqua viste proprio su uno scoglio, nelle quali identificò “il prodursi del ‘senso’ attraverso ‘accidenti’ e forme che non vi concorrono nella loro specificità”, come nella sua pittura, per cui gli parve di “riconoscere qualcosa che ha a che fare con me”. Sempre del 2018, l’ultimo anno, “Gravido mistero”, una sinfonia sul celeste con “le icone di Maria” che si intravedono mentre si innalzano tra albe e tramonti, vita e morte fino all’ultima, incinta, con il vento del parto fuori dagli schemi canonici, come il suo Crocifisso. Torna l’immagine di insicurezza del 1973, nella prima fase del percorso artistico, con “L’ombrello è rotto: paura dell’acqua”, così la commenta l’artista: “Oggi percepiamo la paurosa fine delle protezioni. Siamo soli. Incalzati da domande senza risposta”, il celeste-grigio diventa cupo, dell’ombrello inservibile spiccano le esili stecche del tutto inutili, mentre l’acqua tracima. Torna la figura umana, anche se appena distinguibile, nei due dipinti esposti della serie “La lunga notte”, “Parlamento” e “Il branco”, non è un malizioso accostamento il nostro, e tanto meno un’associazione, però rileviamo che la parte sinistra del secondo dipinto sembra un ingrandimento dell’analogo lato del primo con le teste che si affollano.
I ritratti “Mio padre viene da Tripoli lontana”, 2010, e “Benedetto XVI, la rivoluzione della fragilità” 2018, sono toccanti, per la vicinanza alla sensibilità dell’artista, mentre i due ultimi, della serie “Un volto e il tempo”, di “Marcel Proust. La manovra dell’acqua” 2012, e “Italo Calvino. Voglia di eterno” 2013, li mostrano come l’artista vede i loro volti e corpi, ben distinguibili, fluttuanti negli elementi cui collega la loro identità e la lezione che hanno lasciato.
Una serie di piccoli dipinti conclude la spettacolare galleria di tele di notevoli dimensioni, sono “Pastelli” e “Autoritratti”: lo vediamo ritrarsi, con il viso ben delineato, come “Pittore volante” nel 1961, con “La luce, il gioco, il pensiero” nel 2003, all’insegna di “Viva la pittura” nel 2007, con “Il pensiero, il caso e la carne” nel 2008, infine con “La verità nell’enfasi” nel 2011.
Ma non c’è mai enfasi nella verità di Calabria, bensì lucida consapevolezza frutto di conoscenza, e sono significative le parole che Simongini ricorda essergli state rivolte dall’artista “in un’afosa serata estiva”. Gli disse: “In viaggio verso il tempo dell’essere”. Così il curatore interpreta questo viaggio: “Calabria è costantemente immerso in un inestricabile magma creativo ed esistenziale in cui il futuro della pittura è immaginato come parte di un avvenire più ampio e decisivo, quello degli esseri umani e della sopravvivenza della nostra specie”. E conclude: “Per lui è questa la posta in gioco e dunque l’arte si identifica anche in una presa di responsabilità morale e in un complesso atto conoscitivo che rifiutano l’immagine facile, superficiale e disimpegnata, per far sentire, dal profondo e nella sua totalità più autentica, la ‘drammatica gioia del vivere’”.
Conclusione
Il percorso di arte e di vita che abbiamo rievocato ci ha mostrato un artista che rappresenta un “unicum” nel suo genere. Nell’arte è legato alla realtà, al fatto, ma non aderisce al realismo pittorico, e tanto meno al Realismo socialista, pur nel suo orientamento progressista; nella vita è militante soprattutto della sinistra sindacale, ma non usa l’arte nella sua azione politica e nel suo impegno sociale, non si concentra sulle denunce delle ingiustizie, ma sull’essere umano nella sua interezza, si rivolge al presente ma nelle sue opere entrano i germi del futuro, descrive i fatti ma in una visione che supera il contingente diventando metaforica, il tutto con assoluta coerenza.
Diverso e speculare rispetto a Renato Guttuso per il quale l’artista deve usare l’arte come strumento della propria milizia politica, e lo ha fatto con straordinaria forza fin dagli anni della resistenza ai nazisti, proseguendo poi con la sua pittura di denuncia; ma c’è stato anche il “Guttuso privato”, contemporaneo al “Guttuso rivoluzionario”, e per quanto riguarda l’uso della pittura nella milizia politica ricordiamo che, divenuto parlamentare – quindi avendo altri strumenti per portare avanti l’azione spinta dall’ideologia -la sua pittura si dedicò solo al privato, senza più opere di denuncia.
Calabria invece non ha avuto altri riferimenti costanti che l’essere umano, senza diversioni, né nell’ideologia – a parte i manifesti sindacali ispirati comunque al sociale come proiezione dell’essere – né nel privato, in una straordinaria costanza e continuità; mentre il processo evolutivo ha riguardato la forma e l’intensità della ricerca che ha prodotto anche l’evoluzione delle sue riflessioni filosofiche trovando modi personali e suggestivi di esprimere un “pensiero complesso”.
I pensieri della sua speculazione filosofica li abbiamo visti arricchire i titoli dati ai suoi dipinti con riferimenti profondi, accompagnati da commenti ispirati, in una traduzione visiva manifestata attraverso linee fluide o aggrovigliate, figure deformate per un inedito figurativo che chiameremmo informale, con un ossimoro che gli calza a perfezione.
Questo è stato Ennio Calabria nei sessant’anni di itinerario artistico, questo è tuttora nella prosecuzione di un’attività pittorica che si rinnova di continuo trovando sempre nuove forme di espressione di quanto si muove intorno all’essere umano: nella vita e nella società in continua evoluzione dalla quale cerca di cogliere i segni del futuro per innervare la visione del reale quale appare alla sua ricerca incessante e portarne alla luce il senso vero, rivelando ciò che è recondito
Info
Palazzo Cipolla, Via del Corso 320, Roma. Tutti i giorni, escluso il lunedì, ore 10,00-20,00, la biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso intero euro 7, ridotto euro 5 per gli under 26 e over 65, forze dell’ordine e militari, studenti universitari e giornalisti, convenzionati; gratuito under 6 anni, disabili con accompagnatore, membri ICOM e guide turistiche. Tel. 06.2261260. I primi due articoli del servizio sulla mostra sono usciti questo sito, con 11 immagini ognuno, il 31 dicembre 2018 e il 4 gennaio 2019. Per quanto citato nel servizio, cfr. i nostri articoli, in questo sito: per Renato Guttuso, “Guttuso rivoluzionario” 14, 26, 30 luglio 2018, “Guttuso innamorato” 16 ottobre 2017, “Guttuso religioso” 27 settembre, 2 e 4 ottobre 2016, “Guttuso antologico” 16 e 30 gennaio 2013;per “Picasso” 5, 25 dicembre 2017, 6 gennaio 2018, “Cèzanne” 24, 31 dicembre 2013, il “Padiglione Italia Regione Lazio” 8 e 9 ottobre 2013; per i “Futuristi” 7 marzo 2018, sui singoli artisti, “Thayaht” 27 febbraio 2018, “Marchi” 24 novembre 2017, “Tato” 19 febbraio 2015, “Dottori” 2 marzo 2014, “Erba” 1° dicembre 2013, “Marinetti” 2 marzo 2013; per “Deineka” 26 novembre, 1 e 16 dicembre 2012, “Franco Angeli” 31 luglio 2013; per la Pop Art e le altre avanguardie americane“Guggenheim” 23 e 27 novembre, 11 dicembre 2012; per gli “Astrattisti italiani”, 5 e 6 novembre 2012 ; in abruzzo.cultura.it, per i “Realismi socialisti” 3 articoli il 31 dicembre 2011, per gli “Irripetibili anni ’60”, 3 articoli il 28 luglio 2011, per il “Futurismo” 30 aprile, 1° settembre e 2 dicembre 2009, per “Picasso” 4 febbraio 2009 (il sito non è più raggiungibile, gli articoli saranno trasferiti su questo sito).
Nota di aggiornamento: per la sua partecipazione attiva al dibattito culturale con la società “in tempo” da lui fondata, e al dibattito artistico con il “Manifesto per l’arte” cfr. il nostro articolo in questo sito del 3 aprile 2020 nel quale si dà conto di un incontro con la mostra dei 25 artisti firmatari, con lui capofila direttamente intervenuto nella presentazione.
Foto
Le immagini sono state riprese da Romano Maria Levante a palazzo Cipolla alla presentazione della mostra, si ringrazia la Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, con gli organizzatori e i titolari dei diritti, in particolare l’artista, per l’opportunità offerta. Le 10 foto dei dipinti di Ennio Calabria coprono i secondi 30 anni del sessantennio 1958-2018. In apertura,Ennio Calabria, al centro, chiude la presentazione della mostra, alla sua dx. il curatore Gabriele Simongini, dietro “Il peniero nel corpo”, 2010; seguono, “Evento nell’acqua”, 1989, e “Biografia rivisitata”, 1989; poi, “Dallo scoglio”, 1989, e “Accade in città”, 1999; quindi, “Ombre del futuro”, 2008, e “Patologia della luce”, 2012; inoltre, “L’Uomo e la Croce”, 2016, e “L’ombrello è rotto: paura dell’acqua”, 2018; infine, i Ritratti “Uomini del deserto. Ritratto di Ahamdinejad”, 2008, a sin. – “Stalin “, a dx. e, in chiusura, gli Autoritratti con “Mio padre vien e va da Tripoli lontana,”, 2010, a sin. – “Autoritratto: il pensiero, il caso, la carne”, 2008, al centro – “Autoritratto, la luce, il gioco, il pensiero”, 2003, a dx.
A.
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